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«Riconoscersi servi inutili», a Caravaggio la Prima Messa di don Claudio Mario Bressani

Foto gentilmente concesse dallo Studio fotografico Tadini Gianfranco

 

«Riconoscersi servi inutili». Così don Claudio Mario Bressani ha esordito domenica 11 giugno nel suo saluto alla comunità parrocchiale caravaggina riunita in mattinata nella chiesa dei Santi Fermo e Rustico per la Messa con processione del Corpus Domini. Messa che è stata anche la prima celebrata dal novello prete caravaggino, quarant’anni, ordinato nella serata del 10 giugno in Cattedrale dal vescovo Antonio Napolioni insieme ai compagni di Seminario don Andrea Bani, don Alex Malfasi e don Jacopo Mariotti.

«Riconoscersi servi inutili – ha detto il novello sacerdote – fa nascere il desiderio e il bisogno di dire dei grazie. Il primo è a Dio, perché dopo il dono della vita, e nonostante i miei limiti e le mie fragilità, ha avuto la pazienza di mostrarmi ogni giorno il suo volto di misericordia donandomi la forza di perseverare nei momenti di fatica». E ancora: «Ci ha messo parecchio a farmi comprendere e a farmi accettare la strada che aveva scelto per me».

 

Le parole di don Claudio Mario Bressani

 

Nella sua lunga serie di ringraziamenti don Claudio non ha tralasciato nessuno: i genitori («che non hanno mai mancato di sostenermi nelle scelte e nelle strade che ho percorso»), i nonni (definiti «maestri di una vita spesa nell’amore e nella dedizione reciproca»), il fratello Davide con Valeria e la nipotina Azzurra, il vescovo Antonio Napolioni che l’ha consacrato e gli altri vescovi presenti all’ordinazione, i tanti amici, i preti del seminario di Cremona e le comunità e i gruppi che ha servito in questi anni (dalla Bassa Bergamasca alla periferia di Cremona fino al Viadanese, ma anche l’équipe diocesana di pastorale vocazionale). Naturalmente senza dimenticare la sua comunità, quella di Caravaggio che si è stretta attorno al novello sacerdote a dieci anni di distanza dall’ultima ordinazione sacerdotale di un caravaggino, quella di don Michele Rocchetti.

L’omelia è stata affidata al parroco di Caravaggio, mons. Giansante Fusar Imperatore: «Siamo qui a pregare per te perché si avveri quello che il vescovo di ha detto esortandoti, mentre ti consegnava il pane e il vino ricevuto dal popolo di Dio: renditi conto di ciò che farai. In ciò che celebrerai conforma la tua vita al mistero della croce. La croce è quell’elemento che si staglia fra il cielo e la terra, è il servizio che come sacerdote sarai chiamato a svolgere laddove il vescovo ti manderà». «Quello stare fra il cielo e la terra – ha detto ancora il parroco di Caravaggio – che compone la sofferenza e la gioia del ministero sacerdotale. Questo stare fra cielo e terra che deve portarci continuamente a custodire la memoria del cielo».

 

L’omelia del parroco di Caravaggio

 

La Messa, animata dalle voci dei cantori della corale Don Domenico Vecchi, è iniziata alle 10.30. Erano presenti, fra gli altri, gli scout del gruppo di Caravaggio, i cresimati con tunica bianca, e la rappresentanza dell’Amministrazione comunale a nome della quale il sindaco Claudio Bolandrini ha donato a don Bressani un quadro raffigurante la chiesa parrocchiale.

La banda musicale di Caravaggio ha invece accompagnato l’arrivo in chiesa del giovane sacerdote e la processione con il Santissimo Sacramento per le via della città.

La prima destinazione di don Bressani è già nota: inizierà il suo ministero nel Mantovano, come vicario nell’unità pastorale “Maria Madre della Chiesa”, formata dalle parrocchie di Sabbioneta, Breda Cisoni, Ponteterra e Villa Pasquali.

 

Don Andrea, don Claudio, don Alex e don Jacopo: sacerdoti «del Corpus Domini» per la Chiesa cremonese




A Cassano d’Adda festa con il Vescovo per il 50° della chiesa di Cristo Risorto

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Sono passati cinquant’anni da quel 5 maggio del 1973, giorno della dedicazione della chiesa di Cristo Risorto, a Cassano d’Adda. Un traguardo, quello del mezzo secolo del luogo di culto situato nell’omonima via, che le parrocchie di Cassano d’Adda hanno ricordato nella serata di venerdì 5 maggio con una Messa solenne che il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto proprio in una Cristo Risorto gremita di fedeli per quest’occasione così speciale. Con lui hanno concelebrato il parroco don Vittore Bariselli e i sacerdoti dell’unità pastorale cassanese, insieme anche ai preti che a Cristo Risorto hanno prestato servizio. Molto partecipata la Messa, accompagnata nel canto dalla corale parrocchiale ed animata, quanto al servizio liturgico, dagli ex chierichetti.

