1

Il vescovo alla Guardia di Finanza: «Il vostro non è solo un lavoro, è una missione» (foto e audio)

La Guardia di Finanza, come ogni altra realtà militare ha un santo patrono: san Matteo apostolo ed evangelista, la cui festa liturgica cade il giorno 21 Settembre. Così questa mattina i finanzieri cremonesi si sono trovati in Sant’Ilario per partecipare a una messa presieduta dal Vescovo proprio in occasione di questa ricorrenza.

Una messa partecipata, con due finanzieri in alta uniforme ai lati dell’altare e con lo stendardo del Corpo ben esposto. Presenti anche molte autorità:  il Questore Carla Melloni, il Vicario del Questore dott. Guglielmo Toscano, il Tenente Colonnello Marco Piccoli (comandante Provinciale dei Carabinieri), il vicepresidente della Provincia di Cremona Rosolino Azzali, il presidente del Consiglio comunale di Cremona Paolo Carletti, il Colonnello Giovanni Brafa Musicoro (comandante del  10mo Genio guastatori); la dottoressa Rossella Padula (direttrice della Casa circondariale di Cremona), il comandante della Polizia penitenziaria Mauro Cardarelli e il comandante dei Vigili del Fuoco Filippo Fiorello.

All’inizio della celebrazione – alla quale hanno partecipato diversi sacerdoti e il cappellano della GdF – monsignor Napolioni ha ricordato l’importanza di un Corpo come quello della Guardia di Finanza «che rappresenta il Paese, la comunità, la famiglia con tutte le sue speranze, esigenze, difficoltà e pene. Festeggiamo san Matteo e utilizziamo questo momento per ripartire: perché nel tempo e nel susseguirsi dei giorni a volte non mancherà lo scoraggiamento, ma il Signore è venuto a prenderci così come siamo. Ci tende la mano, lasciamolo fare».

Durante l’omelia ha invece ricordato che oggi viviamo in tempi difficili ed estremamente fragili eppure «questo può essere una grande opportunità perché o ci si salva insieme o non ci si salva più. È necessario essere un corpo solo. Le forze dell’ordine e la Guardia di Finanza in questo hanno un compito speciale, perché il vostro non è solo un mestiere, è una missione. Avete un ruolo educativo e correttivo non sempre apprezzato (come chi va dal medico… non ci si va mai volentieri eppure ne abbiamo bisogno). Voi dovete aiutarci a perdere di vista questa verità: che il bene comune è una scommessa vincente, non un bene astratto. Ecco perché Gesù non cancella il passato di Matteo quando lo incontra, ma va a mangiare a casa sua!». Ancora: «Gesù rischia portando al cuore di tutti la chiamata a convertirci all’unità”. Il messaggio è chiaro: lavorare insieme, uniti, per il bene della società e di tutti. «Non bisogna permettere al male, con il suo rumore, di avere il sopravvento sul bene. Prego per voi e vi auguro un lavoro generoso e sereno, un atteggiamento umile , onesto e pieno di fiducia che viene dal sentirci cooperatori di Dio nella costruzione del Regno».

L’audio dell’omelia del vescovo

Photogallery




A Caravaggio la Giornata della fraternità sacerdotale

Appuntamento dedicato a tutti i presbiteri anziani e malati quello che si è tenuto giovedì 19 settembre al santuario di Santa Maria del Fonte presso Caravaggio dove l’Unitalsi regionale e la Conferenza episcopale lombarda hanno organizzato la quinta “Giornata della fraternità sacerdotale”. Perché non si smette mai di essere sacerdoti, sia quando si è giovani e in forze sia quando si è in là con gli anni e il fisico non è più quello di una volta.

Per l’occasione, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha celebrato in basilica, alle 11.30, la Messa solenne. Presenti una ventina fra vescovi e vescovi emeriti della Lombardia (radunati a Caravaggio per il periodico incontro della Cel) e numerosi sacerdoti oltre ai barellieri e le dame dell’Unitalsi guidati dal presidente regionale Vittore De Carli.

