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Messa in suffragio del Papa emerito, Napolioni: «Benedetto, uomo di Dio cui tante anime sono e saranno grate»

«Discepolo innamorato, cultore della verità, pastore delicato e libero». Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni ha tracciato il profilo del Papa emerito Benedetto XVI, salito alla casa del Padre la mattina del 31 gennaio scorso, all’età di 95 anni. L’occasione è stata la Messa in suffragio del Papa emerito presieduta dal Vescovo di Cremona in Cattedrale nel pomeriggio di martedì 3 gennaio. A concelebrare l’Eucaristia il vescovo emerito Dante Lafranconi e il cremonese dom Carmelo Scampa, vescovo emerito di São Luís de Montes Belos (in questi giorni in Italia) insieme ai canonici del Capitolo della Cattedrale e alcuni altri sacerdoti diocesani, tra i quali mons. Francesco Follo, che negli anni di pontificato di Benedetto XVI è stato osservatore permanente della Santa Sede all’Unesco, dopo essere stato per vent’anni in servizio presso la Segreteria di Stato in Vaticano.

«In questo giorno la Chiesa celebra anche una memoria facoltativa, che abbiamo lasciato in ombra per celebrare proprio la Messa di suffragio del defunto Benedetto XVI – ha ricordato monsignor Napolioni all’inizio dell’omelia –. La cito perché è bella e certamente a lui cara, la memoria del Santissimo nome di Gesù. Basta il nome, quel nome che negli Atti degli apostoli è la prima, unica e fondamentale potenza di cui dispongono i testimoni del Risorto». «E non c’è altro nome in cui ci sia salvezza. Questa è la coscienza originaria della Chiesa, questo è il primo mandato ricevuto dagli apostoli e consegnato ai loro successori».

E Napolioni ha proseguito: «Mi piace pensare al Papa, perché quando pronunciava il nome di Gesù faceva sentire la delicatezza di questo rapporto. Non dico alla maniera di Francesco d’Assisi, il quale, come dicono le fonti, tutte le volte che leggeva il Vangelo si leccava le labbra, per assaporare la dolcezza mistica di questo rapporto con il Salvatore. Benedetto l’ha fatto più alla maniera di san Benedetto, dal quale ha imparato a nulla anteporre all’amore di Dio in Cristo Gesù. Così lo ricordiamo: sì grande teologo, uomo di cultura, uomo di Chiesa, ma innanzitutto uomo di Dio, cui tante anime sono e saranno grate».

Commentando poi le letture del giorno, monsignor Napolioni ha evidenziato la familiarità di alcuni temi contenuti nel Vangelo e nella lettera di Giovanni con la vita di Papa Ratzinger: i temi della conoscenza e della non conoscenza. «Dobbiamo accettare anche noi di conoscere, ma mai totalmente. Siamo chiamati a usare tutte le energie della mente e del cuore in quel rapporto tra fede e ragione che il Papa ha insegnato dalla Cattedra di Pietro alle cattedre delle università, ma soprattutto per far crescere in noi la sete di conoscenza, che viene educata dalla rivelazione del Signore, che si fa conoscere liberamente, come vuole e quando vuole, talvolta anche nascondendosi, tanto che i mistici hanno provato anche la notte, la nube, della non conoscenza di Dio». «E noi tutti ci dobbiamo misurare con il dubbio – ha proseguito – che non impedisce la fede, ma la rende atto di libertà e d’amore».

In conclusione dell’omelia, il Vescovo ha voluto esprimere la sua critica a tutti coloro che creano competizioni inutili e prive di senso, perché «non abbiamo bisogno di un santo più grande degli altri quando – ha ricordato – abbiamo il Santo dei santi che, nella comunione di tutti i suoi figli, manifesta il suo guidare fedelmente la Chiesa nella storia». E ha proseguito: «Guai a noi dividerci tra tifosi di un papa o tifosi di un altro – ha detto –. La Chiesa non è un campionato di calcio, ma un popolo in cammino nel tempo, al quale il Signore non fa mancare la parola giusta al momento giusto. Purché noi ci mettiamo in ascolto». E, ricordando come tante volte il Papa emerito si rivolgesse ai fedeli con il termine “amici”, ha affermato: «Ringraziamo Benedetto perché ha saputo essere non lo sposo che occupa tutta la scena, ma come il Battista, l’amico dello Sposo».

 

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