1

Come tessere di un Mosaico. Un nuovo trimestrale per raccontare la Chiesa cremonese

 

È in distribuzione in tutte le 95 parrocchie e unità pastorali della Diocesi di Cremona la prima edizione de Il Mosaico, il nuovo trimestrale diocesano che con questo anno pastorale, su tutto il territorio, accompagnerà l’uscita dei bollettini parrocchiali o comunque potrà essere messo a disposizione di tutti nelle chiese.

Presentato nella sua nuova veste nella mattinata di venerdì 8 settembre in una conferenza stampa in Curia, con gli interventi del vescovo Antonio Napolioni e del direttore responsabile don Federico Celini, Il Mosaico raccoglie e prosegue la trentennale tradizione (e il nome) del periodico della Pastorale giovanile diocesana, ponendosi oggi come strumento di comunicazione e comunione per tutte le comunità della Chiesa cremonese. «Mi fa piacere – ha detto il Vescovo – ereditare il nome del periodico della Federazione oratori cremonesi, perché questa dimensione giovanile dovrà essere ancora caratterizzante, nell’ottica di quella alleanza tra generazioni che il Papa chiede di coltivare».

Una continuità sottolineata anche da Mattia Cabrini, collaboratore della Federazione oratori cremonesi, che per molti anni si è occupato della redazione del giornale: «È con una certa emozione che lo vedo evolvere. Quando le cose crescono è sempre un bene. Il Mosaico oggi diventa grande, ma sono certo che non smetterà di stare sui tavolini dei bar negli oratori».

Con questo rinnovamento, curato dall’Ufficio Comunicazioni sociali con lo staff di TRC-TeleRadio Cremona Cittanova, editrice della pubblicazione, rappresentati rispettivamente dal direttore Riccardo Mancabelli e dal coordinatore redazionale Filippo Gilardi, la Diocesi di Cremona propone un nuovo strumento di comunicazione che integra un sistema informativo che, secondo i principi della multimedialità e della crossmedialità, utilizza supporti e canali diversi per essere accessibile a diverse fasce di popolazione, dal web ai social, dalle produzioni televisive di approfondimento alle dirette delle celebrazioni e degli eventi diocesani, dal mensile digitale Riflessi Magazine alla collaborazione con il quotidiano Avvenire con l’inserto Cremona7 in edicola ogni domenica.

 

UNA COMUNICAZIONE INTEGRATA, ISTITUZIONALE E DI PROSSIMITÀ

Il Mosaico si propone come strumento diocesano di approfondimento e di collegamento pastorale, come inteso dal vescovo Antonio Napolioni. L’obiettivo è quello di generare una forma originale di comunicazione che integra la voce istituzionale della Diocesi con l’informazione di prossimità che ancora oggi è rappresentata dalla vasta e capillare distribuzione dei bollettini che ogni parrocchia produce per la propria comunità.

Una rete territoriale preziosa, costituita dalle parrocchie e dalle unità pastorali su una zona geografica che si estende ben oltre i confini della provincia di Cremona (comprende infatti anche parti di quelle di Mantova, Bergamo e Milano) e in cui risiedono oltre 360mila abitanti. Un territorio geograficamente complesso, disomogeneo per tessuto sociale, conformazione geografica, tradizioni e organismi amministrativi, che è tuttavia sempre percorso dai fili delle comunità cristiane. I bollettini parrocchiali, grazie all’impegno dei parroci e di gruppi di volontari che si dedicano con impegno alla stesura degli articoli, alla composizione delle pagine e alla distribuzione, ancora nella gran parte dei casi porta a porta, dà voce a questa grande rete di comunità.

È monsignor Napolioni a indicare il tratto essenziale del progetto: «La parola chiave – ha detto – è integrazione. Per noi la comunicazione è a servizio della comunione, non della divisione. La chiave di lettura di questa iniziativa è far si che la comunicazione crei rete, legami, semini speranza. Si è voluto creare un sistema integrato da un punto di vista delle tecnologie ma anche tra gli ambiti di vita ecclesiale».

L’esempio portato dal Vescovo fa osservare il parallelismo con l’ormai solida collaborazione con Avvenire: «Come la nostra Diocesi partecipa alla comunicazione regionale e nazionale grazie all’inserto domenicale Cremona7, così con Il Mosaico ci facciamo presenti come Diocesi nelle parrocchie. Sono come cerniere delle porte che si spalancano e permettono di far sentire l’esperienza di un popolo, di far circolare la Buona Notizia attraverso le buone notizie».

Uno strumento – lo ha presentato il direttore responsabile de Il Mosaico don Federico Celini – «di approfondimento e di collegamento pastorale attraverso cui la voce istituzionale della Diocesi, che si unisce all’informazione di prossimità che ancora oggi è rappresentata dalla vasta e capillare distribuzione dei bollettini che ogni parrocchia produce per la propria comunità»

 

 

LA STRUTTURA E I CONTENUTI

Quattro uscite all’anno (settembre, Natale, Pasqua e giugno) di 24 pagine che saranno distribuite sul territorio, con una tiratura che varia dalle 60 alle 100 mila copie. La prima edizione, con un approfondimento dedicato proprio ai temi della comunicazione, un’ampia intervista al cardinale Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, per una riflessione sul rapporto tra Chiesa e società in questo delicato periodo storico, e molti altri contenuti, è in distribuzione nelle parrocchie in queste settimane.

