02 – Perché tutti abbiano la vita, in abbondanza
Le Unità pastorali nella Chiesa cremonese

 

 

Presento con fiducia alle nostre comunità cristiane questo documento per la progressiva attuazione delle Unità Pastorali nella diocesi di Cremona. è un atto del Vescovo, maturato progressivamente con l’aiuto del Consiglio Pastorale e del Consiglio Presbiterale; è punto d’arrivo di un percorso di riflessione sulla realtà avviato più di 20 anni fa, non solo nella nostra diocesi, e che oggi chiede di essere concretizzato.

è una guida diocesana cui attenersi per aver cura delle molteplici esigenze in gioco, per camminare uniti e sereni, attenti al bene di tutti. Potrà essere adattata e migliorata con l’esperienza. Intanto, ci aiuti a comprendere le ragioni e sperimentare il metodo per raggiungere gli obiettivi che abbiamo davanti.

Accompagnamo i passi del rinnovamento con uno slancio spirituale, di preghiera e dialogo, sempre nella gioia dell’incontro con i fratelli.

 

Cremona, 8 settembre 2017,
Natività della Vergine Maria

 

+ Antonio, vescovo

 

 

 

1. Le ragioni delle “Unità pastorali”

 

Sulle tracce del Signore vivente

Tutte le volte che nella Chiesa si parla di cose “pastorali”, c’è il rischio di scadere in questioni organizzative o clericali. Ma il Pastore che ci raduna, ci nutre e ci guida è il Signore Gesù, Risorto e Vivo, che non si stanca di chiamare uomini e donne a seguirlo, a credere in Lui, a vivere il Vangelo e la Sua carità. La Chiesa, dunque, non è fine a se stessa, perché è il corpo vivo del suo Signore, che nel tempo traccia nuove prospettive di vita e di missione. è seme del Regno, in cammino verso il suo compimento.

Gesù ha detto chiaramente di essere venuto perché tutti “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Questa è l’intenzione che muove ogni scelta della Chiesa, anche quando le cose intorno cambiano, i timori crescono, e si fatica a trovare la strada per il futuro. Ci guida questo obiettivo: far sì che tutti abbiano l’abbondanza della vita in Cristo, la gioia del Vangelo, la possibilità di relazioni fraterne e di condivisione, la fantasia della carità, la capacità di trasmettere la vita e la fede alle nuove generazioni. E che, specie nelle piccole comunità, non ci si rassegni ad una specie di “conto alla rovescia” dei residui di vita cristiana che man mano vengono meno.

Il Signore Risorto è presente non solo nella Parola, e nei segni sacramentali che la Chiesa pone, amministra e adora. è presente e vivo anche nel mondo, negli uomini e nelle donne del nostro tempo, anche quelli che con il loro disagio o le loro bizzarrie spesso ci lasciano sconcertati. è nei piccoli e nei poveri, che non solo cerchiamo di servire in nome di Gesù, ma nei quali ci è dato di vedere e toccare Gesù!

 

La Chiesa del Concilio Vaticano II

Le grandi trasformazioni sociali, il rapido cambiamento di scenari e mentalità, spesso ci spiazzano, ma non sono del tutto una novità. Il Concilio Vaticano II, negli anni ’60, aveva capito che occorreva una riflessione seria, e che si poteva guardare alla complessità dei tempi moderni con profonde ragioni di speranza. La Chiesa è andata a cercarle nella Sacra Scrittura, nella sapienza dei Padri e dei Santi, nella bellezza della Liturgia, nel valore di ogni incontro umano, insomma nelle cosiddette “fonti della fede”.

Riscoprendo il tesoro di esperienze che abbiamo alle spalle e nel cuore, possiamo guardare senza paura al cambiamento sociale, ed anche ecclesiale, che i segni dei tempi ci chiedono. La Chiesa non è sempre stata quella disegnata dal Concilio di Trento, quella che hanno conosciuto i nostri nonni, quella che a volte rimpiangiamo inutilmente. La Chiesa è anche quella che nei primi secoli nasceva nelle case, e cresceva nella persecuzione, nella vita monastica, nel catecumenato, nelle diverse forme di spiritualità che la Provvidenza ha suscitato nei secoli. La Chiesa è quella che si rigenera nei continenti giovani e lontani, da dove tanti fratelli e sorelle vengono anche a vivere qui, con noi.

Ora siamo la Chiesa agli albori del terzo millennio, che nel Concilio si è specchiata in Cristo e ha ritrovato i suoi tratti essenziali: Chiesa mistero, comunione e missione. Mistero d’amore, realtà umana e divina insieme, sacramento di salvezza e di unità per tutto il genere umano. Comunione di tutti i membri del popolo di Dio, tutti chiamati alla santità grazie al dono battesimale, tutte membra dell’unico corpo, in una varietà di doni e ministeri che non finiamo mai di scoprire. Missione di testimonianza umile e generosa dell’amore ricevuto, come Gesù stesso è missionario del Padre, sapendo che la fede si rafforza solo donandola.

 

Terra di evangelizzazione

Dobbiamo riconoscere serenamente che è tramontato il modello di “cristianità” che per secoli ha caratterizzato in maniera sostanzialmente omogenea l’occidente, e in esso le nostre terre. Resistono alcuni indicatori di attenzione al fatto cristiano, ma spesso senza l’alfabeto essenziale per viverlo davvero. Mentre la trama di parrocchie, chiese, feste, tradizioni, resiste e chiede cura almeno in certi momenti dell’anno, si soffre una crescente desertificazione della vita cristiana quotidiana e della sua dimensione comunitaria. E i sacerdoti sono costretti a dividersi tra una pastorale tradizionale che sembra agli sgoccioli e una pastorale nuova di cui non si conoscono bene i tratti.

Una cosa è chiara: la vita, con le sue fatiche e le sue gioie, con i momenti lieti e quelli drammatici, con le sue solitudini e conflittualità, chiede ragioni di speranza, interpella la fede e la mette alla prova, bussa al cuore dei cristiani e li costringe ad essere testimoni di Ciò in cui credono. Un nuovo annuncio del Vangelo si impone, nulla si può dare per scontato, e ci si accorge quando la Parola è vera e raggiunge il cuore, a differenza di tante parole vuote che aumentano la sfiducia e l’indifferenza. Ciò vale sia per chi è nato e cresciuto nella nostra terra, sia per chi oggi vi giunge da altre storie e culture.

Come hanno detto papa Benedetto XVI e papa Francesco, il cristianesimo non si diffonde per proselitismo ma per attrazione (EG 14). E noi abbiamo la responsabilità di assicurare la vitalità di centri di irradiazione della fede che siano vere calamite della ricerca che attraversa comunque il cuore di tanti.

