SEPARATE… MA NON DIVISE: UNDICESIMO CAPITOLO

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L’Angelo si fermò… tenendo in mano un turibolo d’oro

e gli fu data gran copia d’incenso.

E salì il fumo degli aromi dalla mano dell’Angelo al cospetto del Signore”.

Dalla Liturgia

  Il decreto del Concilio Vaticano II sulla Liturgia e la sua applicazione nella Istitutio Generalis dell’Ufficio divino, hanno posto in luce uno dei contenuti più belli del nostro Battesimo: partecipe del sacerdozio di Cristo, il battezzato diventa capace di fare della sua vita un atto di culto a Dio, che si attua non solo nell’offerta di se stesso in comunione con il Sacrificio di Gesù, ma anche nella partecipazione alla preghiera liturgica della Chiesa.

  «Quando mi appresso alla celebrazione della Liturgia delle Ore, – confida Suor Candida – avverto la grandezza del mio Battesimo, che mi ha offerto la possibilità di congiungermi a Gesù, di prestargli la mia piccola e povera persona, perché Egli continui ad esprimere sulla terra il suo amore, la sua lode, la sua adorazione e supplica al Padre».

  Infatti ‘in questo sta la dignità della preghiera cristiana, che partecipa dell’amore del Figlio Unigenito per il Padre e di quell’orazione, che Egli durante la sua vita terrena ha espresso con le sue parole e che ora, a nome e per la salvezza di tutto il genere umano, continua incessantemente in tutta la Chiesa e in tutti i suoi membri’ (IG 7).

  La Chiesa consapevole di questo preziosissimo dono, ricevuto dal suo Signore, chiama tutti i suoi figli a prenderne coscienza. Ma perché questa lode sia veramente incessante essa chiede ad alcuni suoi membri, come i Sacerdoti e i Religiosi, un impegno di fedeltà quotidiana alla preghiera liturgica. Ai Contemplativi soprattutto è richiesta la dedizione assidua al compito della lode. La Chiesa li privilegia del dono della solitudine, del silenzio, della vita comune, di un lavoro sereno e ordinato, perché essi possano dare alla celebrazione della Liturgia delle Ore sempre il primo posto: l’adesione profonda dello spirito per mettersi in sintonia con Cristo orante; il tempo indispensabile per santificare i momenti salienti della giornata; l’espressione del canto; la silenziosa meditazione e tutto quanto può rendere splendente e bella sopra ogni altra cosa la lode di Dio.

  Le nostre Costituzioni ci esortano a imitare S. Domenico come lui imitò Cristo e perpetuare quindi il suo spirito di orazione e il fervore: ‘Celebrava infatti con molta devozione tutto il divino Ufficio’. E soggiungono: ‘Elette all’ufficio della lode divina, le monache, insieme con Cristo, rendono gloria a Dio per l’eterno disegno della sua volontà e l’ammirabile dispensazione della sua grazia; supplicano il Padre delle misericordie per tutta la Chiesa e per la necessità e la salvezza di tutto l’universo … Perciò la solenne celebrazione della Liturgia costituisce il fulcro e l’anima di tutta la nostra vita e trova in essa il primo fondamento della sua unità’ (Cost. n. 80).

  Il luogo dove ci riuniamo per pregare è designato con il nome di Coro quasi a significare un atteggiamento che si ripete diverse volte al giorno: un coro di voci che si uniscono per lodare e invocare il Signore. La sua disposizione stessa, gli stalli che ospitano le monache, tutto è ordinato a raccogliere una comunità in preghiera. La presenza di Gesù in mezzo a noi al momento della celebrazione dell’Ufficio divino è quanto mai intensa non solo per la custodia dell’Eucarestia, ma anche per la sua promessa: ‘Quando due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro’ (Mt 18, 20).

  Il suono della campana scandisce l’orario monastico. Il suo primo richiamo nel mattino è per invitarci a iniziare la giornata lodando il Signore: ‘Svegliatevi arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora’ (Sl 56). Tutto il creato attende la voce dell’uomo che si fa suo interprete nella lode e nel ringraziamento davanti a Dio. È un andare incontro a Cristo Signore, cantando; il Risorto, di cui la creazione che si ridesta al nuovo giorno, dopo il sonno della notte, è uno smagliante segno.

  La celebrazione delle Lodi prepara al Sacrificio Eucaristico dove l’incontro con il Risorto diviene pieno ed efficace. È nella Messa che la Liturgia delle Ore trova il suo centro di irradiazione, poiché essa ‘estende alle diverse ore del giorno le prerogative del mistero Eucaristico: la lode e il rendimento di grazie, la memoria dei misteri della salvezza, le suppliche e la pregustazione della gloria celeste!’ (IG 12).

