1

Festa nella memoria di san Francesco Spinelli. Il vescovo di Crema Gianotti: «Nell’incontro con la debolezza ha riconosciuto lo Spirito che rinnova»

 

Nella giornata di martedì 6 febbraio, l’Istituto delle Suore Adoratrici era in festa, a Rivolta d’Adda nella memoria del loro padre fondatore, san Francesco Spinelli, nell’anniversario della morte, avvenuta proprio il 6 febbraio del 1913.

Culmine delle celebrazioni è stata la Messa presieduta dal vescovo di Crema, monsignor Daniele Gianotti, e da diversi sacerdoti provenienti dalla Diocesi di Cremona, ma anche da Como e da Napoli, dove l’istituto fondato da San Francesco Spinelli è presente con le sue comunità di suore.

In apertura della funzione ha preso la parola la madre generale, suor Isabella Vecchio, che ha ringraziato i celebranti, la corale e tutti i presenti. «Mi piace pensare – ha detto – che san Francesco Spinelli, incrociando la nostra storia, scolpisce qualcosa di Dio in noi e ci lascia un sapore di eternità» ha continuato la Madre. «San Francesco ha sempre creduto la Chiesa come infallibile maestra e madre dolcissima. Nei suoi scritti ci indica l’Eucaristia come fonte a cui attingere l’accesa carità, nei più poveri ha sempre ravvisato il volto di Cristo e con le sue opere ci insegna il perdono».

«Mi sono chiesto spesso quale fosse la ragione dello scandalo che si è acceso tra chi ha sentito esprimere da Gesù la necessità per noi di mangiare la sua carne e bere il suo sangue» ha quindi introdotto la sua omelia il vescovo Gianotti. Per i contemporanei di Cristo era inimmaginabile bere il sangue di un essere vivente, in quanto ritenuto sede della vita. La carne e il sangue, soprattutto, «appaiono associati per indicare condizione di fragilità e debolezza umana». Da qui il paradosso che anticipa la croce e ribalta la logica umana di potere e invulnerabilità: «La forza di Dio si manifesta attraverso la carne e il sangue, con un corpo donato, per mezzo della vita offerta in pienezza. È a partire dal dono che si dispiega la potenza dello Spirito che dona la vita».

Il Vescovo, in conclusione dell’omelia, ha ripreso la figura di San Francesco Spinelli, che ha accolto pienamente l’insegnamento di Cristo in croce: «San Francesco ha compreso che la debolezza radicale apre la strada per la vita in abbondanza. Ha fatto esperienza della morte del Signore e del sacramento dell’Eucarestia nell’incontro con la debolezza manifestata nei nostri fratelli e sorelle più poveri, sofferenti, malati, disabili. San Francesco Spinelli ci aiuta a riconoscere che attraverso la debolezza passa lo Spirito che rinnova il mondo».




Passione e fatiche dell’educatore sportivo, conclusa la prima fase del corso del Csi

È stata la serata di lunedì 5 febbraio a concludere la prima fase del corso base per educatori sportivi per i bambini dai 3 ai 10 anni, organizzata dal comitato cremonese del Centro sportivo italiano e proposta in tre appuntamenti presso il Centro pastorale diocesano. E proprio la sala Spinelli è stata gremita da gente di tutte le età per l’incontro dal tema La figura dell’educatore sportivo. Al centro dell’iniziativa gli interventi di don Alessio Albertini, sacerdote dell’Arcidiocesi di Milano e già assistente ecclesiastico nazionale del Csi, e Lina Stefanini, pedagogista e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

L’evento è stato introdotto e moderato da Davide Iacchetti, responsabile della sezione bambini e ragazzi del Csi di Cremona, che ha spiegato come lo sport non realizzi automaticamente l’educazione, ma perché ciò accada bisogna metterci un’intenzione. Ma chi ce la mette? Gli istruttori, gli allenatori, gli educatori. «Non si può essere istruttori senza essere educatori – ha sottolineato Iacchetti –, perché i bambini ci chiedono una relazione, attraverso la quale possiamo trasmettere loro qualcosa».

Da qui ha preso il via la relazione di don Alessio Albertini che, citando Rollie Massimino, coach per quasi vent’anni della squadra di basket della Villanova University, ha illustrato il ruolo e gli obiettivi dell’allenatore, ovvero «dare una disciplina, aiutare a vincere e far divertire».

«Il lavoro dell’educatore sportivo è faticoso, mi verrebbe da dire “ma chi te lo fa fare” – ha proseguito don Albertini, fratello dell’ex calciatore Demetrio Albertini –, ma tutti i mestieri che hanno a che fare con le persone hanno bisogno di qualcosa in più». Attraverso queste parole il sacerdote ha introdotto quelle che a suo modo di vedere sono le cinque fatiche dell’educatore sportivo. Un bravo educatore sportivo «è colui che non lascia solo, che non abbandona», è colui che si prende cura, che cura, in senso figurato, quel «”femore rotto”, che nel mondo animale significa “vita perduta”», è colui che rischia, anche in vista di risultati futuri, «come un imprenditori di sogni», è colui che dice sempre la verità, e «deve essere un “felicitatore”, un portatore sano di felicità». Ha dunque chiuso così il suo intervento, con un augurio ai giovani presenti in sala: «siate liberi e non smettete mai di sorridere».

