06 – Diventa quello che sei
Aggiorniamo l'iniziazione cristiana

 

Il perché di questo testo

È costante l’impegno delle parrocchie per il catechismo, o meglio per l’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi. La Chiesa di Cremona ha scommesso sul progetto di un percorso catecumenale, sperimentato ormai da circa 20 anni. Ponendomi sulla scia del vescovo Dante, ho riflettuto attentamente su questo tema, offrendo fondamentali piste di riflessione nella mia prima lettera pastorale, Da un inizio a un nuovo inizio, nel Natale 2016, che ritengo ancora attuale e impegnativa.

Diventa quello che sei: figlio di Dio! Così titolavo l’ultimo paragrafo di quel testo. E oggi, direi, anche di più: Diventa quello che sei, Chiesa madre! Se è vero che il Signore può trarre figli di Abramo anche dalle pietre[1], è tuttavia in questione la fecondità spirituale della Chiesa, la sua stessa identità vitale, mentre sembra che la trasmissione della fede non funzioni più. Magari, proprio perché non doveva essere “qualcosa che funziona”, come un oliato meccanismo automatico. Ma è e deve essere una vita che scorre, che parla, che affascina e provoca, che si dona e consegna ciò che ha ricevuto dal suo Dio.

Sono passati quasi 6 anni da quella lettera, personalmente ho celebrato 7 stagioni di Cresime in tutte le comunità della diocesi, la cui vita è stata duramente provata dalla pandemia e da tutto ciò che ne è derivato. Ho iniziato da tempo una visita pastorale che, nonostante i lockdown, non si è mai interrotta e mi sta consentendo una conoscenza diretta e partecipe dei cambiamenti in atto nella società e nella cultura in cui anche la fede viene vissuta.

Ho guardato con passione ragazzi e genitori, chiamati a essere protagonisti di eventi di grazia, ma invece spesso ridotti ad attori e spettatori di una cerimonia che non cambia la vita. L’Ufficio catechistico diocesano ha monitorato attentamente quanto accadeva nelle comunità, ascoltando sacerdoti, religiosi/e e catechisti. La saggezza dei parroci e il cammino della Pastorale familiare, dal canto loro, ci aiutano a percepire come vivono le famiglie reali, quelle più unite e quelle più in difficoltà, ascoltando i segnali che mandano circa le loro esigenze primarie, tra le quali spicca il non facile compito di essere genitori oggi.

Il cammino sinodale, preparato di fatto in diocesi dal Sinodo dei giovani e dalla cura per il confronto negli organismi diocesani, ha fatto emergere con chiarezza il bisogno di guardare avanti con realismo e coraggio, senza indulgere a piagnistei inutili sul passato che non ritorna, per godere, invece, di ciò che lo Spirito suscita e prepara, anche in campi finora inesplorati. Con le altre Chiese che sono in Italia approfondiremo quanto sta emergendo, per orientarci a una più decisa sequela del Signore in mezzo alle sfide che abbiamo davanti.

Ma, intanto, bambini nascono e crescono, senza poter aspettare che tutto sia chiarito, e tanto meno risolto, dalla comunità degli adulti. Con il rischio che le loro famiglie, se non vengono incontrate e accompagnate con amore, neppure chiedano più il Battesimo e l’educazione alla fede cristiana per i loro figli. Non possiamo e non vogliamo rassegnarci al “tanto peggio per loro, meglio pochi ma buoni”. Né pretendiamo di esercitare pressione e controllo sociale, come se fossimo ancora in regime di cristianità. Siamo, piuttosto, chiamati da tempo alla missione, all’evangelizzazione, perciò all’incontro e al dialogo, alla testimonianza umile e credibile della Vita che abbiamo ricevuto dal Verbo[2]. Sapendo che davvero il cristianesimo si diffonde per attrazione e non per proselitismo, come ci ripetono da anni Benedetto XVI e Francesco.

La missione, oggi più che mai, richiede innanzitutto unità, armonia, condivisione, perché nessuno resti disorientato e, perciò, scoraggiato nel credere. Già il 7 giugno 2018 scrivevo ai sacerdoti una lettera per ribadire l’urgenza di adeguarsi tutti al progetto diocesano di iniziazione cristiana, focalizzando alcune attenzioni e modalità, che in parte sono state sperimentate con successo. Alla luce dell’esperienza diretta e ascoltando risonanze e pareri di tanti, siamo giunti ad alcune convinzioni, che portano alla rimodulazione dell’attuale percorso di iniziazione. Nelle pagine seguenti, trovate perciò:

  • Lo sguardo da avere oggi nei confronti delle famiglie.
  • Gli elementi di verifica e di proposta raccolti da parte dell’Ufficio catechistico diocesano.
  • I punti fermi sui quali il Vescovo chiede a tutti di convergere senza esitazioni.

