Adeguamento liturgico della Cattedrale, sarà una «gara d’amore» (VIDEO e FOTO)

Nella serata di giovedì 18 giugno in Duomo il convegno promosso in vista del ripensamento dell'area presbiterale: altare, ambone e cattedrale del vescovo
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“Spazi per celebrare: adeguamento liturgico della Cattedrale”: questo il titolo del documentato convegno svoltosi nella serata di giovedì 18 giugno nella Cattedrale di Cremona e trasmesso in diretta sui canali web della Diocesi. Una serata che ha fatto il punto sulla prossima sfida che attende la comunità cremonese: la rielaborazione dell’area presbiterale del plurisecolare tempio e che porterà a una definitiva sistemazione dell’altare, dell’ambone e della cattedra del Vescovo, da anni affidati a strutture mobili divenute sempre più inadeguate. Da qui la preziosa opportunità offerta dal bando pubblicato nel 2018 dalla Conferenza episcopale italiana e alla quale la Diocesi cremonese ha partecipato con entusiasmo e speranza.

Dopo il saluto di Gabriele Barucca, della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova, il convegno è iniziato con un breve filmato, tratto dal documentario “Gli affreschi della Navata Maggiore” con il professor Antonio Paolucci, cui è seguita la relazione di don Andrea Foglia, esperto di storia della chiesa locale e già responsabile dell’Archivio storico diocesano. A lui il compito di riassumere la corposa cronologia della Cattedrale. «Non è certo facile compiere una opera di ricostruzione storica – ha premesso il sacerdote –. Un primo dato certo ha tuttavia una forte valenza simbolica: la Cattedrale attuale insiste sull’area che tra la fine del quarto e gli inizi del quinto secolo era occupata dal cosiddetto gruppo episcopale, un complesso articolato in due edifici paralleli: uno più grande, dedicato a santa Maria e utilizzato per le celebrazioni festive con il popolo, e uno più piccolo, dedicato a Santo Stefano e utilizzato probabilmente dal vescovo per l’officiatura feriale. Al centro, verso est, sorgeva il Battistero». «Quando a partire dal 1107 fu costruita l’attuale Cattedrale – ha significativamente evidenziato don Foglia – il presbiterio fu realizzato in corrispondenza con antico battistero: l’area dove era iniziata la prima irradiazione cristiana in città, insomma, è venuta a trovarsi nel cuore del nuovo edificio, in stretto rapporto con i nuovi spazi delle celebrazioni liturgiche».

«Perché adeguare?», si è interrogato don Daniele Piazzi, responsabile dell’ufficio liturgico diocesano, nelle prime battute del suo intervento, anch’esso introdotto da un filmato. «La motivazione che sta alla base del cambiamento è molto profonda: la riflessione ecclesiale degli ultimi due secoli ha infatti maturato pensieri antichi che si erano persi ma non annullati. Occorre ritornare alla radice stessa del popolo di Dio, all’assemblea, mai uguale a se stessa nel tempo, ma sempre uguale nelle convocazioni domenicali». «Il primo spazio che abitiamo è il nostro corpo messo vicino a quello degli altri e accorgiamo in questi momenti di distanziamento sociale quanto ci manchi fare spazio insieme – ha proseguito –. La nostra radice è il Battesimo e occorre che quello che la Teologia ha riscoperto diventi la spiritualità di tutti: il momento più grande di un amore più grande che ci mette insieme è quando veniamo lavati, partecipiamo a un pasto comune». «Per questo gli spazi dell’Eucarestia non possono essere gli spazi del solo prete: occorre che questo sacerdozio battesimale quasi esploda anche nelle dimensioni degli spazi che abita – ha concluso don Piazzi –. Queste mura hanno segnato la presenza cristiana nella storia della nostra città e della nostra diocesi: quando qui ci riuniamo con il nostro Vescovo, nella molteplicità dei servizi, ci ritagliamo questo spazio e costruiamo questa comunità».