«Si tratta di uno strumento che – come ha evidenziato don Celini – intende unire fruibilità e qualità informativa, offrendo occasioni di riflessione sia su tematiche di interesse generale, lette e interpretate con un taglio tipicamente cristiano, sia di approfondimento di temi e questioni più di carattere pastorale e strettamente legati alla vita della Chiesa locale».

 

UN SERVIZIO PER I BOLLETTINI PARROCCHIALI

Con Il Mosaico si uniscono ai bollettini pagine di respiro diocesano e di approfondimento. L’integrazione tra strutture diocesane e Parrocchie si realizza anche tramite un supporto tecnico che l’Ufficio Comunicazioni sociali e TRC offrono alle Parrocchie. Si tratta di un servizio di impaginazione che consente a parroci e redazioni parrocchiali di utilizzare modelli di pagine concepiti e messi a disposizione dallo studio grafico di TRC. Un aiuto concreto per realizzare in pochi clic un’edizione del bollettino secondo standard grafici professionali, senza tuttavia rinunciare all’identità, in alcuni casi storica, delle Testate locali. Che insieme a tutte le altre continua a rappresentare un patrimonio prezioso di legami e impegno per tutte le comunità.




Scuola animatori, un centinaio di adolescenti dalle diverse parti della diocesi per la proposta Focr

Guarda la fotogallery completa

 

Sono stati un centinaio i ragazzi tra i 15 e i 20 anni che da lunedì 4 a mercoledì 6 settembre hanno partecipato alla scuola animatori «Giochiamoci i talenti» promossa dalla Federazione oratori cremonesi a Cesenatico, presso il Soggiorno cremonese Sant’Omobono. Una tre giorni aperta lunedì mattina prima della partenza da Cremona con la Messa presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e proseguita approfondendo i vari temi che ruotano attorno all’animazione in oratorio.

Nel pomeriggio di lunedì e nella mattinata di mercoledì due i moduli formativi più teorici: a tema l’attenzione alle diverse fasce d’età, i linguaggi utili per veicolare i messaggi e le peculiarità dell’animazione tipica dell’oratorio.

Martedì, invece, le attività sono state organizzate con un impianto più dinamico e i partecipanti hanno potuto scegliere un laboratorio tra quelli dedicati alla danza, all’organizzazione dei giochi e al teatro.

Non sono mancati i bagni al mare e i giochi serali, organizzati dallo staff della Federazione oratori, guidato da don Francesco Fontana.

«Nelle esperienze che ho avuto l’opportunità di vivere in questo primo anno con la Federazione oratori – ha raccontato Diego, 24 anni, al primo anno di esperienza come collaboratore della pastorale giovanile diocesana – sono rimasto colpito dalla ricchezza dei ragazzi che ho incontrato: ricchezza di talenti, capacità, esperienze di servizio. Di fronte a loro mi sono sentito molto piccolo, quasi non all’altezza. Questo però mi ha fatto riconoscere l’amore che il Signore ha anche per me: nonostante le mie limitate esperienze e fragilità, mi ha dato e mi dà l’opportunità di dire tanti piccoli sì, mettendomi al servizio così come sono, perché incamminato dietro a Lui. E così è tanto quello che ho ricevuto e di cui sono grato».

L’entusiasmo di queste giornate si è percepito anche dalle parole di alcuni degli adolescenti che hanno partecipato alla scuola animatori di Cesenatico.

«Giochiamoci i talenti 2023 – ha sottolineato Alma, 16 anni, di Viadana – è stata la mia seconda scuola animatori, dopo essermi iscritta l’anno scorso per seguire la mia sorella maggiore. Con questi giorni di formazione mi riporto a casa nuovi giochi, un nuovo modo di relazionarmi in pubblico, intrattenendo senza annoiare».

Marco di Inzago, 17 anni, alla sua prima esperienza, si è detto «arricchito da molte informazioni non scontate sull’animazione e sulla gestione di bambini e ragazzi di varia età, ma, soprattutto, da tante nuove conoscenze».

Sono state le relazioni costruite a rendere ulteriormente speciale questa esperienza, come ha sottolineato Fabio, 20 anni, della parrocchia di Sant’Ambrogio a Cremona: «È stata la prima volta per me alla scuola animatori. Ho pensato potesse essere un’opportunità diversa dal solito non solo per acquisire nuove competenze, ma anche per viverle insieme ad altri e conoscere persone nuove. Mi porto a casa molti bei ricordi!». E rispetto al tema della vita comunitaria ha affermato: «È è stato bello ritrovarsi a condividere momenti quotidiani con persone della mia parrocchia ed è stato facile instaurare nuove amicizie con ragazzi di altre comunità».

La scuola animatori non ha segnato la fine della stagione estiva, quanto piuttosto l’inizio del nuovo anno oratoriano, durante il quale questi giovani potranno sperimentare tutto quello che hanno imparato con l’entusiasmo tipico della loro età.

 

A Cesenatico in corso la scuola per animatori d’oratorio




I giorni cremonesi dei giovani di Salvador de Bahia: una esperienza di significato anche per le famiglie che li hanno ospitati

Che saudade! è l’espressione che accompagna e accomuna i ricordi dei ragazzi brasiliani della parrocchia di Salvador de Bahia e delle famiglie cremonesi che li hanno ospitati a Cremona quest’estate: una settimana a fine luglio per conoscere la realtà diocesana, Cremona e un po’ di Italia, prima di partecipare alla Giornata mondiale della gioventù a Lisbona con i coetanei di tutto il mondo. È stata una settimana ricca e densa di occasioni, incontri e scoperte sia per i giovani brasiliani che per le famiglie che li hanno accolti.