 

  1. Lo sguardo nei confronti delle famiglie 

Il progetto ha sempre mirato al coinvolgimento attivo delle famiglie, per aiutarle a crescere nella fede insieme ai loro figli. Il Consiglio pastorale diocesano ha ribadito questa prospettiva, adeguando però lo sguardo alla loro situazione reale e in costante mutamento. Prima di offrire elementi di verifica e rilancio più puntuali, è bene condividere questa sapienza pastorale.

La parabola evangelica del “buon samaritano” e l’incontro di Gesù risorto con i discepoli di Emmaus sono splendide pagine bibliche su cui ripensare effettivamente gli stili delle nostre comunità cristiane e dell’azione pastorale. Ci insegnano innanzitutto la vicinanza, l’ascolto, il partire dalla condizione reale dell’altro, perché avvenga un vero incontro umano, sacramento dell’incontro con Cristo. Invece, spesso i cammini di iniziazione rimangono teorici e non riescono a intercettare/interessare il vissuto reale degli adulti di oggi, sia per il linguaggio, sia per le tematiche. A volte si parla ai genitori senza avere idea (soprattutto nelle parrocchie più grandi) di come si chiamino, che lavoro facciano, che cosa stiano vivendo, quali attese, progetti, fatiche, domande si portino dentro, anche dal punto di vista della fede. Non si può chiedere alle persone, soprattutto agli adulti, di camminare secondo le tempistiche stabilite da una scansione prestampata. L’eventuale riscoperta della fede e la sua maturazione non procedono per tappe forzate, dobbiamo rispettare i loro ritmi, le loro sensibilità, le loro lentezze e le loro domande, anche se sono proprio loro ad avere chiesto i sacramenti per i figli. L’iniziazione cristiana non può pensarsi come un cammino che giunge a compimento nei tempi da noi stabiliti, ma deve preparare piuttosto a un accompagnamento dei ragazzi e delle famiglie che continui anche dopo la celebrazione dei sacramenti, facendoci cordiali compagni di viaggio, che rispettano i tempi delle persone e stimano la loro libertà mentre cercano di accompagnarle nella fede.

Per gran parte dei genitori il cammino di iniziazione cristiana è ancora visto come un dovere da adempiere, il prezzo (faticoso) da pagare affinché i figli possano ricevere i sacramenti. Si è più volte osservato che, mentre la partecipazione dei ragazzi agli incontri è pressoché totale, quella dei genitori è più frammentaria. Nella maggior parte dei casi, quando vengono normalmente si alternano: una volta il papà, l’altra la mamma; difficile, pertanto, far cogliere loro la logica di un percorso organico. Tante famiglie sono, inoltre, ferite o divise, a volte con rapporti tutt’altro che sereni, il che rende difficile coinvolgerle in lavori di coppia. Se la partecipazione agli incontri viene spesso vissuta come un oneroso dovere da adempiere, è ancora altresì radicata, tanto nelle famiglie quanto negli operatori pastorali, l’idea che “per ricevere il sacramento bisogna essere pronti”, che “il dono di Dio bisogna meritarselo”, che “bisogna esserne degni”: in questa logica, il sacramento rischia di essere percepito come il premio giustamente dovuto da Dio a chi correttamente ha compiuto tutto il percorso. Mentre è un incontro tra grazia e libertà, in cui la persona sceglie di credere perché assapora un guadagno esistenziale per la propria vita, in termini di speranza, sostegno fraterno, senso e gioia.

Per quanto un po’ ci metta a disagio, la libertà delle persone di accogliere o meno il messaggio evangelico non solo va tenuta in conto, ma va rispettata e promossa. Non possiamo dare per scontato che all’annuncio (magari anche ben fatto) segua immediatamente l’adesione totale. Il “nuovo” modello non ha, pertanto, potuto arginare la fuga dai percorsi ecclesiali di tanti ragazzi appena dopo aver ricevuto i sacramenti e non è riuscito (come all’inizio ci si aspettava) a riportare nella comunità cristiana tanti genitori che avrebbero dovuto riscoprire la fede e il gusto dell’appartenenza ecclesiale. Ciò non significa che l’ispirazione del modello sia sbagliata o che si possa tranquillamente tornare alla prassi precedente. Resta vero, infatti, che anche il mondo adulto richiede accompagnamento, purché gli adulti, durante i nostri incontri, non siano percepiti solo come destinatari dell’annuncio e siano valorizzati come portatori di esperienza, testimoni di vita vissuta. Perché in tante loro vicende belle e brutte si nascondono già sillabe o briciole di Vangelo che aspettano solo di essere scoperte e portate alla luce.