A don Bariselli il compito del saluto iniziale al vescovo, ai sacerdoti e ai fedeli presenti, nel quale ha ricordato la figura don Carlo Valli: nel 1969 partì da lui, allora parroco di Cassano, l’idea della costruzione della chiesa di Cristo Risorto.

Ascolta il saluto del parroco

«Non siete solo una chiesa, una parrocchia – ha risposto il vescovo – ma siamo un territorio con altri territori, un popolo con altri popoli. Nel tempo e nello spazio siamo uniti a Cristo Gesù».

Nell’omelia monsignor Napolioni ha esordito domandandosi quale sia la vera Chiesa di Cristo Risorto. Qual è la chiesa di Cristo Risorto che noi stiamo diventando? Tre le risposte individuate dal vescovo, tante quante le immagini di chiesa rappresentate da Cristo Risorto.

«La più potente è questa – ha detto –: la chiesa di Cristo Risorto è un sepolcro vuoto. Nel momento in cui siamo Chiesa di Cristo ci gettiamo la morte alle spalle. E lo facciamo se davvero ogni giorno ci apriamo a quella notizia che fa sì che i cristiani siano un po’ diversi dagli altri». La seconda immagine di Chiesa proposta è stata quella del cenacolo degli apostoli. «Lì, nel cenacolo – ha detto il vescovo – insieme gli apostoli ricevettero lo Spirito Santo e trovarono la forza di non aver paura. Com’è il nostro cenacolo? C’è Lui fra noi? Fare 50 anni di memoria di una chiesa dev’essere un grande bagno alla sorgente. È nel cenacolo che nasce la missione, il cammino verso il cielo». La terza Chiesa il Cielo: «Dove c’è posto per tutti e tutti staremo abbracciati con il Padre e con il Figlio».

«Tutto questo – ha concluso il vescovo Napolioni – è tracciato con una strada. Ecco quindi che la chiesa in Cristo Risorto apre una strada e si sparge lungo le vie. Non dobbiamo avere paura del futuro, che è attirato da Cristo Risorto. Se percepiamo il suo passaggio sappiamo chi seguire anche dentro il frastuono e la confusione del nostro tempo».

Ascolta l’omelia del vescovo

La Messa ha aperto un programma di eventi per il 50° della dedicazione che prevede anche una mostra a carattere storico, allestita nel salone prospiciente il bar, e che prosegue nella giornata di sabato 6 maggio alle 16 con le visite guidate alla chiesa a cura del Gruppo Guide Cassanesi e in serata la cena seguita alla 22 da uno spettacolo pirotecnico. Domenica 7 maggio ancora con le visite guidate alle 16 e, dopo la cena, una serata musicale.

 

Cristo Risorto: la  storia

La chiesa di Cristo Risorto nacque sul progetto di Antonio Faranda, basato sul modello di un ovile dedicato a Cristo Risorto buon pastore che accoglie e custodisce il suo gregge. A Pasqua del 1970 venne annunciata alla comunità l’idea di costruire questa chiesa. Al 6 settembre dello stesso anno risale la posa della prima pietra. Il 12 dicembre 1971 venivano già celebrate le cresime, nonostante mancasse ancora il pavimento e sulle porte ci fosse ancora il cellophane. La sera del 5 maggio 1973, Giuseppe Amari, allora vescovo di Cremona, dedicava questa chiesa a Cristo Risorto. Si percepiva la gioia di aver raggiunto l’obiettivo: una chiesa a servizio del quartiere per la celebrazione della messa, la catechesi ed altri servizi religiosi. Dopo la nascita della parrocchia ogni aspetto della vita parrocchiale prese forma sotto la guida del parroco, del vicario e dei consigli parrocchiali e dell’oratorio.