  Dopo la partecipazione della Messa, prima di iniziare il lavoro, si svolge la celebrazione dell’Ora Terza, con la bella invocazione allo Spirito Santo per tutta la Chiesa che ogni giorno chiede: ‘Si rinnovi il prodigio di quella Pentecoste che rivelò alle genti la luce del tuo regno’ (Inno di Terza).

  A mezzogiorno la Comunità si ritrova per cantare l’Ora di Sesta, con la quale chiediamo il dono della pace per tutta l’umanità immersa nella più frenetica attività. È l’ora in cui ‘sul Golgota, vero agnello pasquale, Cristo paga il riscatto per la nostra salvezza’ (Inno di Sesta).

  Alle tre pomeridiane, quando il giorno comincia a segnare la sua parabola discendente, le monache tengono viva la fiamma della loro lampada con il canto dell’Ora di Nona, l’ora in cui Gesù ha dato compimento alla sua grande immolazione sul legno della croce.

  All’imbrunire, la grande ora liturgica dei Vespri ci raccoglie nel Coro illuminato per cantare a Cristo che ha compiuto il Sacrificio vespertino con le mani distese sulla croce, e rendere grazie per ‘l’ammirabile disegno di salvezza’ che si è realizzato nell’oggi che sta per chiudersi.

  «Quel che mi attira nella celebrazione dei Vespri – asserisce suor Gina – è il cantico del Magnificat: il grazie di Maria al Signore, che Lei ha innalzato a nome di tutta l’umanità. Mi piace richiamare alla mente i benefici ricevuti durante la giornata e raccogliere insieme tutti quelli che la bontà divina ha effuso sulla Chiesa e fare della preghiera dei Vespri un prolungato inno di ringraziamento».

  La Liturgia delle Ore chiude il suo ciclo quotidiano di preghiera con la celebrazione di Compieta.

  Nella nostra famiglia domenicana, in cui l’Ufficio divino è considerato come principale fonte di contemplazione, anche Compieta ha un particolare risalto. Preceduta dall’esame di coscienza, viene celebrata in canto.

  Più che una preghiera che chiude il giorno, Compieta, è un grido d’amore quanto mai intenso; è una vigilante preparazione non tanto al riposo della notte, quanto al momento solenne della morte, al passaggio alla Liturgia della terra a quella del Cielo. «Quanti fratelli, in questa notte, saranno chiamati all’incontro finale con Dio? – si chiede spesso a compieta suor Licia – Prego fervidamente per loro, perché il Signore li accolga fra le braccia della sua misericordia».

  A conclusione di Compieta si intona il canto dell’antifona Salve Regina, che si svolge processionalmente.

  Con la benedizione di Maria, impartita dalla monaca che presiede la preghiera liturgica, ogni voce si spegne per lasciar parlare nel silenzio solo il cuore, che offre a Gesù Eucaristico il suo saluto che non è un addio, ma un arrivederci. Le monache portano nel segreto della loro cella il balsamo attinto nella celebrazione liturgica; poche ore di riposo in vista dell’appuntamento a mezzanotte.

  L’attesa vigilante del ritorno del Signore è uno dei contenuti della liturgia che trova una delle sue più significative espressioni nella celebrazione dell’Ufficio delle Letture, accompagnato dai cantici vigiliari, nel cuore della notte. È proprio dei contemplativi testimoniare nella Chiesa questa dimensione di vigilanza.

  Nel nostro Ordine è tenuta in grande onore la preghiera notturna, tanto cara a S. Domenico, il quale – come testimoniano i suoi contemporanei – ‘aveva l’abitudine di trascorrere la notte in preghiera’.

  «Ogni volta che mi viene affidato il compito di svegliare le Sorelle per l’alzata notturna – afferma con entusiasmo suor Alberta – mi sembra di dire con il mio bussare, alla porta di ogni sorella: ‘Ecco lo Sposo che viene, andiamogli incontro!’ (Mt 25,6)».

  Suor Teresa è particolarmente compresa del momento in cui tanti fratelli vivono nella notte: «Rivedo le città avvolte nel buio, mentre molti dormono, altri vegliano nelle loro case o negli ospedali soffrendo, altri ancora, i più infelici, staranno approfittando delle tenebre per consumare delitti premeditati, il mio salmodiare diventa un’ardente implorazione per tutti».