«Siamo stati molto contenti di questa esperienza: non è la prima volta che accogliamo qualcuno in casa nostra e ogni volta è proprio unica», sono le parole della famiglia Bacchi. «Abbiamo colto nei loro racconti quanto impegno e quanta attesa c’è stata per arrivare qui, e quanta dignità nel prepararsi e presentarsi come due giovani ragazze e basta, e non come provenienti da una favela. Questo aspetto ci ha molto colpito in senso positivo. Per la nostra famiglia è stata una settimana impegnativa, ma ne avevamo bisogno: aprirsi a loro ci ha aiutati ad essere meno concentrati sui nostri problemi, a vincere i piccoli timori che ci sono quando si conoscono persone nuove che entrano nelle nostre vite, a capire che possiamo trovare Gesù anche in queste esperienze. Porteremo le due giovani brasiliane nel cuore. Le ricorderemo nelle nostre preghiere, perché possano proseguire nel loro cammino di fede e possano mettere a frutto i talenti che Dio ha donato a ciascuna e perché si realizzi il progetto di Vita che Dio ha pensato per loro».

I circa venti ragazzi brasiliani, sempre accompagnati dal parroco don Davide Ferretti, il cremonese “fidei donum” a Salvador de Bahia, e da don Umberto Zanaboni, incaricato della Pastorale missionaria della Diocesi di Cremona, hanno potuto visitare Roma e Milano e partecipare all’incontro dei cremonesi in partenza per Lisbona organizzato dalla Federazione oratori cremonesi. Durante la giornata milanese, accompagnati dal vescovo Antonio Napolioni, hanno incontrato l’arcivescovo Mario Delpini e nel ritorno si sono fermati a visitare il Santuario di Caravaggio.

Il tempo in famiglia non è stato molto, ma questo non ha impedito che si creasse da subito un legame bello e coinvolgente, capace di superare piccoli timori e titubanze.

«Come faremo a capirci? Era la grande domanda che riempiva i nostri pensieri … Avevamo il timore della lingua, soprattutto per i primi momenti, ma questo non si è rilevato un problema: un po’ a gesti, a forza di ripetere, di tentare, arrivavamo a capirci. Pensavamo a cosa fare per poter offrire loro un periodo sereno senza il pensiero della loro difficile realtà, invece sono stati loro a riempire la nostra casa di entusiasmo e di gioia. Siamo rimasti meravigliati e coinvolti con un senso di forte ammirazione». Questa la testimonianza della famiglia Cavagnini, che prosegue: «È inutile dire che, con gli ultimi abbracci e gli ultimi saluti, gli occhi lucidi e il nodo alla gola ci sono stati anche da parte dei più “duri” della famiglia. Immenso è il dono che ci ha fatto Dio di incontrarli sulla nostra strada, un segno grande di speranza, di quanto la Chiesa missionaria possa fare, di quanto la volontà dei giovani di costruire un mondo migliore e il loro affidarsi a Dio, siano determinanti, al di là del contesto in cui vivono. Si sono intrecciate relazioni e sentimenti con naturalezza e reciprocità, è stata una sensazione molto strana e difficile da spiegare, ma fin dal nostro primo incontro è stato come se ci conoscessimo da tempo, come rivedere qualcuno della nostra famiglia che era rimasto lontano. È stata un’esperienza che ha scritto cose belle nella nostra famiglia. Noi abbiamo donato accoglienza e abbiamo ricevuto tanto di più: qualcosa di molto più grande e prezioso!».

È stata quindi un’esperienza non solo di semplice accoglienza, ma di una Chiesa dal respiro più ampio di ciò che si è abituati a vivere, che supera i confini e fa vivere la mondialità.

«Entrambi i ragazzi che abbiamo ospitato – sottolinea la famiglia Gerevini – sono riusciti a costruire un legame con ogni persona della nostra famiglia, valorizzando i nostri e i loro punti di forza. L’esperienza che abbiamo vissuto è stata per noi unica, ricca di momenti indimenticabili e di fortissime emozioni. In una sola settimana siamo riusciti a legare moltissimo con i ragazzi che in poco tempo sono diventati parte della famiglia. Durante questa settimana abbiamo trovato il nostro modo di comunicare e di capirci, anche con un solo sguardo. È stato emozionante vedere l’evoluzione del nostro legame, nato dal nulla, quasi per caso, diventato una vera e propria amicizia. Come dimenticare le partite di calcio, le chiamate all’una di notte ai parenti in Brasile, le parole in portoghese e i balli senza tregua…. sicuramente insieme alle lacrime, ci siamo lasciati con il sorriso, felicissimi dell’esperienza che abbiamo condiviso, dei momenti che ricorderemo per sempre e dell’amicizia che porteremo nel cuore anche se in due parti opposte del mondo».




