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Giornata del malato, l’11 febbraio Messa del Vescovo nella parrocchiale di Piadena

Ricorre l’11 febbraio, nella memoria della prima delle apparizioni della Madonna a Lourdes, la 32ª Giornata mondiale del malato, incentrata sul tema – tratto dal messaggio di Papa Francesco per la Giornata – “Non è bene che l’uomo sia solo”. Curare il malato curando le relazioni. In questo contesto in Diocesi il vescovo Antonio Napolioni presiederà l’Eucaristia alle 11 nella chiesa parrocchiale di Piadena.

Alla celebrazione, oltre alla comunità parrocchiale parteciperà dame e barellieri l’Unitalsi cremonesi accompagnando alcuni malati. Ma anche dalla case e dei luoghi di ricovero si potrà partecipare all’evento unendosi in comunione alla Messa grazie alla diretta tv su Cremona1 (canale 19) e i canali web e social della Diocesi di Cremona.

Un’occasione di preghiera, ma anche l’opportunità di vivere, in maniera comunitaria, l’abbraccio di una diocesi intera alla persone più fragili. Una vicinanza che concretizza l’invito del Santo Padre affinché «con l’amore vicendevole, che Cristo Signore ci dona nella preghiera, specialmente nell’Eucaristia, curiamo le ferite della solitudine e dell’isolamento». «Siamo venuti al mondo perché qualcuno ci ha accolti, siamo fatti per l’amore, siamo chiamati alla comunione e alla fraternità – ricorda il Pontefice nel messaggio –. Questa dimensione del nostro essere ci sostiene soprattutto nel tempo della malattia e della fragilità, ed è la prima terapia che tutti insieme dobbiamo adottare per guarire le malattie della società in cui viviamo».

La celebrazione diocesana è promossa attraverso l’Ufficio di Pastorale della salute e in sinergia con l’unità pastorale di Drizzona-Piadena-Vho. Tra i concelebranti ci saranno proprio il parroco don Antonio Pezzetti e l’incaricato diocesano per la Pastorale della salute don Maurizio Lucini.

Prima della celebrazione, il vescovo Napolioni visiterà residenti e operatori della Rsa “San Vincenzo” di Piadena Drizzona. La struttura, gestita dalla cooperativa sociale “Il Gabbiano”, offre un servizio rivolto ad anziani con diversi gradi di non autosufficienza e non più assistibili al proprio domicilio, assicurando prestazioni socio-assistenziali, sanitarie e alberghiere tese al soddisfacimento dei bisogni della persona, al mantenimento e al potenziamento delle capacità residue con un’attenzione particolare alla dimensione sociale e relazionale.

 

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Messaggio per la Quaresima, Papa Francesco: “L’umanità brancola nel buio delle diseguaglianze e dei conflitti”




Passione e fatiche dell’educatore sportivo, conclusa la prima fase del corso del Csi

È stata la serata di lunedì 5 febbraio a concludere la prima fase del corso base per educatori sportivi per i bambini dai 3 ai 10 anni, organizzata dal comitato cremonese del Centro sportivo italiano e proposta in tre appuntamenti presso il Centro pastorale diocesano. E proprio la sala Spinelli è stata gremita da gente di tutte le età per l’incontro dal tema La figura dell’educatore sportivo. Al centro dell’iniziativa gli interventi di don Alessio Albertini, sacerdote dell’Arcidiocesi di Milano e già assistente ecclesiastico nazionale del Csi, e Lina Stefanini, pedagogista e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

L’evento è stato introdotto e moderato da Davide Iacchetti, responsabile della sezione bambini e ragazzi del Csi di Cremona, che ha spiegato come lo sport non realizzi automaticamente l’educazione, ma perché ciò accada bisogna metterci un’intenzione. Ma chi ce la mette? Gli istruttori, gli allenatori, gli educatori. «Non si può essere istruttori senza essere educatori – ha sottolineato Iacchetti –, perché i bambini ci chiedono una relazione, attraverso la quale possiamo trasmettere loro qualcosa».

Da qui ha preso il via la relazione di don Alessio Albertini che, citando Rollie Massimino, coach per quasi vent’anni della squadra di basket della Villanova University, ha illustrato il ruolo e gli obiettivi dell’allenatore, ovvero «dare una disciplina, aiutare a vincere e far divertire».

«Il lavoro dell’educatore sportivo è faticoso, mi verrebbe da dire “ma chi te lo fa fare” – ha proseguito don Albertini, fratello dell’ex calciatore Demetrio Albertini –, ma tutti i mestieri che hanno a che fare con le persone hanno bisogno di qualcosa in più». Attraverso queste parole il sacerdote ha introdotto quelle che a suo modo di vedere sono le cinque fatiche dell’educatore sportivo. Un bravo educatore sportivo «è colui che non lascia solo, che non abbandona», è colui che si prende cura, che cura, in senso figurato, quel «”femore rotto”, che nel mondo animale significa “vita perduta”», è colui che rischia, anche in vista di risultati futuri, «come un imprenditori di sogni», è colui che dice sempre la verità, e «deve essere un “felicitatore”, un portatore sano di felicità». Ha dunque chiuso così il suo intervento, con un augurio ai giovani presenti in sala: «siate liberi e non smettete mai di sorridere».