 

Solo l’unità è pastorale

Le unità pastorali non serviranno a nulla, non ci daranno la gioia di un risveglio della fede, se le vivremo solo come riorganizzazione del territorio, peggio se elaborata a tavolino senza farne comprendere a tutti il senso. Se invece saranno l’occasione per essere davvero più uniti, capaci di condividere anche storie ed esperienze diverse, come in un crescente mosaico di bellezza e fraternità, ci permetteranno di mettere da parte le attuali frustrazioni e di assaporare quanto è vera la parola dell’apostolo Giovanni: “dal nostro amore ci riconosceranno”.

Papa Francesco lo ripete in EG 100-101: “…mi fa tanto male riscontrare come in alcune comunità cristiane… si dia spazio a diverse forme di odio, divisione, calunnia…Chi vogliamo evangelizzare con questi comportamenti? ..Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno”. I ruoli che la tradizione ha tratteggiato, e che tanto bene hanno fatto negli anni, oggi non garantiscono più la fecondità di un cammino ecclesiale, se non cresce la stima per il contributo di ciascuno, anche del più piccolo o dell’ultimo arrivato. Anche tra sacerdoti: sono l’unità, la stima reciproca, lo scambio di doni ed esperienze, anche tra età e sensibilità diverse, che ci fanno veri costruttori e servitori della Chiesa di Cristo, per la gioia dei fratelli. Il “piccolo presbiterio” di ogni unità pastorale sarà il nucleo decisivo del clima fraterno e della passione missionaria che ci sono richiesti.

Nessuno è padrone della parrocchia o di un pezzo di vita pastorale, siamo tutti servi, e soprattutto amici (Gv 15). In questo spirito, può crescere la fiducia nei progetti comuni e nella collaborazione necessaria per attuarli. Può essere vinto l’istinto di difesa e di confronto, di gelosia e di chiusura, che purtroppo a volte fa sentire la sua pericolosa attrattiva, e la sua capacità di frenare il passo. Per assaporare, invece, che “insieme è più bello”, che si prende confidenza e coraggio con possibilità altrimenti negate agli sforzi solitari, che il futuro mette meno paura se lo si affronta in un continuo discernimento comunitario.

Il valore della comunione è stato sempre affermato, ora è tempo che si traduca anche visibilmente in un diverso modo di organizzare e vivere la comunità: entusiasmiamoci al compito di ideazione e sperimentazione che la storia ci affida. Studiando la storia della diocesi, si impara che ogni tanto è toccato a una generazione affrontare simili chiamate al cambiamento, e che il Signore non ne ha fatto mancare i frutti.

 

Tutti discepoli-missionari, corresponsabili

Il sistema delle deleghe, al prete, al catechista, al gestore dell’oratorio, o ad un altro dei soliti “addetti ai lavori”, non regge più. Specie quando aumentano le chiese da aprire, gli oratori da curare, le piccole comunità da raggiungere, e magari diminuiscono le forze, i giovani, il tempo a disposizione. Quando “la coperta si fa troppo corta”, non si può tirarla a lungo, fino a strapparla… meglio fermarsi, e vedere come ridistribuire le risorse, dove andare e con chi, riprendere energia e partire… insieme!

La nostra comunità diocesana, oggi articolata in 222 parrocchie, che non scompariranno, può fiduciosamente crescere in questa direzione: guardare al territorio in cui vive, ai cambiamenti che in esso si manifestano, alle esigenze che emergono, e creare percorsi di unità tra le comunità vicine, per moltiplicare i doni condividendoli (è l’aritmetica di Gesù, quando moltiplica i pani per le folle). Cominciando dalla stima effettiva per i Consigli pastorali, per i laici adulti, per i nostri giovani e ragazzi: tutti verranno incontrati, ascoltati, chiamati a formarsi secondo questo volto di Chiesa mistero, comunione e missione, che oggi lo Spirito ci consegna. Ci sarà lavoro, vita, spazio, gioia, per tutti. E anche il tempo di capirci, di discutere, di pregare, di crescere. E si apriranno anche i necessari percorsi di formazione, a diversi livelli, per valorizzare carismi e moltiplicare disponibilità.

Della comunità cristiana, delle sue cose, ancor più dei suoi membri, siamo tutti corresponsabili. Sarà decisivo imparare a tradurre questo principio in modalità concrete di dialogo, di servizio, di cammino. Soprattutto la sfida educativa chiede che a generare vita e fede siano comunità mature, serene, accoglienti, impegnate, unite, attente al passo di ciascuno. Come in una “famiglia di famiglie”. In cui non manchino le esperienze di chi aderisce a movimenti e associazioni. Crediamo che ciò possa crescere solo se ci si ritrova frequentemente, con umiltà e fiducia, intorno alla Parola di Dio, ascoltata, pregata, condivisa (cfr. quanto richiamato nella lettera pastorale 2016 Da un inizio a un nuovo inizio).

Il senso di appartenenza ad una precisa comunità, la prossimità del pastore ai suoi fedeli, non dovranno diminuire a causa di una scelta di maggiore condivisione, e sarà bello sentire la gente riferirsi con lo stesso amore a “i nostri preti”, come quando dice “il nostro parroco”. Non sarà immediato passare ad un esercizio più condiviso del ministero, e comprendiamo la fatica soprattutto dei sacerdoti, ai quali si chiede di essere sia custodi della tradizione sia animatori del rinnovamento.

 

Una voce profetica

Scriveva don Primo Mazzolari 60 anni fa: “la parrocchia, che fu ed è, e non può non essere, la cellula della Chiesa, oggi, è in crisi. Non si tratta di pessimismo o d’un modo di dire, è un fatto, che nessuno sinceramente può negare o fingere di non vedere… La crisi della parrocchia è un fatto avvertito anche in quelle zone ove la tradizione è ancora viva… Più che di una riforma organizzativa, e di ‘aggiornamenti’, che, almeno sin qui, hanno dato assai scarso rendimento, la parrocchia ha bisogno di una nuova interpretazione dei suoi valori, della sua funzione, e della sua strutturazione… La parrocchia è una meravigliosa e insostituibile istituzione, ma chiede di essere ‘rifatta’ su misura delle nuove, urgenti necessità” (Adesso, n.21, 15.12.1957).

 

I documenti ecclesiali

I vescovi italiani pubblicavano nel 2004 un valido documento per mostrarci Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, dove leggiamo al n.11 cosa intendere oggi per “pastorale integrata”:

 Per mantenere il carattere popolare della Chiesa in Italia, la rete capillare delle parrocchie costituisce una risorsa importante, decisiva per il legame degli italiani con la Chiesa cattolica. Ma ora occorre partire dal radicamento locale per aprirsi a una visione più ampia, che scaturisce dal riconoscere nella Chiesa particolare il contesto teologico proprio della parrocchia. La radice locale è la nostra forza, perché rende la nostra presenza diffusa e rispondente alle diverse situazioni. Ma se diventa chiuso particolarismo, si trasforma nel nostro limite, in quanto impedisce di operare insieme, a scapito della nostra incidenza sociale e culturale.

