Vocazioni famose

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Vocazioni alla vita consacrata di Santi celebri
San Giovanni Bosco
(da http://www.diocesi.torino.it/diocesitorino/allegati/30732/don%20Bosco.pdf)

“Con Dio, il coraggio di scegliere il futuro, la fortezza nel costruirlo” Intanto si avvicinava la fine dell’ultimo anno si scuola, periodo in cui gli studenti sono soliti capire la loro vocazione. Fin da bambino volevo diventare prete, ma non volendo credere ai sogni e la mia maniera di vivere non del tutto santa, rendevano dubbiosa e assai difficile la decisione. Consigliandomi con me stesso, dopo avere letto qualche libro, mi sono deciso di entrare nell’Ordine Francescano. Se io mi faccio prete, la mia vocazione corre gran pericolo di naufragio. Feci pertanto domanda ai conventuali riformati, ma pochi giorni prima della mia entrata ho fatto un sogno dei più strani. Mi parve di vedere una moltitudine di quei religiosi con le vesti strappate e correre in senso opposto l’uno dall’altro. Uno di loro mi venne a dire: Tu cerchi la pace e qui pace non troverai. Altro luogo, altra missione Dio ti prepara. Siccome non sapevo che fare, io detto tutto all’amico Comollo. Esso mi diede per consiglio di fare una novena di preghiera, durante la quale egli avrebbe scritto al suo zio prete chiedendo consiglio per me. Don Comollo mi rispose così: Considerate attentamente le cose, io consiglierei il tuo compagno di entrare in seminario, e mentre farà i suoi studi conoscerà meglio quello che Dio vuole da lui. Non abbia alcun timore di perdere la vocazione, perché con l’umiltà e la preghiera egli supererà tutti gli ostacoli. Ho seguito quel suggerimento, mi sono seriamente applicato in cose che mi potessero aiutare a prepararmi alla vestizione clericale. Andato a casa per le vacanze, cessai di fare il buffone e mi diedi alle buone letture. Ho però continuato ad occuparmi dei compagni e dei più piccoli, trattenendoli in racconti, in giochi, in canti, anzi, vedendo che molti erano ignoranti nella fede, mi sono dato da fare per insegnare loro anche le preghiere quotidiane ed altre cose più importanti in quella età. Era quella una specie di oratorio, cui intervenivano circa cinquanta fanciulli, che mi amavano e mi ubbidivano, come se fossi stato loro padre. Prima di entrare in seminario, durante gli anni della scuola, mi ero proposto alcune semplici regole, che con i miei compagni abbiamo sempre cercato di seguire e che mi sono state molto utili. Sono le regole di quella che avevamo chiamato: “La società dell’allegria”. 1. Ogni membro della Società dell’Allegria deve evitare ogni discorso, ogni azione che disdica ad un buon cristiano; 2. Esattezza nell’adempimento dei doveri scolastici e dei doveri religiosi; 3. Disponibilità all’aiuto di chi ha bisogno.

Padre Pio da Pietralcina
(da http://www.vocazione.altervista.org/pio.html)