Nella seconda parte della serata è intervenuta Lina Stefanini. La docente dell’Università Cattolica ha voluto tracciare un percorso basato sulla caratteristica fondamentale dell’educatore sportivo, che è, oltre alla competenza, la capacità di ascolto. «Saper ascoltare per poi riuscire a interessare e ad avere un dialogo – ha evidenziato la professoressa Stefanini a margine dell’incontro –. Un argomento che però attualmente non è particolarmente facile, perché ci siamo disabituati, anche con l’avvento dell’informatica, ad ascoltare con più piacevolezza chi interviene».

Si chiude dunque questa fase, cui farà seguito il rilascio di un attestato di partecipazione e il riconoscimento di tre crediti sportivi per allenatori, istruttori e dirigenti Csi. Per chi ha intenzione di ottenere la qualifica di istruttore, allenatore o educatore sportivo di 1° livello, saranno in programma, nei mesi primaverili, altri sei incontri teorico/pratici.




“Una vita da Oscar – Lettere a Dio”, una lettura animata alla veglia per la vita della zona pastorale 1

Alla vigilia della 46ª Giornata nazionale per la vita, la Zona pastorale 1, grazie alla collaborazione tra la Commissione di pastorale giovanile e la Commissione catechesi zonali, promuove per la serata di sabato 3 febbraio, alle 20.45, nell’auditorium del Centro di spiritualità del Santuario di Caravaggio una occasione di preghiera e riflessione, dal titolo “Una vita da Oscar – Lettere a Dio”.

Una veglia che assume la forma di una lettura animata, riprendendo liberamente le vicende di Oscar e la dama in rosa, romanzo breve scritto da Eric-Emmanuel Schmitt nel 2002. Il libro narra la storia di un bambino malato di leucemia, soprannominato ironicamente “Testa d’uovo” dagli amici per via della sua testa pelata, che si appresta a vivere i suoi ultimi giorni di vita in ospedale, raccontati attraverso alcune lettere scritte a Dio.

Due personaggi in scena e tre voci fuori campo, per la rappresentazione organizzata e rappresentata da giovani e adulti della zona. Un’occasione di preghiera e riflessione, trasmettendo il significato e il valore della vita, anche nei suoi ultimi istanti.

L’ingresso sarà libero e gratuito.

Locandina della veglia a Caravaggio

 

“Una chat per la vita”, la presentazione del libro del Movimento per la vita di Varese ha aperto gli eventi della 46ª Giornata della vita

Giornata per la Vita, a Cremona un programma ricco di iniziative

 




Cure palliative, per curare comunque chi è inguaribile

 

La moderna medicina palliativa è nata nel 1967 per mano di Cicely Saunders, infermiera, medico e assistente sociale inglese che si dedicò, anche attraverso la diffusione degli hospice, al sollievo dei malati senza speranza di guarigione. Nacque così il concetto moderno di “cura palliativa”, che divenne presto un movimento scientifico-culturale basato su un solido principio: la persona gravemente malata, seppur inguaribile, è però curabile. Una cura intesa come cura della persona nella sua interezza, del suo nucleo familiare e amicale, della complessità dei suoi bisogni in ottica multidimensionale.

E proprio il tema “Nella sofferenza una speranza: il malato inguaribile e le cure palliative” è stato il fulcro del convegno promosso nel pomeriggio di domenica 4 febbraio, in occasione della 46ª Giornata nazionale della vita, nella sala Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona. Relatore il professor Marco Maltoni, oncologo ed ematologo, direttore dell’unità cure palliative di Forlì e medico coordinatore della rete di cure palliative della Romagna. L’evento è stato moderato dal dottor Paolo Emiliani, presidente del Centro di aiuto alla vita di Cremona.

Ma in che modo l’hospice e le cure palliative possono rappresentare una speranza? La risposta del professor Maltoni è stata chiara: «L’hospice può essere identificato come un luogo di vita e speranza perché nella condizione reale di vita, che è una condizione di limite che un malato non si è scelto, può accadere qualcosa – ha spiegato –. Può accadere che dentro a delle relazioni ci sia come un richiamo a cercare il significato dell’istante presente, anche quando questo istante presente è scandaloso». «Può accadere l’annichilimento, la chiusura in se stessi – ha aggiunto –, ma può anche nascere un grido».

«La sfida di una persona malata, che quindi deve fare un percorso di accettazione di una condizione che lo porta a significativi condizionamenti, è quello di non vivere questa condizione da solo – ha specificato Maltoni a margine dell’evento –. Le cure palliative sono dunque nate come innesto sulla tradizione di cura secolare, come nuovo modo di guardare al paziente e alla sua famiglia, sapendo di avere a che fare con persone segnate non solo da un dolore fisico, ma da una sofferenza totale».