Antegnate in preghiera con la Madonna pellegrina di Fatima

 

La statua della Madonna Pellegrina di Fatima è tornata in diocesi di Cremona. Dal pomeriggio di domenica 14 maggio si trova ad Antegnate dove è arrivata, proveniente da Milano, a bordo di un elicottero atterrato nel campo sportivo dell’oratorio, accolta dal parroco don Angelo Maffioletti, dal vicesindaco di Antegnate Giorgio Allegri, dai sindaci di Covo Andrea Capelletti e di Barbata Vincenzo Trapattoni e da numerosi fedeli.

Da lì, sulle note della banda musicale di Antegnate, in processione, portata a turno da diversi gruppi a cominciare da quello delle catechiste, la statua ha raggiunto la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo dove il vicario generale della diocesi di Milano, monsignor Franco Agnesi, ha celebrato una Messa solenne. A concelebrare, oltre a don Maffioletti anche il parroco di Covo don Lorenzo Nespoli, quello di Fontanella don Diego Poli, l’ex parroco di Mozzanica don Giuseppe Bernardi Pirini e don Giuliano Vagliati, sacerdote dell’Apostolato mondiale della Madonna di Fatima.

Numerosi gli appuntamenti da qui a domenica 21, quando la statua lascerà la bassa bergamasca. Ogni giorno, in chiesa parrocchiale, recita del rosario meditato alle 8.30, alle 15.30 e alle 20, incontro per bambini e ragazzi alle 16.30 e messa alle 20.30 seguita dall’adorazione eucaristica fino alle 23. Giovedì sera la celebrazione delle 20.30, sarà speciale perché vedrà presenti i preti originari di Antegnate e che ad Antegnate hanno prestato servizio. Sabato sera, alle 20.30 un momento da non perdere per i parrocchiani: la fiaccolata per le vie di Antegnate che terminerà con la consacrazione della parrocchia al cuore immacolato di Maria. Domenica, alle 15.30, saranno celebrati vespri dopodiché la comunità di Antegnate saluterà, sul sagrato della chiesa parrocchiale, la Madonna di Fatima.




La testimonianza di padre Maccalli a Casirate: «Oggi più di ieri la risoluzione dei conflitti passi attraverso una mano tesa».

Un passaggio, una Pasqua che ha cambiato il suo sguardo sulla vita, sulle missioni e su Dio. Padre Gigi Maccalli, missionario della Società delle Missioni Africane, vittima in Niger di un rapimento da parte di estremisti islamici durato per lui due anni e qualche settimana, ha raccontato la sua storia nella serata di mercoledì 19 aprile a Casirate d’Adda, su invito di don Matteo Pini, parroco dell’unità pastorale di Arzago e Casirate.

Pieno di gente, per l’occasione, il salone dell’oratorio San Marco dove padre Maccalli ha parlato per più di un’ora. «Sono stato portato via in moto – ha esordito – il 17 settembre 2018 e in moto, nelle prime due settimane di prigionia, con i miei rapitori ho attraversato posti impervi, fino ad arrivare in un covo nel deserto, pieno di gente armata. Il 5 ottobre uno dei miei carcerieri mi si è avvicinato con una catena in ferro e me l’ha messa a una caviglia. Per ventidue giorni sono rimasto incatenato a un albero ed è stato un momento molto duro nel quale mi sono sentito vittima innocente, abbandonata da Dio e da tutti».

Per la verità in catene il missionario cremasco è rimasto per buona parte dei due anni di durata del suo sequestro. A un certo punto gli erano state tolte, ma gliele hanno rimesse a seguito del  tentativo di fuga (vano) di uno dei suoi compagni di prigionia. Però qualcosa in padre Gigi in quel momento è scattato.

«Una sera – ha proseguito – mi sono detto che i miei piedi erano incatenati, ma il mio cuore no e la vera icona delle missioni è il cuore. Ho pensato alle parole di Santa Teresa di Lisieux e quelle catene sono diventate per me catene di libertà. Ci ho messo del tempo ma alla fine ho detto: Padre perdona queste persone. Questa preghiera mi ha dato pace, mi ha fatto sentire libero».

Solo in mezzo al deserto, nei giorni che sembravano infiniti, padre Maccalli si è convinto di una cosa: «Ciò che rende più bella la vita – ha sottolineato – è la relazione. Noi siamo relazione. Una vita piena lo è perché è una vita di relazione. Mi mancava poter comunicare».