Nella seconda parte della serata è intervenuta Lina Stefanini. La docente dell’Università Cattolica ha voluto tracciare un percorso basato sulla caratteristica fondamentale dell’educatore sportivo, che è, oltre alla competenza, la capacità di ascolto. «Saper ascoltare per poi riuscire a interessare e ad avere un dialogo – ha evidenziato la professoressa Stefanini a margine dell’incontro –. Un argomento che però attualmente non è particolarmente facile, perché ci siamo disabituati, anche con l’avvento dell’informatica, ad ascoltare con più piacevolezza chi interviene».

Si chiude dunque questa fase, cui farà seguito il rilascio di un attestato di partecipazione e il riconoscimento di tre crediti sportivi per allenatori, istruttori e dirigenti Csi. Per chi ha intenzione di ottenere la qualifica di istruttore, allenatore o educatore sportivo di 1° livello, saranno in programma, nei mesi primaverili, altri sei incontri teorico/pratici.




Capitolo della Cattedrale, mons. Antonio Trabucchi è il nuovo presidente

È mons. Antonio Trabucchi, 55 di sacerdozio, il nuovo presidente del Capitolo della Cattedrale di Cremona. Una realtà alla quale si era avvicinato vent’anni fa con l’incarico di mansionario, per diventare successivamente canonico effettivo nel 2015, ricoprendo nell’ultimo quinquennio il ruolo di cancelliere. È a lui che i canonici del capitolo, riunitisi lo scorso 23 gennaio nella sala capitolare attigua alla Cattedrale, hanno espresso la propria fiducia eleggendolo presidente. Un incarico suggellato dal vescovo Antonio Napolioni con il decreto di nomina emesso in data 24 gennaio.

ll nuovo presidente, cui competono diritti e doveri stabiliti dal Diritto e dalle norme statutarie del Capitolo stesso, prende il testimone da monsignor Ruggero Zucchelli e rimarrà in carica per cinque anni.

Sono attualmente 14 i canonici del Capitolo, supportati da due sacerdoti mansionari.

 

Biografia di mons. Antonio Trabucchi

Nato a Sesto ed Uniti il 17 gennaio 1944, mons. Antonio Trabucchi è stato ordinato sacerdote il 22 giugno 1968, mentre risiedeva nella parrocchia della Cattedrale, a Cremona. Ha iniziato il proprio ministero come vicario parrocchiale a Piadena (1968-1973) e successivamente a Cremona, nella parrocchia di San Bernardo (1973-1983). È stato quindi parroco di Pozzaglio (1983-1989) e della parrocchia Immacolata Concezione nel quartiere cremonese del Maristella (1989-2004).

Dal 2004 al 2015 ha ricoperto il ruolo di mansionario del Capitolo della Cattedrale e nello stesso tempo è stato collaboratore della parrocchia Santa Maria Assunta (Cattedrale) fino al 2020.

Giornalista pubblicista, dal 2004 al 2017 è stato collaboratore del settimana diocesano “La Vita cattolica” e dal 2004 ricopre l’incarico di direttore responsabile della rivista “Il Santuario di Caravaggio”.

Dal 2015 è canonico effettivo del Capitolo della Cattedrale di Cremona e direttore diocesano della “Rete mondiale di Preghiera del Papa”.

 

Il Capitolo della Cattedrale di Cremona

Il Capitolo, denominato ufficialmente “Capitolo Canonicale della Cattedrale di Cremona”, è il più antico e illustre collegio della città. La sua esistenza è attestata dallo storico Giuseppe Bresciani già nell’VIII secolo.

L’attuale fisionomia è chiarita nell’art. 3 dello Statuto del Capitolo della Cattedrale di Cremona che, riecheggiando il can. 503 del Codice di diritto canonico, recita: “Il Capitolo Cattedrale è il collegio dei Canonici dediti in primo luogo all’esemplare esercizio del culto divino in Cattedrale, (…) alla celebrazione quotidiana della liturgia delle Lodi e dell’Ora media e della Messa conventuale e, nel rispetto dell’attività pastorale della Parrocchia, alla disponibilità per le celebrazioni dell’Eucaristia e della Riconciliazione sacramentale e per la predicazione sacra, specie nei giorni festivi e nei tempi più significativi dell’anno liturgico”.

I canonici, che oggi hanno conservato il titolo di monsignore e con la facoltà di indossare la mozzetta violacea, hanno sempre esercitato un rilevante ruolo nel governo della diocesi, con in passato anche la facoltà di elezione dei vescovi (fino alle bolle in contrario di Papa Bonifacio VIII).

Questa l’attuale composizione del Capitolo:

  1. mons. Mario Barbieri (1999)
  2. mons. Achille Bonazzi (2005)
  3. mons. Pietro Bonometti (2018)
  4. mons. Felice Bosio (2014)
  5. mons. Attilio Cibolini (2015)
  6. mons. Primo Margini (2016)
  7. mons. Luigi Nozza (2023)
  8. mons. Giuseppe Perotti (1996)
  9. mons. Marino Reduzzi (2007)
  10. mons. Carlo Rodolfi (2021)
  11. mons. Libero Salini (2018), penitenziere
  12. mons. Giuseppe Soldi (2010)
  13. mons. Ruggero Zucchelli (2006)
  14. mons. Antonio Trabucchi (2015), presidente

Mansionari: don Adelio Buccellè e don Franz Tabaglio




Veglia della vita, a Caravaggio in scena la storia di Oscar e le sue lettere a Dio