Non un abbandono ma una speranza. Un nuovo modo di pensare la medicina, un metodo “fatto insieme” perché «le cure palliative – conclude Maltoni – hanno come caratteristica il lavoro di équipe: è un gruppo che si prende cura di un altro gruppo, della persona malata e della sua famiglia».

 

L’intervento del prof. Maltoni

 

A chiudere gli eventi della 46ª Giornata nazionale per la vita domenica 4 febbraio, nel tardo pomeriggio, nella chiesa dell’Immacolata Concezione, nel quartiere Maristella di Cremona, è stato “Oy khodit son – Ninne nanne dal mondo”, concerto nel quale l’orchestra “Phantasia & Co” e il coro parrocchiale dell’Immacolata hanno eseguito brani “della buonanotte” di diverse culture e tradizioni.

La serie di eventi promossi in diocesi per la 46ª Giornata nazionale per la vita si chiuderà la sera di lunedì 5 febbraio con l’adorazione eucaristica per la vita che si terrà presso Cascina Moreni alle ore 21. La consueta iniziativa promossa tutti i primi lunedì del mese nella cappella della cascina, nel mese di febbraio avrà come particolare intenzione proprio il tema della vita. L’adorazione sarà presieduta da don Graziano Ghisolfi, consigliere spirituale della “Fraternità Famiglia Buona Novella”, la cui associazione ha sede proprio a Cascina Moreni.

 

 

 

 

Giornata della vita, al Maristella una serata di preghiera e testimonianze

“Una chat per la vita”, la presentazione del libro del Movimento per la vita di Varese ha aperto gli eventi della 46ª Giornata della vita

Chiesa di casa, la forza della vita ci sorprende

Giornata per la vita: “ogni vita ha immenso valore” e “stupefacente capacità di resilienza”




Giornata per la Vita, a Cremona un programma ricco di iniziative

Ricorre il 4 febbraio la 46ª Giornata nazionale per la vita, focalizzata quest’anno sul tema La forza della vita ci sorprende. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?” (Mc 8,36). Una giornata istituita dai vescovi italiani nel 1978 e che da allora si continua a celebrare in tutte le diocesi per la tutela della vita in ogni sua forma. In occasione della Giornata diverse iniziative sono promosse a Cremona, organizzate dalla Zona pastorale 3 in sinergia con l’Ufficio diocesano di Pastorale famigliare, il Movimento per la vita di Cremona, il Centro di aiuto alla vita e le associazioni Ora et labora in difesa della vita e Provita&famiglia. Occasioni di riflessione e preghiera rivolte non solo alle comunità della città di Cremona, ma all’intero territorio.

Il primo appuntamento è in programma nella mattinata di sabato 27 gennaio, alle 11, a SpazioComune (piazza Stradivari) dove interverranno Vittoria Criscuolo e Susanna Primavera, del Movimento per la VIta di Varese, presentando il loro libro Una chat per la vita: 50 storie di speranza. Una raccolta di storie vere, di donne e uomini che hanno scritto sulla chat del Movimento per la Vita di Varese per chiedere consigli e aiuto.

La settimana successiva, il 3 febbraio, la chiesa dell’Immacolta Concezione, nel quartiere Maristella di Cremona, ospiterà la veglia di preghiera alla vigilia della Giornata nazionale per la vita. Appuntamento alle ore 21. Ad aiutare la riflessione durante la serata saranno le testimonianze di don Maurizio Lucini, incaricato diocesano per la Pastorale della salute, e dei coniugi Silvia Gerevini e Cristiano Guarneri. Nella stessa serata un ulteriore appuntamento di preghiera e riflessione è in programma al Centro di spiritualità del Santuario di Caravaggio.

Doppio appuntamento, invece, domenica 4 febbraio. Alle 16, presso la sala Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona, il professor Marco Maltoni, medico coordinatore della rete di cure palliative della Romagna, affronterà il tema: “Nella sofferenza una speranza: il malato inguaribile e le cure palliative”.

Alle 18, inoltre, nella chiesa del Maristella, il coro parrocchiale dell’Immacolata Concezione intonerà le “Ninne Nanne dal mondo”, un concerto canoro caratterizzato dall’esecuzione di diversi brani “della buonanotte” provenienti da culture diverse.

La serie di eventi promossi in occasione della 46ª Giornata nazionale per la vita si chiuderà la sera di lunedì 5 febbraio, con l’adorazione eucaristica per la vita che si terrà presso Cascina Moreni alle ore 21. La consueto iniziativa promossa tutti i primi lunedì del mese nella cappella della cascina, nel mese di febbraio avrà come particolare intenzione proprio il tema della vita. L’adorazione sarà presieduta da don Graziano Ghisolfi, consigliere spirituale della “Fraternità Famiglia Buona Novella”, la cui associazione ha sede proprio a Cascina Moreni.