Dobbiamo collocare maggiormente la pastorale dell’iniziazione cristiana nell’alveo di una pastorale famigliare intesa in senso più ampio; in questo senso, l’iniziazione cristiana diventa parte di un più ampio progetto di incontro con e tra le famiglie, accolte così come sono, con le loro risorse e i loro limiti. Non esistono famiglie ideali, ma esistono, storicamente, queste famiglie, da accogliere e accompagnare, a partire dalla gioia per ciò che ci comunicano. L’accompagnamento dovrebbe partire da un incontro amichevole e disinteressato, per dosare sapientemente i momenti comunitari (percorsi strutturati, incontri, proposte di varia natura) con altri di incontro con la singola famiglia (o con piccoli gruppi di famiglie, magari amiche tra loro) da parte del catechista o degli operatori di pastorale famigliare. L’obiettivo non è primariamente quello di portare le famiglie a Messa o in oratorio (come, chiaramente, ci auguriamo), quanto piuttosto di creare un tessuto di relazione che permetta a tutti di sentirsi a proprio agio, superando la distanza imposta da ruoli rigidi (attivo-passivo). Ciò consentirà, con il tempo, di avere una conoscenza meno generica delle famiglie e dei loro vissuti, sicché l’annuncio del Vangelo non sia lasciato solo ai momenti comunitari, ma possa cogliere e aiutare a rileggere le circostanze concrete che la singola famiglia sta vivendo, ascoltare gli sfoghi o le timide parole che sa esprimere, benedire l’impegno nel dono di sé e lenire le ferite, accogliere le domande e i dubbi che si pone.

Nell’impostazione dei percorsi si potrebbe provare a usare la modalità dell’ascolto sinodale, cercando di far emergere – soprattutto nella fase della prima evangelizzazione – bisogni, attese, situazioni, domande, dubbi, delusioni, in modo da offrire incontri il meno generici possibile e più aderenti al vissuto degli adulti e delle famiglie reali di oggi. Perché non provare a valorizzare di più i passaggi che una famiglia vive: la scelta del matrimonio, l’attesa e la nascita di un figlio, il tempo della sofferenza, della crisi, del lutto? Sono momenti in cui le persone potrebbero essere più aperte all’annuncio del Vangelo. Perché, come comunità cristiane non “abitare” maggiormente questi momenti, sottraendoli alla solitudine in cui, talora, si consumano? Certamente questo è possibile nella misura in cui la comunità cristiana è disposta a uscire, a farsi vicina, compagna di strada delle famiglie. Stimolando le famiglie perché crescano nell’attenzione le une alle altre, in un clima di reciproca vicinanza e solidarietà (non così differente da quello che, anni fa, conoscevamo come il “buon vicinato”): in un momento di crisi, o di sofferenza, non è solo il prete ad avere le parole giuste al momento giusto; le parole di una coppia vicina, di una mamma a un’altra mamma o di un papà a un altro papà, possono essere anche più efficaci.

Il contatto con le famiglie deve iniziare già dopo il matrimonio e alla nascita dei figli[3]. Negli anni dell’infanzia, esse possono essere sostenute, oltre che nel cammino di coppia, anche nell’avviare i loro piccoli alla vita di fede, valorizzando le normali circostanze della vita e quegli umili strumenti che la quotidianità suggerisce: la preghiera prima dei pasti o del riposo, una visita in chiesa e l’accensione di una candela, ecc. Trasmissione o annuncio della fede non è, infatti, solo il discorso organico su Dio proposto dal prete, dalla suora o dalla catechista durante l’incontro; c’è anche, e non è assolutamente meno importante o incisivo, il piccolo e umile gesto che si può compiere in famiglia. Di questo i genitori vanno aiutati a prendere consapevolezza, perché non sottovalutino i contributi semplici e fondamentali che – anche come prima mediazione simbolica dell’immagine di Dio – essi soli possono dare alla crescita dei figli nella fede, e non pensino che questa debba essere “appaltata” agli “specialisti”. Concepire l’iniziazione cristiana nell’ambito dell’accompagnamento delle famiglie, che inizia prima e prosegue anche dopo i sacramenti, ci dona uno sguardo nuovo e rasserenato, e ci fa guadagnare il necessario spirito di gratuità nella nostra sensibilità pastorale.

 

  1. Le valutazioni dell’Ufficio catechistico diocesano

Che cosa ci appassiona ancora?

