«Occasione di approfondimento e non di contrapposizione». On-line le relazioni del convegno del 18 maggio 2014 sul gender

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Un incontro dai toni pacati, ma fermo sui principi, per fare chiarezza su un tema che, sul piano culturale è ormai predominante e che sta creando, anche all’interno del mondo cattolico, molta confusione. Oltre 300 persone, nella mattinata di domenica 18 maggio, hanno partecipato al convegno, fortemente voluto dal vescovo Lafranconi e promosso da diverse realtà della diocesi – in primo luogo l’ufficio famiglia diretto da don Giuseppe Nevi – dal titolo: «Ideologia gender: abolizione dell’umano?».

Al tavolo dei relatori il prof. Tommaso Scandroglio, docente di etica e bioetica e filosofia del diritto all’Università Europea di Roma che ha trattato l’argomento dal punto di vista antropologico, il prof. Matteo D’Amico, docente di Filosofia AESPI (Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante) che si è soffermato sugli aspetti educativi, la dottoressa Chiara Atzori, medico in malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, che ha chiarito il punto di vista della scienza e, infine, il cremonese prof. Luca Galantini, docente di Storia del diritto moderno all’Università Europea di Roma, che ha tratteggiato il quadro giuridico-legislativo internazionale. I lavori, ottimamente moderati dal dottor Paolo Emiliani, presidente del Forum provinciale delle associazioni familiari e del Movimento per la vita, sono stati introdotti dal vescovo Lafranconi che a causa della celebrazioni delle cresime ha partecipato solo alla prima parte dei lavori.

 

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Il presule, riprendendo anche alcuni concetti espressi nel saluto iniziale dal prof. Emiliani, ha rimarcato fortemente il carattere culturale dell’assise: «Non un momento di contrapposizione – ha spiegato – ma di apprendimento che, cerca attraverso un dialogo serio e vero, avulso da slogan o pressioni esterne, un approfondimento in materia antropologica». Un appuntamento necessario per il Vescovo Dante perchè anche nel mondo cattolico persistono confusione e incertezza sul rapporto tra identità sessuale e quella di genere, sulla relazione tra natura e cultura, sul riconoscimento dei diritti a certe categorie di persone.

Il giovanissimo e brillante prof. Scandroglio ha anzitutto chiarito che per ideologia gender si intende quell’insieme di teorie per le quali una persona, soggettivamente, al di là del dato biologico, può definire la propria identità sessuale. Per quanti propugnano questa idea il dato sessale è un elemento accessorio, che non è importante per identificare un individuo. Il relatore, invece, ha spiegato quanto la sessualità determini, anche se non esclusivamente, la persona umana: non esiste, cioè, un uomo senza sesso, per forza di cose egli deve avere una connotazione o maschile o femminile. Tutto ciò è dimostrato anche dal fatto che pur operandosi chirurgicamente per cambiare il proprio apparato genitale, una persona rimane o uomo o donna, con tutti i cicli e conseguenze legate alla propria identità originaria.

Scandroglio ha anche assicurato che il dato biologico lascia inevitabilmente una impronta nella natura umana: esso ciò identifica l’uomo non solo dal punto di vista fisico, ma anche metafisico per cui negare l’appartenenza al proprio sesso significa negare se stessi.

Il filosofo ha poi spiegato il termine di natura: esso non significa il mondo fisico, nè ha a che fare con il concetto di normalità e non rimanda a qualcosa che è innato. Per natura si intende quel fascio di inclinazioni tese verso il bene autentico della persona: «La natura – ha spiegato – iscrive a lettere di fuoco nella coscienza di ogni uomo quelle inclinazioni che permettono di raggiungere un fine che dia senso e pienezza all’esistenza: la conoscenza per esempio è una inclinazione naturale che  permette di sviluppare l’intelletto. Il rapporto sessuale, invece, conduce alla fecondità». Allora quello omossessuale, è solo un rapporto carnale perchè è non è capace di soddisfare il fine della fecondità». Subito, però, può nascere una obiezione: è le coppie sterili? «In questo caso ci troviamo dinanzi ad una situazione patologica, in quello omossesuale il dato è fisiologico».

Infine Scandroglio ha sottolineato che nel concetto di natura si inserisce quello di complementarietà: cosa che è possibile tra uomo e donna (anche dal punto di vista genitale), ma non tra persone dello stesso sesso.

In questo senso l’omossessualità è «contro natura»: perchè nel rapporto carnale non si può raggiungere il fine intrinseco della fecondità e perchè non è possibile quella complementarietà tra le persone sia dal punto di vista fisico sia affettivo.

Il prof. D’Amico ha esordito ricordando come la teoria gender miri a convincere la società che tutto muta, che nulla è stabile e che non solo è possibile, ma è anche lecito cancellare quanto nei secoli passati si è costruito. Come in tutte le rivoluzioni ideologiche – da quella francese del 1789 a quella marxista e poi nazista – la prima vittima è sempre la famiglia, quel corpo intermedio, cioè, che ostacola la creazione dello Stato etico, di quell’apparato che decide ciò che è bene e ciò che è male.

D’Amato ha chiarito che in questa strategia culturale, ma anche giudiziaria e politica, posta in essere da potenti e ricche lobby gay, i primi a farne le spese sono la scuola e, soprattutto gli studenti.

«Quella del gender – ha spiegato il secondo relatore – è una nuova religione secolare, con i propri dogmi, i propri apparati e anche i propri metodi repressivi per chi la pensa diversamente».