Il missionario ha concluso il suo intervento spiegando che cosa sia cambiato in lui a seguito di questa drammatica esperienza: «Sono tornato con uno sguardo diverso sulla vita, sulle missioni e su Dio stesso. Questo Dio onnipotente dell’Antico Testamento non è venuto a liberarmi, ma è rimasto con me il Dio della croce, il Dio del silenzio. Come missionario in Africa ho annunciato il Dio della Parola, ma ora sono più orientato a vederlo come il Dio del silenzio. E oggi è guardando il crocifisso che vedo l’immagine di Dio. Lui ha trasformato questa storia, che pensavo fosse una sventura, in una benedizione. Ho perdonato i miei rapitori, verso i quali non ho mai provato odio, e sono convinto che oggi più di ieri la risoluzione dei conflitti passi attraverso una mano tesa».

Diverse le domande poste dal pubblico a padre Maccalli, che rispondendo ha avuto modo anche di descrivere l’incontro con papa Francesco subito dopo la sua liberazione: «L’ho sentito vicino e attento – ha detto –, mi sono sentito sostenuto e abbracciato. Dico un grazie a lui, ma anche ai tanti che, ho saputo all’indomani della mia liberazione, hanno costantemente pregato per me in quei due anni».

 

Profilo di padre Maccalli

Pier Luigi Maccalli, nato a Madignano (Cremona) nel 1961, frequenta il seminario vescovile di Crema, dove è ordinato prete nel 1985. Diventa poi membro della Società delle Missioni Africane (Sma), fondata nel 1856 dal vescovo francese mons. Melchior de Marion Brésillac. È per dieci anni missionario in Costa d’Avorio e per un altro decennio animatore missionario e formatore in Italia. Nel 2007 viene inviato nel sud-ovest del Niger, nella parrocchia di Bomoanga. Il 17 settembre 2018 è stato sequestrato dai jihadisti del Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (Gsim) e tenuto ostaggio fino alla liberazione, avvenuta l’8 ottobre 2020.




Sant’Alberto Quadrelli, il 15 aprile a Rivolta d’Adda al via gli eventi per l’850° della morte

Si aprono sabato 15 aprile, con il Requiem di Faurè eseguito dalla Cappella musicale della Cattedrale di Lodi, le celebrazioni per l’850° anniversario della morte di sant’Alberto Quadrelli, vescovo di Lodi e patrono di Rivolta d’Adda. L’evento inaugurale si terrà alle 21 nella basilica di Santa Maria e San Sigismondo, a Rivolta d’Adda, e con il coro si esibiranno, diretti da Ivan Losio, la soprano Federica Belloni, i baritoni Jacopo Viotti e Gilberto Zampatti e la pianista Elvira Soresini. Nel corso della serata interverrà monsignor Bassiano Uggè, vicario generale della diocesi di Lodi.

Il programma di celebrazioni, patrocinato dal Comune di Rivolta d’Adda, è stato presentato la mattina di mercoledì 5 aprile in Municipio dal parroco monsignor Dennis Feudatari, dalla vicesindaco Marianna Patrini e dalla capogruppo consiliare di maggioranza Nicoletta Milanesi.

«La presenza dell’Amministrazione comunale a sostegno della nostra parrocchia – ha detto la Patrini – vuole sottolineare la valenza di queste celebrazioni dal punto di vista storico-culturale. Non si tratta solo di far risaltare la figura di Sant’Alberto, ma anche di riscoprire e valorizzare le radici storiche del nostro paese. Ecco perché riteniamo importante che la comunità sia sollecitata a partecipare al concerto del 16 aprile e agli altri appuntamenti pensati dalla parrocchia».

Appuntamenti dei quali ha parlato monsignor Feudatari: «Sono due i criteri con i quali abbiamo realizzato questa scaletta: riscoprire il contesto storico e sociale in cui è vissuto sant’Alberto e riprendere un certo interesse per questa figura riscattandola dalla semplice devozione popolare. Per questo motivo si è pensato a due conferenze di carattere storico. A Francesco Motta, laureando di Rivolta d’Adda, chiederemo di chiarirci meglio il medioevo lombardo, epoca caratterizzata non soltanto dalla lotta fra vescovi e imperatore; mentre a padre Pietro Messa, docente di storia del francescanesimo alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Antonianum di Roma, chiederemo di parlarci della spiritualità laicale e clericale di quel periodo fra Xi e XIII secolo».

Le due conferenze si terranno in oratorio. Quella in programma domenica 23 aprile, alle 21, avrà come relatore Francesco Motta e, per la precisione, si intitola “Da Gregorio VII a Innocenzo III: la temperie politica e religiosa di Sant’Alberto a Rivolta”. La seconda, con padre Messa, anch’egli rivoltano, è in programma domenica 21 maggio alle 21 e verterà su “La spiritualità laicale e clericale fra XI e XII secolo tra Alberto da Rivolta e Omobono da Cremona”.

