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La vera prova del cuoco: l’etica oltre alla qualità del cibo

Cremona per due giorni al centro dell’attenzione internazionale grazie al congresso “Sprechi alimentari – Fattori contaminanti – Incidenza sulla mortalità – Gestione del rischio” in programma venerdì 3 e sabato 4 marzo presso la Camera di Commercio con la partecipazione di 33 Stati esteri chiamati a confrontarsi sul tema; occasione anche per incontri mirati tra addetti commerciali dei Consolati presenti e alcune aziende locali. In questo contesto proponiamo una riflessione sullo spreco del cibo a firma di don Bruno Bignami, responsabile del tavolo di coordinamento pastorale “Nel mondo, con lo stile del servizio”.

«Dimmi come mangi e ti dirò chi sei». Non passa giorno che la tv non dia spazio ai volti noti della cucina. Siamo molto attenti alle diete e ai problemi alimentari. Eppure il nostro tempo non riesce ad affrontare lo scandalo numero uno del cibo: lo spreco. I dati sono impietosi, se si pensa che un terzo della produzione mondiale finisce in discarica. In Italia ogni giorno si gettano nella spazzatura 4mila tonnellate di cibo ancora buono. Al termine di un anno sono circa 6 milioni di tonnellate!

Papa Francesco lo ha denunciato nell’Esortazione apostolica “Evangelii gaudium”: «Ci scandalizza il fatto di sapere che esiste cibo sufficiente per tutti e che la fame si deve alla cattiva distribuzione dei beni e del reddito. Il problema si aggrava con la pratica generalizzata dello spreco».

C’è chi mangia troppo e chi troppo poco. Sono due facce della stessa medaglia: il rifiuto etico dell’altro. L’esclusione alla tavola avviene nella forma della chiusura del cuore, propria della mentalità del «si salvi chi può».

Lo scarto del cibo non ha il solo risvolto del troppo cibo cucinato e destinato alla spazzatura. E’ il sistema alimentare industriale a fare acqua. Si produce a costi così ridotti che molti lavoratori in campo agricolo non vedono riconosciuta la loro fatica. Sono strozzati. Inoltre, a monte si assiste a un colossale spreco di risorse comuni, quali l’acqua, l’elettricità, il tempo e le energie.
Basti questo dato: nel mondo, per il cibo scartato, in 12 mesi s’investe un volume di acqua pari al flusso annuo di un fiume come il Volga, si utilizzano 1,4 miliardi di ettari di terreno e si provocano 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra. Una gigantesca impronta ecologica che mette in gioco sia la sostenibilità sia la giustizia tra le generazioni. È una cultura che non scarta solo rifiuti-oggetti, ma genera rifiuti umani: contadini che smettono la loro attività, terre in mano a pochi, perdita della biodiversità, impoverimento e ingiustizia… Domina la legge del più forte.

Per questo, la risposta è in una diversa cultura alimentare. Non solo quella che si preoccupa di tramandare ricette con buoni ingredienti, ma prima ancora quella che richiede cibo etico. Ci si dovrebbe domandare da dove provengono i prodotti dell’agricoltura, quale filiera li ha portati sulla tavola di casa, quale riconoscimento del lavoro si è operato, quale giustizia si è salvaguardata. Imparare a chiedersi se i propri acquisti aiutano qualcuno a stare meglio, serve a renderci operatori di giustizia. Continuare nel disinteresse, calpestando la dignità di molti e fingendo di non sapere, potrebbe fare di noi degli operatori di iniquità.

Dimmi «come» mangi corrisponde a rendere conto «di quanto», «di che cosa» e «in che modo».

Si mangia con gli occhi aperti sui fratelli e con il cuore, prima che con la bocca.

Ecco la vera prova del cuoco!

Don Bruno Bignami

 

Il Convegno di Cremona

L’evento è organizzato dal Centro Incontri Diplomatici, in partnership con la Fe.N.Co. (Federazione Nazionale Consoli esteri) e sotto l’Alto patrocinio del Parlamento europeo, della Presidenza del Consiglio, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, del Ministero dell’Ambiente, del Ministero dell’Agricoltura, del Corpo Consolare di Milano e della Lombardia, del Corpo Consolare di Torino e del Consiglio della Regione Lombardia, nonché della Provincia di Cremona, del Comune di Cremona, della Camera di Commercio di Cremona e della Fondazione Comunitaria della provincia di Cremona.

Il Capo dello Stato ha destinato la Medaglia Presidenziale quale suo premio di rappresentanza proprio al Congresso Internazionale “Sprechi alimentari – Fattori contaminanti – Incidenza sulla mortalità – Gestione del rischio”.

Molti i Paesi interessati: per l’Europa – Asia Minore: Bielorussia, Bosnia, Francia, Italia (con Davide Bradanini, Secondo Segretario Presso Rappresentanza Permanente Onu – Roma), Malta (Paese che ha la Presidenza del I semestre europeo 2017), Portogallo, Repubblica Ceca, Rep. Slovacca, Romania, Slovenia, Ungheria; Turchia; per il Medio Oriente: Giordania, Oman, Palestina; per l’Africa: Algeria, Marocco, Etiopia, Camerun, Senegal.

Per America Latina e Caribe: Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, El Salvador, Messico, Nicaragua, Repubblica Dominicana; inoltre Stati Uniti d’America, per l’Asia: Bangladesh, Repubblica dell’Unione del Myanmar, Vietnam.

Programma del congresso




Sabato 7 ottobre padre Arsenio sarà beato

Si terrà sabato 7 ottobre alle 10 nel Duomo di Milano la beatificazione del cremonese padre Arsenio da Trigolo, il francescano (al secolo Giuseppe Migliavacca) fondatore della Congregazione delle Suore di Maria Santissima Consolatrice. Lo scorso 20 gennaio Papa Francesco aveva autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i decreti riguardanti il miracolo attribuito all’intercessione del Servo di Dio nato a Trigolo il 13 giugno 1849 e ordinato sacerdote a Cremona, dopo gli studi nel Seminario vescovile, il 21 marzo 1874.