D’Amato ha ricordato alcuni casi emblematici riguardanti alcuni istituti italiani che hanno introdotto nei loro programmi tali teorie, grazie anche al supporto dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) che fa capo al Ministero per le Pari Opportunità. Emblematico il caso –  accaduto però in Francia – di un distretto scolastico che ha invitato i propri alunni maschi a presentarsi a scuola vestiti con la gonna.

Il relatore, forte anche dei pronunciamenti del magistero della Chiesa, ha ricordato che i primi responsabili dell’educazione dei ragazzi sono i loro genitori e che nessuna scuola può formare i propri alunni in maniera contraria alle convinzioni morali e religiose della famiglia. Si tratta di un diritto ineludibile che, tra l’altro è recepito, anche dalla normativa civile e che va continuamente fatto rispettare. Da qui l’importanza di una vigilanza attenta sui programmi scolastici e di un investimento da parte della comunità cristiana nelle scuole paritarie cattoliche.

Molto chiaro ed esaustivo l’intervento della dottoressa Chiara Atzori che ha esordito parlando di «Gendercrazia», cioè di una vera e propria imposizione ideologica che esalta unicamente il primato del desiderio della persona.

Per il medico milanese alla base di questa ideologia c’è la netta separazione tra atto sessuale e procreazione e viceversa. Grazie all’inseminazione artificiale si è arrivata a parlare non più di famiglia, ma di progetto genitoriale.

Dal punto di vista scientifico non è dimostrata in nessun modo l’omossessualità: si nasce cioè uomo e donna e la considdetta “sessualizzazione” prosegue per tutta l’esistenza. Anche dal punto di vista celebrare c’è una netta differenza: per esempio nell’uomo il cosiddetto centro del linguaggio si trova quasi tutto a sinistra, mentre nella donna è posizionato in entrambi gli emisferi».

I disturbi dello sviluppo sessuale non hanno nulla a che fare con la fisiologia, ma rientrano nella patologia così come il transessualismo è legato alla difficoltà della persona di riconoscersi nel suo sesso originario.

Secondo Atzori l’omossesualità non è un terzo sesso biologicamente dimostrato: essa non è innata e non è immutabile. Ma non è neanche una malattia: è una tendenza, un adattamento relazionale che può essere soggettivamente vissuto come gradito o sgradito dal soggetto. In questo ultimo caso è lecito che una persona possa essere aiutata a modificare questo tratto della sua personalità».

Per Atzori il temperamento (dato naturale) insieme all’ambiente (culturale) creano la pulsione, che però non è niente di definitivo, perchè attraverso il ragionamento, la libertà e la volontà, l’uomo può compiere una scelta.

Nell’ideologia gender gli aspetti biologico, psicologico e culturale vengono, invece, totalmente scorporati per dare preminanza al proprio soggettivo desiderio. Eppure come dice il filosofo Jacques Lacan un desiderio che non trova un limite dinanzi a cui fermarsi scade in nevrosi o follia.

Estremamente esaustiva la relazione del prof. Luca Galantini che ha illustrato come l’ideologia gender stia lentamente entrando in tutte le organizzazione internazionali, in modo particolare l’Onu e il Consiglio d’Europa (da non confondere con l’Unione Europea).

In questi ultimi due decenni è in atto una vera e propria estromissione della sfera religiosa dall’ambito pubblico: la risoluzione delle Nazioni Unite che chiede alla Santa Sede di rivedere le sue posizioni sui valori non negoziabili, il rifiuto da parte dell’Europa di riconoscere le proprie radici giudaico-cristiane, le sentenze del Consiglio d’Europa contro la libertà religiosa sono episodi particolarmente emblematici.

Galantini ha fatto riferimento in modo particolare ai cosiddetti principi di Yoyakarta, elaborati nel 2006 da alcune organizzazioni non governative che mirano a sovvertire completamente gli ordinamenti internazionali spingendo al riconoscimento anche dal punto di vista giuridico dell’ideologia gender. La persona cioè si definisce non in base al dato naturale, ma alle proprie aspettative e desideri. In tal modo gli stati sono invitati a equiparare eterossesualità e omosessualità e quindi ad aprire ai matrimoni e alle adozioni gay.

Per Galantini ci troviamo di fronte alla creazione di un sistema giuridico alternativo che mina uno dei principi basilari da sempre e da tutti riconosciuto: quello dell’uguaglianza. C’è infatti una tutela più forte di una certa categoria di persone rispetto alle altre.

Il giurista, poi, ha sottolineato che esiste un primato degli stati nazionali sui cosiddetti diritti civili e politici di prima generazione, quello che nella dottrina sociale della Chiesa è chiamato principio di sussidiarietà. Non c’è quindi il dovere  di recepire le direttive internazionali in modo pedissequo, come, invece, buona parte dei mass-media cerca di far credere.

Galantini ha poi fatto riferimento a certi pronunciamenti del Consiglio d’Europa nei quali le organizzazioni religiose sono individuate come potenziali soggetti omofobi. Per certi versi è ciò che sta accadendo anche in Italia con il cosiddetto decreto Scalfarotto che, anche secondo il relatore, rischia di comprimere la libertà di opinione delle persone in materie come il matrimonio o l’adozione dei bambini da parte di persone delle stesso stesso.

Per il giurista cremonese c’è dunque in gioco la libertà religiosa e quella di parola.

Il convegno è poi continuato con un breve dibattito nel quale è stato chiarito che non esiste nessuna emergenza “omofobia” come spesso si vuol far credere ed è terminato con la celebrazione dell’Eucaristia, presieduta da don Giuseppe Nevi, direttore dell’ufficio diocesano di pastorale familiare.