Altri eventi dedicati a Sant’Alberto sono in cantiere per il prossimo anno.

«Nel 2024 – ha aggiunto il parroco di Rivolta d’Adda – abbiamo previsto altre due conferenze e ho già commissionato una cantata al musicista, gregorianista e direttore di coro cremonese Fulvio Rampi».

 

Approfondimento sulla figura di sant’Alberto Quadrelli   




Nella chiesa di Antegnate il Compianto di Agostino Ghilardi aiuta a entrare nel mistero della Pasqua

Rappresenta la scena in cui dei personaggi piangono e contemplano il corpo morto di Cristo, deposto dalla croce e steso sulla nuda terra. Il “Compianto”, gruppo scultoreo di otto statue realizzato dall’artista soncinese Agostino Ghilardi, è esposto nella chiesa parrocchiale di Antegnate, dove rimarrà visibile al pubblico sino al prossimo Lunedì dell’Angelo. Un modo, questo, secondo il parroco don Angelo Maffioletti, «per prepararci all’esperienza liturgica e spirituale della Pasqua, lasciandoci aiutare dalle immagini di quest’opera che potremmo intitolare l’incanto dell’amore e della compassione».

Il Compianto rappresenta un momento della storia di Gesù che non è narrato in modo esplicito nei Vangeli. In questa scena è come se il tempo della storia si fermasse e ciò che avviene è un’azione del tutto interiore che si esprime attraverso le espressioni del corpo e del silenzio. Il Compianto mette in scena l’umanissima compassione per Gesù che ha vissuto la morte violenta come dono estremo di amore. Attraverso lui ogni dolore, ogni ferita, ogni morte umana si apre ad un senso più grande e ad una speranza affidabile.

«Il fatto che i fedeli possano contemplare il corpo del Cristo posato sulla nuda terra – prosegue don Maffioletti – ci aiuta a comprendere come lui abbia condiviso con noi, facendosi uomo come noi, la sofferenza e la morte. La posizione scelta per la collazione del gruppo scultoreo, fra l’assemblea dei fedeli e l’altare, rende bene l’idea dell’essere immersi in questa scena sentendo vicino il dolore di Maria, l’amore di Maria Maddalena e lo stare sotto la croce da parte di Giovanni». «Ognuna delle statue del Compianto – prosegue il sacerdote – è in realtà la dimensione del nostro stare sotto la croce con i sentimenti che questa scena ci fa provare. Ad esempio, le due donne collocate in posizione contrapposta, ai lati di Gesù, che indicano l’una la disperazione per la morte di Gesù e l’altra lo stupore per quanto accaduto».

In fondo alla chiesa don Angelo Maffioletti ha voluto mettere a disposizione dei parrocchiani e dei visitatori un sussidio utile per la contemplazione del gruppo scultoreo, nel quale ogni personaggio è commentato da una poesia o un salmo.

L’autore dell’opera è Agostino Ghilardi, artista soncinese, docente presso l’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia. Dopo aver frequentato la Scuola regionale di pittura e di scultura presso il castello di Soncino, ha trascorso diversi anni alla ricerca di un materiale consono e praticabile per la sua idea di scultura e di una forma aderente alle sue convinzioni. L’ha trovato nella creta, affrontando quindi la sfida con un materiale difficile da controllare e superando i limiti che la terra presenta con la ricerca di processi, sistemi e formule esecutivo. Particolarmente affascinato dalla tematica del sacro, crea scultura fondamentalmente classiche.




Il direttore delle riviste Credere e Jesus ospite a Pandino racconta Papa Francesco

“Come sta la mia sposa?”. È la domanda che il cardinal Angelo De Donatis, vicario generale per la Diocesi di Roma, si sente spesso rivolgere da Papa Francesco che da buon pastore si preoccupa per la sua comunità. È anche la domanda che ha dato il titolo alla serata di venerdì 31 marzo all’oratorio di Pandino, dedicata alla figura e all’operato di Jorge Mario Bergoglio nel decennale della sua elezione al soglio pontificio. Una serata ideata dall’Azione Cattolica parrocchiale e moderata dal vicario don Andrea Lamperti Tornaghi nel ruolo di intervistatore dell’ospite, don Vincenzo Vitale, direttore delle riviste Credere e Jesus.