La locandina degli eventi per la vita a Cremona

 

Giornata per la vita: “ogni vita ha immenso valore” e “stupefacente capacità di resilienza”




Vita consacrata, una «vocazione che illumina il mondo»

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È iniziata con la benedizione delle candele, in fondo alla navata centrale della Cattedrale, la celebrazione che ha visto radunati a Cremona i religiosi e le religiose che prestano servizio in diocesi. L’occasione è stata la 28ª Giornata mondiale per la Vita consacrata, celebrata venerdì 2 febbraio, come consueto nella festa della Presentazione di Gesù al tempio. L’Eucaristia è stata presieduta dal vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, che ha portato il saluto del vescovo Antonio Napolioni, impegnato in Vaticano nell’ultimo giorno della Visita ad limina. Hanno concelebrato i religiosi camilliani, barnabiti e francescani, oltre ai canonici del Capitolo e alcuni altri sacerdoti diocesani, tra i quali il delegato episcopale per la Vita consacrata don Enrico Maggi.

«Il vecchio Simeone, ispirato certamente da Dio, proclama questo Bambino, che viene presentato al tempio, “luce per illuminare le genti e gloria del Tuo popolo Israele”». È presentando l’immagine di questa giornata che il vescovo emerito Dante Lafranconi ha iniziato l’omelia: «Mi sembra bello fermarci un istante – ha affermato– su questo modo con cui Simeone riconosce Gesù, che poi, nei suoi incontri con i discepoli, dirà: “voi siete la luce del mondo”». E allora è così per ogni uomo, per tutti i «credenti, che fanno proprie queste parole di Gesù, questo mandato – ha aggiunto Lafranconi –. Ci ispiriamo a Lui per dire che la nostra vita di battezzati è come il riflesso della luce, che è Gesù, e che, per mandato suo e in comunione con lui, diventiamo a nostra volta luce che illumina il mondo». «Questo è il bello della vocazione religiosa – ha evidenziato –, con la sua risposta a vivere con radicalità il Vangelo, dentro questi valori che formano un tutt’uno: verginità, obbedienza e povertà. Perché sono questi i tre valori che hanno caratterizzato la stessa vita del Figlio di Dio».

Da qui un forte appello alle donne e alle religiose del nostro tempo: «In un mondo in cui spesso la donna è oggettivizzata, in un momento in cui c’è una forte realtà che guarda alla donna così, la vostra vocazione significa che voi rappresentate una Parola vivente, una testimonianza concreta, che va controcorrente alla mentalità di oggi», ha sottolineato il vescovo emerito. Da qui l’interrogativo: «Che cosa c’è di più evangelico e di più importante che avere davanti agli occhi un modello che richiama la donna alla sua dignità?!». Ha quindi concluso: «Questo è ciò che dà senso, bellezza e pienezza alla vostra vocazione: la certezza che ovunque siate voi potete essere un segno, come era questo piccolo bambino che Simeone ha preso in mano».

La celebrazione si è conclusa con il rinnovo delle promesse e con i festeggiamenti per gli anniversari di professione: il 70° delle suore adoratrici Celina Maggi e Rosalia Comi; il 60° delle suore adoratrici Emilia Cattaneo, Carmela Gatti, Egidia Carrara, Giovanna Pomoni e Romilde Ravasio; il 25° delle suore della Beata Vergine Flora Matija e Rosa Gjoni.

 

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Giornata mondiale della vita consacrata, il 2 febbraio Messa in Cattedrale per “un abbraccio a Gesù”




A Cremona un pomeriggio tra giochi, preghiera e testimonianze con “La pace in testa”

La speranza di una pace possibil ha animato il pomeriggio di domenica 28 gennaio tra la piazza del Comune di Cremona, la Cattedrale e gli spazi del palazzo comunale. Una giornata – come suggerisce il titolo dell’evento – con “La pace in testa”, proposta in sinergia da numerose associazioni del territorio per i bambini, i ragazzi e gli adulti della diocesi.

«Abbiamo ripreso questa storica iniziativa perché ci sembrava importante approfondire, collaborando, il tema della pace», ha spiegato Emanuele Bellani, responsabile diocesano di Azione cattolica, organizzatrice dell’evento insieme al Csi di Cremona, alle Acli, agli Scout Cngei “Cremona 1”, agli Scout di Cristo Re, agli Scout adulti del Masci, a Pax Christi Cremona, alla Federazione oratori cremonesi e all’ufficio di Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Cremona. «È vero che per la pace, nei contesti di guerra, possiamo fare poco, perché sono lontani da noi, ma la pace deve partire da noi».

Una piazza, tra la Cattedrale e il Comune, popolata da bambini e ragazzi provenienti dalle diverse zone pastorali, che, per un’ora, si sono cimentati in diversi giochi e sport, organizzati supervisionati dal Csi: pallavolo, pallamano, “Sforza 4” (una variante a quattro squadre del tiro alla fune), hockey, giochi della tradizione e molti altri. Tante squadre impegnate, che hanno rappresentato idealmente tutte quelle nazioni che attualmente non vivono una situazione di pace, ma che la stanno cercando. Ad animare il pomeriggio in piazza Stefano Priori, in arte Beru. Presenti anche alcuni stand per i più piccoli, con palloncini e facepainting a tema. Al termine di questa iniziativa, tutti i presenti si sono spostati all’interno della Cattedrale, per un momento di riflessione e preghiera.