Egli svolse il suo ministero pastorale a Paderno Ponchielli e Cassano d’Adda, prima di entrare nella Compagnia di Gesù. Nel 1887, dopo il periodo di formazione e varie esperienze (anche come educatore nel collegio Vida di Cremona), fu trasferito come coadiutore spirituale nella Chiesa dell’Assunta a Venezia.

Dimesso dalla Compagnia di Gesù, padre Giuseppe nel 1892 giunge a Torino: qui è incaricato dall’arcivescovo del capoluogo piemontese di seguire un gruppo di aspiranti suore: saranno il primo nucleo della nuova Congregazione delle Suore di Maria Ss. Consolatrice. Successivamente il sacerdote si trasferì a Milano per guidare la comunità di suore ivi residenti: nel 1898 il Noviziato e la Casa Madre da Torino trovarono sede definitiva nella città ambrosiana.

In seguito a varie vicissitudini, don Giuseppe ottenne di entrare tra i Cappuccini e dopo l’anno di noviziato a Lovere (Bg), dove prese il nome di padre Arsenio Maria da Trigolo.

Nel 1903 viene trasferito al convento di Bergamo dove resterà fino al giorno della sua morte, il 10 dicembre 1909.

Il 21 gennaio dello scorso anno Papa Francesco, ricevendo in udienza privata il cardinale Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato la Congregazione a promulgare alcuni decreti, tra i quali quello riguardante il riconoscimento delle virtù eroiche del servo di Dio Arsenio da Trigolo.

Il miracolo preso in esame per la causa di beatificazione è avvenuto il 17 ottobre 1946 in un convento di Voghera dove suor Maria Consolatrice (al secolo Ausilia Ferraro) fu portata nella cappella dove era esposto il Santissimo. Proprio durante l’adorazione una religiosa invitò i presenti a chiedere l’intercessione di padre Arsenio per la guarigione della consorella che, dopo la benedizione eucaristica, si alzò sentendosi guarita. Suor Maria Consolatrici morì molti anni dopo, di vecchiaia. Il 25 febbraio 2016 il congresso dei medici della Congregazione delle Cause dei Santi ha espresso parere favorevole circa l’inspiegabilità scientifica della guarigione.

 

Un musical su padre Arsenio

La figura del servo di Dio padre Arsenio da Trigolo è recentemente stato al centro di uno spettacolo musicale, dal titolo “Servo di Dio, servo del mondo. Padre Aresenio da Trigolo, il Musical”, proposto dal gruppo teatrale “La Cometa” dell’oratorio di Annicco (paese vicino a Trigolo, luogo natale di padre Arsenio) su un’idea dell’Istituto di Maria Consolatrice di Milano.

Un’idea per far conoscere questo religioso cremonese, raccontare la sua vita e diffondere il suo messaggio di misericordia, umiltà e obbedienza.

Un prodotto artistico nato dalla fantasia di Marialuisa Bignardi e Mario Pedrinazzi, registi della compagnia, che hanno steso i testi dei dialoghi e delle canzoni. Per la parte musicale la compagnia si è avvalsa dell’indispensabile collaborazione di un musicista professionista come Michele Lombardi.

Le coreografie sono state affidate a Francesco Lo Cascio e Chiara Faviana che, attraverso l’espressività delle danze, hanno animato gli episodi della vita di padre Arsenio; le scenografie a Giulia Cardia e Davinia Contardi che hanno disegnato i fondali che consentono di immergersi nelle vicissitudini, nei luoghi e negli ambienti della vita del Servo di Dio.

A Massimo Guindani e Giovanni Stefanoni il compito di lavorare di martello, chiodi, cacciaviti e pialla: sono stati definiti “gli operai” di padre Arsenio, nel segno del servizio gratuito.

La creazione dei costumi di scena è stata affidata alla grande abilità sartoriale di suor Venanzia, Angela Cremona, Romina Taglietti, Cinzia Pagliari. I personaggi di oggi e di allora hanno preso vita permettendo allo spettatore di tuffarsi con il cuore, gli occhi e la mente nella vita del sacerdote cremonese e delle “sue” suore.

La compagnia teatrale “La Cometa” è una compagnia amatoriale, quasi familiare, nata dall’esperienza religiosa e di catechesi svolta all’interno dell’oratorio Piergiorgio Frassati di Annicco, con la preziosa spinta iniziale data dal diacono permanente Raffaele Ferri. È composta da intere famiglie, bambini, ragazzi e genitori che con entusiasmo cercano di trasmettere la fede attraverso uno strumento alternativo, come il teatro e la musica.

Il musical su padre Arsenio raccontato nel “Giorno del Signore”

Biografia sintetica del Servo di Dio

Il Servo di Dio Arsenio da Trigolo nacque nell’omonimo paese della provincia di Cremona il 13 giugno 1849. Entrato nel Seminario di Cremona, per la bontà e la capacità oratoria, fu mandato anzitempo in una parrocchia dovendo così dividersi tra studio e impegno pastorale. Il 21 marzo 1874 ricevette l’ordinazione sacerdotale e fu mandato come coadiutore del parroco a Paderno Ponchielli e poi a Cassano d’Adda, dove incontrò la giovane Pasqualina Giuseppina Fumagalli.

Per il suo desiderio di dedicarsi completamente a Dio, decise di diventare religioso, facendo domanda per entrare nella Compagnia di Gesù. Il Vescovo Geremia Bonomelli accolse la sua richiesta a malincuore. Il 14 dicembre 1874 il Servo di Dio iniziava a Les Alleux (Francia) il suo noviziato, emettendo la Prima Professione religiosa nel 1877.

La Professione solenne fu emessa a Venezia l’anno successivo come coadiutore spirituale (operarius). Nel suo servizio apostolico fu stimato da tutti, specialmente dalle comunità religiose femminili che lo avevano come direttore di esercizi spirituali e come accompagnatore nella vita interiore.