«Questo Papa – ha detto il sacerdote-giornalista nato in Germania nel 1971 ma originario della Basilicata – è un pastore legatissimo al suo popolo, è un vescovo come ama definirsi lui. Del resto, appena eletto, nel suo primo discorso disse ai fedeli in piazza San Pietro e a quelli collegati in mondovisione che sarebbe cominciato un cammino insieme, come popolo di Dio».

«Non è un caso – ha aggiunto don Lamperti Tornaghi formulando una domanda al suo interlocutore – che in quel discorso non usò il termine papa ma pronunciò per ben sei volte il termine vescovo. Un passaggio che ci rimanda all’eredità del Concilio Vaticano II: quanto è forte il debito teologico del pontificato di Francesco verso quell’evento?». La risposta, articolata, ha dato modo a don Vitale di approfondire vari aspetti di questo pontificato. Prima di tutto la continua volontà, da parte di Francesco, di parlare di Gesù agli uomini e alle donne di oggi dando loro modo di incontrarlo e di scoprire il suo volto. In secondo luogo la maniera con cui egli ne parla.

«Aldilà del colore – ha sottolineato il direttore delle riviste Credere e Jesus – c’è in Papa Francesco una comunicazione che traduce immagini simboliche: tutti capiscono ed in questo è un maestro. Anche perché emerge la sua esperienza di arcivescovo di Buenos Aires, dove era abituato a girare in mezzo alla gente».

Un tema caro al ministero di Bergoglio è quello dei poveri, intesi non come semplici soggetti destinatari di beneficenza ma come soggetti con una propria dignità. «Nei suoi viaggi pastorali – ha spiegato don Vitale – non disdegna di recarsi in luoghi poverissimi. Così facendo ci insegna a guardare le cose dal basso, perché questo è lo sguardo di Cristo».

Puntuali anche le domande del pubblico presente. Una su tutte: «Perché il Papa continua ad andare in luoghi dove c’è si povertà ma c’è anche Gesù e non va in quei Paesi dell’Occidente dove ormai Gesù non c’è più o non più così sentito?». «Si dice che il Santo Padre – ha risposto il sacerdote – abbia una certa allergia a girare l’Europa. La mia impressione è che lui, papa latino-americano che proviene da un’altra parte del mondo, veda effettivamente una fede stanca nella nostra Europa e indichi a noi di continuo, come esempio, gli altri luoghi del mondo dove invece la fede è viva».




Calvenzano, nuove luci per l’Oratorio dell’Assunta

Un impianto luci tutto nuovo per la chiesetta dell’Oratorio della Beata Vergine Assunta di Calvenzano. Inaugurato sabato 18 marzo, in concomitanza con il ricordo delle vittime del Covid-19, oltre a garantire un certo risparmio nel consumo energetico, è finalizzato alla valorizzazione dei preziosi affreschi datati 1623, a firma del pittore cremasco Tommaso Pombioli, che narrano la vita di Maria e che fanno del piccolo luogo di culto di via Misano uno dei gioielli storico-architettonici della Bassa Bergamasca, spesso meta di visite guidate nonché oggetto di studio e di approfondimento da parte di studenti e di studiosi.

Il nuovo impianto d’illuminazione è stato realizzato dalla ditta Rossetti di Calvenzano. Studio, reperimento dei materiali e adempimenti burocratici vari hanno richiesto più di un anno di lavoro ai volontari del FAI Bassa Bergamasca che hanno effettuato prestazioni pro bono: oltre alla capogruppo del FAI zonale, l’architetto Pierangela Giussani che ha diretto i lavori, i suoi colleghi Matteo Borella, estensore del progetto iniziale, Martina Pizzuti e Rosalita Boschi hanno seguito le varianti e le integrazione richieste dalla Soprintendenza sulla base dell’analisi illuminotecnica realizzata dallo studio tecnico Pavoni di Treviolo.

«All’esterno della chiesetta – racconta il sindaco Fabio Ferla – è stato installato un totem che reca notizie sul sito sia in italiano che in inglese e possiede un QR Code dal quale è possibile avere tutte le informazioni che servono sull’Oratorio dell’Assunta. Quanto al nuovo impianto, siamo andati a sostituire le vecchie lampade alogene che, consumo di energia a parte, non illuminavano a dovere le opere del Pombioli. Devo dire che ora la chiesetta è dotata di un impianto iper-tecnologico. Basti sapere che durante una visita guidata con un semplice comando dal proprio smartphone la guida stessa può scegliere di meglio illuminare una singola scena, delle porzioni oppure degli insiemi di affreschi in base a quanto deve raccontare al suo pubblico».