L’attuale organizzazione parrocchiale, che vede spesso piccole e numerose parrocchie disseminate sul territorio, esige un profondo ripensamento. Occorre però evitare un’operazione di pura “ingegneria ecclesiastica”, che rischierebbe di far passare sopra la vita della gente decisioni che non risolverebbero il problema né favorirebbero lo spirito di comunione. È necessario peraltro che gli interventi di revisione non riguardino solo le piccole parrocchie, ma coinvolgano anche quelle più grandi, tutt’altro che esenti dal rischio del ripiegamento su se stesse. Tutte devono acquisire la consapevolezza che è finito il tempo della parrocchia autosufficiente.

Per rispondere a queste esigenze la riforma dell’organizzazione parrocchiale in molte diocesi segue una logica prevalentemente “integrativa” e non “aggregativa”: se non ci sono ragioni per agire altrimenti, più che sopprimere parrocchie limitrofe accorpandole in una più ampia, si cerca di mettere le parrocchie “in rete” in uno slancio di pastorale d’insieme. Non viene ignorata la comunità locale, ma si invita ad abitare in modo diverso il territorio, tenendo conto dei mutamenti in atto, della maggiore facilità degli spostamenti, come pure delle domande diversificate rivolte oggi alla Chiesa e della presenza di immigrati, ai quali si rivolgono i centri pastorali etnici che stanno sorgendo in molte città. Così le nuove forme di comunità potranno lasciar trasparire il servizio concreto all’esistenza cristiana non solo a livello ideale, ma anche esistenziale concreto.

A questo mirano pure i progetti attuati e in via di attuazione in diverse diocesi che vanno sotto il nome di “unità pastorali”, in cui l’integrazione prende una forma anche strutturalmente definita. Con le unità pastorali si vuole non solo rispondere al problema della sempre più evidente diminuzione del clero, lasciando al sacerdote il compito di guida delle comunità cristiane locali, ma soprattutto superare l’incapacità di tante parrocchie ad attuare da sole la loro proposta pastorale. Qui si deve distinguere tra i gesti essenziali di cui ciascuna comunità non può rimanere priva e la risposta a istanze – in ambiti come carità, lavoro, sanità, scuola, cultura, giovani, famiglie, formazione, ecc. – in ordine alle quali non si potrà non lavorare insieme sul territorio più vasto, scoprire nuove ministerialità, far convergere i progetti. In questo cammino di collaborazione e corresponsabilità, la comunione tra sacerdoti, diaconi, religiosi e laici, e la loro disponibilità a lavorare insieme costituiscono la premessa necessaria di un modo nuovo di fare pastorale.

La logica “integrativa” non deve reggere solo il rapporto tra le parrocchie, ma ancor prima quello delle parrocchie con la Chiesa particolare. La parrocchia ha due riferimenti: la diocesi da una parte e il territorio dall’altra. Il riferimento alla diocesi è primario. In essa l’unico pastore del popolo di Dio è il vescovo, segno di Cristo pastore. Il parroco lo rende «in certo modo presente» nella parrocchia, nella comunione dell’unico presbiterio. La missionarietà della parrocchia è legata alla capacità che essa ha di procedere non da sola, ma articolando nel territorio il cammino indicato dagli orientamenti pastorali della diocesi e dai vari interventi del magistero del vescovo. Ogni parrocchia dovrà volentieri avvalersi degli strumenti pastorali offerti dalla Chiesa diocesana, in particolare dagli uffici e servizi della curia. Ed è ancora a partire dalla diocesi che religiosi e religiose e altre forme di vita consacrata concorrono con i propri carismi all’elaborazione e all’attuazione dei progetti pastorali e offrono sostegno al servizio parrocchiale, nel dialogo e nella collaborazione.

Un ulteriore livello di integrazione riguarda i movimenti e le nuove realtà ecclesiali, che hanno un ruolo particolare nella sfida ai fenomeni di scristianizzazione e nella risposta alle domande di religiosità, incontrando quindi, nell’ottica della missione, la parrocchia. La loro natura li colloca a livello diocesano, ma questo non li rende alternativi alle parrocchie. Sta al vescovo sollecitare la loro convergenza nel cammino pastorale diocesano e al parroco favorirne la presenza nel tessuto comunitario, della cui comunione è responsabile, senza appartenenze privilegiate e senza esclusioni. In questo contesto il Vescovo non ha solo un compito di coordinamento e integrazione, ma di vera guida della pastorale d’insieme, chiamando tutti a vivere la comunione diocesana e chiedendo a ciascuno di riconoscere la propria parrocchia come presenza concreta e visibile della Chiesa particolare in quel luogo. La diocesi e la parrocchia favoriranno da parte loro l’ospitalità verso le varie aggregazioni, assicurando la formazione cristiana di tutti e garantendo a ciascuna aggregazione un adeguato cammino formativo rispettoso del suo carisma.

Il rapporto più tradizionale della parrocchia con le diverse associazioni ecclesiali va rinnovato, riconoscendo ad esse spazio per l’agire apostolico e sostegno per il cammino formativo, sollecitando forme opportune di collaborazione. Va ribadito che l’Azione Cattolica non è un’aggregazione tra le altre ma, per la sua dedizione stabile alla Chiesa diocesana e per la sua collocazione all’interno della parrocchia, deve essere attivamente promossa in ogni parrocchia. Da essa è lecito attendersi che continui ad essere quella scuola di santità laicale che ha sempre garantito presenze qualificate di laici per il mondo e per la Chiesa.

A questo disegno complessivo diamo il nome di “pastorale integrata”, intesa come stile della parrocchia missionaria. Non c’è missione efficace, se non dentro uno stile di comunione. Già nei primi tempi della Chiesa la missione si realizzava componendo una pluralità di esperienze e situazioni, di doni e ministeri, che Paolo nella lettera ai Romani presenta come una trama di fraternità per il Signore e il Vangelo (cfr Rm 16,1-16). La Chiesa non si realizza se non nell’unità della missione. Questa unità deve farsi visibile anche in una pastorale comune. Ciò significa realizzare gesti di visibile convergenza, all’interno di percorsi costruiti insieme, poiché la Chiesa non è la scelta di singoli ma un dono dall’alto, in una pluralità di carismi e nell’unità della missione. La proposta di una “pastorale integrata” mette in luce che la parrocchia di oggi e di domani dovrà concepirsi come un tessuto di relazioni stabili.

 

Papa Francesco, nella Evangelii Gaudium del 2013 dedica, al n.28, una importante pagina alla parrocchia e al suo necessario rinnovamento:

La parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere «la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie». Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario. Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione.

