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“Le parole di don Primo”: a Cremona un 2018 ricco di iniziative

Letture diffuse, convegni, prodotti editoriali e una sala dedicata all’interno del palazzo comunale di Cremona. Da gennaio a dicembre 2018 all’ombra del Torrazzo programma ricchissimo di iniziative per il progetto “Le parole di don Primo” dedicato a don Primo Mazzolari e redatto da Comune di Cremona, Diocesi e Fondazione “Don Primo Mazzolari”, in sinergia con il Comune di Bozzolo, dentro al complessivo progetto culturale della città per il 2018.

La presentazione ufficiale la mattina di lunedì 11 dicembre nella conferenza stampa in Comune, a Cremona, alla presenza del sindaco di Cremona Gianluca Galimberti, del vescovo Antonio Napolioni e di Sergio Cagossi, vicepresidente della Fondazione Mazzolari. Sono intervenuti anche il sindaco di Bozzolo Giuseppe Torchio, Michele Ginevra (del settore Cultura del Comune) e don Federico Celini (coordinatore del Tavolo pastorale per la Comunicazione e la cultura della Diocesi).

 

Gli interventi alla presentazione

«Le parole di don Primo Mazzolari – è la dichiarazione del Vescovo – conservano, immutata nei decenni, vibrante tensione religiosa e civile e ancora suscitano emozione e rendono pensosi. Questo progetto che induce a mettersi in ascolto della sua voce e del suo travaglio interiore, visitando luoghi e memorie, riscoprendo freschezza e fascino del suo vissuto, aiuta l’uomo e il credente del nostro tempo a “dar credito” all’anima e alla sorgente perenne del Vangelo. Un efficace antidoto contro la mediocrità. Ringrazio cordialmente l’Amministrazione comunale di Cremona, gli ideatori dell’itinerario che nel prossimo anno affiancherà idealmente il cammino del processo diocesano per la beatificazione di don Mazzolari, e quanti vorranno partecipare agli appuntamenti in programma».

«Volevamo un progetto che potesse essere proposta di riscoperta di don Primo Mazzolari da parte di tutta la città – ha detto il Sindaco di Cremona -. Ringrazio moltissimo la Diocesi, il Vescovo, i sacerdoti suoi delegati, la Fondazione don Primo Mazzolari e lo staff Cultura del Comune, con cui abbiamo costruito un progetto capace di coinvolgere tantissimi soggetti e realtà associative, protagonisti di studio, approfondimento e quindi di presentazione delle parole di don Primo a tutta la città. Durante tutto l’anno e in molti luoghi di Cremona. Perché le parole di don Primo, quindi la sua vita, il suo pensiero, la sua testimonianza possano interpellare le coscienze di tanti di noi, interrogarci davvero, spingerci al cambiamento. Anche solo il lavoro di preparazione, che dura ormai da un anno, è stato davvero un lavoro di crescita bellissimo. Nell’anno 2018, in cui il progetto culturale di Cremona è dedicato al Novecento, riscoprire don Primo attraverso le sue parole significa recuperare un patrimonio di senso e di valore, per capire chi è ancora oggi questo nostro sacerdote, uomo di fede, di coraggio e speranza, uomo della nostra terra e di tutte le terre dove parla un desiderio di spiritualità incarnata e di umanità, e che cosa ancora don Primo racconta su temi fondanti come la coscienza, la pace e la povertà, a credenti e non credenti, alla comunità civile ed ecclesiale. Poiché oggi del coraggio di don Primo, della sua capacità profetica, della sua visione acuta e profonda della realtà e dell’animo umano abbiamo un enorme bisogno».

 

Gianluca Galimberti (sindaco Cremona)

Mons. Antonio Napolioni (vescovo Cremona)

Sergio Cagossi (Fondazione Don Mazzolari)

Michele Ginevra (Settore Cultura del Comune)

don Federico Celini (Comunicazione e cultura della Diocesi)

Giuseppe Torchio (sindaco Bozzolo)

 

Il programma degli eventi

Il programma comincia il 13 gennaio 2018 (alle 16 nella sala Consulta di Palazzo comunale) con la presentazione da parte dei Vescovi di Cremona e di don Bruno Bignami dell’Epistolario dal titolo “Un’obbedienza in piedi”, un’antologia di circa 300 scritti che ricostruisce per la prima volta in modo completo l’epistolario tra don Primo Mazzolari e i suoi vescovi Geremia Bonomelli, Giovanni Cazzani e Danio Bolognini.

Da febbraio a dicembre, in programma le letture pubbliche diffuse in città dei testi di don Primo a cura, ogni volta, di una diversa realtà. Si parte con “Dalla missione di Ivrea” che sarà letto il 16 gennaio alle ore 21 in Cattedrale a cura della Federazione Oratori Cremonesi.

Momento importante a marzo (il 2 alle ore 21) con la lettura, sempre in Cattedrale, di “Tu non uccidere” curata dal grande attore Dario Cantarelli e preceduta dalla presentazione del vescovo Antonio Napolioni.