All’inaugurazione era presente anche don Gianluca Gaiardi, direttore dell’ufficio diocesano per i Beni Culturali: «È bello – dice – vedere come tutto questo sia stato fatto grazie al contributo di una comunità coesa nell’intento di valorizzare il proprio patrimonio storico ed artistico. Oltretutto, è ancora più significativo aver voluto mettere in luce questo ciclo di affreschi che è l’opera più importante del Pombioli, proprio a 400 anni dalla sua realizzazione».

Candidato come luogo del cuore nella campagna FAI 2020, l’Oratorio dell’Assunta ha raccolto 2.421 preferenze classificandosi al 26° posto della classifica regionale. Nonostante il progetto non sia stato finanziato dal fondo a tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico italiano è riuscito comunque a catalizzare l’attenzione dei sostenitori e ad attivare comportamenti virtuosi da parte di finanziatori locali grazie ai quali è stato possibile procedere con il progetto, costato 26.000 euro, ed ottenere l’approvazione della Soprintendenza: su tutti, la famiglia di Marco Battagin, storico dipendente Mediaset scomparso nel marzo 2020 a causa del Covid, molto legata alla chiesetta, ma anche la Cooperativa Agricola di Calvenzano, la parrocchia, il locale gruppo Alpini, il Comune e la Bcc di Treviglio.




La bellezza dell’arte che rivela il sacro: presentati i restauri della Cupola di Caravaggio

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La più imponente e sontuosa fra le basiliche bergamasche può tornare ad essere ammirata in tutto il suo splendore. Questo grazie ai restauri dei preziosi affreschi ottocenteschi dei pittori caravaggini Giovanni Moriggia e Luigi Cavenaghi, presentati nella serata di venerdì 24 marzo dal responsabile diocesano per i beni culturali, don Gianluca Gaiardi, nel corso della veglia dell’Annunciazione presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e accompagnata dai canti della corale Don Domenico Vecchi diretta da Roberto Grazioli e accompagnata all’organo da Marco Bianchi.

«I restauri – ha spiegato don Gianluca aprendo la serata con il primo dei suoi tre interventi, intervallati da canti e preghiere e dalla meditazione del vescovo – ci hanno permesso di riscoprire l’arte e la sua capacità di spiegare il sacro. Fino al 1846 questa basilica era spoglia ed essenziale. Mancava dell’apparato decorativo, ma a un certo punto emerse il bisogno di spiegare chi era apparso a chi non aveva visto. Allora ci si rivolse ad artisti importanti, caravaggini ma noti a livello nazionale ed internazionale, come il Moriggia e il Cavenaghi». Pittori (il secondo ancor più che grande decoratore fu un grande restauratore) che con la loro arte hanno regalato bellezza a Santa Maria del Fonte.

 

Ascolta gli interventi di don Gaiardi

 

Una bellezza, quella di questo santuario che, come ha detto il vescovo Napolioni all’inizio della sua omelia, «serve la bellezza della vita». «Veniamo al santuario – ha spiegato in un passaggio – per poter diventare noi stessi quel santuario che sa di paradiso, affinché il nostro cuore sia guarito da ciò che lo indurisce. Da Caravaggio si riparte sempre migliori, sempre più forti, più umili, più fiduciosi, più uniti. Nostro compito è allora quello di costruire tanti santuari: nelle case, nella storia, fra le nazioni».

 

Ascolta l’omelia del vescovo Napolioni

 

Al termine, prima della benedizione finale, il saluto del rettore di Santa Maria del Fonte, monsignor Amedeo Ferrari, che ha ricordato fra gli altri tutti coloro che hanno lavorato ai restauri: lo studio degli architetti Castelli-Mariani, la ditta Valente con i suoi pontisti, la ditta Frigé, la ditta Fontanini, i dipendenti ed i volontari del Santuario e i benefattori, enti e anche privati cittadini. «Grazie anche – ha concluso – ai tanti amici del Santuario. Che Maria suggerisca alla nostra Chiesa la strada per la valorizzazione di questo grande patrimonio di fede e di devozione».