Tra gli interventi anche il collegamento video con don Valerio Pennasso, direttore nazionale per i Beni culturali ed artistici, e l’edilizia e culto. «A gennaio dello scorso anno – ha ricordato il sacerdote – diverse diocesi italiane si sono imbarcate in questa avventura che non è una questione solamente legata all’adeguamento architettonico o semplice riqualificazione di ambienti, ma va a toccare i momenti importanti della vita della comunità ecclesiale, un bene particolarmente importante per la nostra vita di Fede». «Riappropriarsi del significato delle azioni e dei gesti per entrare in Cattedrale è indispensabile per far in modo che la Cattedrale esca e si raccordi con la città e con tutte le sue espressioni culturali – ha proseguito –. Oggi non possiamo essere vicini tra di noi per il distanziamento sociale imposto dall’emergenza sanitaria e questo fa apprezzare di più la necessità che le nostre chiese diventino casa nostra». «Quando ci ritroveremo come prima nelle nostre chiese, – ha concluso – tornare ad essere vicini ci farà gustare come è bello essere popolo di Dio».
L’evento, articolato in più momenti, è stato aperto

Ha quindi preso la parola don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali ecclesiastici, anche ha voluto affidare a una curiosità storica l’esordio del suo intervento. «Non è sempre stato facile formulare bandi affidare lavori e appaltare opere: lo sapevano bene i canonici quando, nel 1483, dovettero difendere un artista dalla denuncia presentata da antagonisti che sollevavano dubbi sulla legittimità dell’affidamento dell’incarico». Si aprì così una lunga polemica, che si risolse più tardi in modo positivo – con la conferma della scelta dei canonici – ma che mise alla luce rivalità e divisioni, invidie e incomprensioni che solo la magnificenza di quanto realizzato è riuscita a far superare. «Sulla scorta del passato dobbiamo fare tesoro della bellezza, – ha precisato don Gianluca – conservarne la memoria, valorizzare e cercare di far vivere la nostra Cattedrale scrigno di opere d’arte, ma ancora oggi cuore della vita liturgica cittadina e diocesana».

Don Gaiardi ha poi fatto il punto su questioni di più squisito carattere tecnico: la Diocesi cremonese ha partecipato al bando che la Cei ha promosso nel dicembre del 2018, ricevendo l’interesse di ben 63 diocesi italiane. Solo quindici diocesi – tra cui Cremona – sono tuttavia passate alla seconda fase del complesso iter burocratico, presentando la manifestazione di interesse e un preliminare studio di fattibilità. Nel maggio del 2019 la proposta cremonese è stata dichiarata ammissibile, assieme a quella di altre cinque diocesi e da lì è partito un percorso di approfondimento sempre più intenso. «Ad oggi stiamo lavorando per i punti fondamentali della fattibilità – ha proseguito don Gaiardi –. Il coinvolgimento della comunità è necessario perché il cammino possa essere il più sinodale possibile». È stimato in circa un anno il tempo per la realizzazione di tutte le tappe dell’iter amministrativo: la Cei si è impegnata a contribuire con una somma di 300mila euro, pari al 75 per cento del costo del progetto. «Le esperienze vissute mostrano come adeguare architettonicamente una Cattedrale significa toccare la carne viva della Chiesa e accedere al cuore della sua vita – ha concluso –. È molto più che adeguamento di uno spazio celebrativo, significa eseguire una operazione di spessore culturale ed artistico per poterci accostare al Corpo e al Sangue di Cristo».

«Se qualcuno pensasse che è colpa del vescovo venuto da lontano questa ennesima voglia di cambiamento, si sappia che da tempo queste strutture sono in attesa di verifica e trasformazione in qualcosa di definitivo», ha tenuto scherzosamente a precisare il vescovo Antonio Napolioni nel suo indirizzo di saluto che ha chiuso il convegno. «Gli scalini dell’ambone e della cattedra realizzati in compensato e polistirolo sono scricchiolanti e testimoniano l’urgenza di compiutezza». Una situazione provvisoria che non può proseguire a lungo e che si trasforma in «una gara d’amore per la Cattedrale». «Lo dico da figlio di questa Cattedrale – ha proseguito il vescovo – che per me è grembo materno e dove il 30 gennaio 2016 ho ricevuto ordinazione episcopale». «Il mio compito – ha concluso – sarà di accompagnare le fasi di questo processo ma anche di vigilare perché questa “mamma” non venga sfigurata, in continuità con la straordinaria bellezza che ci è stata consegnata e che deve oggi attestare l’amore dei suoi figli del ventunesimo secolo».

 

Photogallery della serata

 

 

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