Ad aprile (il 20 alle 18) spazio agli “Scritti politici” che saranno letti nella sala Quadri di Palazzo comunale, sede del Consiglio comunale, da parte dei gruppi scout e anticipati da un intervento del sindaco Gianluca Galimberti.

Il 25 maggio alle ore 18 appuntamento al Boschetto, alla cascina San Colombano dove don Primo è nato il 13 gennaio 1890, per la lettura di “Tra l’argine e il bosco” curata dal Coordinamento Teatro.

Mentre l’8 giugno alle 10 l’evento si terrà nell’ex chiesa del Foppone e sarà dedicato al testo “La parola ai poveri” a cura della Tavola per la Pace e della Casa dell’Accoglienza.

“Nostro fratello Giuda” è la lettura in programma il 29 giugno, questa volta nel chiostro della chiesa di Sant’Abbondio, ancora a cura dell’attore Dario Cantarelli, nel contesto del Porte Aperte Festival.

Il 14 settembre (alle ore 18), invece, sarà l’attore e doppiatore Luca Violini a leggere brani di “Impegno con Cristo” nello straordinario contesto di palazzo Fodri.

Mentre il 12 ottobre (sempre alle 18) la lettura di “Lettere a una suora” sarà ambientata nella chiesa di San Sigismondo in collaborazione con la comunità delle Monache Domenicane e curata da Adelaide e Walfrido Ricci.

Gli ultimi due appuntamenti sono: il 9 novembre alle ore 18 con “Preti così” presso la Biblioteca del Seminario a cura di alcuni seminaristi.

Infine, il 14 dicembre alle ore 18 al teatro Monteverdi “La più bella avventura”, interpretato dall’Associazione Giorgia.

Nel programma anche un importante convegno curato dalla Fondazione Don Primo Mazzolari dal titolo “Dalla trincea alla parrocchia: il ritorno della Grande Guerra e la memoria” che avrà tappa a Udine (8 e 9 aprile) e a Cremona (3 novembre).

In occasione del progetto “Le parole di don Primo”, la sala ex violini di palazzo comunale che quest’anno è stata “intonata” a Claudio Monteverdi dentro le Celebrazioni Monteverdiane per i 450 anni dalla nascita, il prossimo anno sarà dedicata a don Primo con un allestimento studiato per far conoscere la vita, le opere e i luoghi del sacerdote cremonese (dal 10 marzo al 29 aprile).

Sono previste, infine, due iniziative editoriali: la produzione di un documentario su don Primo Mazzolari curato dall’emittente “Cremona1” in sinergia con il centro di produzione televisivo diocesano e la realizzazione, da parte del Centro Fumetto “A. Pazienza” di alcuni fumetti su don Primo in collaborazione con il quotidiano “La Provincia”.

Un programma ricchissimo, ma aperto ad altre iniziative che possono emergere dalla città e dal territorio, nel desiderio di riscoprire e di valorizzare la figura di don Primo a partire dalle “sue parole” che sono testimonianza storica e di comunità.

Ma c’è da segnalare anche una importante convegno che si sta preparando presso l’Unesco. Ne ha dato notizia proprio il vescovo Napolioni in occasione della conferenza stampa.

Scheda completa delle iniziative




La Parola che non passa: commenti ai vangeli domenicali di don Primo Mazzolari

Le Edizioni Dehoniane di Bologna hanno pubblicato una riedizione del libro di don Mazzolari, La parola che non passa, che raccoglie i commenti ai vangeli domenicali e festivi di un intero anno liturgico secondo la disposizione del messale di San Pio V in uso prima del Concilio Vaticano II. L’edizione critica è curata da don Pier Luigi Ferrari su incarico della Fondazione don Primo Mazzolari di Bozzolo.

Si tratta di 71 sapide prediche scritte nelle giornate turbinose dell’ultima guerra. In esse emerge tutto il pensiero e la personalità del parroco di Bozzolo, una delle figure più limpide del clero italiano nella prima metà del ‘900, tra gli iniziatori, insieme ad altri testimoni di avanguardia, di quella stagione di modernizzazione della presenza cristiana che maturò alla vigilia del Concilio Vaticano II.

Mazzolari visse la sua esperienza di Chiesa nel “piccolo mondo” di due parrocchie della diocesi di Cremona, Cicognara (1922 al 1932) e Bozzolo (1932 al 1959) sull’argine del Po. Tuttavia le sue prediche attestano una straordinaria apertura verso orizzonti più ampi lasciando percepire una responsabilità di coscienza allargata alla grande famiglia umana. Non è casuale che La Parola che non passa sia indirizzata specialmente ai «parrocchiani di fuori», con il desiderio che occorra loro la “più bella avventura” (titolo di un’altra opera di Mazzolari), quella di ritrovare Cristo fonte di verità. Nelle parole incandescenti di don Primo è sempre la sua coscienza umana e cristiana che si espone, coscienza gravida di situazioni vissute e di possibilità aperte: l’angoscia e le tristezze dell’ora, il crollo di miti effimeri, la tiepidezza di tanti cristiani e insieme la speranza e la passione per l’uomo.