All’inizio della Messa l’assistente unitalsiamo monsignor Roberto Busti, vescovo emerito di Mantova, ha letto un messaggio che papa Francesco ha inviato appositamente a Caravaggio per questa giornata. «Desidero esprimervi la mia vicinanza spirituale – ha scritto il Pontefice rivolgendosi ai preti anziani e ammalati – affinché il peso degli anni e le infermità non facciano calare il profumo della sacra unzione, ma anzi accrescano la consapevolezza che essi lo rendono più efficace. La Vergine Maria vi renda consapevoli che i giovani hanno bisogno della vostra saggezza e della vostra solidarietà spirituale per essere come li pensa la Chiesa». Un messaggio unito al dono di un crocifisso per ognuno dei partecipanti.

Nell’omelia l’arcivescovo Delpini ha raccomandato ai presenti di non cedere alle tentazioni. Tentazioni del passato, del presente ma anche del futuro, per resistere alle quali c’è l’esempio di Maria. «Siamo esposti – ha detto dal pulpito – a tutte le tentazioni del tempo che hanno lo scopo di allontanarci da Dio. Una di queste è la nostalgia. Per non parlare del risentimento, del rimorso. Una tentazione del presente è il lamento, l’insofferenza per la situazione per cui mi trovo. Poi c’è la tentazione del futuro, di guardare avanti e di sentirsi smarriti e perduti, di chiederci dove andremo a finire. Allora noi siamo venuti qui, in questo santuario, davanti alla Vergine Maria, per portarle le nostre tristezze e le nostre tentazioni. La liturgia di oggi ci aiuta a respingerle, a contemplare in lei quella fede che ci permette di essere forti e vincere proprio quelle stesse tentazioni. Nelle parole di Maria – ha proseguito – troviamo il modo di vincere le nostalgie del passato cantando il Magnificat e lodando le opere di Dio che sono salvezza e sorgente di vita».

Al termine della Messa il saluto del presidente regionale Unitalsi Vittore De Carli che si è rivolto ai presenti citando i due sentimenti che uniscono tutti i sacerdoti che oggi erano a Santa Maria del Fonte. «L’amore e l’amicizia – ha affermato –. L’amore che voi avete dato a Dio. A Lui avete dato la vostra vita, il vostro cuore e questo per noi è un grande dono. Amicizia. È difficile oggi questa parola. Abbiamo delle conoscenze, delle simpatie ma non conosciamo nessuno. Voi invece voi vi conoscete, conoscete i vostri vescovi ed i vostri parrocchiani. Quante volte i vostri parrocchiani vi ringraziano per quanto avete fatto quando erano giovani. È importante la vostra attenzione». De Carli ha concluso citando il progetto dell’Unitalsi di realizzare una casa d’accoglienza per famiglie di bambini malati di tumore al santuario della Madonna dell’Ortica. «Speriamo – ha sottolineato – di tornare qui ancora fra un anno ad annunciare che questo progetto è stato realizzato».

Dopo messa, all’esterno della basilica, l’arcivescovo Delpini ha benedetto il nuovo pulmino che l’Unitalsi utilizza per il trasporto dei malati di Sla.

 

Photogallery




L’augurio del vescovo per il nuovo anno scolastico «Ripartiamo per allargare gli orizzonti»

Oggi sul quotidiano “La Provincia” di Cremona il vescovo Antonio Napolioni rivolge il suo personale augurio per l’anno scolastico iniziato per tutte le classi del territorio. Il suo pensiero è rivolto a studenti, insegnanti e operatori scolastici che ripartono dopo le vacanze estive per un nuovo percorso di crescita da affrontare insieme. Riproponiamo il testo completo.