In questi anni di grande impegno spirituale incontrò nuovamente la Fumagalli che era stata dimessa dalle Suore di Notre Dame du Bon Secours e aveva fondato un Istituto religioso, chiamato della Consolata, aprendo case a Torino e Milano.

Dopo alcune traversie, a 53 anni, il 21 giugno 1902, dopo aver ottenuto il voto favorevole delle Curie di Milano, di Cremona, di Torino e del Provinciale dei Gesuiti, iniziava, con il nuovo nome di fra Arsenio da Trigolo, il periodo di noviziato dai Frati Minori Cappuccini della Provincia di Milano. Al termine del noviziato, emessi i voti temporanei, fu inviato a Bergamo per guidare nello spirito i giovani studenti cappuccini. Fu quindi trasferito per qualche tempo a Lovere, nella Bergamasca. Trascorse gli ultimi tre anni nel ministero pastorale e curando il Terz’Ordine. Il Vescovo di Bergamo, mons. Giacomo Radini Tedeschi, spesso lo chiamava per consigli.

Nel 1909 il Servo di Dio incominciò ad avere problemi di salute. Trasferito nell’Infermeria provinciale di Bergamo, nella notte del 10 dicembre 1909, morì per aneurisma cardiaco.

Il suo funerale, celebrato nella semplicità propria dei Cappuccini, vide un’imponente partecipazione di popolo che testimoniava rendendo evidente il bene seminato come sacerdote. Sepolto nel cimitero di Bergamo, i suoi resti mortali furono traslati nel 1940 al cimitero di Cepino Imagna (BG) e successivamente, il 13 ottobre 1953, nella Cappella della Casa Madre delle Suore di Maria SS. Consolatrice a Milano.

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Mazzolari, «Ogni uomo è un portacenere»

Lunedì 6 marzo, nel contesto della Giornata europea dei Giusti, il nome di don Primo Mazzolari, il sacerdote cremonese di cui presto si aprirà il processo di beatificazione, sarà iscritto nel Giardino Virtuale “Giusti del Monte Stella” di Gariwo [leggi tutto]. Intanto pubblichiamo un suggestivo quaresimale del parroco di Bozzolo che ci può aiutare all’inizio di questo tempo forte.Ecco il testo:

Mercoledi, primo giorno di Quaresima, ho benedetto le ceneri. Calava la notte, che è proprio l’ora della preghiera (ad vesperum demorabitur fletus et ad matutinum laetitia: alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino, ecco la gioia. Salmo 30,6).

I fanciulli, in abito da coro, mi fanno cerchio all’altare. Il maggiore porta le ceneri in un bacile di rame, due le candele, uno l’aspersorio, uno il turibolo. Guardo la scena usuale e mi sento portar via da una strana impressione, che m’accompagna mentre distribuisco le ceneri a me e ai miei.

Sono cenere, dico a me, sei cenere, dico ad ognuno mentre piega la testa. E se ne vanno portandosi tra i capelli la sentenza del destino comune: e in cenere ritornerai.

Subito, ho l’impressione di essermi baloccato con la morte. No, la mia gente ed il suo prete possono dimenticarsi di essere cenere, ma il grumo di cenere che vedo sulla testa di ognuno fa più senso della dichiarazione. Oltre che cenere, sono un portacenere; ogni uomo è un portacenere. Di portaceneri (il focolare non è un portaceneri) ce ne sono di varie fogge: artistici, dozzinali, volgari e nobili. Sono sempre però portaceneri, di rado sentirete elogiare la padrona di casa per codesti aggeggi. Si complimentano i portaceneri, contenti di essere fabbricanti e commercianti di cenere. (…)

Prima di pulire la casa, la donna vuota i portaceneri. Nessuna donna di casa, padrona o ancella, li pulisce con garbata avvertenza. Si tratta di cenere e di arnesi di poco conto. E qualcuno si meraviglia del poco conto in cui sono tenuti e trattati dagli uomini. E’ proprio questo inutile carico, con il suo costoso affanno di fumo e di niente, che si svaluta davanti ai nostri e agli occhi degli altri. Vale la pena, gridiamolo una buona volta “dai tetti”, vale la pena di vivere per imbarcare cenere e fumo? Mi spaventa meno sentirmi dire “che sono cenere e che in cenere ritornerò”, ma questo incessante e quotidiano carico di cenere cui mi lascio andare come all’unica occupazione possibile, mi avvilisce. (…)

Sono un grumo di polvere, coagulato con speranze e sospiri che non si placano con della cenere; sono un grumo di polvere che ha bisogno di mettere insieme un pedaggio per andare oltre la polvere. La Quaresima è la Chiesa che prende maternamente per mano il portacenere e gli dice: è ora di cambiar mestiere, figliuolo, se vuoi che “rifiorisca la polvere del tuo fragile vaso” e che la tua breve giornata si corichi nella speranza (“requescet in spe”. Salmo 16, 9).

 

Mazzolari provoca così e sollecita ancora le coscienze in questo inizio di Quaresima: “Oltre che cenere, sono un portacenere; ogni uomo è un portacenere”. E la sua conclusione è un invito più che mai attuale: “La Quaresima è la Chiesa che prende maternamente per mano il portacenere e gli dice: è ora di cambiar mestiere… e che la tua breve giornata si corichi nella speranza…”.

Walter Montini

 




Il Vescovo ad Arzago: «Fede non muro, ma ponte»

Mattinata arzaghese quella di domenica 5 marzo per il vescovo Antonio che alle 10.30, nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo Martire, ha celebrato la Messa nella prima domenica di Quaresima. Prima dell’Eucaristia però mons. Napolioni, raccogliendo l’invito del parroco don Enrico Strinasacchi, ha incontrato gli operatori pastorali. Nel salone “San Lorenzo” del complesso oratoriale Don Bosco c’erano, fra gli altri, catechisti, baristi, gruppo Caritas, gruppo missionario, consorelle, animatori e ministranti: tutto quanto, insomma, è espressione della vita di questa parrocchia della Bassa Bergamasca.