La prima edizione del libro ebbe una vicenda piuttosto travagliata e conobbe lunghi e imprevisti tempi di attesa che crearono a don Primo qualche amarezza in quanto non riusciva a trovare editori a motivo della necessaria autorizzazione di un censore ecclesiastico. Fu Rienzo Colla, un giovane vicentino di grandi aperture, formato alla scuola dello stesso Mazzolari, ad assumersi la responsabilità della pubblicazione, anche contro il veto del suo vescovo Carlo Zinato. Il libro uscì il 4 gennaio 1954, accolto da un coro di recensioni positive. Si disse: «non c’è che Mazzolari che oggi in Italia abbia questa forza»; «È il libro più suo, perché il più evangelico»; una voce laica (L’Europeo) parlò di «confessioni appassionate» e di sintonia «con le inquietudini proprie del nostro tempo».

La pubblicazione precedette di pochi mesi la dura prova che don Primo ha dovuto vivere, quando una lettera del S. Ufficio indirizzata al vescovo di Cremona Danio Bolognini gli toglieva la facoltà di predicare fuori della propria parrocchia e di scrivere o dare interviste su materie sociali. Don Primo accettò, con una eccedenza del cuore, questo e altri dispiaceri che accompagnarono gli ultimi 5 anni della sua vita senza risarcimenti, tranne quello dell’arcivescovo Montini che, infrangendo le disposizioni del Sant’Ufficio, lo invitò a predicare per due settimane la Missione di Milano del 1957, e quello di Giovanni XXIII che, incontrandolo poco prima della morte, lo salutò come «la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana». Papa Francesco Il 20 giugno 2017 ha voluto riconoscere la singolare grandezza di don Primo con un pellegrinaggio alla sua tomba.

In queste prediche si respira un’aria di novità. Ad ogni pagina s’intravede tutto il mondo spirituale di Mazzolari. Colpisce, il fatto che esse non indulgano mai alla dottrina astratta dei manuali di teologia ma abbiano, come prima preoccupazione l’annuncio di Cristo e del suo Vangelo: «il nostro star male – scriveva – è conseguenza dell’aver lavorato senza di Lui». L’aderenza alla Parola di Dio è ciò che più gli sta a cuore, l’elemento innovativo e rivoluzionario che egli esprime con straordinaria incisività. Innamorato della Scrittura, spendeva ore per meditarla, accoglierla e spezzarla con i parrocchiani. Nel suo studio e nella sua proclamazione don Primo investiva l’anima e il cuore: «Il Vangelo – amava dire -, prima di predicarlo, bisogna farlo passare attraverso la nostra povertà».

Se si vuole individuare un motivo che sintetizza le prediche di Mazzolari, non esiterei a parlare di una qualità indubbiamente “profetica”, che egli ha espresso in tanti modi:  parole sferzanti e cariche di passione evangelica che miravano solo a suscitare la fede; il dialogo con la storia del proprio tempo fino a toccare gli interrogativi di fondo dell’uomo; la gioia di annunciare il messaggio cristiano come grazia, come seme e lievito; la convinzione che il Vangelo potesse contribuire in modo determinante a costruire un umanesimo integrale; una voce che coincideva con la grandezza della rivoluzione cristiana. Fu questo il travaglio della sua coscienza e della sua fede profonda ma anche tormentata.

In queste prediche emerge come Mazzolari intuiva che il «regime di cristianità» stava per finire ed era necessario ripensare su basi nuove il rapporto tra Chiesa e società. Non dubitava che il Vangelo costituisse la più grande forza innovativa, a patto che si recuperasse la sua purezza originaria e che la Chiesa si rinnovasse per essere una «città sul monte». Il suo romanzo autobiografico, La pieve sull’argine, può essere considerato una metafora dell’impegno pastorale di Mazzolari. Stare sull’argine, nelle sue intenzioni, non significava costruire, da parte della Chiesa, una difesa di contenimento, quanto piuttosto la possibilità di allungare lo sguardo e di oltrepassare la frontiera per navigare tra le correnti del mondo contemporaneo.

Oggi le intuizioni di questa voce profetica hanno conosciuto una lenta ma sicura maturazione fino alle stimolazioni di papa Francesco per una Chiesa “in uscita”. Siamo certi che le intuizioni di Mazzolari altro non erano che l’evangelico “vino nuovo” capace di spaccare gli otri vecchi di una Chiesa troppo ripiegata su se stessa, una primavera che faceva intravedere feconde stagioni di frutti.




Con Mazzolari e Cazzani aperta la Settimana della carità 2017

È nel segno di due importanti figure della Chiesa cremonese – don Primo Mazzolari e mons. Giovanni Cazzani, per i quali è stato avviato l’iter per la beatificazione – che si è aperta l’edizione 2017 della Settimana della carità 2017. L’occasione è stata la presentazione del libro “La carità è sempre un po’ eccessiva” (Dehoniane, 2017), che raccoglie una trentina di lettere del celebre parroco di Bozzolo al vescovo Cazzani, tra cui una decina inedite.