A Cesenatico in corso la scuola per animatori d’oratorio

«La scrittura ci dice che l’abisso chiama l’abisso (Sal 41,8) e ci invita a immergerci nel profondo del nostro cuore per scoprire l’immensità dell’amore di Dio». Così il vescovo Antonio Napolioni si è rivolto ai giovani in partenza per la scuola animatori “Giochiamoci i talenti”, durante la Messa presieduta lunedì 4 settembre a Cremona, nella chiesa di San Francesco d’Assisi, prima della partenza per Cesenatico: «Vi auguro di partire con Gesù e immergervi con lui, guardare il mondo come lo guarda lui e sentirvi parte del creato come figli di Dio amati e benedetti per sempre». Con questo augurio i circa cento adolescenti sono partiti di buon mattino diretti al Soggiorno Cremonese Sant’Omobono di Cesenatico per vivere tre giorni di intensa formazione.

Lunedì pomeriggio, alle 15, dopo l’arrivo in struttura, è stato dato l’avvio del primo modulo di formazione articolato su tre diversi momenti. Andrea Cariani si è occupato delle diverse attenzioni che gli animatori devono riservare alle varie fasce di età dei bambini e dei ragazzi che hanno davanti e dell’importanza di costruire attività ad hoc per ogni target. Il gruppo guidato da Mattia Cabrini, invece, si è concentrato sulle caratteristiche tipiche dell’animazione in oratorio. Tre sono state le parole chiave: il gruppo, come strumento fondamentale che va costruito e curato; il coinvolgimento, perché l’animazione in oratorio mira a far vivere delle esperienze; i diversi tipi di linguaggi (musica, teatro, tecnologie…), utili per trasmettere dei contenuti e dei messaggi. Il terzo e ultimo gruppo è stato invece guidato da don Francesco Fontana, responsabile della Federazione oratori cremonesi, che ha portato gli adolescenti a ragionare sulla motivazione che spinge a fare servizio in oratorio e perché questa è diversa dall’intrattenimento tipico dei villaggi vacanze. I giovani hanno hanno potuto comprendere che, nonostante le loro realtà siano molto diverse, sono tutte accumunate dallo stesso stile educativo. L’animatore di oratorio, infatti, è colui che mette anima e corpo e che in quello che fa emula Gesù. La motivazione di chi sceglie questo tipo di servizio parte da una chiamata: dalla vocazione all’animazione che allena alla risposta alla vera vocazione, che è quella di dare la vita per i fratelli.

Prima della cena non poteva mancare un momento ricreativo in spiaggia, tempo prezioso per creare quel senso di comunità e amicizia che nasce solo durante questo tipo di esperienze. Terminata la cena i ragazzi sono stati impegnati in giochi in squadre.

Nelle giornate di martedì e mercoledì la scuola animatori prevede altre occasioni formative durante le quali i ragazzi, divisi nei vari gruppi, approfondiranno quello che hanno appreso durante il primo pomeriggio. I momenti più teorici saranno alternati ad attività di tipo laboratoriale.

Per seguire le attività della Scuola animatori 2023 si possono seguire le pagine social della Diocesi di Cremona (@diocesidicremona) e della Focr (@federazione_oratori_cremonesi).




Tempo del Creato, zona 1 in preghiera sulle rive dell’Adda alla base scout di Cassano

Qui la fotogallery completa

Il cielo con i colori tipici del tramonto, il rumore del fiume Adda che scorre, la bellezza della natura, qualche leprotto che salta nell’erba e gli uccelli che cantano: questo è stato lo scenario in cui si è svolto l’incontro di preghiera svolto nella base scout “La Colonia” di Cassano d’Adda venerdì 1 settembre, all’ora del tramonto, in occasione del Tempo del creato 2023. Diversi rappresentanti dei gruppi scout della zona pastorale 1 e persone provenienti da varie parrocchie si sono trovati per una serata scandita dalla condivisione di canti, Salmi, letture e riflessioni. Don Vittore Bariselli, parroco di Cassano, ha salutato i presenti ricordando che «gli occhi ci aiutano a contemplare il Creato e che mettere al centro della nostra vita Dio ci aiuterà a guardare con occhi nuovi gli altri e il mondo che ci circonda».

Dopo la lettura di alcuni brani biblici, il vicario zonale mons. Giansante Fusar Imperatore, parroco di Caravaggio, ha guidato la riflessione su un brano del Vangelo di Giovanni (Gv 7, 37-39): 

Nell’ultimo giorno, il gran giorno della festa, Gesù, stando in piedi, esclamò: “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. Disse questo dello Spirito che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui, poiché lo Spirito non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato.

«Nell’autunno il popolo ebraico per sette giorni celebrava la festa delle capanne per ricordare gli anni passati nel deserto – ha spiegato mons. Fusar Imperatore –. Il popolo dormiva in alcune capanne e nel tempio veniva svolta una cerimonia di benedizione dell’acqua. Questa durante l’ultimo giorno veniva versata fuori dalle mura per simboleggiare che la Parola di Dio è per tutti».

L’acqua della quale Gesù parla, però, è il dono dello Spirito che noi dobbiamo custodire. Ha continuato infatti così mons. Fusar Imperatore: «È fondamentale custodire la sete, che non è mancanza, ma desiderio di un’acqua che è dono di Dio. La difesa del creato non è fatta solo di azioni, ma anche dalla consapevolezza di farne parte. Il Signore ci ama come parte di esso e questo fa scaturire in noi il desiderio di custodire gli altri e il mondo stesso».

E ha quindi concluso: «Non è l’idolatria che porta a un ecologismo estremo che vuole lo sterminio degli esseri umani, ma la cura della casa in cui tutti abitano: Dio ha fatto il mondo perché sia condiviso e la logica è quella di custodire la sete dell’amore che ci rende tutti fratelli e custodi della casa che Lui ci ha donato».