E parlando della dimensione sociale dell’evangelizzazione, spiega in che senso “il tutto è superiore alla parte. “Anche tra la globalizzazione e la localizzazione si produce una tensione. Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana. Al tempo stesso, non è opportuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra. Le due cose unite impediscono di cadere in uno di questi due estremi: l’uno, che i cittadini vivano in un universalismo astratto e globalizzante, passeggeri mimetizzati del vagone di coda, che ammirano i fuochi artificiali del mondo, che è di altri, con la bocca aperta e applausi programmati; l’altro, che diventino un museo folkloristico di eremiti localisti, condannati a ripetere sempre le stesse cose, incapaci di lasciarsi interpellare da ciò che è diverso e di apprezzare la bellezza che Dio diffonde fuori dai loro confini” (EG 234).

“Il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque, non si dev’essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi. Però occorre farlo senza evadere, senza sradicamenti. È necessario affondare le radici nella terra fertile e nella storia del proprio luogo, che è un dono di Dio. Si lavora nel piccolo, con ciò che è vicino, però con una prospettiva più ampia. Allo stesso modo, una persona che conserva la sua personale peculiarità e non nasconde la sua identità, quando si integra cordialmente in una comunità, non si annulla ma riceve sempre nuovi stimoli per il proprio sviluppo. Non è né la sfera globale che annulla, né la parzialità isolata che rende sterili” (EG 235).

 

 

2. Cosa sono e come nascono le Unità pastorali

 

L’Unità pastorale (UP) è una particolare unione di più parrocchie affidate dal Vescovo a una responsabilità pastorale unitaria, attraverso un cammino condiviso e coordinato di autentica comunione, realizzando un unico progetto pastorale missionario pluriennale aperto, in sintonia con le indicazioni pastorali diocesane.

Le Unità pastorali (UUPP) non aboliscono la struttura giuridica e pastorale della parrocchia né la figura del parroco, per le singole parrocchie: intendono invece essere, entro l’azione pastorale unitaria della Chiesa, una forma di più stretta collaborazione che favorisca l’evangelizzazione e la cura pastorale dei fedeli, attraverso una maggiore comunione tra parrocchie vicine e una migliore valorizzazione delle molteplici risorse presenti nelle comunità parrocchiali e nel territorio.

Tenendo conto sia dell’unità che dell’eterogeneità del territorio diocesano, ogni UP si pensa e attua, ispirandosi a un modello diocesano da adottare ed applicare, facendo attenzione alle peculiarità di ogni situazione. Bisognerà fare spazio ai criteri della comunione, ed anche della opportunità, gradualità e flessibilità, così che nei tempi e nei modi di attuazione vengano rispettate anche le istanze che emergono dalle diverse realtà pastorali della Diocesi. Perciò, è necessario fissare alcuni elementi essenziali che definiscano l’identità stessa di una UP.

 

Elementi essenziali e strutturali

Tra gli elementi di una UP sono da ritenersi essenziali:

  • la nomina, da parte del Vescovo, di un presbitero moderatore responsabile dell’UP, cui compete:
    • presiedere il Consiglio dell’Unità Pastorale (CPU),
    • coordinare il gruppo di coloro che esercitano un ministero,
    • presiedere la commissione economica,
    • guidare la progettazione della pastorale dell’UP e verificarne l’attuazione,
    • promuovere la comunione e forme di vita fraterna tra i presbiteri eventualmente presenti nell’UP,
    • curare i rapporti dell’UP con la comunità civile,
  • la costituzione di un consiglio dell’UP,
  • la progettazione pastorale comune,
  • un Regolamento sulla base di un modello diocesano da adattare alle specifiche esigenze delle singole UP.

Il consiglio dell’UP è l’organismo rappresentativo di tutte le componenti delle comunità ecclesiali che risiedono nell’ambito dell’UP. Ad esso, sotto la presidenza del presbitero moderatore, responsabile dell’UP, in comunione con gli altri ministri ordinati, spetta elaborare il progetto pastorale dell’UP, verificarne l’attuazione e affrontare i problemi pastorali che emergono nell’UP. Il consiglio dell’UP opera in stretta analogia con quanto stabilito dalla normativa diocesana e universale in riferimento al consiglio pastorale parrocchiale ed ha voto consultivo.

In ogni UP, identificati progressivamente gli elementi o strumenti ritenuti importanti per la propria organizzazione, il CPU provvederà a redigere un Regolamento, che recepirà e applicherà le indicazioni diocesane alla propria situazione; esso dovrà essere approvato dal consiglio dell’UP, previo il visto della Cancelleria diocesana.

 

Il processo di costituzione di una unità pastorale

I criteri fondamentali per la costituzione delle UUPP sono: l’omogeneità dell’ambiente sociale, una situazione pastorale particolare, l’appartenenza allo stesso comune, un numero non eccessivo né troppo esiguo di parrocchie e di abitanti, la vicinanza geografica e storico-culturale. Questi criteri non vanno intesi in forma troppo rigida e soprattutto non è necessario che siano tutti presenti contemporaneamente. A seconda delle situazioni può prevalere un criterio o l’altro.

Il processo di costituzione di una UP è complesso e articolato. Esso presuppone una mentalità di comunione e di missione, l’ascolto della vita, il discernimento, l’individuazione di strategie o percorsi da attuare. Tutto questo richiede e nello stesso tempo favorisce una conversione pastorale.

Alla luce di queste considerazioni, la nascita di una UP prevede quattro fasi:

  1. Proposta
  2. Preparazione
  3. Costituzione
  4. Accompagnamento

Un’attenzione specifica verrà data alle UUPP già avviate, per valorizzarne le esperienze e cogliere le fasi da curare ulteriormente.

 

  1. Fase della proposta

La “fase della proposta” è rivolta alle parrocchie che non hanno ancora intrapreso nessun passo verso la costituzione delle UUPP. Si tratta di un primo contatto, di un’esplorazione per mettere in moto l’itinerario verso le UUPP. È un momento indispensabile di riflessione e di approfondimento di alcune tematiche generali, per sensibilizzare e portare a conoscenza delle comunità che cosa sono le UUPP e qual è il loro significato nella prospettiva della comunione ecclesiale.

I passaggi previsti nella fase della proposta sono riferiti a livello di parrocchia e di zona. Tali passaggi non hanno una stretta successione cronologica, ma possono realizzarsi anche contemporaneamente. Sono previsti due momenti con lo scopo di far emergere le opportunità offerte dall’UP circa tre aspetti costitutivi dell’essere Chiesa: comunione, missione e corresponsabilità:

a. In ogni parrocchia, che è chiamata a camminare verso l’UP, è previsto un primo momento di confronto rivolto agli operatori pastorali sui temi di fondo e sul cammino della Chiesa cremonese verso le UUPP:
– la comunione ecclesiale
– la missione ecclesiale
– la corresponsabilità ecclesiale

Questo primo momento è messo in atto dal Parroco e dai suoi collaboratori dopo che si sarà concordato con il Vicario Episcopale e il Vicario Zonale il cammino della parrocchia verso l’UP. Previamente a questa “fase della proposta” il Vicario Episcopale avrà cura di promuovere e verificare la volontà dei presbiteri che entreranno a costituire l’UP. In particolare, con gli stessi presbiteri il Vicario episcopale manterrà un confronto periodico e sistematico per condividere i passi, i problemi e le possibilità del cammino comune.

b. Nelle parrocchie incamminate verso l’UP è prevista una o più assemblee plenarie anche interparrocchiali aperte a tutti i fedeli, preparate dai parroci interessati, dal Vicario Zonale col Vicario Episcopale insieme ad alcuni membri della Commissione Diocesana per le UUPP.