La mattina del 6 gennaio del 1903, Francesco partì per entrare in noviziato. Quando bussò alla porta dell’antico convento di Morcone, si trovò di fronte una lieta sorpresa: fra Camillo, il frate cercatore che tanti anni prima aveva incontrato a Piana Romana e che aveva ispirato la sua vocazione di farsi frate Cappuccino. Fra Camillo nel vedere Francesco lo baciò e lo colmò di carezze e gli disse:
”Eh Francì! Bravo, bravo! Sei stato fedele alla promessa e alla chiamata di San Francesco”.
L’aspirante cappuccino fu accolto da Padre Tommaso, maestro dei novizi che, dopo un esame preliminare,lo ammise a frequentare l’anno di noviziato.
Si immerse negli esercizi spirituali fatti di conferenze, di lavoro, di preghiera, di sacro silenzio, di meditazione e di mortificazione, in un’atmosfera di monumentale, austera, nuda semplicità. Si preparò così al giorno della sua vestizione che, preannunciato da festosi scampanii, giunse dopo due settimane, il 22 gennaio 1903. Alla presenza di tutta la comunità ebbe inizio il solenne rito in cui, Francesco Forgione, spogliato dell’uomo vecchio, fu rivestito dell’uomo nuovo e del saio francescano dei Cappuccini divenendo Fra Pio da Pietrelcina.
Con il volto ombrato di rada peluria, coi fianchi cinti del bianco cordiglio, con gli occhi illuminati degli splendori del cielo, Fra Pio fece il suo ingresso ufficiale in religione.
Fra Pio sottoponeva il suo corpo a continue mortificazioni affrontando i disagi del freddo, i digiuni prescritti, l’interruzione del sonno che la recita comunitaria delle ore notturne causava. Trascorso l’anno di noviziato canonico e superati gli esami, Fra Pio si preparò alla solenne professione dei voti che venne fissato per il 22 gennaio 1904.
Alla presenza dei genitori, dell’intera comunità, il giovane frate promise a Dio di vivere in obbedienza, povertà e castità, osservando la regola dei Frati Minori Cappuccini. Al termine della cerimonia la mamma, stringendoselo al cuore, gli bagnò con le lacrime la tenera barba e gli sussurrò all’orecchio:
”Figlio mio, figlio caro, ora sei diventato figlio di san Francesco. Ti possa lui benedire e con lui, ti benedico anch’io…”.
Acceso dall’amore di Dio e dall’amore del prossimo, Padre Pio visse in pienezza la vocazione a contribuire alla redenzione dell’uomo, secondo la speciale missione che caratterizzò tutta la sua vita e che egli attuò mediante la direzione spirituale dei fedeli, mediante la riconciliazione sacramentale dei penitenti e mediante la celebrazione dell’Eucaristia. Il momento più alto della sua attività apostolica era quello in cui celebrava la Santa Messa. I fedeli, chevi partecipavano, percepivano il vertice e la pienezza della sua spiritualità. Sul piano della carità sociale si impegnò per alleviare dolori e miserie di tante famiglie, principalmente con la fondazione della “Casa Sollievo della Sofferenza”, inaugurata il 5 maggio 1956.
Ecco come il Signore parlò al suo cuore:
Francesco si interrogò e cooperò alla chiamata divina. Egli stesso dice di «aver sentito sin dai più teneri anni forte la vocazione allo stato religioso», ma con il crescere degli anni deve lottare contro«il falso diletto di questo mondo», che cerca di soffocare «il buon seme della divina chiamata». L’anima del fortunato adolescente fu riempita di coraggio, che il Signore infonde nel cuore di tutti i ben disposti, e rispose alla chiamata divina, con l’impegno costante di far di sé «un perfetto cappuccino».
Alla generosità del figlio corrispose la pronta collaborazione dei genitori: «Che farete voi (sposi cristiani), qualora il Maestro divino venisse a domandarvi la parte di Dio, cioè l’uno o l’altro dei figli o delle figlie, che egli si sarà degnato di accordarvi, per formare il suo sacerdote, il suo religioso o la sua religiosa? (…). Ve ne supplichiamo in nome di Dio: no, non chiudete allora in un’anima, con gesto brutale ed egoistico, l’ingresso e l’ascolto della divina chiamata» (Pio XII).
I genitori di Francesco non ostacolarono nell’animo del figlio l’ingresso all’ascolto della divina chiamata: diedero a Dio «la parte di Dio», come più tardi lo fecero per una figlia entrata fra le brigidine.