Guarda la photogallery completa

 

Caro Dio, mi chiamo Oscar, ho dieci anni, ho appiccato il fuoco al gatto, al cane, alla casa (credo persino di aver arrostito i pesci rossi) ed è la prima lettera che ti mando perché finora, a causa dei miei studi, non ho avuto tempo. Ti avverto subito: detesto scrivere. Bisogna davvero che ci sia obbligato. Perché scrivere è soltanto una bugia che abbellisce la realtà. Una cosa da adulti. La prova? Per esempio, prendi l’inizio della mia lettera: avrei potuto esordire dicendo: «Mi chiamano Testa d’uovo, dimostro sette anni, vivo all’ospedale a causa del cancro e non ti ho mai rivolto la parola perché non credo nemmeno che tu esista». Ma se ti scrivo una roba del genere, fa un brutto effetto e ti interesseresti meno a me. E io ho bisogno che t’interessi.

Inizia così un piccolo prezioso libricino dal titolo Oscar e la dama in rosa, dello scrittore drammaturgo francese Éric-Emmanuel Schmitt, del 2002. Racconta la storia di un bambino di dieci anni ricoverato in ospedale per un forma  grave di leucemia e di una volontaria dolcissima, che per lui e solo per lui, è nonna Rosa. Oscar scopre casualmente che per lui non c’è più possibilità di cura e trova in nonna Rosa una compagna di strada per quelli che saranno gli ultimi giorni della sua vita.

Che cosa c’entra il libro di un autore francese con la Giornata della vita? Tutto parte da un gioco che nonna Rosa propone a Oscar: quello di scrivere a Dio delle lettere immaginando di vivere, ogni giorno, dieci anni della sua vita. Nonna Rosa forza un pochino Oscar in questo gioco perché lui dice, come i suoi genitori, di non credere in Dio, ma Oscar si fida e si affida a Nonna Rosa assecondandola in questo gioco fino ad arrivare a chiedere a Dio di venire a trovarlo. Nasce così un racconto intenso dolcissimo e commovente, ma anche a tratti divertente e scanzonato nei racconti di Oscar delle sue avventure in ospedale o nelle storie, inventate, di nonna Rosa.

Percorrere le pagine di questo  testo equivale a fare un viaggio attraverso tutte le età della vita, dalla giovinezza all’età adulta fino alla vecchiaia, dall’adolescenza con la fase dell’innamoramento (Oscar si innamora di una bellissima bambina ricoverata in ospedale), al rapporto con gli amici, con l’amore, con i genitori, con la malattia, con Dio e con le gioie e i dolori che ogni fase della vita porta in sé.

In questo viaggio nonna Rosa accompagna Oscar a recuperare il rapporto con i suoi genitori, a scoprire che Dio è molto più vicino di quello che pensa, a capire che la vita è degna di essere vissuta a pieno e fino in fondo in ogni sua fase.

Ecco, era proprio questa l’idea immaginata quando la commissioni Catechesi e Pastorale giovanile della Zona pastorale 1 hanno ipotizzato, insieme, come proporre una riflessione in occasione della Giornata della vita e cioè mettere in evidenza come ciascuna fase della vita è degna e meritevole di essere sostenuta, valutata, apprezzata, da quando inizia a quando si spegne.

È nata così l’idea di mettere in scena questo testo come una occasione di riflettere ascoltando, vedendo, vivendo una esperienza. Ne è nato uno spettacolo bello, dolce e commovente, dove le voci dei lettori che impersonavano Oscar e nonna Rosa si intrecciavano ai movimenti in scena dei personaggi di Oscar e nonna Rosa, alle immagini proiettate e ad alcune “provocazioni”.

Un racconto che si conclude con l’ultima lettera a Dio che non è di Oscar, perché lui se n’è andato, ma di nonna Rosa:

Grazie di avermi fatto conoscere Oscar. Grazie a lui ero divertente, inventavo delle leggende. Grazie a lui ho riso e ho conosciuto la gioia. Mi ha aiutata a credere in te. Sono piena di un amore ardente, me ne ha dato tanto che ne ho per tutti gli anni a venire“.

E aggiunge:

“P.S. Negli ultimi tre giorni, Oscar aveva posato un biglietto sul suo comodino. Credo che ti riguardi, Ci aveva scritto: SOLO DIO HA IL DIRITTO DI SVEGLIARMI”.

Lo spettacolo è andato in scena sabato 3 febbraio nell’auditorium del Centro di spiritualità del Santuario di Caravaggio. La serata si è conclusa con una raccolta di offerte che sono state destinate al Comitato Maria Letizia Verga per la cura delle leucemie infantili.

Mary Tomasi

 

Giornata della vita, al Maristella una serata di preghiera e testimonianze

Chiesa di casa, la forza della vita ci sorprende

Cure palliative, per curare comunque chi è inguaribile




“In the world but not of it”, gli scatti del canadese Tim Smith in mostra al Museo diocesano

Guarda la photogallery completa

 

Un dialogo tra opere d’arte, un dialogo tra culture diverse, un dialogo tra idee del sacro differenti. La mostra fotografica “In the world but not of it” firmata dal canadese Tim Smith e inaugurata sabato 3 febbraio presso gli spazi espositivi del Museo diocesano di Cremona è una proposta culturale che è una sfida. Un invito a vivere «la contaminazione tra le opere esposte nel museo e una cinquantina di foto che documentano lo stile di vita e i costumi delle comunità anabattiste hutterite presenti fra l’America del Nord e il Canada», come ha spiegato don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali.