Ovvero: consapevolezze e guadagni del percorso diocesano in questi vent’anni

  • L’annuncio della fede. L’esperienza di questi ultimi due anni ha acuito la necessità di un annuncio incarnato, che tocca la vita delle persone, che fa incontrare con la bellezza della Parola di Dio e con il dono di essere comunità che il Signore guida. La pandemia ha smantellato molte delle nostre sovrastrutture mostrandoci con chiarezza le nostre fragilità, ma anche la forza della fede come affidamento e come accoglienza delle logiche di Dio, che precedono e superano sempre le nostre.
  • Essere Chiesa. Non ci nascondiamo che il nostro tessuto comunitario, per molti versi già compromesso, si sfalda ulteriormente. Anche perché a volte pretendiamo appartenenza ecclesiale e pratica sacramentale da chi non ha fatto sua liberamente una consapevole scoperta e scelta della fede in Cristo Signore. Le prolungate assenze di molte famiglie, la cronica fatica a vivere itinerari continuativi, i tempi stretti e molta stanchezza ci fanno desiderare da una parte una comunità in cui sentirci a casa e da cui sentirci sostenuti, dall’altra ci spingono a cercare ancora relazioni con le famiglie, a costruire mattone su mattone dinamiche di comunione, a tentare ancora di educare al bello del vivere insieme la nostra fede. In altre parole, ci appassiona ancora un iniziare alla fede che sia anche un processo comunitario e una introduzione all’essere Chiesa.
  • Il giorno del Signore. Il vertice dell’iniziazione è l’incontro della comunità con il suo Signore nella celebrazione eucaristica, che spinge poi a vivere in pienezza il giorno del Signore (carità, testimonianza, gratuità, ecc.). La pandemia ha assottigliato ulteriormente le nostre assemblee domenicali, ma resta vivo il desiderio che la Messa sia un momento alto e familiare, solenne e gioioso, in cui possiamo riconoscerci come comunità in cui il Signore è presente e operante.
  • Il cammino delle famiglie. Per essere comunità che introducono all’esperienza di fede sentiamo di dover essere dalla parte delle famiglie. Le logiche di delega (in entrambe le direzioni: quella delle famiglie che lasciano agli esperti l’educazione dei figli e quella della comunità che chiede ai genitori alcune prestazioni) sono una strada senza sbocco, mentre è ancora promettente l’esperienza del camminare insieme, facendo magari poca strada ma veramente condivisa.
  • I gesti semplici della fede. Coltiviamo ancora l’attenzione educativa a toccare tutte le dimensioni della vita di bambini e ragazzi con metodo centrato sull’esperienza (che non va ridotta a mera tecnica). La concretezza è la via del Vangelo: di esperienze semplici ma profonde si nutre la catechesi di iniziazione, che fa scoprire la bellezza quotidiana della sequela del Signore e in cui l’annuncio di fede è effettivamente consonante alla vita dei ragazzi.
  • Iniziazione e vita oratoriana. Pur con tutti i suoi limiti e nonostante le difficoltà incontrate in questi anni, risulta ancora promettente integrare i cammini di iniziazione con la vita oratoriana e con le associazioni che vi sono presenti. L’oratorio, più che luogo, diventa così spazio in cui vivere la fede accostata durante gli incontri di iniziazione, le celebrazioni e le altre occasioni di incontro con il Vangelo annunciato e vissuto.

 

Che cosa fa problema?

Ovvero: che cosa non ha funzionato e che cosa sentiamo urgente cambiare

  • Catechesi rinnovata. Il percorso diocesano chiedeva alla catechesi di rinnovarsi profondamente. Ci eravamo proposti di essere più kerygmatici (ossia, più capaci di far parlare il Vangelo come parola vera e nuova, che sorprende e interpella), ma spesso siamo rimasti scolastici; più esperienziali, ma spesso siamo rimasti ancorati a incontri fatti di troppe parole. Non è solo questione di strumenti, ma anche di dinamiche interiorizzate dai catechisti. Anche la suddivisione didattica del percorso (le 3 fasi) si espone al rischio di essere un impianto sistematico che alla fine risolve la catechesi in un programma da svolgere.
  • Durata dell’itinerario. La durata dell’itinerario e la cadenza degli incontri hanno conosciuto slittamenti e fraintendimenti. Per favorire una iniziazione essenziale, che conservasse davvero la sua natura di ingresso nell’esperienza di fede, si erano pensati cinque anni (intensi): molte comunità hanno allungato il percorso aggiungendo un sesto anno, motivando la scelta non sempre come risposta a un cammino di maturazione, ma per la necessità di più tempo per completare gli incontri previsti dalle guide. Un percorso così lungo e impegnativo non sempre ha giovato alle dinamiche di partecipazione e non sempre ha portato effettivi benefici. In questa linea non sembrano significativi adattamenti che aggiungano altri anni con la motivazione di tenere i ragazzi fino alla celebrazione dei sacramenti il più avanti possibile durante gli anni delle medie. Il percorso diocesano, sempre per favorire una catechesi meno scolastica e che si nutra di molteplici linguaggi, aveva suggerito meno incontri e più prolungati. Di fatto, anche quando si sia mantenuta la cadenza quindicinale si sono ugualmente accorciati i tempi, mentre chi è tornato a proporre (o non ha mai abbandonato) la cadenza settimanale ha sacrificato molte delle intuizioni che le guide riportavano per i ragazzi (momenti di attività, celebrazioni, altri linguaggi, ecc.).
  • Semplificazione dell’itinerario. Non vogliamo “fare sconti” né perdere la ricchezza di molti temi e di molte sollecitazioni, però l’esperienza di questi anni ha dimostrato come la preoccupazione di trattare molti temi non abbia favorito un’iniziazione esperienziale della fede, dell’incontro con Cristo nella Chiesa e nella vita. Si sente l’urgenza di semplificare quindi l’itinerario per renderne più evidenti e forti i punti nodali.
  • La Messa domenicale. I nostri ragazzi e le nostre famiglie non partecipano alla Messa domenicale: ce lo diciamo senza mezzi termini, ma anche senza vedervi il segno del fallimento dell’iniziazione. È però un dato innegabile che ci provoca. In particolare, sentiamo difficile iniziare al celebrare, un po’ perché azione complessa che chiede formazione e maturità, un po’ perché la Messa è sempre anche il punto di arrivo di una consuetudine a celebrare, cioè a esprimere la fede con il gesto, la parola, il corpo, il canto, l’abitare lo spazio, ecc. Proprio questa attitudine chiede una seria iniziazione: le molte intuizioni delle guide sono risultate spesso di difficile attuazione o sono state disattese.
  • Il coinvolgimento delle famiglie. Rimane ancora molto problematico.
  1. Ci sono comunità che hanno mantenuto, non senza fatica, gli incontri con i genitori a cadenza regolare e li hanno vissuti come momento di crescita comune. In questo caso si rilevano non solo la difficoltà ad avere accompagnatori a tale scopo, ma anche a ottenere una partecipazione continuativa delle famiglie (che dia quindi il senso di un percorso e non di incontri a spot). La gestione di diversi gruppi di genitori penalizza chi ha più figli nel percorso e sembra frammentare ulteriormente le nostre comunità, già segnate da presenze mordi e fuggi.
  2. Proprio per queste difficoltà alcune comunità hanno pensato a incontri per tutti i genitori, in diverse modalità. Si perde forse il senso di un itinerario legato al singolo gruppo, ma si guadagna in unità e forza della proposta (purché non si torni solo al genere “conferenza di un esperto”, che poco ha di cammino condiviso).
  3. In alcuni casi, si sono quasi del tutto abbandonati gli incontri, preferendo mantenere qualche momento di proposta contenutistica, o momenti di ritiro in occasione di tappe importanti del cammino dei ragazzi.