Si tratta di un estratto del ben più corposo volume “Un’obbedienza in piedi”, la raccolta completa del carteggio tra don Primo Mazzolari e i vescovi cremonesi, dal 1912 al 1959, pubblicato in questi giorni. L’agile libretto “La carità è sempre un po’ eccessiva” è stato l’anticipo voluto come speciale dono a Papa Francesco in occasione della sua visita a Bozzolo.

A introdurre l’incontro è stata Uliana Garoli, presidente della Fondazione, che ha ricordato come non don Mazzolari non fosse per la prima volta ospite in questo che è da sempre il Palazzo della carità di Cremona: non poteva dunque essere scelto luogo più significativo per iniziare questa nuova Settimana della carità nel segno del Patrono “padre dei poveri”.

A illustrare il testo – con diversi accenni anche al volume “Un’obbedienza in piedi” – è stato don Andrea Foglia, già direttore dell’Archivio storico diocesano, che ha anzitutto rilevato le novità rispetto alla prima pubblicazione di parte dell’epistolario tra Mazzolari e il suo Vescovo, negli anni ’70 a opera di Lorenzo Bedeschi.

Aiutando a comprendere il contesto nel quale queste lettere sono state scritte, ha quindi messo in rilievo l’attenzione di Mazzolari per una carità che non è solo quella di tipo materiale, insieme all’interesse per i lontani, la misericordia e il dialogo. Soffermandosi poi sul rapporto tra Mazzolari e il suo Vescovo: di stima e amore reciproco. «Se Cazzani voleva così bene a questo prete è perché intuiva la sua straordinaria grandezza – ha concluso –. E se Cazzani riconosceva la grandezza di Mazzolari forse è perché grande lo era un po’ anche lui».

È quindi toccato ad Angela Bellardi, già direttrice dell’Archivio storico di Cremona, sfogliando le pagine del libretto, continuare con alcune suggestioni sulle attenzioni di carità di don Mazzolari, «eccessiva, ma anche coraggiosa».

In conclusione ha ricordato come la Fondazione Città di Cremona, che ha la propria sede in quello che dal 1600 è il Palazzo della carità, prosegua sulla scia dei consorzi di sant’Omobono e delle diverse Opere pie che, pur intitolate a santi, furono sempre espressione della società civile laica, tanto da fare di Cremona – ha detto citando Fiorino Soldi – la «capitale della carità».

A chiudere l’incontro è stato quindi don Bruno Bignami, presidente della Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo e curatore della pubblicazione, che ha voluto sottolineare come il tema della carità dica il «modo di stare nella Chiesa». Uno stile che don Bignami ha proposto tratteggiando la figura di Mazzolari insieme a quella del vescovo Cazzani, che in maniera nascosta in più occasioni contribuì in modo molto concreto ad alleviare le sofferenze di quanti a Bozzolo erano nella fame.

Dunque la carità come atteggiamento di vita pastorale di don Mazzolari, che auspica di diventare «strumento della misericordia di Dio tra gli uomini». Concetti chiariti proprio attraverso alcuni passaggi di queste lettere.

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Speciale festa patronale



Con l’alfabeto missionario suggerito dal Vescovo aperto in Cattedrale il nuovo anno pastorale

Una celebrazione partecipata e intensa ha aperto, nella serata di lunedì 18 settembre in Cattedrale, il nuovo anno pastorale della Chiesa cremonese. Laici rappresentanti di ognuna delle cinque Zone pastorali della diocesi, un  nutrito gruppo di religiosi e religiose, molti sacerdoti, gli incaricati degli Uffici diocesani e una significativa presenza giovanile hanno stipato ogni angolo del Duomo per sostare vegliando e pregando con il Vescovo e i suoi stretti collaboratori.

Un’ora e mezza densa di contenuti e stimoli, che il vescovo Antonio ha voluto proporre nella sua articolata riflessione ripercorrendo le suggestioni che Papa Francesco aveva suggerito nella sua visita a Bozzolo, sulla tomba di Mazzolari, nel giugno scorso. Il fiume, la cascina, la pianura: immagini che hanno suggerito atteggiamenti – prima che i concreti calendari o i programmi – che il Vescovo ha indicato alle comunità cristiane del territorio per vivere la stagione di profondi mutamenti che la Chiesa cremonese sta attraversando, affrontando con coraggio la prospettiva delle nascenti unità pastorali tra parrocchie, una proposta di formazione per sacerdoti (i futuri moderatori delle unità pastorali) e laici, la riorganizzazione delle zone pastorali. Sullo sfondo, come motivo ispiratore di scelte e cambiamenti, lo sforzo di aprire una nuova stagione missionaria per la Chiesa locale, che risponda alle esigenze del Vangelo e si confronti con l’evidenza di un mondo – anche apparentemente vicino – che in realtà non sembra particolarmente interessato alla fede e all’appartenenza ecclesiale.

Nel corso della veglia gli echi delle fatiche e delle novità promettenti che la Chiesa locale sta vivendo sono arrivati ai presenti attraverso brevi e incisive testimonianze. A cominciare da un giovane reduce dall’esperienza estiva a Taizé, la settimana di spiritualità che il vescovo Napolioni ha proposto lo scorso agosto nel contesto della fase iniziale del Sinodo che li vedrà protagonisti.