L’esposizione, pensata con il Festival della fotografia etica di Lodi (al taglio del nastro era presente anche l’assessore alla cultura di Lodi, Francesco Milanesi) è una sequenza di luce, colori, volti, catturati «attraverso un progetto durato quindici anni, periodo durante il quale – spiega la curatrice Laura Covelli – il reporter canadese ha incontrato le comunità anabattiste, ha vissuto con loro, ha intrecciato relazioni con i membri di questi gruppi per raccontarli».

Una narrazione sincera che racconta la vita quotidiana di persone che hanno scelto di vivere quel versetto del capitolo 15 di Giovanni in cui si chiede all’uomo di stare nel mondo, ma di non farsi sopraffare dalle cose o dalle logiche terrene, spesso distorte. Ne esce un ritratto onesto, scevro di pregiudizi. Scorrendo le foto si scoprono abitudini e stili di vita di piccole comunità (di circa 200 persone ognuna, appartenenti a una ventina di famiglie numerose) che vivono in equilibrio tra natura incontaminata ed esigenze della modernità. Si muovono con i cavalli e vivono in maniera essenziale, usano il cellulare con parsimonia e coltivano per raggiungere l’autosufficienza. Ma vi si legge anche un mondo dove «dialogo e lentezza – come ha commentato il direttore del Festival della fotografia etica Alberto Prina – costringono anche noi ad andare in profondità, a scoprire l’umano». A scoprire che cosa significhi prendersi cura degli altri (uno scatto racconta l’alternarsi delle donne a casa di una più anziana che non può muoversi), condividere momenti di relax e divertimento insieme (una foto vede gli adulti impegnati in giochi di gruppo), sedersi tutti alla stessa tavola (pranzo e cena vanno condivisi tra tutti gli adulti della comunità, solo la merenda dopo la scuola è vissuta come momento esclusivamente familiare).

I colori delle praterie sono lo sfondo di un mondo apparentemente semplice, dove i ragazzi si muovono a piedi nudi, le donne si cuciono abiti colorati, dove gli interni delle case sembrano tutti uguali. Dove (il gesto non viene eseguito solo in chiesa) la preghiera è parte integrante del quotidiano.

«Abbiamo scelto – spiega Stefano Macconi, curatore del Museo diocesano – di mettere una fotografia nella sala del camino in dialogo con la crocifissione del Boccaccio Boccaccino. Il gesto della Vergine e di Giovanni, in quel quadro così noto ai cremonesi, si interfaccia con le mani giunte di due coniugi anabattisti che pregano nella loro cucina». Mani intrecciate, parole che dalla terra salgono al cielo, un dialogo con Dio ma, vista la disposizione della mostra, anche tra professioni religiose diverse e tra forme d’arte (pittura e fotografie) apparentemente lontane tra loro.

La mostra resta aperta fino al 7 aprile, consentendo al visitatore non solo di avvicinarsi a un mondo per lo più sconosciuto, quello delle comunità anabattiste hutterite presenti fra l’America del Nord e il Canada, ma anche di scoprire fili rossi tra arte sacra antica e arte contemporanea.




Vita consacrata, una «vocazione che illumina il mondo»

Guarda la photogallery completa

 

È iniziata con la benedizione delle candele, in fondo alla navata centrale della Cattedrale, la celebrazione che ha visto radunati a Cremona i religiosi e le religiose che prestano servizio in diocesi. L’occasione è stata la 28ª Giornata mondiale per la Vita consacrata, celebrata venerdì 2 febbraio, come consueto nella festa della Presentazione di Gesù al tempio. L’Eucaristia è stata presieduta dal vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, che ha portato il saluto del vescovo Antonio Napolioni, impegnato in Vaticano nell’ultimo giorno della Visita ad limina. Hanno concelebrato i religiosi camilliani, barnabiti e francescani, oltre ai canonici del Capitolo e alcuni altri sacerdoti diocesani, tra i quali il delegato episcopale per la Vita consacrata don Enrico Maggi.

«Il vecchio Simeone, ispirato certamente da Dio, proclama questo Bambino, che viene presentato al tempio, “luce per illuminare le genti e gloria del Tuo popolo Israele”». È presentando l’immagine di questa giornata che il vescovo emerito Dante Lafranconi ha iniziato l’omelia: «Mi sembra bello fermarci un istante – ha affermato– su questo modo con cui Simeone riconosce Gesù, che poi, nei suoi incontri con i discepoli, dirà: “voi siete la luce del mondo”». E allora è così per ogni uomo, per tutti i «credenti, che fanno proprie queste parole di Gesù, questo mandato – ha aggiunto Lafranconi –. Ci ispiriamo a Lui per dire che la nostra vita di battezzati è come il riflesso della luce, che è Gesù, e che, per mandato suo e in comunione con lui, diventiamo a nostra volta luce che illumina il mondo». «Questo è il bello della vocazione religiosa – ha evidenziato –, con la sua risposta a vivere con radicalità il Vangelo, dentro questi valori che formano un tutt’uno: verginità, obbedienza e povertà. Perché sono questi i tre valori che hanno caratterizzato la stessa vita del Figlio di Dio».