Abbiamo già indicato il cambio di mentalità da curare su questo.

  • Le guide diocesane. Insieme ai loro indubbi meriti, l’uso delle guide in questi quindici anni ha mostrato anche i loro limiti. L’abbondanza di materiale in qualche caso disorienta, spesso vengono usate come un ricettario da seguire passo passo. Il loro approccio, che sarebbe anche formativo per il catechista (e per questo chiede più fatica e più tempo), fa preferire la scelta di altri sussidi più chiari e concisi, che però non sempre sono funzionali agli scopi del nostro percorso. Molti lamentano poca chiarezza: questo si risolve spesso nella decisione di puntare su una presentazione chiara dei contenuti senza tener conto delle necessarie mediazioni che invece le nostre guide raccomandano. Oltre alle varie fasi di cui sopra, le guide proponevano la traditio/redditio: nell’intuizione originaria aveva lo scopo di dare una direzione e un orizzonte ai vari anni, permettendo ai ragazzi di riesprimere così quanto vissuto. Una loro applicazione un po’ pedissequa ha tolto talvolta la possibilità di favorire un vero protagonismo dei ragazzi.
  • La celebrazione dei sacramenti. Crea ancora problema il posto del sacramento della penitenza (da celebrare durante la fase biblica oppure nell’ultima quaresima): insieme alla difficoltà a introdurre la dinamica di conversione e richiesta di perdono, i tempi stretti della celebrazione, soprattutto nell’ultima quaresima, e quindi l’impossibilità a prendere confidenza con questo sacramento, chiedono di ripensarne la collocazione. Anche la celebrazione unitaria di Cresima ed Eucaristia non sempre riesce ad esprimere la bellezza e l’unità di questi segni come celebrazione del mistero pasquale, mentre la celebrazione distinta ma ravvicinata (Veglia crismale – Messa di prima Comunione) ha avuto buoni riscontri nelle comunità che l’hanno preparata e vissuta secondo le indicazioni offerte dalla diocesi.
  • Il tempo della mistagogia. Non si è rivelato di semplice gestione: non solo per il calo di partecipazione dei ragazzi, ma perché non sempre siamo davvero riusciti a “cambiare passo” rispetto alla classica catechesi e non sempre siamo riusciti a far emergere che è un tempo per sperimentare una più consapevole e completa partecipazione alla vita della comunità.

 

Che cosa proponiamo?