Durante la preghiera, per vivere concretamente l’esperienza della condivisione, si è consumata insieme la cena in cerchio e si è conclusa la celebrazione con una preghiera di intercessione, il Padre Nostro, lo scambio della pace e la benedizione.

L’iniziativa di Cassano d’Adda si inserisce nel fitto calendario di eventi  organizzati per questo mese dedicato alla cura del creato dal titolo Che scorrano la giustizia e la pace e che ha come simbolo proprio il fluire del fiume possente, luogo dove – come ha detto papa Francesco nel messaggio dedicato a questo tempo – lo Spirito Santo può aleggiare per guidarci a «rinnovare la faccia della terra».

Per la zona uno il prossimo appuntamento sarà venerdì 15 settembre alle ore 20.45 presso l’auditorium S. Bernardino di Caravaggio per la proiezione del film “La lettera”, ispirato alla Laudato sì alla quale seguirà un dibattito.

“Che scorrano la giustizia e la pace”: tutti gli eventi in diocesi per il Tempo del Creato




Si è concluso il pellegrinaggio diocesano in Turchia con il vescovo, un viaggio tra le meraviglie plasmate dalla fede

 

Guarda qui la fotogallery completa

Si è concluso nel tardo pomeriggio di giovedì 31 agosto il pellegrinaggio diocesano in Turchia con il vescovo Antonio Napolioni, con il gruppo cremonese che ha fatto rientro in Italia in serata. Un viaggio sulle orme di san Paolo, alla scoperta delle prime comunità cristiane, che ha preso il via il 25 agosto e ha visto la partecipazione di quasi 80 pellegrini cremonesi.

Dopo i primi giorni dedicati alla visita a Istanbul e alla parte europea della Turchia, l’itinerario si è spostato oltre lo stretto dei Dardanelli. Il 28 agosto il pellegrinaggio si è concentrato sulla città di Efeso, fulcro dei viaggi paolini, e Pamukkale, la vecchia Gerapoli. In queste località i pellegrini hanno potuto visitare alcuni rilevanti monumenti della cultura cristiana, come la Casa di Maria Vergine e la Tomba dell’apostolo Filippo.

Il quinto giorno, il gruppo cremonese si è quindi spostato a Konya, città presso la quale è stata celebrata la Messa nell’unica chiesa cristiana presente, tenuta aperta e attiva da Mariagrazia Zambon, missionaria consacrata della Diocesi di Milano, in Turchia da ventidue anni. «La mia presenza qui, la mia missione, si concretizza in tre elementi, che si possono racchiudere nella “spiritualità della porta aperta” – ha raccontato la missionaria –: una porta aperta per i pochi cristiani che ci sono, una porta aperta agli immigrati, ai profughi, ai rifugiati, con cui cerchiamo di vivere la Parola di Dio; una porta aperta ai numerosi pellegrini che giungono fino a qui; una porta aperta per tutti quelli che cristiani non sono, che hanno comunque la possibilità di visitare l’unica chiesa attiva e la possibilità di dialogare con noi».

Dall’Anatolia Centrale alla Cappadocia, dove i pellegrini hanno potuto visitare, durante il sesto giorno, le chiese rupestri, luoghi che in antichità fungevano da rifugio per le prime comunità cristiane. Lì la celebrazione dell’Eucarestia nella memoria dei padri Cappadoci, durante la quale il vescovo ha colto l’occasione di festeggiare e benedire una coppia di coniugi nel cinquantesimo anniversario delle nozze.

Oltre alle chiese rupestri, la visita a una piccola parte della città sotterranea, anch’essa utilizzata come rifugio, seppur costruita in epoca ancor più antica rispetto alla nascita del Cristianesimo. Anche in Cappadocia i pellegrini hanno avuto la possibilità di effettuare visite turistiche e suggestive escursioni, quali “il cammino delle fate” e le classiche uscite in mongolfiera.

L’ultimo giorno è stato completamente dedicato alla visita della città di Kayseri, che i fedeli cremonesi hanno raggiunto dopo la Messa mattutina in albergo e dalla quale hanno poi preso il volo verso l’Italia.

«L’esperienza del pellegrinaggio è sempre positiva, a maggior ragione quando tiene un clima di fraternità e in un luogo ricco di stimoli come la Turchia in questo caso – ha voluto sottolineare il vescovo Napolioni –. Abbiamo goduto di tante opportunità culturali, ma soprattutto dei segni della fede, quelli che provengono dal passato, ma anche da quelle piccole ma significative presenze che tengono vivo oggi il dialogo tra gente di ogni religione e cultura in una terra così ricca di passato, di presente e di futuro». Ha quindi concluso: «Ci ha molto colpito la testimonianza di Mariagrazia, testimone di una fraternità che ci ha parlato, ci ha commosso, ci spinge a essere altrettanto grati testimoni della fede nelle nostre comunità. Ringraziamo il Signore di questo dono e cerchiamo di metterlo a frutto nel pellegrinaggio ecclesiale ed esistenziale di tutti noi».

 

Tra Istanbul e Smirne, iniziato il viaggio tra le meraviglie della Turchia per i pellegrini cremonesi




A Castelfranco d’Oglio la processione sul fiume con la statua di san Bartolomeo

 

Ha preso il via domenica 27 agosto in Diocesi il ciclo di eventi per il Tempo del Creato 2023, costruito quest’anno sul tema “Che scorrano la giustizia e la pace” . A inaugurare le iniziative che nelle prossime settimane si svolgeranno su tutto il territorio diocesano, è stata la zona pastorale 4, con la Messa, seguita dalla processione verso il fiume, nella chiesa di Castelfranco d’Oglio (Piadena Drizzona), in occasione della festa patronale di San Bartolomeo.