Con i volontari il Vescovo ha toccato diverse tematiche, a cominciare dalla sua introduzione sul senso dell’essere operatore pastorale oggi, per proseguire con le domande rivoltegli dai presenti che hanno offerto lo spunto per diverse riflessioni, prima fra tutte quella sulla chiamata alla vita cristiana. Per mons. Napolioni “Non sono i numeri che contano. Conta l’entusiasmo della fede, il medesimo che io – citando se stesso – ho trovato all’età di 18-19 anni negli occhi di alcuni laici e che mi hanno fatto riscoprire Gesù come amico e capire, qualche anno dopo, che lo avrei servito come sacerdote”.

Cambiano i tempi, cambia anche la Chiess: un’operatrice presente fra il pubblico è intervenuta per ringraziare “Vostra Eccellenza” di questa sua presenza ad Arzago. “Le forme della vita cristiana – ha detto il vescovo collegandosi a quel Vostra Eccellenza pronunciato qualche secondo prima – cambiano nel tempo e non tutto quello che viene dal passato va assolutamente conservato. Alcune cose però sono intoccabili, come il Vangelo vissuto, la testimonianza, il mistero pasquale, il culto e l’eucaristia”.

Non poteva mancare una domanda sul fenomeno-immigrazione ed il possibile pericolo da esso derivante di una rinuncia forzata alla nostra fede e alle nostre tradizioni. Il Vescovo ha dato una risposta articolata, premettendo che nessuno nega l’importanza della problematica-migranti in un mondo che sta osservando cambiamenti epocali. «Non dobbiamo – ha spiegato – vivere la fede come un muro, ma come un ponte. Certo, guai a chi mi tocca il crocifisso, ma non ho paura e non dobbiamo averla. Al tempo stesso, non dobbiamo dividerci ma unirci, annunciando, testimoniando e dialogando. Il cristiano deve essere capace di testimoniare e di dialogare. Il problema è che a volte è un po’ fiacco, paralizzato dalla paura”.

Infine, si è parlato dei terremotati del Centro Italia. Il sisma ha colpito duramente anche Camerino, la città di cui è originario mons. Napolioni che ha voluto dare un ultimo messaggio di speranza. «Il terremoto – ha affermato – è un fenomeno che tocca la nostra fede e la nostra vita in un modo così repentino. È una di quelle esperienze che danno una botta in negativo oppure in positivo ma quando c’è il miracolo dello scambio reciproco, allora anche da lì possiamo vedere delle piccole resurrezioni, così come piccole resurrezioni avvengono nella vita di tutti i giorni”.

f.c.

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Gemellaggio terremoto/35. «Continuate ad aiutarci ad aiutare»

Cremona, 3 marzo 2017

Due giorni di gemellaggio al contrario. È quello che si è vissuto giovedì 2 e venerdì 3 marzo, quando una delegazione della Caritas dell’arcidiocesi di Camerino-S. Severino Marche ha fatto tappa a Cremona. Insieme a Mons. Luigi Verolini, il direttore della locale Caritas oltre che parroco di Pian di Pieca, dove Caritas Cremonese ha posto la sua base operativa, c’erano don Marco Gentilucci e il diacono Ippolito Antonini.

Accolti dal loro conterraneo oggi vescovo di Cremona, hanno avuto modo di conoscere da vicino la realtà cremonese con la quale il legame instaurato con l’ordinazione episcopale di mons. Antonio Napolioni si è rafforzato proprio a seguito del terremoto che ha colpito il Centro Italia. Tanti gli aiuti offerti da singoli, Parrocchie e Comuni del territorio. La visita cremonese ha voluto proprio essere l’occasione per ripetere i tanti grazie incontrando di persona i benefattori.

L’occasione concreta è stata la serata di giovedì, con la cena organizzata presso la Casa dell’Accoglienza di Cremona. Un momento informale all’insegna della fraternità che è stato occasione per rivedere quanti nelle Marche sono andati da volontari, ma anche incontrare i volti di chi, pur rimanendo a casa, ha garantito un proprio contributo.

Erano rappresentate un po’ tutte le realtà. A cominciare da quelle istituzionali, con il presidente della Provincia di Cremona Davide Viola e i sindaci Rosolino Azzali (Corte de’ Frati) e Pierpaolo Vigolini (Cingia de’ Botti) in rappresentanza del “Sistema Cremona” pro terremotati.

Presenti naturalmente gli operatori di Caritas Cremonese che si sono alternati sul posto, a cominciare naturalmente da Nicoletta D’Oria Colonna, ormai di casa in quella terra, oltre al direttore della Caritas don Antonio Pezzetti e il suo vice Cristiano Beltrami, che ha reso possibile l’installazione di tre tensostrutture riscaldate oltre che l’invio di diversi materiali.

Hanno preso parte alla serata anche alcuni studenti del Liceo Vida: accompagnati dal loro professore, don Stefanito Lazzari, hanno speso le proprie vacanza natalizie proprio accanto ai terremotati, portando un po’ di allegria oltre a una mano per diverse necessità.

Non mancavano neppure i rappresentanti dell’Avis di Castelverde, che hanno garantito diversi invii di materiali, il gruppo volontari di Soncino o la rappresentante della Filiera Corta Solidale, Laura Rossi.

A tutti loro la delegazione marchigiana ha espresso il ringraziamento per quanto fatto in questi mesi, nella consapevolezza che «con il vostro aiuto la nostra Caritas è cresciuta», ha sottolineato mons. Verolini. Perché «noi saremo sempre in prima linea – ha assicurato don Gentilucci – anche se siamo terremotati anche noi: abbiamo bisogno di qualcuno che ci porta un po’ di lucidità e ci incoraggia».