Ovvero: come desideriamo rispondere insieme al compito di iniziare alle fede

  • Coraggio e pazienza. La sfida è grande e sappiamo che non si risolve con “pannicelli caldi”. C’è chi propone cambi più radicali, per un catecumenato adolescenziale e giovanile certamente assai più selettivo, per il quale comunque ci chiediamo se ne avvertiamo davvero ragioni, possibilità e conseguenze. Questa guida diocesana non vuole indulgere a minimalismi, ma farci aver maggior cura dell’essenziale, a partire dalla nostra esperienza di Cristo. Chiedo a tutti, perciò, il coraggio del cambiamento unito alla pazienza e alla fiducia in scelte e prassi più unitarie.
  • Durata del percorso. Dentro la logica di un accompagnamento permanente alla fede e nella fede, proponiamo di riprendere per la prima fase, quella che porta alla celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione, l’intuizione dei cinque anni di percorso, che nella nostra tradizione corrispondono ai cinque anni della scuola primaria. Sono anni decisivi per la formazione di bambini e ragazzi, anni in cui effettivamente si può far leva sulla loro curiosità e apertura a lasciarsi interessare e coinvolgere. Sono un tempo sufficientemente disteso, ma anche sufficientemente circoscritto. In questa scansione trova posto la celebrazione della penitenza nel 4° anno e dei sacramenti di Confermazione e Eucaristia alla fine del quinto (in un’unica celebrazione o preferibilmente con la Confermazione nella celebrazione vigiliare della Parola e a seguire la Messa di prima Comunione). Il cammino certo non termina lì, perché i tre anni di scuola media saranno tempo prolungato e creativo di una diversa mistagogia, da calibrare in chiave meno catechistica e più pedagogica ed esperienziale rispetto al travaglio della preadolescenza… per poi giocarsi tutto nuovamente con la crescita in libertà e personalità tipica dell’età giovanile. Rinnovando man mano l’annuncio-testimonianza del Cristo vivo in rapporto alla maturazione umana e spirituale di ciascuno.
  • Scansione del percorso. Le fasi del percorso diocesano rispondono a una logica ben organizzata; senza stravolgerle si possono meglio orientare puntando all’essenziale. In dettaglio, alla fase del primo annuncio e riscoperta della fede segue la fase biblica, che mira a familiarizzare con la storia della salvezza che culmina con il sacrificio pasquale di Cristo; la fase liturgica vuole introdurre come, per l’azione dello Spirito, il mistero pasquale di Cristo è ripresentato e attualizzato nella vita dei credenti nell’oggi della Chiesa, specialmente nella celebrazione dei sacramenti. La fase comunitaria infine introduce alla comprensione-scoperta che per l’azione dello Spirito donatoci nei sacramenti possiamo vivere da creature rinnovate in Cristo dando il nostro apporto alla vita della comunità cristiana.

Schematicamente:

 

Primo annuncio

ed evangelizzazione

·     Incontro e conoscenza con le famiglie

·     Ascoltare le domande e suscitare l’interesse (dinamica sinodale)

·     Introdurre al senso del percorso

·     Dialogo su alcune pagine bibliche: storie di vocazione, tempesta sedata, Gesù accoglie i bambini, storie di fede e di guarigione, ecc.

·     In questa fase si potrebbero sperimentare incontri per piccoli gruppi di famiglie o anche per singole famiglie, tenendo conto di bisogni e domande specifiche

Fase biblica ·     Si conferma la proposta della guida n. 2, ma ripensando il percorso dei genitori alla luce delle riflessioni contenute in questo testo
Fase liturgica ·     Curare momenti celebrativi che permettano di familiarizzare con il linguaggio liturgico

·     Esplicitare meglio il legame tra fede celebrata e fede creduta e professata

·     Celebrazione del sacramento della Penitenza

Fase comunitaria ·     Curare la partecipazione delle famiglie a momenti significativi della vita della comunità

·     Pensare a piccole forme di servizio e protagonismo per i ragazzi

·     Intensificare i momenti di vita oratoriana legati al percorso

·     Celebrazione unitaria di Confermazione ed Eucaristia

 