 

Ascolta il saluto del rettore mons. Ferrari

 

Prima di impartire la benedizione finale, il vescovo Napolioni ha ricordato come Santa Maria del Fonte sia stato scelto dalla Conferenza Episcopale Lombarda come santuario regionale della Lombardia. Il 26 maggio prossimo l’anniversario dell’Apparizione della Vergine a Giannetta sarà quindi celebrato in forma ancor più solenne. Per l’occasione arriveranno a Santa Maria del Fonte i vescovi lombardi per concelebrare la Messa presieduta dall’arcivescovo metropolita di Milano Mario Delpini.

 

 

Santuario di Caravaggio, la cupola della basilica ritrova il suo splendore

 




Il vescovo a Rivolta d’Adda: «Ricominciamo a guardarci negli occhi»

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«La sua presenza ha risvegliato e resi evidenti molti doni che Rivolta ha e al tempo stesso ha ricordato gli impegni chiari che noi dobbiamo assumere». Così il parroco di Rivolta d’Adda, monsignor Dennis Feudatari, nel saluto al vescovo Antonio Napolioni al termine della Messa solenne di domenica 19 marzo, celebrata alle 10 nella basilica di Santa Maria e San Sigismondo nel terzo e ultimo giorno della visita pastorale.

Visita che era cominciata nella mattinata di venerdì 17 marzo con la celebrazione di una Messa nella chiesa della Casa Santa Maria, dell’Istituto delle Suore Adoratrici, dove risiedono le religiose più anziane, e che si è conclusa domenica con un aperitivo in oratorio assieme alla comunità. Rivolta dà ora appuntamento al suo vescovo a luglio, per la ricorrenza del patrono sant’Alberto Quadrelli nell’850° della sua salita al cielo.

Come succede in ogni visita pastorale, il vescovo ha incontrato tutte le realtà del paese, parrocchiali e non, a cominciare, venerdì mattina, dalle scuole. Prima le elementari, presso la palestra di via Beccaria, e poi la materna paritaria della Fondazione Asilo Infantile dove ha fatto la conoscenza dei “Pacifici”, i pupazzetti portatori di messaggi di pace (arrivati anche in Vaticano) realizzati dai piccoli alunni del plesso di via porta Rocca con materiale riciclato. Ai bambini il vescovo ha rivolto un augurio: «Che le vostre carezze possano essere una benedizione per tutti quelli che incontrerete». Nel pomeriggio il vescovo ha presieduto la via crucis presso la casa famiglia Spinelli con i ragazzi del centro diurno per disabili di Camminiamo Insieme e con le suore Adoratrici, portando fra i reparti il segno della Passione di Cristo. Al termine il vescovo ha visitato la sede di Camminiamo Insieme per poi raggiungere l’oratorio Sant’Alberto per l’appuntamento con gli adolescenti, molto partecipato. Un’attività organizzata per rompere un po’ il ghiaccio e di seguito spazio a domande reciproche. Un gruppo di questi ragazzi, in serata, ha partecipato alla meditazione sulla Parola di Dio.

Mattinata istituzionale quella di sabato: prima la visita all’ospedale Santa Marta, in particolare al Dipartimento di riabilitazione dalle dipendenze, dove un paio di pazienti hanno raccontato la loro esperienza personale; poi l’incontro con l’Amministrazione municipale e con il personale del Comune nella sala consiliare del municipio. Nel mezzo, l’inaugurazione della targa, affissa fuori dalla sede della Pro Loco, in via Cereda, in ricordo della vittime del Covid. «Non dobbiamo aver paura – ha detto il vescovo nel corso della breve cerimonia – perché neppure la pandemia ci ha sconfitto. Ci ha messo a dura prova, ma come ha detto il sindaco ci ha permesso di tirare fuori il meglio delle nostre comunità. Questo è l’atteggiamento umano, cristiano e, dopo sette anni lo posso dire anch’io, lombardo». Nel pomeriggio di sabato l’incontro con il mondo dell’associazionismo locale.

Domenica la Messa solenne in basilica. «Ricominciare a guardarci negli occhi, nel segno di una Chiesa che sia come una strada in cui ci si ferma, ci si saluta e ci si compassiona e ci si appassiona gli uni alle vite degli altri»: è questa la principale raccomandazione fatta dal vescovo all’assemblea prendendo spunto dal vangelo del cieco nato.

L’omelia del vescovo Napolioni

Nel corso della Messa anche l’imposizione delle mani da parte del vescovo ai tre ragazzini rivoltani che durante la veglia di Pasqua riceveranno il sacramento del battesimo.

Quella si Rivolta è stata l’ultima tappa della visita pastorale per l’anno pastorale 2022/23.