PASQUA DI RISURREZIONE

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  «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2): chi si comporta in questo modo dimostra di credere in colui che ha risuscitato Gesù Signore nostro dai morti, e la sua fede gli sarà ascritta a giustizia.

  Chi ha in sé qualcosa di ingiusto non può essere considerato giusto, anche se crede in colui che ha risuscitato il Signore Gesù dai morti, poiché l’ingiustizia non può avere niente di comune con la giustizia, né la luce con le tenebre o la vita con la morte. Così, anche a coloro che credono in Cristo, la fede non può essere ascritta a giustizia se non depongono il vecchio uomo con le sue azioni ingiuste. ‘

  Ugualmente, come la giustizia non può essere attribuita all’ingiusto così neppure il pudore può essere attribuito all’impudico, l’equità all’iniquo, la generosità all’avaro, la pietà all’empio fino a che costoro non getteranno via i vecchi abiti dei vizi e non si rivestiranno dell’uomo nuovo, creato secondo Dio, «che si rinnova, per una piena conoscenza, a immagine del suo Creatore» (Col 3, 10). Gesù «è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25), per mostrarci che anche noi dobbiamo aborrire e respingere tutto quello che è stato motivo della sua morte.

  Se infatti crediamo che egli è morto per i nostri peccati, come non considerare estraneo e avverso ogni peccato a causa del quale sappiamo che il nostro Redentore è stato messo a morte? Se ancora manteniamo qualche legame o amicizia col peccato, dimostriamo di non tenere in nessun conto la morte di Gesù Cristo, abbracciando e seguendo proprio quello che egli ha combattuto e vinto.

  È stato messo a morte per i nostri peccati, ed è risorto per la nostra giustificazione. Se siamo risorti con Cristo, che è la giustizia, camminiamo in novità di vita, cioè viviamo secondo giustizia, Cristo è risorto per noi, per la nostra giustificazione. Se invece non abbiamo ancora deposto l’uomo vecchio con le sue azioni, ma viviamo nell’ingiustizia, oso dire che Cristo non è ancora risorto per la nostra giustificazione, né è morto per i peccati nostri.

  Se credo questo, come posso amare quello per cui subì la morte? Se credo che egli è risorto per la mia giustificazione, come può piacermi l’ingiustizia? Cristo dunque giustifica soltanto coloro che, sull’esempio della sua risurrezione, si sono rivestiti di una vita nuova, gettando via come causa di morte i vecchi indumenti dell’ingiustizia e dell’iniquità.

  «Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa-grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio» (Rm 5, 1-2). Ma per indagare più attentamente il pensiero dell’Apostolo, cerchiamo che cosa intenda col nome di «pace» e qual è la pace che viene da Cristo, nostro Signore. Si dice che vi è pace dove non vi sono dissidi né discordie, dove non si compiono azioni ostili o incivili.

  Noi, che un tempo fummo nemici di Dio seguendo il diavolo tiranno e nemico, se abbiamo rinunziato alle sue armi, abbiamo pace con Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha riconciliati con Dio col sacrificio del suo sangue. Se uno dunque è in pace con Dio, ed è riconciliato per il sangue di Cristo, non abbia più niente in comune con ciò che è nemico di Dio.

Cristo portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce

perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia. Alleluia.

Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;

per le sue piaghe siamo stati guariti,

perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia. Alleluia.

1 Pt 2,24; Is 53,5

Immagine: Bartolomè Esteban Murillo, La risurrezione