  • Frequenza degli incontri. Sicuramente occorre recuperare una frequenza che non appesantisca eccessivamente bambini e famiglie (la cui disponibilità è sempre più ridotta, anche per motivi oggettivi), ma che permetta anche un’esperienza vera e viva, dinamiche di gruppo e facilità di rapporto con i partecipanti, che incontri troppo distanziati rischiano di compromettere. Suggeriamo tre incontri al mese per i bambini, mentre il quarto potrebbe essere una domenica (o sabato) con le famiglie. Nello stendere il calendario degli incontri è decisivo tenere conto, oltre alla continuità degli incontri, come essi si integrano con altre proposte della vita della comunità (feste patronali, altri momenti significativi) e oratoriane in modo da far percepire che ci si inizia alla fede vivendola in tutte le sue dimensioni. L’ufficio si impegna a ridisegnare il percorso costruendo intorno a obiettivi e contenuti delle proposte a tutto tondo, così da esplorare altre esperienze oltre al classico incontro con il gruppo. Per fare un esempio: se si introduce il tema della nascita di Gesù, un incontro potrebbe essere di racconto dei vangeli dell’infanzia, uno la visita al museo diocesano approfondendo una delle opere dell’apposita sezione (oppure visita alla propria chiesa a partire da un’immagine della Natività), uno un momento di celebrazione in attesa del Natale a cui potrebbe seguire un momento di scambio di auguri con le famiglie.
  • Incontri con i genitori. Nonostante le criticità rilevate, dobbiamo ancora avere come obiettivo quello di coinvolgere le famiglie, ma cercando di rendere possibile anche un loro sostegno al cammino dei figli. Questo ci toglie dall’ansia di fare per forza con i genitori un cammino di fede strutturato e consequenziale, che abbiamo già visto estremamente difficile, e ci mette nella condizione di allargare invece lo spettro delle proposte. In primis la celebrazione domenicale immaginando sia una più attenta e calda accoglienza nelle eucaristie della comunità, sia celebrazioni ad hoc per uno o più gruppi dove curare, in chiave di evangelizzazione e partecipazione, tempi, gesti, monizioni, predicazione, ecc. Poi, invitare le famiglie a momenti significativi della vita della comunità non a fianco del percorso, ma come occasioni che lo qualificano. Inoltre si possono favorire momenti distesi in cui genitori e figli fanno qualcosa insieme (racconto di un brano evangelico, piccole attività, ecc.).
    In dettaglio, si possono ipotizzare diversi tipi di incontro che coinvolgano le famiglie: tre incontri all’anno con le famiglie di ogni gruppo dell’iniziazione, in cui introdurre alcuni temi portanti del percorso dei figli, far cogliere la significatività del percorso anche per la vita familiare, dare ai genitori uno spazio di riflessione e confronto. Oltre a questi tre incontri, che farebbero da ossatura, si possono mettere in calendario momenti celebrativi, momenti di incontro più conviviale, altri appuntamenti della vita parrocchiale (per esempio festa dell’oratorio, settimana dell’educazione, festa patronale, ecc.) oppure, con la collaborazione della pastorale familiare, anche momenti residenziali nello stile dei gruppi famiglia, in modo da costruire così una bella assiduità di relazione. Il discernimento di ogni comunità saprà valutare quando e come si possono convocare più gruppi di famiglie (per alleggerire il calendario e anche la vita delle famiglie, specialmente di quelle che hanno più figli nell’itinerario), oppure un singolo gruppo, oppure tutti i gruppi insieme puntando su occasioni di larga partecipazione in cui curare sempre accoglienza e attenzione ai partecipanti.

Sulla scia di questi suggerimenti si possono ipotizzare altri momenti vissuti nella singola famiglia. Non tanto un rigido impegno mensile (che è stato abbastanza disatteso), quanto piuttosto la valorizzazione di alcuni momenti tipicamente familiari come occasione naturale di catechesi domestica (per esempio festa di compleanno, calendario dell’avvento, pranzo pasquale, ecc.)[4].

 

  1. I punti fermi richiamati dal Vescovo

Nella lettera del 2016 ho toccato ampiamente le idee-madri del nostro progetto di catecumenato dei bambini e dei ragazzi, e non intendo qui ripetermi. L’esperienza fatta e le considerazioni raccolte, specie alla luce dei rivolgimenti più recenti, chiedono indicazioni chiare, che mi auguro nessuno voglia ignorare o modificare sostanzialmente. Mentre saranno sempre benvenute esperienze e riflessioni che aiutino tutta la Chiesa locale a progredire in questo campo. Eccole in sintesi:

