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Don Francesco Spinelli è santo

Sono le 10.37 di domenica 14 ottobre 2018 quando la Chiesa può contare sette nuovi santi: tra loro il sacerdote don Francesco Spinelli, fondatore dell’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda. L’annuncio ufficiale nelle parole di Papa Francesco, durante la solenne Messa di canonizzazione da lui presieduta sul sagrato della basilica di S. Pietro in Vaticano:

A onore della Santissima Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento della vita cristiana, con l’autorità del nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto, invocato più volte l’aiuto divino e ascoltato il parere di molti Nostri Fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e definiamo santi i beati Paolo VI, Oscar Arnulfo Romeo Galdamez, Francesco Spinelli, Vincenzo Romano, Maria Caterina Kasper, Nazaria Ignazia di Santa Teresa del Gesù e Nunzio Sulprizio e li iscriviamo nell’Albo dei Santi, stabilendo che in tutta la Chiesa essi siano devotamente onorati tra i Santi. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Una solenne formula pronunciata in latino, salutata dal canto “Iubilate Deo”, un forte applauso e tanta commozione.

La celebrazione era iniziata poco prima con il card. Giovanni Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi che, dopo il canto “Veni, creator Spiritus”, aveva domandato la canonizzazione di questi sette Servi di Dio. Accanto a lui i sette postulatori e tra questi l’Adoratrice suor Concetta Dipietro.

 

L’omelia di Papa Francesco

Dopo questa prima intensa fase, la Messa è proseguita – dopo che il Pontefice ha autorizzato la redazione della lettera apostolica circa la canonizzazione avvenuta – con la liturgia della Parola e l’omelia di Francesco che ha anzitutto ricordato che «la Parola di Dio non è solo un insieme di verità o un edificante racconto spirituale, no, è Parola viva, che tocca la vita, che la trasforma. Lì Gesù in persona, Lui che è la Parola vivente di Dio, parla ai nostri cuori.

Gli ulteriori stimoli alla sua riflessione sono arrivati dal brano evangelico (cfr Mc 10,17) che invita all’incontro personale con il Signore con una nuova prospettiva: non quella dei precetti osservati, ma del dono di sé. «Anche a te – ha affermato il Pontefice – Gesù dice: “vieni, seguimi!”. Vieni: non stare fermo, perché non basta non fare nulla di male per essere di Gesù. Seguimi: non andare dietro a Gesù solo quando ti va, ma cercalo ogni giorno; non accontentarti di osservare dei precetti, di fare un po’ di elemosina e dire qualche preghiera: trova in Lui il Dio che ti ama sempre, il senso della tua vita, la forza di donarti».

Poi la questione della povertà e della ricchezza: «Gesù ti chiede – ha proseguito Francesco – di lasciare quello che appesantisce il cuore, di svuotarti di beni per fare posto a Lui, unico bene. Non si può seguire veramente Gesù quando si è zavorrati dalle cose. Perché, se il cuore è affollato di beni, non ci sarà spazio per il Signore, che diventerà una cosa tra le altre. Per questo la ricchezza è pericolosa e – dice Gesù – rende difficile persino salvarsi».

E ha proseguito: «Gesù è radicale. Egli dà tutto e chiede tutto: dà un amore totale e chiede un cuore indiviso. Anche oggi si dà a noi come Pane vivo; possiamo dargli in cambio le briciole? A Lui, fattosi nostro servo fino ad andare in croce per noi, non possiamo rispondere solo con l’osservanza di qualche precetto. A Lui, che ci offre la vita eterna, non possiamo dare qualche ritaglio di tempo. Gesù non si accontenta di una “percentuale di amore”: non possiamo amarlo al venti, al cinquanta o al sessanta per cento. O tutto o niente».

Un concetto ulteriormente spiegato con l’immagine della calamita:

«Cari fratelli e sorelle, il nostro cuore è come una calamita: si lascia attirare dall’amore, ma può attaccarsi da una parte sola e deve scegliere: o amerà Dio o amerà la ricchezza del mondo (cfr Mt 6,24); o vivrà per amare o vivrà per sé (cfr Mc 8,35). Chiediamoci da che parte stiamo».

E ha aggiunto:

«Gesù interroga ciascuno di noi e tutti noi come Chiesa in cammino: siamo una Chiesa che soltanto predica buoni precetti o una Chiesa-sposa, che per il suo Signore si lancia nell’amore? Lo seguiamo davvero o ritorniamo sui passi del mondo, come quel tale? Insomma, ci basta Gesù o cerchiamo tante sicurezze del mondo? Chiediamo la grazia di saper lasciare per amore del Signore: lasciare le ricchezze, le nostalgie di ruoli e poteri, le strutture non più adeguate all’annuncio del Vangelo, i pesi che frenano la missione, i lacci che ci legano al mondo. Senza un salto in avanti nell’amore la nostra vita e la nostra Chiesa si ammalano di “autocompiacimento egocentrico” (Esort. ap. Evangelii gaudium, 95): si cerca la gioia in qualche piacere passeggero, ci si rinchiude nel chiacchiericcio sterile, ci si adagia nella monotonia di una vita cristiana senza slancio, dove un po’ di narcisismo copre la tristezza di rimanere incompiuti».

Poi il riferimento ai setti nuovi santi:

«Gesù oggi ci invita a ritornare alle sorgenti della gioia, che sono l’incontro con Lui, la scelta coraggiosa di rischiare per seguirlo, il gusto di lasciare qualcosa per abbracciare la sua via. I santi hanno percorso questo cammino».