Da qui un forte appello alle donne e alle religiose del nostro tempo: «In un mondo in cui spesso la donna è oggettivizzata, in un momento in cui c’è una forte realtà che guarda alla donna così, la vostra vocazione significa che voi rappresentate una Parola vivente, una testimonianza concreta, che va controcorrente alla mentalità di oggi», ha sottolineato il vescovo emerito. Da qui l’interrogativo: «Che cosa c’è di più evangelico e di più importante che avere davanti agli occhi un modello che richiama la donna alla sua dignità?!». Ha quindi concluso: «Questo è ciò che dà senso, bellezza e pienezza alla vostra vocazione: la certezza che ovunque siate voi potete essere un segno, come era questo piccolo bambino che Simeone ha preso in mano».

La celebrazione si è conclusa con il rinnovo delle promesse e con i festeggiamenti per gli anniversari di professione: il 70° delle suore adoratrici Celina Maggi e Rosalia Comi; il 60° delle suore adoratrici Emilia Cattaneo, Carmela Gatti, Egidia Carrara, Giovanna Pomoni e Romilde Ravasio; il 25° delle suore della Beata Vergine Flora Matija e Rosa Gjoni.

 

Guarda la celebrazione integrale

 

 

Giornata mondiale della vita consacrata, il 2 febbraio Messa in Cattedrale per “un abbraccio a Gesù”




A Cividale Mantovano l’ultimo saluto a don Virginio Morselli

 

Tantissimi fedeli hanno riempito nel pomeriggio di giovedì 1° febbraio la piccola chiesa parrocchiale di Santa Giulia a Cividale Mantovano per dare l’ultimo saluto a don Virginio Morselli, nativo del paese, deceduto il 30 gennaio all’età di 84 anni. Le esequie, presiedute dal vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi (che ha portato la vicinanza anche del vescovo Antonio Napolioni, impegnato a Roma per la Visita ad limina), sono state concelebrate dal vicario generale mons. Massimo Calvi e dal parroco don Ernesto Marciò, insieme a una trentina di altri sacerdoti. Un forte segno di affetto per gli anni del suo ministero come parroco tra Gazzuolo, Salina, Rivarolo del Re e Viadana e come collaboratore in diverse unità pastorali dell’Oglio-Po. La liturgia funebre è stata accompagnata anche dalle musiche all’organo del maestro Donato Morselli, cugino del sacerdote, creando momenti di grande commozione.

«Credo che il messaggio più importante consegnatoci da don Virgilio è di vivere il nostro tempo presente senza mai dimenticare che la nostra vita sulla terra ci prepara per quella eterna», ha detto il vescovo emerito durante l’omelia. Un concetto ripetuto più volte e sottolineato dalla memoria della sua figura sacerdotale: «il ministero di un prete si appella costantemente alla Parola del Signore, cercando di preparare ciascuno verso quell’incontro con Dio». Ed ecco allora l’importanza di riconoscere nella vita cristiana una sorta di cammino «per essere uomini pienamente autentici». Ecco, quindi, l’invito di don Virgilio «a condividere la sua stessa beatitudine». 

Uno sguardo “oltre”, secondo Lafranconi, in grado di far nascere un ulteriore spunto di riflessione dall’esperienza di vita di don Morselli. «Leggendo il suo testamento spirituale mi ha colpito questo “ritornello” della gratitudine: a Dio, ai suoi genitori, all’educazione ricevuta… una serie di ringraziamenti al Signore e agli uomini che lo hanno aiutato a scoprire e realizzare la sua vocazione di Figlio di Dio, di sacerdote, di uomo destinato all’eternità». Di fronte alla nostra morte – ha riflettuto il vescovo emerito – abbiamo la capacità di ritrovare i motivi per dire “grazie” alla nostra esistenza, nonostante le difficoltà e le sofferenze provate. Esse non ci devono infatti impedire di tenere presente alla fine quel senso «di pienezza e le persone che ci hanno sostenuto, aiutato per poterci preparare alla pienezza di questo momento di passaggio».

Al termine dell’omelia ha preso brevemente la parola padre Attilio Martelli, frate cappuccino e sacerdote dell’Emilia-Romagna, per ricordare, anche a nome di don Maurizio Lucini, la figura di don Morselli durante la sue esperienza di parroco di San Pietro, a Viadana. «Grazie alla sua vicinanza lo abbiamo sentito come un padre e, nel 2002, nella sua chiesa, siamo stati ordinati sacerdoti. Mi ricorderò sempre lo sguardo contento e orgoglioso. Lo ringraziamo per tutto il bene che ci ha fatto».

 

Ascolta l’omelia del vescovo emerito

 

 

Profilo biografico di don Virginio Morselli

Ordinato sacerdote il 27 giugno 1964 insieme ad altri 17 confratelli (di cui oggi solo tre ancora in vita: don Giuseppe Bettoni, don Francesco Castellini e don Mario Marinoni), don Virginio Morselli ha iniziato il proprio ministero come vicario a Gazzuolo. Nel 1978 è stato quindi scelto come parroco di Salina, frazione di Viadana. Dal 1988 al 1997 è stato parroco di Rivarolo del Re e, successivamente, dal 1997 al 2014, della parrocchia di S. Pietro Apostolo in Viadana.

Una volta lasciato l’incarico di parroco per raggiunti limiti d’età, ha continuato a svolgere il proprio ministero come collaboratore parrocchiale: prima nell’unità pastorale di Casalbellotto, Fossa Caprara, Quattrocase e Vicomoscano (dal 2014 al 2017) e successivamente in quella di Belforte, Commessaggio e Guazzuolo (dal 2017 al 2022).