La Messa è stata celebrata da don Andrea Bani, sacerdote novello che lo scorso anno ha prestato il proprio servizio diaconale proprio nell’unità pastorale di Piadena. A concelebrare, il parroco di Piadena, Drizzona e Vho, don Antonio Pezzetti, e don Francesco Fontana, presidente della Federazione oratori cremonesi e incaricato diocesano per la Pastorale giovanile. Al termine della celebrazione, lo spostamento in corteo verso l’adiacente fiume Oglio. Un corteo caratterizzato dal “cammino” della statua di san Bartolomeo, trasportata da quattro volontari, e animato dal complesso bandistico “BandOglio”, chiamato così perché formato da membri abitanti dei paesi rivieraschi del fiume.

Giunti sulle sponde del fiume, la statua del patrono ha iniziato la sua processione in barca, al termine della quale il celebrante ha impartito la benedizione alle acque che bagnano Castelfranco.

«La processione è metafora della vita cristiana – ha sottolineato don Andrea Bani durante l’omelia, pronunciata al termine della celebrazione –. Perché la vita cristiana è un cammino. Non per rincorrere il Signore, ma per seguirlo».

Una processione che da anni caratterizza la festa patronale a Castelfranco. Una celebrazione notevolmente popolata, resa possibile dall’impegno dei volontari, dalla devozione dei fedeli e dalla supervisione della Protezione civile, dei Vigili del fuoco e della Polizia locale.




A Caravaggio l’ultimo saluto a don Giuseppe Bressani, uomo e sacerdote di bontà e gratitudine

 

Nella mattina di lunedì 21 agosto, la chiesa parrocchiale di Caravaggio era gremita di persone, giunte da molte parrocchie del territorio e dalla cittadina svizzera di Aarau per accogliere il feretro di don Giuseppe Bressani e celebrare le sue esequie.

Don Giuseppe, sacerdote cremonese dal 1976, è stato vicario presso le parrocchie di Fontanella, Mozzanica e di S. Maria Assunta e S. Giacomo apostolo presso Soncino. Dal 1993 è stato missionario al servizio degli emigrati italiani nella Svizzera tedesca, ad Aarau e dal 2022, rientrato in Italia, svolgeva il compito di collaboratore parrocchiale proprio nella parrocchia di S. Fermo e Rustico in Caravaggio. È deceduto all’hospice di Calcinate la mattina di venerdì 18 agosto.

Ha presieduto la celebrazione il vescovo Antonio e hanno concelebrato il vescovo emerito di Cremona Dante Lafranconi e una trentina di sacerdoti accorsi da tutta la diocesi; tra loro anche don Francesco Migliorati, impegnato come missionario per la pastorale per i migranti italiani in svizzera a Coira.

Il vescovo Napolioni ha iniziato la Messa ringraziando i presenti, soprattutto chi nella notte ha viaggiato diverse ore: «Don Giuseppe non ci ha rovinato le ferie, ma ha voluto stringere a sé tutti noi e stringerci nel corpo di Cristo» sottolineando anche che il sorriso, la gioia e la gratitudine erano la cifra stilistica di don Bressani.

Ed è l’affidamento totale al disegno di Dio che il vescovo ha voluto riprendere nell’omelia, durante la quale ha messo a confronto il giovane ricco descritto nel vangelo di Matteo (MT19, 16-22) con il sacerdote caravaggino.

«I credenti pongono le grandi domande della vita a Gesù, che amplia i nostri orizzonti e il dialogo tra il giovane descritto nel Vangelo e Gesù, può illuminare anche la morte del nostro caro don Giuseppe». Il vescovo Antonio ha sottolineato come Cristo fa passare da una logica di dover fare per guadagnarsi il Paradiso alla logica dell’entrare nella vita. «E don Giuseppe è entrato molte volte nella vita, con delicatezza. Imparando a bussare e ad aspettare.». La delicatezza e la bontà sono state due caratteristiche importanti del missionario, che è entrato in contatto con la bontà di Dio e ha potuto riversarla nel mondo.

«Oggi – ha concluso la sua omelia il vescovo Napolioni – don Giuseppe compie l’ingresso definitivo nella vita nella sua pienezza. Il Vangelo si conclude con il giovane che si allontana triste. Ma noi dobbiamo augurarci di non morire infelici. Certo, c’è il dolore di lasciare i propri cari, ma questo è ricompensato dalla gioia della comunione con i santi e dall’incontro autentico col Padre. Bisogna distinguere la ricchezza che allontana il giovane, dalla ricchezza autentica: si è ricchi di affetto, di legami, di servizio. Don Giuseppe ha investito tanto in tutto questo e il bilancio che ne trae è un bilancio di gioia, di pace e di bontà che si ricongiunge alla sua Sorgente».

Al termine delle esequie la salma è stata accompagnata al cimitero di Caravaggio per la sepoltura.


Profilo biografico di don Giuseppe Bressani

Nato a Caravaggio il 14 novembre 1952, don Giuseppe Bressani è stato ordinato sacerdote il 26 giugno 1976. Ha iniziato il proprio ministero come vicario di Fontanella e, sempre come vicario parrocchiale, era stato successivamente a Mozzanica (1983-1990) e Soncino nella parrocchia S. Maria Assunta e S. Giacomo apostolo (1990-1993).