Tanti grazie e la speranza di poter in qualche modo ricambiare la vicinanza dimostrata. E qui un vero e proprio invito: «Vi aspettiamo!». Anche perché «le Marche sono una terra al plurale, dove c’è posto per tutti».

«I muri sono crollati, ma la solidarietà e la comunità sono cresciute», ha sottolineato ancora mons. Verolini, ricordando che se «i muratori ricostruiranno le case, la Caritas aiuterà a ricostruire le persone e le comunità».

Certo le preoccupazioni non mancano. In particolare per i giovani, nella consapevolezza che senza luoghi di ritrovo sarà sempre più complicato ricreare un tessuto di relazioni.

Ma «la Caritas c’è dove c’è bisogno», ha ricordato don Pezzetti che, ringraziando a sua volta i propri operatori, i volontari e i tanti benefattori, ha auspicato che l’estate possa rappresentare un’ulteriore occasione in cui i cremonesi possano far sentire concretamente la loro vicinanza alle popolazioni terremotate.

Un concetto ripreso anche da Nicoletta D’Oria Colonna: «Continuate ad aiutarci ad aiutare».

Durante la serata è stato anche presentato il libro “Il vento dei ricordi felici” realizzato da Rossella Galletti: un progetto che ha coinvolto le scuole del territorio e il cui ricavato servirà a sostenere gli interventi di Caritas Cremonese nelle Marche. Un gemellaggio formato bambini iniziato per S. Lucia e proseguito dopo le vacanze di Natale. «Tutti pieni di entusiasmo – spiega l’autrice – all’idea di parlare di una strega che diventa buona e chiede aiuto per realizzare mascherine fatte con le proprie mani, per regalare ai piccoli delle zone terremotate i colori di un carnevale che viene dal cuore».

Mentre nelle scuole si lavorava tra cartoncini, tempere, perle colorate e glitter, alcune “fate” hanno anche confezionato altri accessori: Angela ha cucito gonnelline in tulle e mantelli stellati e Sara e Cecilia si sono inventate bacchette magiche strabilianti. Intanto il libro prendeva forma ed è arrivata anche la prefazione scritta dal vescovo Antonio.

«Raccogliere i lavori delle scuole e delle “amiche fate” – spiega Rossella Galletti – mi ha fatto toccare con mano che l’affetto può passare anche attraverso queste piccole cose, curate nei minimi dettagli per essere davvero “un po’ magiche” e regalare un sorriso e un po’ di sana meraviglia. Il desiderio di stare accanto a chi si trova “nella terra che trema” esiste realmente, anche se a volte è la sensazione di impotenza a farla da padrona. Un grazie infinito, quindi, ai bambini delle scuole per l’infanzia “S.Angelo” di Cremona, “Pellegrini Guzzoni” di Monticelli d’Ongina e “Caduti in guerra” di Villanova sull’Arda; delle scuole Primarie “Realdo Colombo”, “Bianca Maria Visconti”, “Beata Vergine” di Cremona, “Sette fratelli Cervi” di Bonemerse,“Alcide de Gasperi” di Alfianello, “Don Renzo Cominetti” di Brazzuoli. Un grazie anche a Confartigianato che ha regalato simpatici gadget e libri ai bambini di Camerino. E un grazie a tutti gli amici che hanno già acquistato “Il vento dei ricordi felici” e a quelli che lo acquisteranno».

A caratterizzare la due-giorni cremonese della delegazione di Caritas Camerino-S. Severino Marche è stata anche la conoscenza delle realtà del territorio. Dopo l’incontro con i sacerdoti in Seminario, giovedì accompagnati dal vescovo Napolioni hanno potuto osservare da vicino la realtà ecclesiale cremonese, non senza ammirare le bellezze della città. La giornata di venerdì è stata caratterizzata, invece, dalla visita alle opere segno di Caritas Cremonese.

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Speciale terremoto con il diario dei giorni precedenti




Gemellaggio terremoto/34. Voglia di esserci e di servire

Cremona, 1° marzo 2017

La giornata inizia presto a Cremona. Si parte quando ancora il sole non è sorto con l’aspettativa e l’emozione di vivere una giornata piena, intensa. Con me don Paolo Arienti e altri cinque giovani legati alla pastorale giovanile e dalla voglia di esserci e di servire.

Arriviamo a Pian di Pieca e subito ci accolgono Nicoletta e Fermano, i due operatori di Caritas Cremona e Crema che si alternano nel lavoro al campo base, allestito proprio in fianco alla chiesa del paese. Consegniamo i pacchi con alcuni vestiti e incontriamo, insieme a loro, don Luigi, il parroco oltre che responsabile della Caritas di Camerino-S. Severino, la più colpita tra le quattro diocesi marchigiane coinvolte dal terremoto del 30 ottobre scorso.

Partiamo immediatamente verso la prima tappa della giornata: la visita al paese di Pian di Pieca, e in particolare alla chiesa e alla casa parrocchiale, nel centro abitato.

“È piena zona rossa questa”, ci dicono. Non potremmo nemmeno passare. Ma come fanno le persone a rendersi conto di che cosa vuol dire davvero il terremoto se non toccano con mano?

Una transenna e poi un paese fantasma, vuoto, quasi una scena da far west. Case che stanno ancora in piedi, ma su ogni porta troviamo l’avviso del comune “obbligo di abbandono dell’abitazione”. Chiediamo, ci informiamo e ci dicono: “Vedete quella crepa a X?. Lì è da buttar giù e ricostruire da capo”. Non se ne salva una.

Incontriamo una donna venuta a dar da mangiare al suo gatto, si ferma e ci parla: è la prima testimonianza diretta che raccogliamo e percepiamo subito il sospiro di affanno, la nostalgia per la vita che c’era prima in quel paese così grazioso, la difficoltà del trovarsi adesso a vivere in cinque nella casa di sua mamma, che prima viveva sola.