Da due anni don Morselli si era ritirato presso la Domus Pasotelli Romani di Bozzolo.

È deceduto nel pomeriggio di martedì 30 gennaio all’ospedale Carlo Poma di Mantova, dove era stato recentemente ricoverato per un peggioramento delle sue condizioni di salute.




Visita ad limina, i vescovi Lombardi accolti da Papa Francesco

Foto con Papa Francesco ©Vatican Media – Tutti i diritti riservati

Guarda la photogallery completa del quarto giorno

 

È durato circa un’ora e tre quarti l’incontro dei Vescovi della Lombardia con Papa Francesco, in programma nella mattinata di giovedì 1° febbraio nell’ambito della Visita ad limina della Conferenza episcopale lombarda, iniziata lunedì 29 gennaio e che si concluderà venerdì 2 febbraio.

Il momento vissuto dai vescovi lombardi con Francesco è stato all’insegna di un dialogo intenso che ha spaziato dai temi più generali a questioni più specifiche.

«Il Papa ci ha messi subito a nostro agio», racconta a caldo il vescovo Antonio Napolioni. «È stato un dialogo nel quale tutti noi abbiamo avuto modo di intervenire e nel quale sono stati toccati tanti argomenti decisivi per la vita e il futuro delle nostre comunità».

Tra le principali questioni affrontate nel dialogo con il Santo Padre, le ragioni e i segni di speranza in una società affaticata e confusa, la sfida dell’evangelizzazione, l’importanza di educare alla pace, la spiritualità dei sacerdoti e la priorità del servizio per i diaconi. E ancora: l’attenzione del vescovo alla Vita consacrata, l’importanza di diffondere la lettura popolare del Vangelo, l’accoglienza di tutti nella Chiesa e l’accompagnamento di ciascuno nel cammino che deve compiere.

Nell’incontro, all’indomani della festa di san Giovanni Bosco, non è mancato il riferimento a una delle caratteristiche più tipicamente lombarde in campo educativo: gli oratori. «Il Papa – racconta ancora il vescovo Napolioni – ha espresso grande apprezzamento per gli oratori e stima per i preti che vi si dedicano, stando vicino ai bambini così come fanno anche agli anziani, rilevando l’importanza che questi luoghi rivestono nella vicinanza alle persone e nell’accompagnare la crescita dei ragazzi. È stata sottolineata la necessità di valorizzare le inquietudini dei giovani e svegliare quelli appiattiti».

«Il Papa si è dimostrato attento su tutto», conclude il vescovo. «Davvero in tutti noi c’è stata grande soddisfazione per questo incontro e per l’attenzione paterna ricevuta dal Papa, che ha apprezzato anche la bella e feconda comunione tra noi vescovi lombardi».

Tanti dunque i temi affrontati e gli stimoli offerti dal Santo Padre, sui quali i vescovi lombardi hanno iniziato a riflettere subito dopo l’incontro con il Santo Padre con un momento di confronto e risonanza a fine mattinata, dopo la preghiera sulle tombe dei Pontefici.

La Visita ad limina è iniziata lunedì 29 gennaio con gli incontri che i vescovi lombardi hanno avuto con i responsabili e gli operatori del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le Società di vita aspotolica. Guarda la photogallery del primo giorno

Martedì gli incontri al Dicastero per i Vescovi e in quello per il Clero; nel pomeriggio i confronti al Dicastero per le Chiese orientali e alla Pontificia commissione per la tutela dei minori. Guarda la photogallery del secondo giorno

Mercoledì i vescovi lombardi erano stati al Dicastero per la Dottrina della fede, in quello per la cultura e l’educazione e in Segreteria di Stato (II Sezione), concludendo poi nel pomeriggio con la tappa al Dicastero per la comunicazione. Guarda la photogallery del terzo giorno

Nel pomeriggio del 1° febbraio l’incontro presso la Segreteria generale per il Sinodo, concludendo poi la giornata al Pontificio Seminario Lombardo.

La mattinata di venerdì sarà ancora particolarmente intensa con gli incontri al Dicastero per l’evangelizzazione (I Sezione), al Dicastero per il culto divino e al Dicastero per l’evangelizzazione (II sezione), concludendo con l’Eucaristia a San Paolo fuori le mura.

 

 

Chiese lombarde, un cammino comune per la famiglia e la vita

Iniziata la a Visita ad limina dei Vescovi lombardi

Verso la Visita ad limina, il punto su Beni culturali e Diaconato Pemanente

Visita ad limina, mons. Napolioni e i vescovi lombardi a fine gennaio dal Papa




Iniziata la a Visita ad limina dei Vescovi lombardi

Gli incontri di lunedì mattina nei Dicasteri

È in programma dal 29 gennaio al 2 febbraio in Vaticano la Visita ad limina, dei Vescovi lombardi. Il programma ufficiale è iniziato lunedì mattina con la Messa presieduta in San Pietro dall’arcivescovo Mario Delpini e concelebrata dagli altri vescovi della Lombardia. Tra loro naturalmente il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, che subito dopo ha proposto la “positio” al Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, dove i vescovi Lombardi hanno incontrato il prefetto, card. Kevin Farrel, il sottosegretario Gleison De Paula Souza e i sottosegretari Gabriella Bambino e Linda Ghisoni. Successiva tappa al Dicastero per il servizio della sviluppo umano, concludendo la mattinata al Dicastero per gli istituti di vita consacrata.