Poi una rappresentante impegnata nel cammino dell’Unità pastorale costituita a Vescovato da cinque anni.

E una toccante lettera di don Emilio Bellani, sacerdote cremonese “fidei donum” in Brasile, che ha spalancato lo sguardo alla misteriosa opera che Dio conduce per la diffusione del Vangelo nel mondo, tra lotte e povertà.

Al termine della serata, dinanzi alla numerosa e qualificata assemblea, si è ufficialmente aperto il processo diocesano per la canonizzazione del servo di Dio don Primo Mazzolari con il giuramento del gruppo di sacerdoti che il Vescovo ha designato per condurre l’accertamento sulla vita e la fama di santità dell’ex parroco di Bozzolo.  Leggi per saperne di più

Non è mancata la memoria riconoscente e la preghiera di suffragio per il vescovo Enrico Assi, nel 25° della morte.

In conclusione di serata ha preso la parola il vicario episcopale per la Pastorale, don Gianpaolo Maccagni, per alcuni avvisi, dando in particolare appuntamento a venerdì 22 settembre (ore 21) nelle nuove zone pastorali: al Santuario di Caravaggio (zona 1), nella chiesa di S. Siro a Soresina (2), nella chiesa del Seminario di Cremona (3), nella parrocchiale di Sospiro (4) e nel Duomo di Casalmaggiore (5). Nell’occasione sarà consegnato l’esito del lungo cammino di discernimento sulla costituzione delle unità pastorali, attuali e future, con la presentazione del documento “Perché tutti abbiano la vita in abbondanza”: strumento che ha lo scopo di favorire un’ampia riflessione sulle unità pastorali e scandire i passaggi graduali che le comunità cristiane sono chiamate a compiere nei prossimi anni.

Lo sguardo al futuro è tuttavia stata la nota dominante della convocazione diocesana: il Sinodo dei Giovani sta per aprire la fase zonale che – in novembre – individuerà i giovani che formeranno la vera e propria assemblea del Sinodo. Ad ogni parrocchia presente, in segno di una vitalità da custodire, è stata donata una pianta: da mettere a dimora in fretta e alimentare con cura. Come la speranza.

 

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Istituito dal Vescovo il Tribunale per il processo di beatificazione di don Mazzolari

Con decreto dell’8 settembre scorso, il vescovo Antonio Napolioni ha ufficialmente introdotto la Causa di canonizzazione di don Primo Mazzolari ordinando che si apra il processo sulla vita, le virtù e la fama di santità del servo di Dio. Al fine di garantire la puntuale e attenta istruzione della Causa di beatificazione ha quindi nomino giudice delegato e istruttore don Paolo Carraro, promotore di giustizia mons. Mario Marchesi e notaio attuario don Giuseppe Pezzani.

I tre membri del Tribunale, accettati gli incarichi, presteranno giuramento la sera di lunedì 18 settembre nella Cattedrale di Cremona nell’ambito della celebrazione diocesana di inizio anno pastorale e nella quale sarà ufficialmente avviato il processo diocesano di beatificazione di don Mazzolari.

Il testo del decreto

 

 

Intervista al giudice delegato

Per approfondire il ruolo del Tribunale diocesano di canonizzazione abbiamo posto alcune domande al giudice delegato e istruttore appena nominato.

Don Carraro, iniziamo guardando al cosiddetto “Servo di Dio”: che cos’ha di speciale? «Un Servo di Dio è colui che ha vissuto una vita esemplare partecipando alla santità che Dio dona a ciascun battezzato. È uno che ha preso sul serio il Vangelo e  l’invito di Cristo a «imparare da Lui ad essere mite ed umile di cuore» e ci è riuscito. Possiamo dire che il Servo di Dio è un esempio che Dio offre per essere alla e nella sua sequela».

Che cos’è la “fama di santità”? «La fama di santità è quell’esemplarità che, pur a distanza di tempo, è presente nel popolo di Dio, per cui il popolo percepisce e avverte che quella persona è speciale, emana nella sua vita e nelle sue parole qualcosa che fa sentire in lui la presenza di Dio. È come se si percepisse Dio in quella persona e, dopo averla incontrata o conosciuta, soprattutto se è già morta, ci si sentisse spinti a diventare più buoni e generosi. Inoltre, quella persona ispira: si sente che si possono affidare a lui le proprie preoccupazioni e i problemi come pure i desideri e che lei si farà compagno di preghiera per queste cose presso Dio».

Come nasce questo concetto? «Questa è la cosa più bella e misteriosa: nasce spontaneamente; nasce «dal basso», come moto e iniziativa del popolo di Dio. Di fronte ad esso la Chiesa gerarchica, quando ne riconosce il valore soprannaturale, si «inchina», perché quando la fama si diffonde, si percepisce che non sono solo gli uomini a diffonderla, ma è lo stesso Spirito di Dio».