Seguiamo don Luigi, che ci porta nella sua casa parrocchiale e a visitare la chiesa del paese: del campanile non resta che un metro. Il resto durante la scossa era finito sopra la casa del parroco sfondando porte, finestre, pareti, fin nel suo studio, dove lui si trovava quella terribile notte.

Ci accompagna poi nella chiesa, piccolo gioiello in pietra a vista e capriate lignee tipicamente marchigiana con affreschi del ‘300 e del ‘400. È crollata parte della parete laterale e della copertura. “E la Sovrintendenza?” chiediamo. “Hanno le mani legate – ci risponde -. Non sanno che cosa fare. Ma non mi interessa, questa chiesa va ricostruita, assolutamente”.

Ritorniamo alle macchine e andiamo a visitare la cascina di un allevatore che tenta di portare avanti il suo lavoro nonostante le condizioni davvero difficili; ci prova: “ci si da’ una mano”. È un’intera comunità a darsi una mano.

Di nuovo sui mezzi per raggiungere il comune principale della zona San Ginesio che, come recita il cartello all’entrata del paese, è “uno dei borghi più belli d’Italia”. Quanti altri ne incontreremo sulla strada. Il volto più bello della nostra Italia è rimasto sfregiato da queste ripetute scosse; tra quanto potrà tornare a sorridere?

Raggiungiamo l’asilo del comune per portare alcune maschere di carnevale ai bambini: insieme alle maestre sorridono e ringraziano.

Poi facciamo un giro per il paese dove la vita sembra voler riprendere, non tanto tra le macerie, ma nel silenzio assordante degli edifici inagibili. Ci accorgiamo che ci sono spiragli di luce in grado di passare anche attraverso queste crepe. È una giornata di sole stupenda e i nostri accompagnatori ci portano al belvedere del paese, una vista che arriva quasi fino al mare.

Torniamo per pranzo al campo base della Caritas dove ascoltiamo altre storie, conosciamo nuove persone, tutte raccolte attorno al tavolo del salone della parrocchia dove qualche mese fa, nelle prime ore dell’emergenza, dormivano i terremotati in attesa di una sistemazione.

Salutiamo Nicoletta e don Luigi e risaliamo sul pulmino, accompagnati da Fermano in direzione Scopoli, paese umbro a pochi chilometri da Assisi e da Norcia. Nel tragitto passiamo attraverso altri paesi, o meglio, attraverso i corridoi di transenne che delimitano le strade che corrono attraverso questi piccoli paesi. Sono decide e decine, e pensare che dai telegiornali ci aspettavamo che il terremoto avesse colpito al massimo sei o sette città. Si parla di più di un centinaio di comuni colpiti, luoghi in cui non si può più abitare, luoghi senza più vita.

Arriviamo a Scopoli, qui resta una ventina di casette di legno che erano state montate per il terremoto del 1997 e che adesso stranamente risultano inutilizzate. Gli abitanti del posto e la proprietaria dell’associazione che le possiede vorrebbero che venissero sfruttate e proprio per questo si pensa a progetti e attività che possano portare i ragazzi di Cremona in quelle zone, magari durante le esperienze estive degli oratori.

Si fa sera e si torna a Cremona passando per Foligno. Che cosa rimane? La consapevolezza che la vita non si arrende alla tragedia.

 

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Giovanni Mazzolari
Gruppo collaboratori FOCr

Speciale terremoto con il diario dei giorni precedenti




Il nuovo libro di don Bignami:«Un’arca per la società liquida»

In una società liquida che sembra rinunciare ai tradizionali punti di riferimento l’etica può essere considerata un’arca di Noè costruita attorno alla fraternità, al bene comune e alla cura. La bussola per la navigazione è offerta da papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, dove si ricorda che l’unità «prevale sul conflitto», che il tutto «è superiore alla parte», che «il tempo è superiore allo spazio» e che la realtà «è più importante dell’idea». È questa la strada che don Bruno Bignami, sacerdote cremonese, teologo morale e presidente della Fondazione Mazzolari, percorre nel suo ultimo libro  «Un’arca per la società liquida» edito dai Dehoniani. Bignami offre due piste di riflessione: una fa riferimento ai fondamenti etici della vita sociale e l’altra analizza alcuni temi su cui si misura il cambiamento d’epoca in atto. La convivenza, sostiene l’autore, va rifondata a partire da alcuni snodi concreti: un nuovo rapporto tra la coscienza morale e le leggi, una fraternità vissuta a partire dai beni comuni e dalla condivisione, una pace «giusta» e, da ultimo, stili di vita capaci di incarnarsi concretamente nella realtà.

Il volume sarà presentato a Cremona venerdì 21 aprile, alle ore 18, presso la sala della Consulta del Comune di Cremona. Tra gli ospiti il sindaco Galimberti, l’onorevole Enrico Letta, decano della Scuola di Affari internazionali presso Science Po Paris e Franco Vaccari presidente di Rondine Cittadella della Pace (AR). Moderatore sarà Michele Bellini studente di Affari internazionali presso Science Po Paris.

Di «Un’arca per la società liquida» proponiamo la recensione di Stefano Zamboni apparsa sul sito www.settimananews.it.

Fin nel titolo e nel sottotitolo del nuovo testo di Bruno Bignami, sacerdote della diocesi di Cremona e docente di teologia morale, già autore di pregevoli testi su don Mazzolari e sull’etica ecologica, troviamo le tre coordinate fondamentali entro cui si snoda questa sua riflessione teologica.