Gli incontri proseguiranno nella giornata di martedì 30 gennaio dopo la Messa in San Giovanni in Laterano presieduta dal card. Oscar Cantoni, vescovo di Como: in mattinata il Dicastero per i Vescovo e quello per il Clero; nel pomeriggio il Dicastero per le chiese orientali e la Pontificia commissione per la tutela dei minori, entrambi scelti dai vescovi lombardi e sarà ancora il vescovo Napolioni a introdurre i lavori sulla tutela minori.

Giovedì è previsto l’incontro con il Santo Padre, alla presenza anche del vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi.

La Messa di lunedì mattina in San Pietro

 

La visita dal limina

Si tratta di un momento importante per la vita delle dieci Diocesi della Regione ecclesiastica lombarda, rappresentando un adempimento che affonda le sue radici in tempi remoti. Infatti, l’espressione ad limina Apostolorum risale ai primi secoli della storia della Chiesa e, nel linguaggio canonico, con limina Apostolorum sono indicate le tombe degli apostoli Pietro e Paolo, come spiega monsignor Giuseppe Scotti, segretario della Conferenza episcopale lombarda.

Monsignor Giuseppe Scotti

Cosa si intende, in concreto, quando si parla di Visita ad limina?
«Si tratta fondamentalmente di un pellegrinaggio delle Chiese lombarde che, per motivi ovviamente logistici, è oggi compiuto dai Vescovi. Un pellegrinaggio che si realizza alle tombe degli Apostoli, nell’incontro con il Papa e con i Dicasteri della Curia romana che lavorano con il Santo Padre per il bene della Chiesa. Si svolge quindi in un lasso di tempo abbastanza prolungato di lavoro anche per i Vescovi, che saranno impegnati quotidianamente nel suo adempimento. Magari, come spesso accade, sui media si parlerà semplicemente dell’incontro con papa Francesco, perché questo momento, in programma l’1 febbraio, rappresenterà un po’ il clou del pellegrinaggio. Tuttavia, l’andamento sarà molto più articolato, perché prevede incontri con 15 Dicasteri della Curia romana su 22. Dato che si prevede che il dialogo nei Dicasteri duri mediamente fra l’ora e l’ora e mezzo, si capisce che l’impegno è assai significativo».

Parteciperanno tutti i Vescovi di Lombardia?
«Sì, i dieci Vescovi delle altrettante Diocesi della Regione e, per quanto riguarda la Chiesa ambrosiana, anche i tre ausiliari e io come segretario. Saremo dunque 14, compreso il Metropolita di Lombardia, monsignor Mario Delpini e vivremo i giorni della Visita soggiornando tutti presso l’Istituto di Maria Bambina. Un bel segno di condivisione, così come sarà la concelebrazione della Messa ogni mattina».

Vi è stato un cammino di preparazione della Visita che ha coinvolto, per esempio nella nostra Chiesa, gli uffici di Curia per raccontare le singole realtà?
«Sì, e questo dice bene come è stato pensato e realizzato il percorso di avvicinamento e di preparazione. Bisogna ricordare che l’ultima vera Visita ad limina fu compiuta nel 2007 – durante l’episcopato del cardinale Tettamanzi -, mentre fin dall’inizio del XX secolo il diritto canonico prevede che siano fatte ogni cinque anni. In effetti vi fu nel febbraio del 2013 – guidata dall’allora metropolita, il cardinale Scola -, ma poiché papa Benedetto aveva appena rinunciato si trattò solo di un semplice saluto. Poi è arrivato il Covid e quindi siamo giunti al 2024. È chiaro che fare un check-up della situazione delle Chiese in Lombardia, dopo così tanti anni, sia stato molto laborioso. Infatti ogni Diocesi ha preparato un dossier in media di 600-700 pagine, per le 23 domande alle quali si è dovuto rispondere, illustrando la situazione delle Diocesi stesse, dei sacramenti, della Pastorale, degli Uffici amministrativi… Insomma, uno sguardo a 360 gradi. L’incontro con i Dicasteri vaticani non trova certamente i Vescovi impreparati o alle prese con qualcosa di non conosciuto, perché nella Conferenza episcopale lombarda ogni presule ha una delega per specifici ambiti. Per esempio il nostro Vicario generale, monsignor Franco Agnesi, vescovo delegato per l’Osservatorio giuridico, guiderà l’incontro con la Segreteria di Stato, presentando i temi, tenendo conto, ovviamente, che la Segreteria ha uno sguardo internazionale e monsignor Agnesi presenterà la situazione lombarda. Monsignor Delpini prenderà invece la parola al Dicastero per il Clero. Monsignor Vegezzi e monsignor Raimondi interverranno, rispettivamente, alla II Sezione del Dicastero per l’Evangelizzazione e alla Segreteria generale del Sinodo; io, delegato per la Comunicazione, al Dicastero omonimo. La Visita si concluderà con la celebrazione del 2 febbraio nella Basilica di San Paolo fuori le Mura».