Che cos’è il Tribunale diocesano di canonizzazione? «È quella commissione costituita dal Vescovo dove è vissuto e morto il candidato. È formata da almeno due sacerdoti, intorno ai quali ruotano tante altre persone coinvolte nell’incarico che il Vescovo ha affidato ai due sacerdoti. Essi devono raccogliere da una parte tutto il materiale che riguarda il candidato: documenti o scritti di lui o su di lui e dall’altra parte interrogare un numero sufficiente di persone che possano attestare con certezza che quella persona è veramente circondata da fama di santità e che ha vissuto veramente in maniera conforme al Vangelo, anzi ha vissuto in un modo talmente bello e intenso il Vangelo da superare la media delle persone. Il Tribunale, quindi, si fa aiutare da esperti di teologia, censori teologi e da storici specializzati periti storici, in modo tale da ricostruire nel modo più completo possibile la vita, il pensiero, lo stile, la spiritualità del candidato alla beatificazione. È un compito di cui i due sacerdoti devono rispondere davanti a Dio e alla Chiesa».

Chi porta avanti le indagini? «Si tratta di una commissione formata da almeno due sacerdoti: il primo responsabile è detto giudice delegato e istruttore, perché agisce a nome dello stesso Vescovo e ne condiziona, conseguentemente, le scelte: il Vescovo esprimerà il suo giudizio sulla base di quello che gli riferisce il suo delegato. Perché non sia il solo a portare il peso di questa gravosa responsabilità gli è posto accanto l’altro sacerdote, detto promotore di giustizia, che, come si evince dal titolo, ha il compito si garantire che si cerchi sempre e solo la verità: un po’ assomiglia anche a quello che nella fase romana si chiama promotore della fede, una sorta di avvocato generale, tradizionalmente noto come avvocato del diavolo. Ha il compito di non tralasciare nulla, facendo luce su ogni aspetto della vita del candidato, compreso ciò che potrebbe essere sfavorevole alla causa. Il Promotore così controlla, sollecita, consiglia il Giudice delegato. Insieme essi sanno di dover servire la verità ed essa sola. A garanzia della serietà dell’inchiesta e che si è obbedito a tutte le norme dettate dalla Santa Sede per quanto riguarda le beatificazioni, tutti gli atti che si compiono devono essere convalidati dalla firma di un notaio ecclesiastico, nominato specificamente dal Vescovo per ogni Inchiesta. Egli può non essere sacerdote, e può essere anche una donna».

Negli atti riguardanti le beatificazioni si parla di causa, tribunale, indagini, testimoni, prove… potremmo dire che si tratta di un vero e proprio processo? «In effetti la procedura è molto simile a quella di un processo, con la differenza che qui non si cercano le prove della colpevolezza o dell’innocenza di una persona, ma le prove del fatto che egli o ella ha vissuto santamente. È un processo che porta allo stupore: percepisci Dio che agisce nel cuore e nella vita di una persona».

Perché la beatificazione avviene in diocesi e poi la eventuale canonizzazione in Vaticano? «È stato Papa Benedetto XVI a decidere che ciò avvenga. Egli ha sempre sostenuto e detto, anche quando era prefetto della Congregazione della fede, che occorre valorizzare di più l’importanza dei Vescovi e delle Chiese locali. Inoltre egli era convinto che facendo le beatificazioni e le canonizzazioni a Roma si perdesse di vista la differenza tra i due momenti, a scapito della canonizzazione, che sembrava un poco una ripetizione della beatificazione. Il Papa vuole ricordare che il Beato è un esempio sorto da e per una Chiesa locale, mentre il Santo è offerto da Dio come esempio per tutta la Chiesa diffusa su tutta la terra».

E questo che cosa significa per il servo di Dio don Mazzolari? «Questo allora significa che don Primo è uno dei frutti della Chiesa cremonese, si è santificato qui e ci è offerto come esempio nella diocesi dove lo abbiamo conosciuto ed amato. Se la sua fama si diffonderà per tutto il mondo o se i miracoli che egli ci otterrà lo renderanno ancora più meritevole di esempio e di sollecitazione, potrà essere giustamente offerto alla preghiera di tutti i cristiani: sarà allora santo. La differenza, in fondo, è qui. Si comincia dal luogo dove un Servo di Dio è nato e conosciuto perché arrivi ad essere dono per tutti. Ce lo auguriamo».

 

«Scriveva Hans Urs von Balthasar che i santi costituiscono il commento più importante del Vangelo, […]. Lo scrittore francese Jean Guitton li descriveva “come i colori dello spettro in rapporto alla luce”, perché con tonalità e accentuazioni proprie ognuno di loro riflette la luce della santità di Dio. La santità non è un lusso, non è un privilegio per pochi, un traguardo impossibile per un uomo normale; essa, in realtà, è il destino comune di tutti gli uomini chiamati ad essere figli di Dio, la vocazione universale di tutti i battezzati. La santità è offerta a tutti; naturalmente non tutti i santi sono uguali: sono infatti, come ho detto, lo spettro della luce divina. E non necessariamente è grande santo colui che possiede carismi straordinari. Ce ne sono infatti moltissimi i cui nomi sono noti soltanto a Dio, perché sulla terra hanno condotto un’esistenza apparentemente normalissima. E proprio questi santi “normali” sono i santi abitualmente voluti da Dio. […]. Bernanos […] nota che “ogni vita di santo è come una nuova fioritura di primavera”. Che ciò avvenga anche per noi! Lasciamoci per questo attrarre dal soprannaturale fascino della santità!»