S. Ignazio di Loyola
(da: http://www.vocazione.altervista.org/ignazio.html)

Ignazio di Loyola, in basco Íñigo López Loiola (Loyola, 24 dicembre 1491 – Roma, 31 luglio 1556), fu il fondatore della Compagnia di Gesù (Gesuiti): nel 1622 è stato proclamato santo, per i cattolici, da papa Gregorio XV.
Ecco come il Signore parlò al suo cuore:
Essendo stato appassionato divoratore di romanzi e d’altri libri fantasiosi sulle imprese mirabolanti di celebri personaggi, quando cominciò a sentirsi in via di guarigione, Ignazio domandò che gliene fossero dati alcuni tanto per ingannare il tempo. Ma nella casa, dove era ricoverato, non si trovò alcun libro di quel genere, per cui gliene furono dati due intitolati “Vita di Cristo” e “Florilegio di santi”, ambedue nella lingua materna.
Si mise a leggerli e rileggerli, e man mano che assimilava il loro contenuto, sentiva nascere in sé un certo interesse ai temi ivi trattati. Ma spesso la sua mente ritornava a tutto quel mondo immaginoso descritto dalle letture precedenti. In questo complesso gioco di sollecitazioni si inserì l’azione di Dio misericordioso.
Infatti, mentre leggeva la vita di Cristo nostro Signore e dei santi, pensava dentro di sé e così si interrogava: “E se facessi anch’io quello che ha fatto san Francesco; e se imitassi l’esempio di san Domenico?”. Queste considerazioni duravano anche abbastanza a lungo avvicendandosi con quelle di carattere mondano. Un tale susseguirsi di stati d’animo lo occupò per molto tempo. Ma tra le prime e le seconde vi era una differenza. Quando pensava alle cose del mondo, era preso da grande piacere; poi subito dopo quando, stanco, le abbandonava, si ritrovava triste e inaridito. Invece quando immaginava di dover condividere le austerità che aveva visto mettere in pratica dai santi, allora non solo provava piacere mentre vi pensava, ma la gioia continuava anche dopo. Tuttavia egli non avvertiva né dava peso a questa differenza fino a che, aperti un giorno gli occhi della mente, incominciò a riflettere attentamente sulle esperienze interiori che gli causavano tristezza e sulle altre che gli portavano gioia. Fu la prima meditazione intorno alle cose spirituali. In seguito poi, addentratosi ormai negli esercizi spirituali, costatò che proprio da qui aveva cominciato a comprendere quello che insegnò ai suoi sulla diversità degli spiriti.
(Dagli “Atti” raccolti da Ludovico Consalvo dalla bocca di sant’Ignazio, (Cap. 1,5-9; Acta SS. Iulii, 7, 1868, 647),Provate gli spiriti se sono da Dio)

Madre Teresa di Calcutta
(da: http://www.vocazione.altervista.org/madreteresa.html)

“ Sono albanese di sangue, indiana di cittadinanza. Per quel che attiene alla mia fede, sono una suora cattolica. Secondo la mia vocazione, appartengo al mondo. Ma per quanto riguarda il mio cuore, appartengo interamente al Cuore di Gesù”.
Di conformazione minuta, ma di fede salda quanto la roccia, a Madre Teresa di Calcutta fu affidata la missione di proclamare l’amore assetato di Gesù per l’umanità, specialmente per i più poveri tra i poveri.
“Dio ama ancora il mondo e manda me e te affinché siamo il suo amore e la sua compassione verso i poveri”.
Era un’anima piena della luce di Cristo, infiammata di amore per Lui e con un solo, ardente desiderio: “saziare la Sua sete di amore e per le anime”.
Questa luminosa messaggera dell’amore di Dio nacque il 26 agosto 1910 a Skopje, città situata al punto d’incrocio della storia dei Balcani. Dal giorno della Prima Comunione l’amore per le anime entrò nel suo cuore.