Tempo per la realizzazione della “fase della proposta”: indicativamente un anno pastorale.

 

  1. Fase della preparazione

La “fase della preparazione” riguarda il cammino in vista della costituzione dell’UP a seguito della nomina del “presbitero moderatore”, responsabile dell’erigenda UP.

I passaggi previsti nella fase della preparazione sono riferiti a livello di erigenda UP e coinvolgono le parrocchie della stessa. Tali passaggi sono dati da:

a. Nomina da parte del Vescovo del “presbitero moderatore” dell’erigenda UP.

Il presbitero moderatore, una volta ricevuta la nomina, incontra il Vicario Episcopale per fare il punto della situazione del cammino dell’erigenda UP, con particolare riferimento a quanto emerso nella “fase della proposta”. Successivamente lo stesso presbitero moderatore incontra i parroci dell’erigenda UP e con loro definisce la costituzione di un gruppo di lavoro formato dai rappresentanti delle parrocchie interessate e che segua più da vicino il cammino verso l’UP.

 

b. Costituzione del gruppo di lavoro interparrocchiale che segua più da vicino il cammino verso l’UP.

è importante che i membri di questo gruppo abbiano seguito il cammino della fase della proposta e che si impegnino a trovare le modalità più opportune per sensibilizzare le comunità alla nascita dell’UP. Compongono tale gruppo, oltre al presbitero moderatore:

  • i sacerdoti con incarico pastorale nelle parrocchie dell’erigenda UP;
  • gli eventuali diaconi permanenti con incarico pastorale nelle parrocchie dell’erigenda UP;
  • una rappresentanza della vita religiosa;
  • una rappresentanza degli operatori pastorali delle singole parrocchie;
  • una rappresentanza dei Consigli Pastorali delle singole parrocchie;
  • una rappresentanza dei gruppi e movimenti ecclesiali presenti nelle parrocchie.

Nella costituzione di tale gruppo di lavoro si abbia attenzione alla funzionalità e alla concreta operatività in vista del lavoro che il gruppo è chiamato a svolgere.

 

c. In fase iniziale il gruppo di lavoro dovrà procedere ad una mappatura dell’esistente per ogni settore della pastorale in ogni singola parrocchia.

 

d. Terminata la mappatura delle attività pastorali delle singole parrocchie, il presbitero moderatore promuove uno o più incontri interparrocchiali degli operatori pastorali impegnati nei vari settori nelle singole parrocchie (es. catechisti, animatori liturgici, operatori caritas…), per trattare i seguenti punti:

  • condivisione del risultato della mappatura (possibilmente consegnato prima della convocazione);
  • presa d’atto di cosa già si fa insieme tra parrocchie;
  • valutazione attenta di spazi, strumenti e ambienti delle singole parrocchie;
  • proposta di obiettivi a breve, medio e lungo termine.

 

e. Successivamente, il gruppo di lavoro elabora una sintesi dei risultati delle proposte raccolte per ogni settore (annuncio, liturgia, carità, past. giovanile, ecc.) e la presenta ai Consigli pastorali parrocchiali (singolarmente o congiuntamente) da cui si raccolgono eventuali osservazioni e suggerimenti.

Quanto rielaborato andrà condiviso dal presbitero moderatore con il Vicario Episcopale e con la Commissione diocesana per le UUPP in vista dell’elaborazione del progetto pastorale dell’UP. In questa fase potrebbe essere anche utile il confronto del gruppo di lavoro con eventuali UUPP già costituite o in fase di costituzione. Non manchi poi adeguata informazione alle varie comunità del cammino in atto.

 

Tempo per la realizzazione della “fase della preparazione”: indicativamente un anno pastorale.

 

  1. Fase della costituzione

La “fase della costituzione” attualmente si articola secondo due percorsi differenziati:

  1. per le parrocchie che iniziano il cammino verso l’UP;
  2. per le parrocchie che hanno già iniziato un cammino verso l’UP.

 

Passaggi:

 

1. Parrocchie che iniziano il cammino verso l’UP

Dopo aver seguito precedentemente le “fasi della proposta” e “della preparazione”, si passa alla fase di costituzione:

  • decreto di costituzione dell’UP da parte del Vescovo;
  • momento celebrativo solenne, presieduto dal Vescovo;
  • costituzione del CPU;
  • elaborazione di alcune scelte operative, in un contesto di discernimento spirituale-comunitario, alla luce della mappatura dell’attività pastorale parrocchiale e delle proposte raccolte nella fase della preparazione;
  • avvio della stesura del Regolamento dell’UP.

 

2. Parrocchie che hanno già iniziato un cammino verso l’UP, o che sono già costituite in UP

Il primo passo sarà quello di verificare come hanno vissuto le diverse fasi. Nel caso in cui alcuni passaggi siano stati vissuti frettolosamente o senza l’adeguato approfondimento, sarà compito del Vicario Episcopale e della Commissione diocesana per le UUPP offrire strumenti e prevedere tempi per completare il percorso verso l’UP. Il Vicario Episcopale con la Commissione diocesana per le UUPP saranno particolarmente presenti nell’accompagnare le parrocchie in questa fase.

Potrebbe essere questo il tempo più idoneo per collocare l’esperienza della “visita pastorale” del Vescovo, che pur conservando le finalità e il metodo assegnatole dal Diritto, potrebbe diventare un momento qualificante del processo di implementazione dell’UP, e non un evento chiuso in se stesso. Si può prevedere che gli anni necessari alla costituzione di tutte le unità pastorali possano coincidere con gli anni della Visita pastorale.

Tempo per la realizzazione della “fase della costituzione”: indicativamente un anno pastorale.

 

  1. Fase dell’accompagnamento e della verifica

Dopo la costituzione ufficiale dell’UP è prevista una fase di accompagnamento e di verifica che vede coinvolti i soggetti dell’UP e il Vicario Episcopale con la Commissione diocesana per le UUPP. Ciò vale innanzitutto per le UUPP già costituite, che potranno verificarsi e beneficiare di riflessioni e strumenti offerti in ambito diocesano.

 

Passaggi – Si propongono due attenzioni di fondo:

  • una progettazione pastorale che tenga conto delle mutate situazioni, flessibile e capace di interpretare la tipicità di ciascuna esperienza;
  • una costante verifica del cammino svolto mediante incontro e confronto con il Vicario Episcopale e la Commissione diocesana per le UUPP, e in un crescente scambio di esperienze tra UUPP nel territorio.