     (Benedetto XVI Catechesi del mercoledì 20 agosto 2008)




Francesco pellegrino sulla tomba di don Mazzolari

È partito alle 7.30 dall’eliporto vaticano ed è atterrato poco primo delle 9 al campo sportivo di Bozzolo Papa Francesco, accolto dall’entusiamo di quanti sin dall’alba l’hanno atteso con trepidazione.

Il benvenuto ufficiale gliel’ha porto il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, affiancato dal nuovo sindaco di Bozzolo, Giuseppe Torchio.

Nel percorso in auto verso la casa parrocchiale il Papa si è concesso a quanti lo aspettavano lungo la strada, con la mano fuori dal finestrino per salutare tutti.

E la festa è stata ancor più intensa nel piazzale delle chiesa, dove Francesco si è fermato a lungo, stringendo mani a tanti, in particolare i ragazzi del Grest. Accanto a lui il parroco don Gianni Maccalli e il vicario don Gabriele Barbieri.

Quindi in chiesa, dopo l’omaggio alla Vergine, la preghiera silenziosa sulla tomba di don Primo Mazzolari, cui ha fatto seguito il saluto ufficiale del vescovo Antonio.

Saluto Vescovo di Cremona

Ha poi preso la parola il Papa che, quasi scusandosi per non aver potuto snellire il discorso, ha spiegato di non voler tralasciare nulla dell’importante messaggio lasciato da don Mazzolari. Tre passaggi evidenziati dal Papa: il fiume, la cascina e la grande pianura.

Il testo del discorso del Papa

Dopo la benedizione, al Papa è stato offerto quanto raccolto in diocesi per l’Obolo di S. Pietro, anticipato di qualche giorno proprio per poter consegnare la somma direttamente nelle mani del Papa. In ricordo alla parrocchia di Bozzolo è stato donato un calice.

In sagrestia sono quindi stati mostrati al Papa dal presidente della Fondazione Mazzolari, don Bruno Bignami, insieme al presidente del Comitato scientifico della stessa Fondazione, Prof. Giorgio Vecchio, alcuni ricordi e opere di don Primo.

Prima di raggiungere il campo sportivo, il Papa ha portato il suo saluto finale all’assemblea in piazza.

“Vi ringrazio di questa accoglienza tanto calorosa e chiedo di pregare per me perchè io possa servire il Signore e la Chiesa. Adesso prima della benedizione preghiamo la Madonna”.

Quindi Papa Francesco, dopo il nuovo bagno di folla in piazza, si è recato in auto al campo sportivo di Bozzolo da dove, alle ore 10.30  è decollato alla volta di Barbiana (FI) per il pellegrinaggio sulla tomba di Don Lorenzo Milani.

Approfondimenti su don Mazzolari / 1

Approfondimenti su don Mazzolari / 2

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Papa Francesco a Bozzolo

 

 

 

Francesco pellegrino sulla tomba di Mazzolari:
cronaca e foto dell’evento

 

 

 

Il grazie del Papa dopo la giornata a Bozzolo

 

Il grazie del Vescovo a tutti coloro che hanno collaborato alla riuscita dell’evento

 

 

Altri articoli e commenti sulla visita: 

 

 

Sussidi liturgici:

  • proposte per la preghiera per il Papa    doc    pdf
  • processione del Corpus Domini 2017    doc    pdf

 

Verso la visita del Papa:

 




“Misericordia per Giuda”: alla Fondazione “Città di Cremona” presentato il libro di don Mazzolari

Fu il beato Paolo VI, nel 1970, a dire di don Primo Mazzolari: «Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti». Quasi cinquant’anni dopo, però, l’eredità spirituale lasciata dal famoso parroco di Bozzolo ha trovato pieno compimento, come è emerso con chiarezza lo scorso 31 marzo nella gremitissima sala consiliare della Fondazione “Città di Cremona” durante l’incontro sul tema “Misericordia per Giuda”. Tema che riprende l’omonimo titolo del libro, edito dalle Dehoniane, curato dal sacerdote cremonese don Bruno Bignami, presidente della Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo, in collaborazione con lo studioso Giorgio Vecchio. Il testo trova peraltro la propria naturale collocazione nell’alveo di questo Giubileo straordinario, interamente incentrato proprio sulla misericordia di Dio.

Non a caso, dopo il saluto della presidentessa della Fondazione “Città di Cremona”, avv. Uliana Garoli, il vescovo Antonio Napolioni ha evidenziato «l’attualità straordinaria» di don Mazzolari, specie sul tema della riforma del clero, invitatando a non guardare a lui «con nostalgia, ma come ad un maestro». Tra il folto pubblico era presente anche il vescovo emerito di Lodi, mons. Giuseppe Merisi.