La prima, e la più nota, è la metafora della società liquida introdotta da Zygmunt Bauman. Con essa ci si intende riferire all’estenuazione dei legami sociali, al venir meno delle tradizionali sorgenti di valori, alla privatizzazione delle scelte etiche… Ma proprio un tale contesto richiede un’ottica interpretativa adeguata: ecco allora la seconda coordinata, il cambiamento di epoca. Come ha affermato papa Francesco nel discorso in occasione del convegno ecclesiale di Firenze del 2015, oggi non viviamo un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca. Il tempo attuale è affascinante come ogni cambiamento d’epoca, perché in esso si aprono possibilità inesplorate: così è stato, per esempio, dopo la caduta dell’impero romano o dopo la scoperta del continente americano. La teologia morale, in particolare, ha da essere attenta ai segni dei tempi, per scrutare quanto lo Spirito di Dio chiede all’oggi ecclesiale e civile. La terza immagine è quella dell’«arca»: come l’arca di Noè è stata data per la salvezza nel mezzo del diluvio, così oggi ci è chiesto di costruire una nuova arca che possa permettere una navigazione sicura in mezzo alla liquidità dell’epoca presente.

Bignami offre con questo testo un contributo in ordine alla costruzione di quest’arca e lo fa rileggendo in modo intelligente alcuni capitoli dell’etica sociale: dalla fraternità al bene comune, dall’etica della cura al giudizio sulle leggi civili, dalla pace allo scandalo della fame e alla cultura della sobrietà. Il tutto avendo come fonte ispirativa l’Evangelii gaudium, in modo particolare i celebri quattro principi che si trovano in essa: l’unità prevale sul conflitto, il tutto è superiore alla parte, il tempo è superiore allo spazio, la realtà è più importante dell’idea.

Il diluvio etico non è la parola definitiva, l’ottimismo deve pur sempre prevalere: «l’etica è la bussola, capace di prendere per mano e accompagnare gli uomini di buona volontà al servizio della casa comune. Siamo capaci di bene, di rialzarci: la corruzione, la violenza e la morte non sono l’ultima parola sulla storia» (p. 184).




Successo a Bozzolo per «Nostro Fratello Giuda»

Chiesa arcipretale di San Pietro a Bozzolo gremita nella serata di venerdì 3 marzo con la presentazione di don Gianni Macalli dell’applaudita anteprima della nuova produzione teatrale del maestro Giuseppe Pasotti.  L’uomo di teatro di Concesio, il centro bresciano che ha dato i natali a Paolo VI, accompagnato dall’interprete Maddalena Ettori e da Morris e il suo corpo di ballo con scenografie e audio di Mario Bresciana, ha messo in scena “Nostro fratello Giuda”. Opera tratta dall’omelia di don Primo Mazzolari del Giovedì Santo, 3 aprile 1958, registrata personalmente dal segretario della Fondazione Mazzolari Giancarlo Ghidorsi, allora quindicenne, su magnetofono Geloso.

«I quattro ballerini vestiti di nero rappresentano i guerrieri plagiati da Satana che vagano nel buio alla ricerca della luce di Cristo – ha spiegato Pasotti -. Poi c’è una lunga fune distesa per terra che funge sia da rete sia da cappio, alla quale sono legati dodici chiodi che rappresentano gli apostoli traditori del Cristo. Il chiodo più grosso è Giuda, impossessato da Satana».

«Voi vedrete che ci sono due patiboli, c’è la croce di Cristo; c’è un albero, dove il traditore si è impiccato – ha drammatizzato Pasotti -. Povero Giuda. Povero fratello nostro. Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello di disperare».

Il lavoro segue l’opera prima “Confiteor”, tratta dal libro di don Mazzolari “La più bella avventura” (1934) riferita alla parabola del “Figliol Prodigo” in scena alla Cattedrale di Cremona nella serata di sabato 1 aprile, e segna un itinerario di maturazione artistica del gruppo bresciano che porterà l’opera in tutta Italia.

L’accoglienza del numeroso pubblico bozzolese, che ha assistito all’evento in luogo della consueta Via Crucis del venerdì, é stata molto calorosa. Tra i circa 200 presenti molto interessati alla suggestiva estrapolazione tanto da chiedere un bis dell’ultima coreografia, le suore di Maria Bambina, il sindaco facente funzioni Cinzia Nolli e l’on. Giuseppe Torchio.

Giulia Orlandi




Giornata europea dei Giusti: don Mazzolari nel Giardino Virtuale di Gariwo

Nel pomeriggio di lunedì 6 marzo, nel contesto della Giornata europea dei Giusti, sarà ufficialmente presentato a Milano il Giardino Virtuale “Giusti del Monte Stella” di Gariwo. L’incontro, in programma a Palazzo Marino, vedrà anche la consegna delle pergamene alle figure che vi saranno onorate e tra queste il sacerdote cremonese don Primo Mazzolari, di cui si aprirà presto il processo di beatificazione.

L’Associazione Giardino dei Giusti di Milano ha deciso, infatti, di accogliere la candidatura del servo di Dio don Primo Mazzolari per inserirla nel Giardino Virtuale di Gariwo, nella sezione dedicata al Monte Stella, in riferimento al luogo dove sorge il “Giardino dei Giusti di tutto il mondo” di Milano. La scelta di destinare uno spazio ai Giusti del Monte Stella nel Giardino Virtuale di Gariwo deriva dall’impossibilità di dedicare un albero a tutti i Giusti di cui pervengono le segnalazioni. Così con l’inserimento nel Giardino Virtuale l’Associazione intende sopperire a questo limite oggettivo, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie che permettono di andare oltre gli spazi meramente materiali, per rendere omaggio a quanti hanno onorato la propria qualità di esseri umani in nome di tutti gli uomini di coscienza e buona volontà.

Proprio a loro è dedicata la cerimonia di apertura delle celebrazioni del prossimo 6 marzo, Giornata europea dei Giusti, quando a partire dalle 14.30 a Palazzo Marino, a Milano, avrà luogo la consegna delle pergamene per l’inserimento nel Giardino Virtuale. Interverranno il sindaco di Milano Giuseppe Sala, il presidente del Consiglio Comunale meneghino Lamberto Bertolé, il presidente di Gariwo Gabriele Nissim e di Giorgio Mortara, vicepresidente Unione Comunità Ebraiche Italiane. A seguire, alle 16.30, la Giornata europea dei Giusti sarà commemorata in Consiglio Comunale con interventi istituzionali, la lettura dei nomi dei Giusti onorati nel Giardino Virtuale e il dibattito dei consiglieri milanesi.