Nel 1993 ha lasciato l’Italia per raggiungere la Svizzera, dove per quasi trent’anni è stato missionario al servizio degli emigrati italiani nella Svizzera tedesca, ad Aarau, cittadina di 15mila abitanti, capitale del Cantone Argovia. Negli anni di ministero in Svizzera don Bressani ha intessuto una buona collaborazione con le parrocchie locali, così come con gli altri missionari presenti nel cantone d’Argovia. L’impegno pastorale negli anni è stato a non ridurre la pastorale ai soli sacramenti, uno forzo supportato dai vari gruppi: quello dei giovani, dei piccolissimi, la corale, quello missionario, ministranti, lettori, ministri straordinari della Eucarestia e un gruppo della terza età. Insomma una comunità vivace capace di realizzare tante attività. Nel giugno 2019 il vescovo Antonio Napolioni aveva fatto visita ai due sacerdoti diocesani missionari in Svizzera: don Bressani e don Francesco Migliorati [leggi qui].

Rientrato in Italia alla fine del 2022, don Giuseppe Bressani era collaboratore parrocchiale nella parrocchia Ss. Fermo e Rustico di Caravaggio.




A Brancere la comunità in preghiera con Maria, regina del Po

Guarda la photogallery completa della giornata

 

Un pomeriggio all’insegna della fede, della preghiera e della devozione mariana quello che si è celebrato nel pomeriggio di martedì 15 agosto, solennità dell’Assunta, lungo le rive del Grande Fiume.

Come da tradizione la statua della Madonna di Brancere, partendo dalla Canottieri Flora, è stata portata sul fiume Po dai “pescatori scalzi” e accompagnata sulla barca da cui don Pietro Samarini, moderatore dell’Unita pastorale “Madre di Speranza” e vicario zonale della città di Cremona, ha benedetto le società sportive seguendo la corrente del fiume.

Quindi, il corteo di barche a remi e gommoni ha accompagnato la statua della Madonna fino alla località Sales, dove fedeli e sacerdoti stavano aspettando l’arrivo della processione fluviale.

Dopo un omaggio floreale in memoria delle vittime delle inondazioni, la statua è stata portata a riva dai “pescatori scalzi” e di lì trasportata in processione accompagnata dai rematori e dai gonfaloni dei Comuni della zona.

La liturgia eucaristica è stata celebrata sotto l’ombra degli alberi che circondano la santella mariana opera di Graziano Bertoldi inaugurata per il Giubileo del 2000.

Don Antonio Pezzetti, parroco di Piadena e vicario della zona pastorale IV, ha presieduto la Messa. A concelebrare don Pierluigi Vei, parroco di Stagno Lombardo e Brancere, don Alberto Mangili, parroco del Bosco ex Parmigiano, don Roberto Musa, parroco di San Daniele Po, e don Pietro Samarini, vicario zonale della zona pastorale III e parente da parte di una nonna di don Aldo Grechi, ideatore di questa tradizione agostana la cui memoria rimane sempre viva insieme a quella del vescovo Maurizio Galli, fortemente legato a questa celebrazione. La liturghia è stata animata col canto dal maestro don Graziano Ghisolfi e dalla soprano Annalisa Losacco.

 

Guarda la photogallery completa della giornata

 

Nell’omelia don Antonio Pezzetti ha voluto ricordare come «Maria, che è stata la Madre di Dio e la sua capacità è di essere obbediente alla volontà del Padre, ha fatto sì che il Signore le  abbia donato non solo di nascere Immacolata, ma anche di vivere alla fine della sua vita l’Assunzione in cielo, di non conoscere la corruzione del sepolcro». «Il privilegio di Maria – ha quindi proseguito il vicario zonale – non resta però caso isolato, perché ciò che noi celebriamo di Maria è anticipo di quello che avverrà anche a noi: non solo Maria è in Cielo anima e corpo, ma anche per noi sarà questo futuro».

Nell’omelia un accenno anche alla Giornata mondiale della gioventù da poco conclusa a Lisbona: «Viviamo questa devozione, riconoscendo in Maria il modello della nostra vita di fede: il Vangelo di oggi, quello della Visitazione, è stato scelto dal Papa per la Gmg terminata pochi giorni fa. Proprio con questo Vangelo il Papa ha invitato i giovani, come tutti noi, a portare la gioia di essere cristiani alle altre persone». E ha continuato: «Chiediamo a Maria di essere testimoni nelle nostre vite di questa presenza, di questa fede dentro di noi; non dobbiamo avere paura di vivere questa storia, ma guardiamo al futuro con speranza, perché Dio ha vinto il male e noi siamo dei salvati. Viviamo in un mondo segnato da tante difficoltà, ma quando non ci sono state difficoltà? Ci sono problemi grandi, i cambiamenti climatici, il problema della pace, dell’immigrazione: temi grandi che tante volte sembrano non avere soluzioni e noi siamo preoccupati giustamente dalle nostre difficoltà, ma Maria deve aiutarci a guardare al futuro in modo diverso».