Con il coordinamento puntuale ed accorto della professoressa Tiziana Cordani si è affrontato l’argomento, partendo dall’omelia del 3 aprile 1958, Giovedì Santo, quando nella chiesa di Bozzolo risuonarono queste parole: «Ma io voglio bene anche a Giuda». Parole assolutamente inusuali – e, per taluni, sconcertanti – all’epoca: «C’è un nome che fa spavento, il nome di Giuda, il Traditore. Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: ‘Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!’. Amico! Questa parola vi dice l’infinita tenerezza della carità del Signore». D’altra parte – ha evidenziato don Bignami – «la condanna non spetta a noi», chiamati piuttosto «a riconoscerci peccatori come Giuda ed a riconoscere d’aver bisogno della misericordia di Dio», tema su cui don Mazzolari insistette già dai tempi in cui, parroco di Cicognara, tenne con mons. Guido Astori le «missioni al popolo» nel Bresciano e nel Veronese; poi ancora a Milano nel novembre 1957, su invito dell’allora arcivescovo, mons. Montini, futuro papa Paolo VI; poi l’anno dopo, nel 1958, a Ivrea. Sempre ed ovunque, «Dio è misericordia, questo è il grande annuncio», ha sottolineato don Bignami, che ha anche specificato quale, secondo don Primo, fosse stato il grande errore di Giuda, «l’aver disperato».

Ripercorrendo diversi momenti particolarmente significativi – e, per molti versi, anche drammatici – della biografia di don Mazzolari, don Bignami ha mostrato come l’esercizio concreto della misericordia fosse stato sempre uno dei suoi tratti distintivi, il che lo rese credibile nell’affermare come l’uomo avesse «bisogno più di misericordia che di giustizia», poiché «la giustizia senza la misericordia» non sarebbe «autentica giustizia». Il «compito della Chiesa» sarebbe pertanto quello di «rimettere in cammino, far rialzare», non di schiacciare, né di lasciare a terra. Anche qui riecheggiano ancora le parole, pronunciate dal parroco di Bozzolo nell’omelia del Giovedì Santo del 1958: «Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi, ma amici. Noi possiamo tradire l’amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici: anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando Lo neghiamo, davanti ai Suoi occhi e al Suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore».

Mauro Faverzani

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I prossimi incontri

Un secondo appuntamento di memoria sarà il grande Convegno di studio che si terrà a Trento nei giorni 8 e 9 aprile presso il Polo Culturale diocesano “Virgilianum”, in via Endrici 14. Il Convegno sarà incentrato sulla grande guerra e potrà avvalersi della preziosa e sinergica collaborazione della Fondazione Trentina “Alcide De Gasperi”, dell’Istituto di Storia di Vicenza e dell’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler di Trento.

Titolo dell’evento è: “Dalla parrocchia alla trincea. I preti nella grande guerra”. Interverranno docenti provenienti da importanti università italiane: Paolo Pombeni, Daniele Menozzi, Maurilio Guasco, Guido Formigoni, Giorgio Vecchio, Filippo Lovison, Bruno Bignami, Giovanni Vian, Marco Odorizzi. Il Convegno metterà a tema il rapporto tra la fede e la guerra (nel pomeriggio di venerdì 8 aprile) durante il primo conflitto mondiale, evidenziando le differenti posizioni del mondo cattolico italiano, diviso tra fronte interventista, neutralista e pacifista. Naturalmente un ruolo centrale troverà la gigantesca figura di papa Benedetto XV, autentico uomo di pace in un contesto difficilissimo da gestire. Nella mattinata del 9 aprile, invece, si metterà a fuoco il ruolo dei preti nella grande guerra, a partire dalla testimonianza di don Primo Mazzolari fino alle posizioni del vescovo di Trento mons. Celestino Endrici, passando per la difficile prova vissuta dai cappellani militari e dai preti soldato.

Locandina del convegno di Trento

Il momento più importante sarà, però, domenica 17 aprile a Bozzolo. Nella parrocchiale di san Pietro, dove don Primo ha predicato e celebrato, presiederà l’Eucaristia, alle ore 17, il segretario generale della CEI, mons. Nunzio Galantino. Al suo fianco ci saranno il nuovo vescovo di Cremona, mons. Antionio Napolioni, e il vescovo emerito mons. Dante Lafranconi. Per la comunità di Bozzolo sarà un evento speciale.

La presenza di mons. Galantino nella bassa mantovana permetterà di fare memoria e di rilanciare un impegno nel tempo che stiamo vivendo. Come affermò don Primo da cappellano militare del 19° nucleo Taif il 2 giugno 1918: “Vogliamo l’amore tra i popoli, non l’odio: la pace, non la guerra. Vogliamo in una parola, ritornare fratelli”. Parole che fanno pensare mentre soffiano continue folate di venti di guerra sul Mediterraneo e nel Medio Oriente. Senza dimenticare che Mazzolari ha sognato un mondo dove l’umanità prenda il posto dei nazionalismi: “Solo quando genti di razze diverse sapranno convivere su una stessa terra, senza farsi del male l’un l’altro, saremo giunti a buon termine. Ma allora il problema nazionale e quello di razza non esisteranno più. L’umanità ne avrà preso il posto”.