«Ringrazio “La Provincia” per questa opportunità che mi offre di augurare un buon anno scolastico a studenti ed insegnanti, responsabili e collaboratori di ogni scuola della nostra diocesi. Lo faccio molto volentieri. Sapendo che l’inizio di un nuovo tratto di strada da affrontare insieme, denso di incognite ed esigente anche la necessaria fatica, può tentare o attrarre. Infatti, può far capolino quella domandina insidiosa: “ma chi me lo fa fare?”. Auguro a ciascuno di farsi amica questa domanda, per gustare le motivazioni che ci spingono ad agire non per inerzia meccanica, ma per libera consapevolezza del valore di ciò che facciamo, conosciamo, diventiamo.

Le vacanze servono a questo, non ad evadere, ma a rigenerare in noi la voglia di impegnarci di più e di nuovo. Si riparte, curiosi di allargare gli orizzonti e capaci di dare il proprio apporto alla bellezza della vita comune.

Penso alla fiducia semplice e generosa dei bambini, alla spavalderia un po’ impacciata eppure così bella dei ragazzi, alla delicatezza del cuore e della mente dei giovani, che giustamente reclamano di avere davanti un mondo adulto credibile e autorevole, non perché perfetto, ma perché onesto e affidabile.

Saluto perciò con stima chi ha scelto come missione e professione l’educazione delle nuove generazioni, rinnovando ai dirigenti scolastici e a tutti i docenti l’offerta di collaborazione da parte della comunità ecclesiale, perché un aggiornato patto educativo ci veda convergere nel servizio dei “nostri figli”. Le famiglie ce lo chiedono, e tutti noi dobbiamo aiutarle nel loro primario compito di trasmissione dell’alfabeto della vita.

Non ignoro le difficoltà e le carenze che talvolta impediscono la piena realizzazione dei nostri intenti e, mentre confido nell’azione lungimirante e coraggiosa delle Istituzioni, assicuro da parte dei credenti un supplemento di carica spirituale per guardare al di là degli ostacoli e seminare speranza.

Buon anno, dunque, e arrivederci nelle tante occasioni che avremo per crescere insieme».

+ Antonio Napolioni, Vescovo




“Per una comunità di bambini”, una riflessione di Isabella Guanzini

E’ affidata a Isabella Guanzini, teologa cremonese, sposa e mamma, docente dell’istituto di teologia Fondamentale presso l’Università di Graz, la riflessione durante il Convegno diocesano di apertura dell’anno pastorale 2019/2020 che si svolgerà sabato 21 settembre presso il Seminario vescovile. La studiosa ha scritto sul volume “Dove sono due o tre” dei percorsi pastorali un’introduzione dal titolo “Per una comunità di bambini”, che proponiamo nella versione integrale.

Al termine di un appassionato dialogo con un vecchio professore di cui era ospite, che lo aveva criticato duramente per alcune sue affermazioni un po’ retoriche a riguardo di Dio, Martin Buber dice una cosa sorprendente: «“Vogliamo darci del tu?”. Il colloquio era finito. Poiché dove due sono veramente uniti, lo sono nel nome di Dio».

Qui mi pare emerga non tanto un’idea, quanto un’esperienza fondamentale che riguarda non soltanto la vita della comunità, ma soprattutto l’evento della fede. Dio – dice Buber – avviene, si manifesta, diviene presenza viva quando due persone stanno l’una di fronte all’altra percependo la reciproca presenza e la reciproca alterità, discutendo sull’essenziale senza infingimenti, dicendo le cose come stanno, ascoltando e prendendo sul serio le parole dell’altro. Quando due persone si trovano così, esposte agli sguardi reciproci, impegnate in un colloquio autentico, dandosi del tu – ossia riconoscendosi come soggetti portatori di una dignità assoluta e non come oggetti da persuadere, da dominare o da manipolare -, ecco si apre lo spazio per Dio.

Dio è come l’effetto di relazioni umane significative, così che ogni incontro riuscito lo è sempre nel suo Nome.