 

In vista di una definizione dei compiti di progettazione, programmazione e verifica della vita dell’UP, si dovranno effettuare al massimo dopo i primi 5 anni:

  • una verifica della situazione degli elementi istituzionali dell’UP;
  • la verifica e l’eventuale aggiornamento del Regolamento dell’UP da inviare alla Cancelleria della Curia diocesana per l’approvazione definitiva;
  • l’offerta di strumenti di lavoro per la progettazione, programmazione e verifica da parte del CPU.

 

Tempo per la realizzazione della “fase dell’accompagnamento e della verifica”: indicativamente cinque anni dalla costituzione dell’UP.

Comprendiamo, dunque, che nei prossimi anni coesisteranno in diocesi situazioni pastorali diverse:

  • UUPP che gradualmente nasceranno,
  • UUPP già in cammino,
  • UUPP precedentemente costituite.

 

 

3. Compiti, ambiti, organismi principali

 

Compito principale di ogni UP è l’attuazione della missione ecclesiale attraverso una “progettazione comune” della pastorale. La Chiesa, infatti, esiste per la missione. Questo comporta anche una progettazione che risponda alla situazione concreta del territorio.

La progettazione pastorale, che nasce anzitutto dall’ascolto della parola del Vangelo e del magistero ecclesiale, comporta i seguenti momenti fondamentali:

  • l’analisi della situazione pastorale e sociale;
  • la definizione degli obiettivi (generali e particolari) che si intendono raggiungere;
  • la precisazione dell’itinerario (modalità, tappe ed obiettivi intermedi, tempi, persone, mezzi, ecc.) che permette di passare dalla situazione di partenza a quella desiderata;
  • la verifica come momento di ridefinizione degli obiettivi.

Nell’UP la progettazione ha origine dal discernimento comunitario e dalla convergenza di molti soggetti e quindi è già segno e fattore di comunione. Dovrà avvenire in costante confronto e dialogo con la progettazione pastorale della Chiesa diocesana, vero soggetto unitario della missione apostolica.

Proprio perché nell’UP la progettazione pastorale è comune a tutte le parrocchie che la costituiscono, il luogo in cui si elabora la progettazione è il Consiglio Pastorale Unitario. Suo compito è anche quello di sollecitarne e verificarne la realizzazione nelle parrocchie, fornendo gli strumenti per una partecipazione responsabile di persone, aggregazioni e istituzioni. Alla fine di ogni anno pastorale, il CPU verificherà il lavoro svolto dall’UP e preparerà alcune ipotesi progettuali per il successivo anno pastorale.

 

Ambiti fondamentali della pastorale delle UUPP

Per attuare la missione ricevuta dal Signore e corrispondente al bene della gente, la comunità cristiana svolge una pluralità di funzioni, alcune delle quali sono costitutive e fondamentali, perché assicurano come il DNA della vita cristiana: l’ascolto e l’annuncio della Parola di Dio, in diversi contesti e modi, le celebrazioni sacramentali e la vita di preghiera, la testimonianza della carità all’interno della comunità, e nelle concrete attenzioni verso le tante povertà. Anche il “diventare cristiani”, attraverso i percorsi di iniziazione, richiede questo continuo intreccio di Parola-Liturgia-Vita, di cui la comunità è il contesto e il soggetto.

Attraverso il CPU, spetta all’UP il compito di una comune progettazione pastorale, in sintonia con l’impostazione data a livello diocesano, che attualmente focalizza 4 aree di prioritaria attenzione:

  • l’ascolto del mondo giovanile,
  • la costruzione di una comunità educante (famiglia di famiglie),
  • la presenza nel mondo con lo stile del servizio,
  • l’animazione della cultura e della comunicazione.

Concretamente, la progettazione, elaborata con la gradualità indicata nelle pagine precedenti, giungerà anche a ripensare in modo organico gli orari delle celebrazioni liturgiche, curando la formazione degli animatori liturgici. In base a quanto affermato nella lettera pastorale Da un inizio a un nuovo inizio, si metterà a punto un progetto educativo parrocchiale, che attui il cammino dell’iniziazione cristiana secondo le disposizioni diocesane, prestando attenzione alla formazione dei genitori e dei catechisti. Le iniziative per le famiglie, i giovani e gli adulti saranno progettate insieme nel CPU e, a seconda delle diverse situazioni, potranno esser svolte nelle singole parrocchie, in gruppi interparrocchiali o a livello di tutta l’UP.

Anche l’impegno nell’attenzione alle povertà e ai bisogni delle persone, alle varie necessità e fragilità (fame, malattia, assenza di lavoro, emarginazione, ecc.), chiederà di essere capillarmente presente in ogni comunità o porzione di essa. In tutti questi campi, occorrerà operare in modo che il ministero del presbitero sia sempre più accompagnato dal servizio di laici disponibili e preparati.

Nemmeno l’UP dovrà ritenersi in tutto autosufficiente, ma chiamata ad un reale cammino di comunione ecclesiale e pastorale a livello zonale e soprattutto diocesano.

 

Organismi di comunione

Consiglio dell’UP (CPU)

Il CPU, in quanto organismo rappresentativo, è formato dal presbitero moderatore dell’UP, dagli altri eventuali parroci e presbiteri e dai rappresentanti di tutte le parrocchie che formano l’UP. Nella sua costituzione si terrà conto del numero di abitanti delle parrocchie che formano l’UP, garantendo che anche le parrocchie più piccole abbiano almeno due rappresentanti. Si curi anche la rappresentanza delle comunità religiose e delle aggregazioni ecclesiali presenti nel territorio.

La maggioranza dei membri del CPU è eletta dai fedeli dell’UP: ogni parrocchia elegge i rappresentanti da inviare al CPU, secondo il regolamento approvato. Al presbitero moderatore, responsabile della UP, è data la possibilità di nominare personalmente alcuni membri del CPU, sentito il parere degli altri eventuali parroci.

Il ritmo e la qualità degli incontri del CPU è elemento decisivo per la riuscita del rinnovamento pastorale che ci proponiamo. Conseguentemente, anche il ruolo dei Consigli pastorali parrocchiali dovrà venir gradualmente meno, con la costituzione dell’UP e il funzionamento rappresentativo del suo CPU.

 

Commissione economica dell’UP

Un cammino di comunione ecclesiale come quello che abbiamo iniziato diviene reale se tocca anche le cose, le strutture, le scelte economiche, come ci insegnano gli Atti degli Apostoli. Questo obiettivo andrà perseguito con chiarezza e fiducia, nel rispetto della personalità giuridica di ogni parrocchia, all’interno della quale, alla luce della normativa canonica (cfr. can. 537), va mantenuto il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici.

