SEPARATE… MA NON DIVISE: QUINDICESIMO CAPITOLO

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“Secondo la legge del Creatore, sull’esempio della famiglia di Nazareth, secondo la tradizione monastica e la povertà religiosa, le monache sono tenute al lavoro manuale o intellettuale. Ciò debbono assumersi come ufficio di penitenza e riparazione”.

(dalle Costituzioni)

  Il lavoro nella vita monastica occupa un posto di rilievo, anche se ovviamente il primo posto spetta alla preghiera.

  Per il fatto che il monastero è la nostra casa e la comunità è la nostra famiglia, sentiamo tutte la necessità, comune ad ogni uomo, di dedicarci al lavoro per il nostro sostentamento oltre che per aderire al piano di Dio che chiama ognuno di noi a collaborare con Lui nello sviluppo della creazione.

  Il voto di povertà che abbiamo emesso con la Professione dei consigli evangelici ci impegna a condividere la sorte dei poveri, che si guadagnano il pane con il lavoro e il sudore della fronte. S. Domenico, che amava tanto la povertà, si preoccupò di dare alle sue prime monache un’attività manuale che impedisse loro di stare in ozio. “Ogni anno – testimonia un documento del lontano secolo XIV – vengono distribuiti alle monache quindici quintali di lana… esse la filano, la tessono nelle ore libere dall’Ufficio divino; e lo fanno seguendo l’antica consuetudine e l’ordine esplicito del nostro Padre S. Domenico (P. Vicaire in “Vir evangelicus”).

  Ora nei nostri monasteri non si fila più lana, dato il mutamento delle esigenze di vita. Ecco, ad esempio, cosa si fa. Alcune comunità confezionano particole da consacrare per molte parrocchie e a volte per intere diocesi; altre si dedicano alla confezione e al ricamo di paramenti sacri e biancheria; altre ancora sono impegnate in lavori di traduzione o nel dipingere icone; alcune, infine, coltivano frutteti quando il clima del monastero permette di avere le adatte condizioni. Queste sono solo alcune delle svariate mansioni che tengono impegnate le nostre comunità nel santo dovere di svolgere un lavoro il cui frutto contribuisca, in un clima di abbandono confidente nella divina Provvidenza, al mantenimento della propria famiglia monastica.

  Poi ci sono le occupazioni domestiche del monastero: la cucina, le pulizie, il bucato, l’orto e il giardino, il guardaroba, l’assistenza alle sorelle anziane e inferme, ecc…. È tutto un insieme di necessità di lavoro da svolgere con consapevole sollecitudine e generosità, che non ci permettono di restare un momento oziose. Siamo contente che sia così, perché questo ci dimostra che la nostra vita, tra le mura claustrali, non è condannata all’inerzia, come si può a volte erroneamente immaginare, poi perché ci sentiamo unite ai nostri fratelli che operano nel mondo; come loro non di rado sentiamo il peso della fatica, la preoccupazione di realizzare quanto ci viene proposto, la sofferenza di qualche insuccesso, la gioia di scoprire nuove possibilità di riuscita e soprattutto la soddisfazione di poter servire e giovare alla comunità.

  Come la vita claustrale non condanna all’inerzia le sue monache, così non seppellisce i talenti che ciascuna porta con sé. È vero che chi varca la soglia del monastero porta nel cuore il desiderio di sacrificare tutto per dedicarsi unicamente al divino servizio, desiderio che risponde a una esigenza fondamentale della vita religiosa; questo sacrificio, però, messo totalmente nelle mani del Signore permette di potenziare meglio ogni nostra risorsa al servizio del suo Regno d’amore. Ognuna di noi sperimenta come nelle umili occupazioni quotidiane, che per la nostra particolare vocazione si svolgono solo fra le mura del monastero e non all’esterno, tutte le doti naturali vengono messe in azione favorendo il progresso e la piena maturazione della personalità.

  La caratteristica fondamentale del lavoro monastico è quella di essere ordinato in modo da condurci all’unione più intima con Dio, alla contemplazione. Per questo ha come suo indispensabile sigillo l’obbedienza. Ogni mansione da svolgere in monastero viene affidata dalla Madre Priora, che per noi è il portavoce sicuro della volontà di Dio, l’unica cosa che ci interessa soprattutto di conoscere e di adempiere per mantenerci unite a Gesù. L’orario stesso della giornata, organizzato in modo sapiente, porta la monaca che vi si abbandona con docilità a un sereno equilibrio spirituale e fisico che giova grandemente allo sviluppo della vita interiore.

  L’atmosfera di silenzio e di raccoglimento, sostenuta dalla buona volontà di tutte, rende il nostro lavoro simile a quello svolto dalla S. Famiglia, nell’umile bottega di Nazaret. Lo spirito di carità, che animava la B. Vergine nell’attendere alle faccende domestiche, fatto di incessante e amorosa attenzione al Figlio suo, rivive nell’anima della claustrale. Il nostro unico desiderio, infatti, è di rimanere unite a Gesù con lo sguardo interiore fisso nella sua adorabile presenza in noi e in mezzo a noi, e continuare attraverso le svariate occupazioni quotidiane quel colloquio intimo e semplice con Lui, che resta l’unica “cosa necessaria” alla quale dobbiamo attendere.