I “segnali” della chiamata

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Ogni vocazione è unica e irripetibile, perché intrecciata con la persona, la sua storia, il suo carattere. Ma ci sono alcuni indizi che, quando cominciano ad accumularsi, fanno decisamente aumentare le probabilità che il Signore stia cercando di far capire qualcosa. Il confronto con un sacerdote rimane irrinunciabile, ma a titolo esemplificativo, potremmo citare:
1. Pensiero rivolto a Dio, alla Sua bontà, alle circostanze in cui me lo ha già dimostrato. Consapevolezza di sentirmi amato da Dio, seppure indegnamente, e desiderio di poter far qualcosa per contraccambiare.
2. Attrazione per la preghiera. Non è vista come un dovere, ma come una via necessaria per rimanere in contatto con Colui che si ama. Anche circostanze della vita quotidiana (lavorativa, di studio, di relazione) diventano spunti per una preghiera più convinta da offrire a Dio.
3. Maggiore disponibilità ed “empatia” verso gli altri: per me non sono degli scocciatori o degli spiacevoli intoppi sulla strada della vita, li percepisco come figli del mio stesso Padre. Mi accorgo che l’amore che mi lega a Dio, in qualche maniera, mi rende meglio disposto nei confronti delle altre persone, cominciando a comprendere meglio il significato della parola “fratello” (anche quando non significa necessariamente “amico”.
4. Un certo “distacco”, o comunque una maggiore presa di distanza, da obiettivi di tipo mondano. L’affermazione personale, la voglia di difendere un’immagine o una reputazione, il desiderio di fare carriera appaiono meno impellenti. Non vengono visti come cose negative, ma diventa sempre più chiaro che il loro perseguimento comporterebbe una distrazione di tempo ed energie da ciò che Dio si merita, quindi sarebbe una sorta di “tradimento” nei Suoi confronti.
5. Presa di distanza, in una certa misura dagli affetti più cari. Si avverte come, in questa fase della vita, più che una continuità con il passato (la famiglia di origine, ad esempio), si renda giusta e necessaria un decisione netta, una chiara presa di posizione, che non è contro qualcuno, ma decisamente a favore di Qualcun Altro, che non può essere sullo stesso piano delle persone, nemmeno quelle a noi più care. Nel caso di un legame affettivo del tipo fidanzato / a, pur non venendo meno l’affetto, si fa sempre più chiara la convinzione che questa relazione non potrà mai appagare del tutto una sete di amore debordante che si percepisce all’interno, la quale richiede, per trovare sollievo, un oggetto immensamente maggiore su cui essere riversata.
6. Desiderio di vivere la vita in maniera piena, riconoscendo il valore del mondo, della società e delle relazioni umane, con, in contemporanea, un’assenza di chiarezza su come fare tutto ciò senza scendere a compromessi in termini di amore verso Dio e dedizione alla Sua causa. Questa confusione, perché tale è, che può anche essere sentita come lacerante, potrebbe essere un segnale del fatto che Dio non mi sta chiedendo di togliermi dal mondo, bensì, dopo uno speciale periodo di intimità con Lui in un contesto più appartato, di rientrarvi in una nuova veste, quella di “incaricato” a diffondervi il Suo messaggio.
7. Capisco sempre di più quello che Dio ha fatto per me e vorrei fare qualcosa per ricambiarlo, cercando di non mettere ostacoli alla Sua volontà. Mi sento sempre più predisposto a compiere scelte a favore di Dio, anche se magari non penso ancora (magari, neanche lontanamente) ad una consacrazione.
8. Percepisco a tal punto l’attrazione verso Dio che mi sembra difficilmente praticabile la vita di prima, se non a prezzo di finzioni e dell’indossare una maschera. La bellezza e la grandezza di una proposta che Dio potrebbe farmi comincia ad assumere connotati sempre più chiari e parallelamente cresce il timore di richieste eccessive, di non esserne degni, di non esserne capaci, di scontentare le persone che mi circondano, di essere percepito /a come “strano/a” o anormale e di dover convivere con le negative conseguenze di come vengo percepito dagli altri.