  • Soggetto dell’iniziazione è la comunità cristiana, vissuta nella forma parrocchiale o delle unità pastorali, articolata anche in più specifiche e diverse esperienze di gruppo, animata da una varietà di vocazioni e ministeri (genitori, catechisti, sacerdoti, religiosi/e, animatori liturgici, caritativi, di oratorio e di associazioni educative…). A tutti raccomando innanzitutto il giorno dell’ascolto, perché la comunità cresca intorno a un nucleo di discepoli-missionari del medesimo Vangelo, il cui entusiasmo nel discernimento vivifichi le attività e i percorsi proposti a tutti. La diocesi proporrà con ancor più decisione e fiducia adeguate occasioni di formazione per catechisti e accompagnatori di adulti, a partire dall’esperienza fatta e dagli orientamenti sulla figura del catechista che ci vengono dal Papa e dalla CEI, valorizzando l’apporto della Pastorale familiare.
  • L’iniziazione cristiana in chiave catecumenale non si riduce a dottrina, ma offre un percorso graduale di accompagnamento all’esperienza di vita cristiana nella globalità delle sue dimensioni: ascolto/annuncio della Parola di Dio, celebrazione liturgica, testimonianza della carità… a partire dalla vita quotidiana e dalle relazioni che la sostanziano. Anche il metodo si deve caratterizzare perciò in stile esperienziale, aderendo a Cristo, al vissuto reale dei partecipanti e al contesto di ogni incontro.
  • Invito a considerare seriamente quanto accennato circa lo sguardo da avere nei confronti delle famiglie, sempre più provate dai ritmi e dai condizionamenti della società e bisognose di affetto e aiuto più che di ulteriori pretese da soddisfare. L’accoglienza cordiale del loro vissuto, l’affiancamento discreto e cordiale ai loro passi spesso incerti e discontinui, diranno l’amore di Cristo che ci ispira nell’invitarli all’esperienza ecclesiale e alla corresponsabilità nell’iniziazione cristiana dei figli.
  • In questo testo è stato esemplificato chiaramente il ritmo di incontri che si suggerisce come più adeguato, sia per il gruppo dei bambini, sia per il necessario coinvolgimento delle famiglie. Pare opportuno dedicare qualche celebrazione domenicale dell’Eucaristia a tali gruppi per reiniziare tutti alla gioia della Pasqua settimanale. Chi riesce lodevolmente a fare di più, per le risorse maturate in comunità, condivida comunque l’esperienza con le comunità vicine.
  • Il progetto continua ad assicurare il rispetto del corretto ordine dei sacramenti (Battesimo, Confermazione ed Eucaristia) e l’unità nella celebrazione di Confermazione ed Eucaristia. Questo è l’unico modello di iniziazione cristiana autorizzato in diocesi, poiché ciò non può essere arbitrio della singola parrocchia e non può mutare a ogni cambio di parroco, ma deve essere espressione dell’intera Chiesa locale. Il vescovo Dante lo chiedeva nel 2005, io l’ho ripetuto nel 2016 e nel 2018, ora non è più tempo di dilazioni! Le parrocchie che ancora celebrano le Cresime dopo la Prima Comunione concordino al più presto con il Vescovo e i suoi collaboratori dell’Ufficio catechistico i tempi entro cui adeguarsi.
  • L’itinerario di iniziazione cristiana, utilmente preparato da una pastorale postbattesimale con le famiglie che hanno bimbi in età 0-6 anni, prevede per i fanciulli 5 anni di percorso (tra la prima e la quinta elementare). Qualora si fosse in difficoltà a iniziare nella prima elementare, si articolino le prime fasi in modo che comunque non si giunga ai sacramenti nel tempo delle scuole medie, che va riservato ai 3 anni di mistagogia oratoriana e associativa, con cui dare specifica attenzione ai preadolescenti e al loro travaglio di crescita. A tal fine non mancheranno sussidi e proposte a livello diocesano e zonale.
  • La modalità celebrativa di Confermazione e prima Eucaristia che intendiamo favorire in diocesi è decisamente quella della veglia crismale con il Vescovo il sabato sera (o in altra serata infrasettimanale) precedente la domenica in cui la comunità parrocchiale accoglie i bambini per la prima Comunione, nella Messa presieduta dal parroco o dal sacerdote che ne ha curato la preparazione. Chiedo alle parrocchie più piccole di programmare insieme, per tempo, il calendario di tali celebrazioni, in modo da favorire una Veglia per la Cresima in cui possano convergere i bambini di più parrocchie, educandoli così a un maturo senso di Chiesa, intorno alla presenza del Vescovo. L’esperienza di questi anni è certamente positiva e ci incoraggia a proseguire in questa direzione. Mi riservo di dare in futuro indicazioni utili sulle attenzioni da avere perché la celebrazione risulti viva e fruttuosa, innanzitutto per i bambini.
  • La preparazione e la celebrazione del sacramento della Penitenza ritrova così una più distesa a fruttuosa collocazione nel penultimo anno del percorso-base (normalmente in IV elementare), in modo da avere tempo per accompagnare ripetutamente i bambini a fare esperienza gioiosa del perdono e della crescita interiore che tale sacramento favorisce.
  • Molti parroci segnalano giustamente l’imbarazzo nel gestire la questione dei padrini/madrine di Cresima, che spesso risultano inidonei e funzionali solo al rispetto di una tradizione esteriore. Il tema è oggetto di confronto tra i Vescovi e speriamo di giungere a qualche orientamento in tempi ragionevoli, altrimenti valuteremo con gli organismi competenti se prendere qualche decisione diocesana.
  • Desidero che non si escluda la possibilità di attuare il progetto diocesano di iniziazione cristiana attraverso itinerari differenziati per gruppi di bambini aderenti ad associazioni come l’ACR o l’AGESCI, in modo da favorire l’integrazione dell’esperienza di crescita nella fede con un tessuto di relazioni promettente nella continuità. I parroci che si aprono a questa ipotesi concordino con l’Ufficio catechistico un percorso di studio e progettazione da condividere con i responsabili delle Aggregazioni interessate.

 

Grazie, cari amici, dell’attenzione che avete riservato a questo ulteriore pronunciamento della nostra Chiesa diocesana sul tema della sua stessa capacità generativa. Proseguiamo il cammino, pur tra le incertezze che non mancano, con fiducia nello Spirito che “è Signore e dà la vita”. Sempre, anche qui, anche a noi.

 

Settembre 2022

 

+ Antonio, vescovo

 

 

 

[1] Cfr. Mt 3,9.

[2] Cfr. 1Gv 1,1. Rileggiamo in tal senso le pagine di Evangelii Gaudium.

[3] Il recente documento del Dicastero per la famiglia, i laici, la vita, Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale, ci impegnerà a rivedere in tal senso le varie forme e tappe di preparazione, non solo al matrimonio ma alla vita coniugale e familiare.

[4] Cfr. Dal Santo M., Riti di famiglia. Gesti e preghiere della vita quotidiana, Centro Ambrosiano, Milano 2020.

 

 

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