L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Locandina           Programma

 

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Gariwo, la Foresta dei Giusti

Il Comitato per la Foresta dei Giusti-Gariwo onlus ha iniziato a operare a Milano nel 1999 e si è costituito ufficialmente nel 2001. È presieduto da Gabriele Nissim, storico e autore di libri sull’argomento, fondatore insieme a Pietro Kuciukian, presidente del Comitato Internazionale dei Giusti per gli Armeni, membro dell’Unione degli Armeni d’Italia, autore di libri sul genocidio armeno e sui Giusti per gli Armeni , console onorario d’Armenia in Italia, a Ulianova Radice e Anna Maria Samuelli. A Sarajevo è stata fondata Gariwosa, la sezione di Gariwo per la Bosnia-Erzegovina (Gardens of the Righteous Worldwide Sarajevo), presieduta da Svetlana Broz. L’intento di Gariwo, la foresta dei Giusti, è di accrescere e approfondire la conoscenza e l’interesse sui Giusti.

 

I Giardini e la Giornata europea dei Giusti

Il 10 maggio 2012 il Parlamento Europeo ha approvato con 388 firme la proposta di Gariwo di istituire il 6 marzo una Giornata europea dedicata ai Giusti per tutti i genocidi. Il concetto di Giusto, nato dall’elaborazione del memoriale di Yad Vashem per ricordare i non ebrei che sono andati in soccorso degli ebrei, diventa così patrimonio di tutta l’umanità. Il termine “Giusto” non è più circoscritto alla Shoah ma diventa un punto di riferimento per ricordare quanti in tutti i genocidi e totalitarismi si sono prodigati per difendere la dignità umana.

Nel 2003, dopo l’istituzione di un Giardino dei Giusti in alcuni luoghi-simbolo, come Yerevan, in Armenia, e la proposta per Sarajevo, Gariwo ha coinvolto il Comune di Milano nella creazione di un Giardino dei Giusti che ricordasse coloro che si sono opposti ai genocidi in ogni parte della terra e che ancora oggi si oppongono ai crimini contro l’umanità ovunque siano perpetrati. È nato così, il 24 gennaio, il primo Giardino dei Giusti di tutto il mondo al Monte Stella e nel novembre 2008 si è costituita l’associazione per la gestione del giardino, composta da Gariwo insieme al Comune di Milano e all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Nel frattempo sono sorti giardini e altri spazi dedicati ai Giusti in ogni parte d’Italia, come a Genova, Palermo, Padova, Torino, Linguaglossa, Levico Terme.

Con il progetto Wefor (Web European Forest of the Righteous) finanziato dalla Comunità Europea sono stati creati i Giardini virtuali dei Giusti d’Europa, interattivi, inseriti nel sito come sezione didattica a questo link it.gariwo.net/wefor.




Convenzione tra Comune di Cremona e l’Associazione che riunisce le scuole paritarie

Sottoscritta nella mattinata di venerdì 3 marzo la convenzione tra il Comune di Cremona e l’Associazione A.D.A.S.M. – F.I.S.M. Scuole Materne Paritarie (Associazione delle Scuole per l’Infanzia a gestione autonoma). Per il Comune era presente la vicesindaco con delega all’Istruzione, Maura Ruggeri, per l’A.D.A.S.M. – F.I.S.M. Scuole Materne Paritarie il presidente Sergio Canevari.

L’Associazione A.D.A.S.M. – F.I.S.M. Scuole Materne Paritarie è l’ente gestore delle scuole per l’infanzia “S. Abbondio”, “Maria Immacolata”, “Figlie del Sacro Cuore di Gesu’”, “S. Angelo” e “Sacra Famiglia”, che svolgono una pubblica funzione di carattere educativo e sociale senza scopo di lucro.

La convenzione, che prevede un contributo da parte del Comune di 200mila euro, è finanziata con stanziamenti del Piano annuale comunale dei servizi in materia di diritto allo studio per l’anno scolastico 2016/2017.

Tra gli obiettivi che l’Amministrazione Comunale si prefigge, quello dell’abbattimento delle rette applicate nelle scuole per l’infanzia a gestione privata assume carattere fondamentale per perseguire la parità dei costi tra gli utenti del Comune di Cremona che frequentano le scuole per l’infanzia pubbliche e le scuole per l’infanzia private cittadine. In modo da permettere una maggiore e sempre più qualificata offerta di servizi alle famiglie utenti delle scuole a gestione privata, nel contributo è prevista una quota da destinare alle strutture che accoglieranno soggetti certificati disabili, secondo criteri che saranno stabiliti dall’Associazione Provinciale “Asili e Scuole Materne” A.D.A.S.M. – F.I.S.M.

Comune da una parte e A.D.A.S.M. – F.I.S.M. Scuole Materne Paritarie dall’altra, in vista del migliore impiego dei fondi messi a disposizione sulla base della convenzione siglata, si impegnano infine ad individuare, anche con la consulenza di esperti in discipline pedagogiche, innovazioni educative e didattiche che consentano una ininterrotta esperienza educativa, in stretto collegamento tra i vari ordini di scuola e tra scuola, strutture parascolastiche e società.

“Con la sottoscrizione di tale atto – dichiara la Vice Sindaco Maura Ruggeri – l’Amministrazione comunale intende proseguire il rapporto esistente con l’Associazione A.D.A.S.M. – F.I.S.M. Scuole Materne Paritarie così da garantire gli interventi previsti dalla forte domanda di accesso alla scuola dell’infanzia dovuta alla diffusa scolarizzazione dei bambini nella nostra città, elemento fortemente positivo per lo sviluppo sociale e culturale della comunità cremonese”.