Ecco come il Signore parlò al suo cuore:
All’età di diciotto anni, mossa dal desiderio di diventare missionaria, Gonxha lasciò la sua casa nel settembre 1928, per entrare nell’Istituto della Beata Vergine Maria, conosciuto come “le Suore di Loreto”, in Irlanda. Lì ricevette il nome di suor Mary Teresa, come Santa Teresa di Lisieux. In dicembre partì per l’India, arrivando a Calcutta il 6 gennaio 1929. Dopo la Professione dei voti temporanei nel maggio 1931, Suor Teresa venne mandata presso la comunità di Loreto a Entally e insegnò nella scuola per ragazze, St. Mary. Il 24 maggio 1937 suor Teresa fece la Professione dei voti perpetui, divenendo, come lei stessa disse: “la sposa di Gesù” per “tutta l’eternità”. Da quel giorno fu sempre chiamata Madre Teresa. Continuò a insegnare a St. Mary e nel 1944 divenne la direttrice della scuola.
Il 10 settembre 1946, durante il viaggio in treno da Calcutta a Darjeeling per il ritiro annuale, Madre Teresa ricevette l’“ispirazione”, la sua “chiamata nella chiamata”. Quel giorno, in che modo non lo raccontò mai, la sete di Gesù per amore e per le anime si impossessò del suo cuore, e il desiderio ardente di saziare la Sua sete divenne il cardine della sua esistenza. Nel corso delle settimane e dei mesi successivi, per mezzo di locuzioni e visioni interiori, Gesù le rivelò il desiderio del suo Cuore per “vittime d’amore” che avrebbero “irradiato il suo amore sulle anime.” ”Vieni, sii la mia luce”, la pregò. “Non posso andare da solo” Le rivelò la sua sofferenza nel vedere l’incuria verso i poveri, il suo dolore per non essere conosciuto da loro e il suo ardente desiderio per il loro amore. Gesù chiese a Madre Teresa di fondare una comunità religiosa, le Missionarie della Carità, dedite al servizio dei più poveri tra i poveri. Circa due anni di discernimento e verifiche trascorsero prima che Madre Teresa ottenesse il permesso di cominciare la sua nuova missione. Il 17 agosto 1948, indossò per la prima volta il sari bianco bordato d’azzurro e oltrepassò il cancello del suo amato convento di “Loreto” per entrare nel mondo dei poveri.
Il 21 dicembre andò per la prima volta nei sobborghi: visitò famiglie, lavò le ferite di alcuni bambini, si prese cura di un uomo anziano che giaceva ammalato sulla strada e di una donna che stava morendo di fame e di tubercolosi. Iniziava ogni giornata con Gesù nell’Eucaristia e usciva con la corona del Rosario tra le mani, per cercare e servire Lui in coloro che sono “non voluti, non amati, non curati”. Alcuni mesi più tardi si unirono a lei, l’una dopo l’altra, alcune sue ex allieve.
Il 7 ottobre 1950 la nuova Congregazione delle Missionarie della Carità veniva riconosciuta ufficialmente nell’Arcidiocesi di Calcutta.
Per rispondere meglio alle necessità dei poveri, sia fisiche, sia spirituali, Madre Teresa fondò nel 1963 i Fratelli Missionari della Carità; nel 1976 il ramo contemplativo delle sorelle, nel 1979 i Fratelli contemplativi, e nel 1984 i Padri Missionari della Carità. Tuttavia la sua ispirazione non si limitò soltanto alle vocazioni religiose. Formò i Collaboratori di Madre Teresa e i Collaboratori Ammalati e Sofferenti, persone di diverse confessioni di fede e nazionalità con cui condivise il suo spirito di preghiera, semplicità, sacrificio e il suo apostolato di umili opere d’amore. Questo spirito successivamente portò alla fondazione dei Missionari della Carità Laici.
Dopo avere incontrato il Papa Giovanni Paolo II per l’ultima volta, rientrò a Calcutta e trascorse le ultime settimane di vita ricevendo visitatori e istruendo le consorelle. Il 5 settembre 1997 la vita terrena di Madre Teresa giunse al termine.
Meno di due anni dopo la sua morte, a causa della diffusa fama di santità e delle grazie ottenute per sua intercessione, il Papa Giovanni Paolo II permise l’apertura della Causa di Canonizzazione. Il 20 dicembre 2002 approvò i decreti sulle sue virtù eroiche e sui miracoli.