Dalle 17.30, invece, nella Sala Quadri del Palazzo Comunale, ha avuto luogo l’iniziativa “Azioni di pace” per gli adolescenti, giovani e adulti: testimonianze, racconti e azioni concrete di pace a livello nazionale e a livello locale. Sono intervenuti Emanuele Bottini e Veronica Porzionato, che hanno illustrato i progetti di Operazione Colomba, il corpo nonviolento di pace dell’associazione Papa Giovanni XXIII, Giovanni Fusar Poli, di Pax Christi, e gli studenti del liceo Vida di Cremona, accompagnati dalla professoressa Caterina Piva, a presentare la sezione Rondine, proposta socio-educativa, approvata dal Ministero dell’Istruzione, che si ispira al metodo di “Rondine Cittadella della pace”, situata in provincia di Arezzo. Questo momento è stato moderato da Marco Dasti, responsabile giovani dell’Azione Cattolica di Cremona, che ha introdotto gli interventi e «le storie di chi per la pace lavora tutti i giorni e in tanti modi».

«Operazione Colomba nasce nei primi anni ’90 da due comunitari della “Papa Giovanni XXIII”, che decidono di fare questa opera innovativa, portando un messaggio di pace nelle zone di conflitto – ha spiegato Emanuele Bottini a margine dell’evento –. Da allora sono passati trent’anni e Operazione Colomba è attiva in diversi paesi al mondo, in Europa, Sud America e Medio Oriente, e porta questo messaggio di pace basandosi su tre pilastri: la condivisione, l’equidistanza tra le parti e, soprattutto, la nonviolenza».

Dopo Bottini e Porzionato, che hanno approfondito le loro personali esperienze di volontariato in Grecia, nel mezzo dei flussi migratori dal Medio Oriente, e in Albania, ha preso la parola Giovanni Fusar Poli, consigliere nazionale di Pax Christi: «Voglio parlare ai giovani della responsabilità che ognuno di noi ha nella vita politica nel nostro paese e a livello mondiale, in una politica intesa come ricerca del bene comune – ha sottolineato –. Chi ci governa non viene dal cielo, ma è eletto da noi; quindi è nostro il diritto, ma anche il dovere, di informarci su quello che succede per poi fare scelte che siano secondo i valori della nostra coscienza». Ha poi aggiunto: «Il disarmo nucleare diventa ancora più urgente nei nostri giorni. Bisogna impegnarci perché si arrivi all’eliminazione di questi strumenti di morte, che non mettono in pericolo solamente la vita umana, ma la vita dell’intero pianeta».

Hanno chiuso il pomeriggio gli interventi degli studenti e delle studentesse del liceo Vida, e della loro insegnante, Caterina Piva. «La Cittadella è un luogo magico dove ci si occupa di pace, o meglio, di conflitto – ci ha spiegato la professoressa Piva –. Lì operano alcuni professionisti, che hanno iniziato la loro carriera come mediatori in zone di guerra e che da queste esperienze hanno dato vita ad altre esperienze simili e a un metodo per la risoluzione del conflitto». Ha dunque concluso: «Un conflitto che, quando degenera, diventa guerra, ma se non degenera è qualcosa di normale e appartiene a tutte le nostre vite e a tutti i nostri ambienti. Il metodo Rondine quindi noi lo applichiamo alla quotidianità della vita scolastica, affinché a scuola si venga volentieri e si stia bene, e, soprattutto, perché diventiamo cittadini consapevoli del proprio tempo».

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“Modelli ed esperienze a confronto”: il capitano grigiorosso Ciofani all’incontro formativo del Csi per educatori sportivi

Si è tenuto nella serata di lunedì 29 gennaio, nella sala Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona, il secondo appuntamento della “Tre sere formative”, promossa dal Centro sportivo italiano e destinata a tutti gli educatori sportivi per la formazione motoria dei bambini dai 3 ai 10 anni. Al centro dell’incontro la relazione di Mauro Bonali, docente del’Università Cattolica del Sacro Cuore, arricchita dalle testimonianze di Daniel Ciofani, capitano dell’U.S. Cremonese e dottore in Scienze motorie, e Fabio Tambani, presidente della Sansebasket. Tre ospiti, tre testimoni e – proprio come suggerisce il tema di questa tappa – tre “Modelli ed esperienze a confronto”.