Prima di concludere l’invito del parroco di Piadena ad allargare lo sguardo: «Se affrontiamo i nostri problemi guardando anche chi ci è vicino, attenti a ciò che accade intorno a noi, alle nostre comunità, forse anche i nostri problemi e la nostra quotidianità possono essere diversi». Poi l’auspicio e l’invito ai fedeli presenti: «Chiediamo quindi a Maria la forza della fede per essere sempre attenti, anche al mondo femminile: chiediamo a lei, donna di fede, madre di Cristo e madre nostra di aiutarci a vivere il nostro presente e di accompagnarci e sostenerci verso il nostro futuro».

Al termine della celebrazione i ringraziamenti da parte del parroco don Pierluigi Vei e del sindaco di Stagno Lombardo, Roberto Mariani, rivolti agli esponenti del mondo religioso e civile che hanno contribuito all’organizzazione della manifestazione.

Presenti alla celebrazione molte autorità civili cremonesi e dei comuni rivieraschi con i gonfaloni e l’attenta presenza della Protezione civile e dei corpi delle Forze dell’ordine che hanno garantito il regolare svolgimento della celebrazione.




Con lo sguardo al cielo azzurro di Maria: il Vescovo alla chiusura del Giubileo della Fontana a Casalmaggiore

È stata una celebrazione eucaristica molto partecipata quella che si è svolta nella mattinata di martedì 15 agosto presso il Santuario della Madonna della Fontana di Casalmaggiore, in occasione della solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.

Il vescovo Antonio Napolioni, che ha presieduto Messa delle 10.30, è stato accolto dal rettore del Santuario, padre Francesco Serra, che ha introdotto la celebrazione ricordando la ricorrenza dei sessant’anni dall’Incoronazione dell’immagine della Beata Vergine avvenuta proprio il 15 agosto del 1963 per mano del vescovo Danio Bolognini, e aggiungendo che con questo anniversario si è concluso il Giubileo aperto lo scorso 25 marzo in occasione della festa patronale, nella solennità dell’Annunciazione del Signore. 

Data l’eccezionalità della giornata, sono giunti a Casalmaggiore il provinciale dei Frati Minori Cappuccini, padre Angelo Borghino, padre Dieudonné Oued e padre Andrea Cassinelli, che hanno concelebrato la Messa insieme ai frati cappuccini del Santuario: padre Claudio Bobbio, padre Maurizio Fiorini, padre Gianfranco Gatti e padre Domenico Tonani. 

«Sono felice di essere alla casa di mamma. Maria. Infatti il Signore ce l’ha regalata come mamma. La vita del mondo è dentro l’abbraccio di Maria. La festa dell’Assunta ci indica il destino di gloria di tutto l’universo. Siamo nel travaglio del parto. Ma lei ci nutre, ci sostiene, ci dona la Parola, che è il Figlio. E ci dona gli uni agli altri», ha esordito  il vescovo invitando poi l’assemblea numerosa a una riflessione attorno al ruolo di Maria, a partire dal racconto dell’esperienza emozionante e commovente avuta durante la Giornata mondiale della gioventù, da cui è appena rientrato con una delegazione di cremonesi. 

«Maria è stata madre di ciò che abbiamo vissuto e che anche oggi può succedere a ciascuno di noi perché – ha proseguito – se siamo venuti qui è per dissetarci a questa sorgente e per alimentare le ragioni della speranza». E ha aggiunto: «Una speranza c’è, è possibile, ha un nome. E quel nome è Cristo, che Maria ha donato al mondo». 

Alla base della riflessione del vescovo l’incontro tra Maria ed Elisabetta narrato dal Vangelo del giorno. E ancor di più c’è la motivazione che ha spinto Maria a partire “in fretta” per dare aiuto alla cugina. Per rispondere alla sua vocazione personale.

Così il vescovo ha esortato il popolo di Dio presente in assemblea a fare altrettanto: «C’è bisogno che ci alziamo tutti e diciamo sì alla chiamata di Dio. Ma verso dove? Per quale motivo?». 

Non servono grandi opere, o grandi numeri (il riferimento è al milione e mezzo di persone presenti a Lisbona per la Gmg). Quel che fa la differenza è la capacità di commuoversi ancora di fronte alla vita e di trovare la forza di alzarsi e andare incontro a Gesù. 

Allo stesso modo i sessant’anni anni dall’Incoronazione della Vergine non avrebbero senso se fossero letti solo in un’ottica temporale. Ma assumono il loro vero significato se compresi per quello che realmente sono: sessant’anni di preghiere, di richieste e di risposte, di chiamate di Maria dall’azzurro del cielo, in riferimento alla struttura che a Lisbona ha accolto la rappresentazione in arte della Via Crucis, arricchita da danza, teatralità, colori. 

In questo modo «il calvario diventa un anticipo di paradiso, azzurro come il cielo da cui Maria ci parla e proclama il suo Magnificat», che tutti noi possiamo cantare accogliendo Gesù che viene. Perché la vita, che pure è peccato, merita sempre di essere cantata. 

«Non aspettiamo grandi segni dal cielo – ha quindi concluso il Vescovo – perché Gesù è già venuto e ci aspetta alla destra del Padre con sua madre Maria, che è nostra consolazione e nostra speranza». 

La celebrazione si è conclusa con la benedizione impartita di fronte alla copia dell’immagine della Beata Vergine con il Bambino, posta di fronte all’altare maggiore per permettere a tutta l’assemblea di assistervi in preghiera.

In serata la consueta processione cittadina con l’effige di Maria in partenza dalla chiesa di San Francesco alle 21 e con arrivo proprio al Santuario della Madonna della Fontana.