Per operare in una crescente comunione, si propone di riunire frequentemente in maniera congiunta i Consigli Parrocchiali per gli Affari Economici di tutte le parrocchie dell’UP, sotto la presidenza del Moderatore e con la presenza ovviamente di tutti gli altri ev. parroci. Insieme, cercheranno di ottimizzare le risorse presenti e di sensibilizzare le parrocchie a “sovvenire” alle necessità della Chiesa, soprattutto in vista di un sostegno a quelle che si trovano in particolare difficoltà.

Per una migliore operatività, si potrà dar vita, ove necessario, ad una Segreteria economica unitaria, in cui siano rappresentate tutte le parrocchie della UP, anche col compito di far fronte alla gestione delle spese comuni.

 

Zona Pastorale e Vicario Zonale

La scelta delle UUPP ha reso necessaria e possibile anche una nuova configurazione delle zone pastorali. Il Consiglio Pastorale Zonale viene ridefinito come l’équipe di coordinamento pastorale zonale formata dai moderatori delle UUPP, da alcuni parroci delle parrocchie non ancora costituite in UP, e dai referenti (sacerdoti, religiosi/e e laici) delle aree pastorali (giovani-famiglia-carità-cultura). Tali referenti non vanno intesi come responsabili solitari ma come vere équipe di lavoro, espressive tanto del territorio quanto dei Servizi pastorali diocesani.

Il Vicario zonale riunirà l’équipe almeno all’inizio dell’anno pastorale per l’avvio del cammino, a metà anno e alla conclusione per la verifica e la progettazione futura. Poiché oggi più che mai l’azione pastorale esige operatori pastorali adeguati, l’équipe zonale ha il compito di realizzare, secondo il progetto e con l’aiuto offerti dalla Pastorale diocesana, la formazione dei diversi operatori e gli eventi proposti dai vari settori a livello zonale.

Il Vicario zonale, oltre alle competenze attribuite dal CIC al Vicario foraneo, in quanto presbitero che presiede la Zona pastorale in rappresentanza del Vescovo, è anche il coordinatore delle UUPP della Zona e, in modo particolare, il coordinatore del clero della Zona. Il livello fondamentale della programmazione pastorale è quello delle UUPP. Il Vicario zonale presiederà e coordinerà le iniziative pastorali che si intendono organizzare nella Zona.

 

 

4. Forme e livelli di corresponsabilità nelle UUPP

 

La progressiva attuazione del rinnovamento pastorale attraverso la scelta delle UUPP chiede di immaginare anche le concrete forme di esercizio della responsabilità, che finora abbiamo sperimentato nella consueta formula del “un solo parroco per una sola parrocchia”. Sono tante le variabili di cui tener conto nelle diverse situazioni del territorio e delle persone, non ultime quelle degli stessi sacerdoti. Perciò, non si può ricondurre la complessità ad un solo modello, e dovremo per un certo tempo veder convivere soluzioni diverse, tutte guidate dai criteri di fondo espressi nella prima parte di questo documento.

Il can.517 §1 del Codice di diritto canonico stabilisce che: “Quando le circostanze lo richiedono, la cura pastorale di una parrocchia, o di più parrocchie contemporaneamente, può essere affidata in solido a più sacerdoti, a condizione tuttavia che uno di essi ne sia il moderatore nell’esercizio della cura pastorale, tale cioè che diriga l’attività comune e di essa risponda davanti al Vescovo”.

Per assicurare il rispetto delle storie e delle identità delle singole comunità, ed anche le diverse fasi del cammino da fare verso una crescente integrazione, per aver sempre chiaro chi e di che cosa ciascuno è responsabile, da solo o con altri, si potranno dare diversi scenari:

 

  1. Più parrocchie, affidate ad un solo parroco (unico legale rappresentante), senza altri sacerdoti collaboratori.
  2. Più parrocchie, affidate ad un solo parroco (unico legale rappresentante), con altri sacerdoti collaboratori.
  3. Più parrocchie, affidate ciascuna al proprio parroco (legali rappresentanti distinti), che danno vita ad una unità pastorale, sotto la guida e responsabilità pastorale (non legale o amministrativa) di uno dei parroci, nominato moderatore.
  4. Più parrocchie, affidate a parroci in solido, pastoralmente corresponsabili di tutte le parrocchie, con uno dei parroci che è nominato moderatore ed unico legale rappresentante.
  5. Unica parrocchia, affidata a parroci in solido, di cui uno è nominato moderatore e rappresentante legale.
  6. Unica parrocchia, con unico parroco (legale rappresentante), con o senza eventuali vicari e/o collaboratori.

 

È importante ricordare che le diverse espressioni usate per descrivere il ruolo dei presbiteri all’interno delle comunità parrocchiali (moderatore, parroco, parroco in solido, vicario parrocchiale, collaboratore, residente, ecc.), mentre chiariscono le responsabilità, devono comunque favorire la testimonianza di unità nella missione da parte di tutti i membri del Presbiterio. In fondo, “un prete non va mai in pensione”.

Le diverse tipologie di Unità Pastorali chiedono una giusta flessibilità nel regolare il loro funzionamento, tuttavia si rende necessario indicare alcuni punti fermi che impediscono di affidare semplicemente all’iniziativa di ogni équipe (sacerdoti e laici) la realizzazione.

Le linee guida presentate di seguito vogliono offrire una griglia sulla quale ogni UP è chiamata a costruire un proprio progetto. Gli uffici diocesani offriranno adeguate indicazioni perché ogni CPU possa elaborare una progettazione pastorale comune nei diversi ambiti, da quello riguardante l’annuncio della Parola, le celebrazioni sacramentali, la testimonianza della carità, fino alla pastorale giovanile e famigliare, senza dimenticare l’aspetto della gestione amministrativa e dei beni. Andranno inoltre specificate le funzioni che sono costitutive di ogni comunità parrocchiale, ciò che viene realizzato a livello di UP e quello che si promuove a livello di zona pastorale.

 

Regolamento del Consiglio pastorale unitario (CPU)

Bozza

 

Costituzione e natura

  1. è costituito il Consiglio pastorale dell’Unità pastorale “……..”, formata dalle comunità di “……..”.
  2. Il Consiglio pastorale unitario è il principale luogo di riflessione comune e di progettazione unitaria dell’Unità pastorale.

In esso si costruisce e si promuove:

  • il senso comunitario, si esercita la corresponsabilità per il bene dell’intera Unità Pastorale articolata nelle diverse parrocchie e coesa nell’azione evangelizzatrice,
  • si opera il discernimento degli opportuni orientamenti pastorali,
  • si verifica l’andamento del cammino.
  1. La costituzione del Consiglio Pastorale Uniario (CPU) prevede in genere la graduale estinzione dei Consigli Pastorali Parrocchiali.