La serata, moderata Davide Iacchetti, responsabile della commissione bambini e ragazzi del Csi di Cremona, si è aperta con il saluto e i ringraziamenti del presidente del comitato cremonese del Csi, Claudio Ardigò, che ha ricordato uno slogan conosciuto nel suo primo anno da presidente: “Gioca e cresci con noi”. «Ritengo che questo sia particolarmente significativo in questo percorso che faremo insieme – ha sottolineato –. Il Csi ha bisogno di tutti per valorizzare un movimento e una realtà dove lo sport sia davvero di tutti e per tutti».

Il professor Bonali ha spiegato come il tema dell’educazione si sviluppi attraverso cinque aspetti: quello emotivo – approfondito poi anche da Ciofani –, quello energetico e partecipativo, quello morale, quello cognitivo e quello cognitivo-motorio, definito come «non il più importante, ma quello che non si può fare a meno di considerare». «L’argomento è davvero interessante, perché riguarda l’ambito educativo, l’ambito del futuro, e abbiamo un bisogno enorme di maestri, di tecnici, di insegnanti, che sappiano essere, oltre che istruttori, anche educatori – ha sottolineato Bonali a margine dell’incontro –. Non è un semplice mestiere, ma molto di più, e auspichiamo che ci sia una competenza, ma soprattutto la passione e il desiderio di vedere i bambini crescere».

«Essendo capitano e papà di due bimbi, l’educazione motoria è un argomento che mi tocca in prima persona – ha spiegato Ciofani –. Noi dobbiamo essere l’esempio che i figli e i ragazzi devono seguire. Io so di essere un esempio da seguire per i giovani tifosi della Cremo, ma lo sono anche e soprattutto per i miei bimbi, perché i bambini fanno tutto quello che noi facciamo, non quello che diciamo». E ha concluso: «Le parole hanno un peso, ma è l’azione che poi va a determinare le azioni future dei bambini».

La serata si è quindi chiusa con l’intervento di Fabio Tambani, che ha illustrato la storia e il modello della Sansebasket, società sportiva nata a Cremona nella parrocchia di San Sebastiano e forgiata sui modelli educativi dell’oratorio, «mettendo al centro dell’attività la persona e coinvolgendo tutte le persone, soprattutto i giovani, sapendo che ognuno di loro ha un talento. Sta quindi a noi, dirigenti e allenatori, scoprire ed evidenziare questo talento».

Il corso proseguirà con la terza e ultima serata, che si svolgerà lunedì 5 febbraio alle 20.45, sul tema “La figura dell’educatore sportivo”. Ospiti don Alessio Albertini, già assistente ecclesiastico nazionale del Csi, e Lina Stefanini, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Al termine delle tre serate sarà rilasciato un attestato di partecipazione e saranno riconosciuti tre crediti sportivi per allenatori, istruttori e dirigenti Csi. Sarà quindi possibile, in modo facoltativo, proseguire ulteriormente il percorso con la fase pratica per chi volesse ottenere la qualifica di educatore sportivo di attività motoria per bambini 3-10 anni, qualifica riconosciuta CONI BI005.

 

Corso per educatori sportivi, rete e collaborazione al centro del primo incontro




Visita ad limina, mons. Napolioni e i vescovi lombardi a fine gennaio dal Papa

Da lunedì 29 gennaio a venerdì 2 febbraio il vescovo Antonio Napolioni, insieme agli altri presuli lombardi, sarà in Vaticano per la Visita ad limina. Un momento di condivisione tra la Chiesa universale e le Chiese particolari che presenteranno la propria situazione negli incontri che i vescovi delle Chiese di Lombardia, guidati dal metropolita mons. Mario Delpini, avranno nei diversi Dicasteri vaticani e incontrando Papa Francesco.

La Visita ad limina apostolorum, nata come pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, nei secoli si è consolidata come pellegrinaggio regolare dei vescovi di tutto il mondo sulla tomba di Pietro e come momento di confronto e condivisione con il Santo Padre.

«La Visita ad limina è – spiega mons. Massimo Calvi, vicario generale della Diocesi di Cremona – un’occasione di condivisione per le Diocesi di tutto il mondo che, in questa occasione, esprimono e rafforzano il loro senso di appartenenza alla Chiesa universale».

La Visita ad limina si vive solitamente ogni cinque anni, ma per le Chiese di Lombardia l’ultima risale al febbraio 2013. Nella settimana romana i vescovi lombardi incontreranno i 12 Dicasteri previsti dal protocollo, più tre a loro scelta: i vescovi che nella conferenza episcopale lombarda sono riferimento per l’ambito apriranno l’incontro con la “ponenza”, esponendo quanto riscontrato in questi anni rispetto a ogni settore, evidenziando le caratteristiche pastorali proprie della regione ecclesiastica lombarda, tra ricchezze, potenzialità e criticità. Il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, interverrà al Dicastero per i laici, la famiglia e la vita e alla Pontificia commissione per la tutela dei minori.