Annamaria Braccini (chiesadimilano.it)

 

Chiese lombarde, un cammino comune per la famiglia e la vita

Verso la Visita ad limina, il punto su Beni culturali e Diaconato Pemanente

Visita ad limina, mons. Napolioni e i vescovi lombardi a fine gennaio dal Papa




A Cremona un pomeriggio tra giochi, preghiera e testimonianze con “La pace in testa”

La speranza di una pace possibil ha animato il pomeriggio di domenica 28 gennaio tra la piazza del Comune di Cremona, la Cattedrale e gli spazi del palazzo comunale. Una giornata – come suggerisce il titolo dell’evento – con “La pace in testa”, proposta in sinergia da numerose associazioni del territorio per i bambini, i ragazzi e gli adulti della diocesi.

«Abbiamo ripreso questa storica iniziativa perché ci sembrava importante approfondire, collaborando, il tema della pace», ha spiegato Emanuele Bellani, responsabile diocesano di Azione cattolica, organizzatrice dell’evento insieme al Csi di Cremona, alle Acli, agli Scout Cngei “Cremona 1”, agli Scout di Cristo Re, agli Scout adulti del Masci, a Pax Christi Cremona, alla Federazione oratori cremonesi e all’ufficio di Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Cremona. «È vero che per la pace, nei contesti di guerra, possiamo fare poco, perché sono lontani da noi, ma la pace deve partire da noi».

Una piazza, tra la Cattedrale e il Comune, popolata da bambini e ragazzi provenienti dalle diverse zone pastorali, che, per un’ora, si sono cimentati in diversi giochi e sport, organizzati supervisionati dal Csi: pallavolo, pallamano, “Sforza 4” (una variante a quattro squadre del tiro alla fune), hockey, giochi della tradizione e molti altri. Tante squadre impegnate, che hanno rappresentato idealmente tutte quelle nazioni che attualmente non vivono una situazione di pace, ma che la stanno cercando. Ad animare il pomeriggio in piazza Stefano Priori, in arte Beru. Presenti anche alcuni stand per i più piccoli, con palloncini e facepainting a tema. Al termine di questa iniziativa, tutti i presenti si sono spostati all’interno della Cattedrale, per un momento di riflessione e preghiera.

Dalle 17.30, invece, nella Sala Quadri del Palazzo Comunale, ha avuto luogo l’iniziativa “Azioni di pace” per gli adolescenti, giovani e adulti: testimonianze, racconti e azioni concrete di pace a livello nazionale e a livello locale. Sono intervenuti Emanuele Bottini e Veronica Porzionato, che hanno illustrato i progetti di Operazione Colomba, il corpo nonviolento di pace dell’associazione Papa Giovanni XXIII, Giovanni Fusar Poli, di Pax Christi, e gli studenti del liceo Vida di Cremona, accompagnati dalla professoressa Caterina Piva, a presentare la sezione Rondine, proposta socio-educativa, approvata dal Ministero dell’Istruzione, che si ispira al metodo di “Rondine Cittadella della pace”, situata in provincia di Arezzo. Questo momento è stato moderato da Marco Dasti, responsabile giovani dell’Azione Cattolica di Cremona, che ha introdotto gli interventi e «le storie di chi per la pace lavora tutti i giorni e in tanti modi».

«Operazione Colomba nasce nei primi anni ’90 da due comunitari della “Papa Giovanni XXIII”, che decidono di fare questa opera innovativa, portando un messaggio di pace nelle zone di conflitto – ha spiegato Emanuele Bottini a margine dell’evento –. Da allora sono passati trent’anni e Operazione Colomba è attiva in diversi paesi al mondo, in Europa, Sud America e Medio Oriente, e porta questo messaggio di pace basandosi su tre pilastri: la condivisione, l’equidistanza tra le parti e, soprattutto, la nonviolenza».

Dopo Bottini e Porzionato, che hanno approfondito le loro personali esperienze di volontariato in Grecia, nel mezzo dei flussi migratori dal Medio Oriente, e in Albania, ha preso la parola Giovanni Fusar Poli, consigliere nazionale di Pax Christi: «Voglio parlare ai giovani della responsabilità che ognuno di noi ha nella vita politica nel nostro paese e a livello mondiale, in una politica intesa come ricerca del bene comune – ha sottolineato –. Chi ci governa non viene dal cielo, ma è eletto da noi; quindi è nostro il diritto, ma anche il dovere, di informarci su quello che succede per poi fare scelte che siano secondo i valori della nostra coscienza». Ha poi aggiunto: «Il disarmo nucleare diventa ancora più urgente nei nostri giorni. Bisogna impegnarci perché si arrivi all’eliminazione di questi strumenti di morte, che non mettono in pericolo solamente la vita umana, ma la vita dell’intero pianeta».

Hanno chiuso il pomeriggio gli interventi degli studenti e delle studentesse del liceo Vida, e della loro insegnante, Caterina Piva. «La Cittadella è un luogo magico dove ci si occupa di pace, o meglio, di conflitto – ci ha spiegato la professoressa Piva –. Lì operano alcuni professionisti, che hanno iniziato la loro carriera come mediatori in zone di guerra e che da queste esperienze hanno dato vita ad altre esperienze simili e a un metodo per la risoluzione del conflitto». Ha dunque concluso: «Un conflitto che, quando degenera, diventa guerra, ma se non degenera è qualcosa di normale e appartiene a tutte le nostre vite e a tutti i nostri ambienti. Il metodo Rondine quindi noi lo applichiamo alla quotidianità della vita scolastica, affinché a scuola si venga volentieri e si stia bene, e, soprattutto, perché diventiamo cittadini consapevoli del proprio tempo».

Sfoglia la Fotogallery completa