Un primo richiamo è stato per Paolo VI che «anche nella fatica e in mezzo alle incomprensioni, ha testimoniato in modo appassionato la bellezza e la gioia di seguire Gesù totalmente». «Oggi ci esorta ancora, insieme al Concilio di cui è stato il sapiente timoniere, a vivere la nostra comune vocazione: la vocazione universale alla santità. Non alle mezze misure, ma alla santità». Poi il richiamo al martirio del vescovo Romero (il Papa indossava sotto i paramenti il cingolo con tracce di sangue del beato Oscar Romero) e alla testimonianza degli altri cinque nuovi santi, a cominciare da Francesco Spinelli e con alcune parole a braccio tutte per il giovane Nunzio Sulprizio.

«Tutti questi santi – ha concluso Papa Francesco –, in diversi contesti, hanno tradotto con la vita la Parola di oggi, senza tiepidezza, senza calcoli, con l’ardore di rischiare e di lasciare. Fratelli e sorelle, il Signore ci aiuti a imitare i loro esempi».

È seguita la liturgia eucaristia, presieduta dai numerosissimi concelebranti. Tra loro in particolare i vescovi Antonio Napolioni e Dante Lafranconi, insieme a diversi sacerdoti diocesani che hanno voluto essere vicine alle Suore Adoratrici in questo storico giorno.

Il testo integrale dell’omelia di Papa Francesco

 

Pellegrini e autorità in Piazza S. Pietro

Un posto privilegiato, ai piedi del sagrato, non lontano dai concelebranti, l’hanno avuto alcuni dei “prediletti” di san Sapinelli, alcuni degli ospiti della casa famiglia di Rivolta d’Adda. Tutti con indosso il foulard giallo che ha colorato la piazza, segno distintivo del gruppo legato alle Adoratrici, presenti numerosissime da ogni parte del mondo con la generale, madre Isabella Vecchio.

Proprio una suora Adoratrice, inoltre, ha letto una delle intenzioni della preghiera universale, quella in lingua francese e dedicata ai giovani in discernimento vocazionale.

In piazza anche i due miracolati da don Spinelli. Giunta dall’Angola la famiglia del piccolo Francesco, che nel 2007, neonato, fu guarito miracolosamente dalla preghiera al beato Spinelli che – improvvisamente – fece sì che emergesse una grossa vena sul suo braccino, così da poter trasfondere il sangue che lo salvò dalla morte certa (Leggi tutto). E non mancava neppure, con la sua famiglia) Agostina Figaroli di Costa Volpino (BG): oggi 75 anni, nel 1948 fu guarita miracolosamente per intercessione di padre Spinelli: quel miracolo portò alla beatificazione di don Spinelli nel 1992.

Presenti le delegazioni ufficiali di 12 Paesi: Italia, con il presidente Sergio Matterella; Spagna, con la regina Sofia; Cile, con il presidente Sebastián Piñera Echenique; El Salvador, con il presidente Salvador Sánchez Cerén; Panama, con il presidente Juan Carlos Varela Rodríguez; Honduras, con la vicepresidente Olga Alvarado; Taiwan, con il vicepresidente Chen Chien-jen; Uganda, con il vicepresidente Edward Kiwanuka; Camerun, con il primo ministro Philippe Mbarga Mboa; Francia, con il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian; Malta, con il ministro degli Esteri, Carmelo Abela, e Principato di Monaco, con il ministro dell’Interno, Patrice Cellario. Presenti anche il direttore generale della Fao, J José Graziano Da Silva.

Hanno concelebrano con il Santo Padre, tra gli altri, mons. Pierantonio Tremolada, vescovo di Brescia, mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, monas. José luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvadore e il card. Gregorio Rosa Chavez, vescovo ausiliare di San Salvador; mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, mons. Dante Lafranconi, vescovo emerito di Cremona, il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, il card. Carlos Osoro Sierra, arcivescovo di Madrid, mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara, e mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto. Tra i numerosissimi concelebranti anche i 267 padri sinodali.

Prima dell’inizio della Messa, mentre i pellegrini di ogni parte del mondo accedevano in piazza S. Pietro, è stato eseguito “Pane spezzato”, l’inno di san Francesco Spinelli composto proprio per l’occasione dal maestro mons. Marco Frisina. L‘inno è cantato dal grande coro che ha animato la celebrazione papale, composto anche dal coro della Diocesi di Cosenza (dove le Adoratrici sono presenti da alcuni anni. Per saperne di più

Da segnalare la presenza in piazza anche di un gruppo cremonese legato alla figura di Óscar Romero, con la presenza dell’assistente delle Acli cremonesi don Antonio Agnelli, profondo conoscitore del vescovo di San Salvador.

 

 

 

Il libretto della Messa di canonizzazione

 

Le reliquie dei sette santi:

Le reliquie che saranno presentate:

  • Paolo VI: maglietta dell’attentato di Manila, con le macchie di sangue della ferita
  • Óscar Arnulfo Romero y Galdámez: parte di un osso
  • Francesco Spinelli: ossa di un piedi
  • Vincenzo Romano: vertebra
  • Nunzio Sulprizio: frammento d’osso del dito della mano
  • Maria Caterina Kasper: ossa della spina dorsale
  • Nazaria Ignazia March Mesa: ciocca di capelli

La tomba di Paolo VI rimarrà nello stesso posto, per dare compimento al suo testamento: “La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me”.

 

Altri eventi della tre giorni romana:

Nella mattinata di lunedì 15 ottobre nella basilica di S. Maria Maggiore il vescovo Napolioni presiederà la Messa di ringraziamento dopo la canonizzazione di don Francesco Spinelli.