Punto di partenza sono le relazioni che tutte le Diocesi hanno compilato nelle scorse settimane e già presentato in Vaticano. «In occasione delle Visita ad limina le Diocesi sono invitate a predisporre un’ampia relazione sul loro stato di vita – precisa a questo riguardo mons. Calvi – cercando di illustrare ciò che esse hanno impostato, sotto i vari punti di vista, negli anni trascorsi dal precedente incontro con il Santo Padre. Naturalmente anche la Diocesi di Cremona ha preparato questa relazione, che cerca di descrivere ciò che è avvenuto, nel bene e nel male, in questo decennio». Una stesura avvenuta dopo un lungo processo cui hanno preso parte insieme al vescovo e ai suoi più stretti collaboratori, tutti i responsabili degli uffici di Curia sotto con il coordinamento proprio del vicario generale e del cancelliere don Paolo Carraro.

«Sicuramente la relazione presenta la vita della Diocesi in maniera articolata e complessa – racconta il vicario generale –. Mette in relazione le risorse umane e spirituali che la Chiesa locale vive, ma non nasconde le situazioni più problematiche». E aggiunge: «Si può dire che alcuni problemi che si affacciavano come iniziali, nel tempo hanno maturato un radicamento maggiore. Basta pensare alla decrescita della partecipazione alla vita liturgica. O a tutti i problemi che emergono nelle famiglie, che si trovano a procrastinare sempre di più il matrimonio, magari preferendo la convivenza. E un segnale di preoccupazione arriva anche rispetto alla denatalità, in crescita come il numero degli anziani, spesso soli. Anche la diminuzione del clero, pur se per il momento ancora contenuta, è un altro elemento di cui si evidenzia il fenomeno, che noteremo sempre di più in futuro».

Un decremento della popolazione di circa 10 mila abitanti, dai 370.564 del 2013 ai 360.328 del 2023, con un calo anche dei fedeli cattolici, passati da 326.096 a circa 300 mila (quasi mille bambini battezzati di differenza tra le due annate, 2.031 nel 2013 e 1.215 nel 2023). Come sottolineato dal vicario generale, il calo riguarda anche i presbiteri diocesani, che nel 2013 erano 328, mentre ora “solo” 269. Controtendenza rispetto a questi dati, invece, il numero dei seminaristi diocesani: in 7 frequentavano il Seminario vescovile di Cremona nel periodo dell’ultima Visita (su un totale di 15, compresi i seminaristi provenienti da altre diocesi), mentre attualmente sono 10.

Tuttavia, non mancano elementi positivi «che fanno ben sperare». «Penso alla crescita di consapevolezza del ruolo dei laici e della loro ministerialità, o all’impegno nel rinnovamento dell’iniziazione cristiana – sottolinea mons. Massimo Calvi –. La nostra Diocesi, inoltre, in questi anni è stata impegnata nel ripensamento della presenza sul territorio, con la revisione delle zone pastorale e la costituzione di unità pastorali, per aiutare le parrocchie a unire le forze e avere una presenza pastorale sempre più significativa». Segnali di vita cui si aggiungono i tanti segni di speranza, «come i giovani che intraprendono il cammino della vita presbiterale e consacrata con grande generosità, o che semplicemente vivono con impegno la vita dei nostri oratori e della nostra pastorale giovanile».

La Visita ad limina sarà certo l’occasione per un bilancio della vita delle Chiese locali, ma anche l’invito a non rinchiudersi nell’ambito diocesano senza respirare quel senso di appartenenza alla Chiesa universale che continua a camminare verso il futuro ispirata dallo Spirito Santo.

 

A Roma dopo 11 anni

Durante l’ultima Visita ad limina dei vescovi della Lombardia, avvenuta nel febbraio 2013, fu monsignor Dante Lafranconi, allora vescovo di Cremona, a presentare la situazione diocesana agli occhi di Papa Benedetto XVI. A guidare la delegazione dei vescovi lombardi a Roma l’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Nella sua breve relazione riguardante la Chiesa cremonese, il vescovo Lafranconi illustrò al Pontefice in particolare la visita pastorale effettuata, tra il 2005 e il 2011, in tutte le parrocchie della diocesi. Oltre a questo, furono messi in luce in particolare due significativi temi: l’impegno di evangelizzazione dei più «lontani» dalla Chiesa e il processo di rinnovamento dei percorsi dell’iniziazione cristiana nelle parrocchie. Papa Benedetto XVI, nel 2013, ribadì la necessità della Lombardia di riconoscersi sempre di più come «cuore credente dell’Europa». Una Chiesa, quella lombarda, che il Santo Padre aveva già definito «viva, ricca di dinamismo della fede e di spirito missionario» nella precedente Visita ad limina, quella del 2008. In quel caso, a guidare i vescovi della Lombardia, era stato il cardinale Dionigi Tettamanzi.




Corso per educatori sportivi, rete e collaborazione al centro del primo incontro

Agenzie educative in rete. Questo il tema della prima di tre tappe della prima fase del corso base per educatori sportivi di attività motoria per bambini dai 3 ai 10 anni, organizzato dalla sezione cremonese del Comitato sportivo italiano. Un’iniziativa che, come sottolineato dal presidente del Csi di Cremona, Claudio Ardigò, ha due finalità: «Quella di ipotecare il futuro, investendo su bambini e ragazzi di oggi, e quella di costruire una rete di interlocuzione con altre realtà».