 

Ecclesialità

  1. Il gruppo dei membri del CPU rappresenta l’intera comunità e ciascuno agisce e interviene in esso per il bene dell’intera Unità Pastorale. Il Consiglio è presieduto dal parroco moderatore e composto dai presbiteri e diaconi che esercitano il loro ministero nell’Unità Pastorale (UP), da religiosi e laici che prestano il loro aiuto nel promuovere l’attività pastorale.
  2. Il CPU è una realtà ecclesiale, che esige dai suoi membri un profondo spirito di fede, un’interiore disponibilità all’azione dello Spirito Santo, alla preghiera e al servizio, un amore e una fedeltà assoluta alla Chiesa e alla sua missione propria. La partecipazione al CPU manifesta, da parte dei membri, la personale responsabilità davanti al Signore e ai fratelli non come semplice delegato, ma come testimone della fede.
  3. L’obiettivo del CPU è quello di elaborare insieme le decisioni necessarie avendo cura di creare comunione tra i membri e le comunità. Pur essendo organo “consultivo”,  la comunione ecclesiale di cui è segno e strumento, esige che ogni decisione sia presa insieme, ascoltando la voce dello Spirito “che agisce per mezzo di tuti ed è presente in tutti” (Ef 4,6). La consultività è espressione di autentica compartecipazione e corresponsabilità. Ognuno con il proprio consiglio contribuisce alla maturazione delle comuni decisioni. In ragione di ciò, il parroco moderatore, al quale in forza del suo carisma e del mandato ricevuto dal Vescovo spetta la decisione ultima, non si serva del carisma e del mandato per “spegnere lo Spirito” (1 Ts5,19), ma per comporre in unità la varietà delle opinioni e delle proposte.

Il ricorso al voto di maggioranza avvenga, quando necessario, dopo un sereno e ampio confronto che tenga conto dei diversi aspetti della questione trattata, in modo da ricercare effettivamente la scelta che giovi al bene di tutti.

 

Composizione

  1. La funzione di rappresentanza che si esercita nella comunità ecclesiale non è espressione di parte, né esprime primariamente tutte le diverse realtà ecclesiali presenti nell’UP. Siano scelti membri che, pur portando il proprio contributo specifico, siano in grado di farsi carico della realtà complessiva della comunità e siano i primi promotori della comunione dell’UP.
  2. Possono far parte del CPU tutti i battezzati e cresimati che:
  • Abbiano compiuto il diciottesimo anno di età;
  • Siano animati da un autentico spirito ecclesiale e siano concretamente disponibili a partecipare alle riunioni e alle attività del Consigli;
  • Diano prova di voler operare per la costruzione di una effettiva comunione tra le parrocchie;
  • Siano disposti a formarsi per svolgere saggiamente questo servizio.
  1. La composizione del CPU, definita dalla singola UP a seconda delle caratteristiche proprie, tiene conto di:
  • Membri di diritto, tra i quali il parroco moderatore, i presbiteri e i diaconi dell’UP, un rappresentante di ciascuna comunità religiosa eventualmente presenti e operanti nell’UP;
  • Membri nominati dal parroco moderatore, sulla base di indicazioni raccolte, rappresentanti di vari ambiti della pastorale, tra i quali l’annuncio, la celebrazione del culto divino, il servizio della carità;
  • Membri eletti dall’assemblea dei fedeli, nel corso di una celebrazione liturgica o di una riunione appositamente convocata, preparata da una adeguata catechesi. Possono votare tutti i battezzati e cresimati che hanno compiuto il sedicesimo anno di età; per facilitare l’elezione si può proporre una lista di candidati, lasciando però piena libertà ai votanti di indicare altri nomi.

Nella composizione complessiva si coinvolgano i giovani, si preveda un numero equilibrato di uomini e donne, siano presenti rappresentanti di ciascuna delle parrocchie appartenenti all’UP, si tenga presente l’eventuale presenza di associazioni e movimenti ecclesiali.

 

Compiti

  1. Il CPU deve collaborare con il parroco moderatore impegnandosi a studiare i problemi principali che presenta la vita della comunità cristiana, per rinvenire le linee operative fondamentali in una gestione comunitaria degli impegni di evangelizzazione, di santificazione e di servizio verso tutti i fedeli.
  2. Ogni anno il CPU:
  • compie un discernimento attento della realtà in cui vive e opera;
  • accoglie, approfondisce le indicazioni pastorali del Vescovo e degli organismi diocesani;
  • elabora gli obiettivi sui quali convergere nell’attività pastorale;
  • stende e aggiorna il programma pastorale;
  • coordina e armonizza le attività di Unità pastorale e quelle delle singole comunità parrocchiali;
  • promuove una gestione condivisa delle risorse economiche destinate al funzionamento dell’UP, in sinergia con i Consigli per gli Affari Economici delle parrocchie;
  • verifica quanto stabilito nella programmazione.
  1. In una UP di nuova costituzione è compito del CPU occuparsi del necessario ripensamento della vita liturgica e dell’orario festivo delle celebrazioni eucaristiche, in accordo con i presbiteri coinvolti.

Lavori

  1. Il CPU è convocato dal parroco moderatore, con una cadenza regolare, in un numero di volte concordato insieme, per almeno quattro riunioni all’anno. Oltre alle riunioni concordate, potranno essere indette riunioni straordinarie per problemi particolarmente urgenti, per iniziativa del presidente o dietro richiesta di almeno un terzo dei membri.
  1. Il CPU costituisce una segreteria di tre o quattro membri, o con regolare elezione, o per acclamazione. è compito della segreteria:
  • Preparare l’ordine del giorno delle singole riunioni e mandarlo anticipatamente a tutti i membri;
  • Valutare l’opportunità di affidare la fase iniziale del confronto su una determinata tematica a un gruppo ristretto di consiglieri o a persone esterne al Consiglio stesso;
  • Redigere il verbale della riunione e renderlo noto, almeno in sintesi, a tutta la comunità.
  1. Il CPU può nominare al proprio interno commissioni per affrontare o approfondire problemi pastorali o per la cura di settori particolari (in particolare per i quattro ambiti pastorali: giovani-famiglia-carità-cultura) Può anche stabilire che, quando si presentino questioni che riguardano singole parrocchie, queste siano affrontate in altra sede – esterna alle riunioni del Consiglio- sulla base dei criteri condivisi nel CPU.
  1. La partecipazione alle riunioni è per ogni membro un diritto-dovere che lo impegna ad essere presente, sempre in modo attivo e a mantenere un atteggiamento di discrezione e riservatezza ogni qual volta si presentino situazioni o discussioni che coinvolgono persone o fatti di particolare delicatezza. Eventuali assenze alle riunioni dovranno essere giustificate prima della seduta al parroco o alla segreteria; dopo tre assenze non giustificate il consigliere decadrà automaticamente dall’ufficio e verrà sostituito.

 

Durata

  1. Il CPU rimane in carica cinque anni, salvo decadere per motivi di particolare gravità su richiesta specifica dell’Ordinario diocesano o del parroco.
  1. Il caso di cambio del parroco moderatore, spetta al nuovo parroco decidere se confermare il Consiglio esistente fino alla sua scadenza naturale oppure rinnovarlo immediatamente.

 

 

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