L’evento, introdotto da Davide Iacchetti, responsabile della commissione bambini e ragazzi del Csi di Cremona, ha avuto luogo, nella serata di lunedì15 gennaio, nella gremita sala Spinelli del Centro pastorale diocesano di Cremona, popolata anche da un cospicuo numero di studenti delle scuole superiori, in particolare del liceo scientifico sportivo.

«Sono aumentate le attività e le scelte. È una cosa molto positiva, ma abbiamo evidenziato alcuni nodi problematici per cui abbiamo pensato a questa iniziativa – ha spiegato Iacchetti –. Si è persa un po’ la riflessione sul senso, sui valori, che lo sport deve rappresentare. E allora cominciamo con qualche consiglio generale per riaprire il dibattito sul valore culturale e sociale dello sport». 

Fulcro dell’incontro è stata la relazione di Giovanni Radi, consigliere del Panathlon Cremona, che ha esposto il progetto, già in atto da qualche anno in città, “Giocare gli sport per apprendere”, che mira a promuovere l’attività motoria nelle scuole primarie e dell’infanzia, attraverso l’inserimento e la collaborazione delle società sportive del territorio. «Il progetto è nato nel comitato Coni e poi progressivamente ha coinvolto sempre di più enti e attori del territorio – ha sottolineato Radi –. Attualmente riguarda circa un migliaio di bambini e bambini nella città di Cremona ed è un esempio di un progetto in rete che riguarda diversi riferimenti e diverse “agenzie educative”».

L’obiettivo dell’iniziativa – come specificato dal consigliere del Panathlon – è quello di favorire, attraverso il gioco, l’attività cognitiva degli alunni. Tutto ciò è reso possibile inserendo istruttori qualificati, provenienti da diverse società sportive, nelle ore curricolari di attività motoria e favorendo l’interazione e la collaborazione tra diversi enti e diverse figure educative.

La relazione di Giovanni Radi è stata quindi arricchita dagli interventi di Luca Zanacchi, assessore allo sport del Comune di Cremona, don Francesco Fontana, presidente della Federazione oratori cremonesi, ed Erminio Trevisi, presidente della società P. G. Frassati dell’oratorio di Pieve San Giacomo.

L’assessore Zanacchi ha spiegato come il Comune riesce a creare e sviluppare reti in ambito educativo e sportivo, concretizzati in alcuni esempi che lo hanno visto protagonista. «È il caso, per esempio, della Consulta dello sport – ha raccontato Zanacchi –, una rete di associazioni che sul territorio del comune di Cremona hanno contribuito alla riapertura della Medicina dello sport, che dopo la pandemia era stata chiusa».

«In oratorio si fa ancora tanto sport, anche se ha cambiato forma – ha invece evidenziato don Fontana –. Non è più, come in passato, uno sport organizzato da associazioni sportive dell’oratorio, è più con una forma libera. Ma ciò lo fa diventare una preziosa occasione educativa, perché torna ad essere un gioco e un’occasione per imparare la socialità e l’integrazione». Ha quindi concluso: «Ma lo sport non è tutto, c’è una dimensione ulteriore, come in tutte le cose, che è la dimensione spirituale della vita, dell’apertura a Dio e al prossimo».

L’ultima testimonianza è stata quella di Erminio Trevisi, che ha raccontato, attraverso la storia recente, la sua esperienza come membro di una società sportiva. «La società dell’oratorio di Piave San Giacomo è da sempre ispirata all’esempio di Pier Giorgio Frassati, un ragazzo solare, vivace, pieno di energia e praticante di tanti sport. Un ragazzo che è diventato santo per il suo modo di vivere – ha spiegato Trevisi –. La società sportiva è stata dunque fondata con la finalità di vivere appieno le relazioni, anche nella vita d’oratorio, spingendo sul coinvolgimento di tutti, ragazzi, giovani e adulti. Un altro modo per fare rete». Enti, associazioni o semplici singoli individui.

Il percorso di formazione proposto dal Csi agli educatori sportivi seguirà due ulteriori tappe.

Lunedì 29 gennaio, sempre alle 20.45, Mauro Bonali (docente dell’Università Cattolica), Fabio Tambani (presidente Sansebasket) e il capitano dell’U.S. Cremonese Daniel Ciofani interverranno nella serata dedicata al tema Modelli ed esperienze a confronto.

L’appuntamento conclusivo di questa prima fase del percorso prima fase avrà luogo il 5 febbraio, alle 20.45, e approfondirà La figura dell’educatore sportivo. Al centro dell’incontro gli interventi di don Alessio Albertini, già assistente ecclesiastico nazionale del Csi, e Lina Stefanini dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Al termine di questa prima fase sarà rilasciato un attestato di partecipazione e saranno garantiti tre crediti sportivi per allenatori, istruttori e dirigenti Csi.