Il pensiero espresso da Buber, uno dei massimi rappresentanti dell’ebraismo contemporaneo, è semplice e profondo: il nostro rapporto con l’Altro, con Dio, si gioca nel nostro rapporto con gli altri. Gesù lo aveva già espresso in modo lapidario: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20). Il riunirsi insieme apre un nuovo spazio per la sua presenza, rende ogni volta possibile il suo avvento. Per questo la comunità è lo spazio dove la Parola si realizza: nelle parole e nei gesti fraterni si apre oggi volta uno spazio per Dio, ogni volta che ci diamo del tu con volto scoperto e cuore aperto scopriamo di nuovo di essere figli.

Cosa significa però scoprirsi figli? Per gli adulti la cosa è difficile – l’infanzia è infatti ormai un tempo passato.

Un buon esercizio evangelico è riguardare ogni tanto le nostre foto da piccoli. Osservarle con attenzione, stupirsi di tutto ciò che è poi stato possibile, ma anche impossibile.

Scrutare nei gesti, negli sguardi, negli incontri di allora i segni di ciò che poi sarebbe o non sarebbe stato di noi e degli altri. Tutti siamo infatti stati bambini. Ma molti se ne dimenticano, vivendo come se fossero stati grandi da sempre. C’è una tendenza innata a rimuovere le radici infantili della vita, e questo è un problema serio secondo il Vangelo: «E disse: Amen vi dico, se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli».

Ma cosa significa diventare come bambini? Qual è il senso di questo imperativo, che tocca qualcosa di talmente essenziale da decidere la riuscita di un’intera vita? Nicodemo, nel Vangelo di Giovanni, pone a Gesù una domanda simile, mostrandosi assai disorientato: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?» (Gv 3,4). Cosa vuol dire rinascere di nuovo? Quale è il misterioso rapporto fra lo spirito della fede e lo spirito dell’infanzia? Cosa significa quel «come bambini» che deve fondare lo spirito della comunità secondo il Vangelo? Sarà forse il loro desiderio di sapere, di affidarsi, di restare attaccati alla vita, tipico dei bambini? Sarà forse la loro capacità assoluta di sentire la vita come qualcosa di promettente, di straordinariamente aperto, come fosse una scoperta incessante? Sarà la loro mancanza di disillusione, la loro tenacia nel chiedere, la loro volontà di fare? O sarà forse la loro fede nella bellezza della vita, che è il loro modo proprio di sapere?

Le parole di Gesù a questo proposito sono terribili: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare» (Mc 9,42). Chi turba questa fede nella bellezza della vita uccide lo spirito dell’infanzia e insieme lo spirito del Vangelo. E destina la comunità al suo tramonto.

Restiamo allora riuniti nel suo Nome, come bambini, dandoci del tu.




Istituto degli studi teologici riuniti, a Lodi aperto ufficialmente il nuovo anno accademico

Con l’avvio del nuovo anno pastorale anche il Seminario diocesano ha ripreso la sua attività. Come ogni anno, non solo riprendono per i seminaristi i vari impegni pastorali e comunitari, ma anche il percorso di studi in preparazione al ministero. Lunedì 16 settembre è stata proprio l’occasione e il momento per definire il nuovo anno ormai alle porte e dare il benvenuto agli ultimi arrivati.

Gli anni di Teologia, ovvero quelli compresi tra l’anno di propedeutica e l’anno del diaconato, sono cinque. Divisi in un biennio prettamente filosofico e un triennio che dà maggiore attenzione alle materie teologiche e che preparano al ministero.

Da alcuni anni gli studenti del seminario di Cremona studiano a Lodi dal lunedì al giovedì. Tra il viaggio e le lezioni la scuola impegna l’intera mattinata. A Lodi frequentano i corsi insieme ai seminaristi delle diocesi di Lodi, Crema, Vigevano e Pavia. Gli studenti del biennio sono 10, di cui 6 seminaristi di Cremona. Quelli del triennio 18, con 7 cremonesi.

In mattinata i seminaristi hanno iniziato le lezioni, tenute da docenti delle diocesi coinvolte nell’istituto degli studi teologici riuniti, che comprende le diocesi di Crema, Cremona, Lodi, Vigevano e Pavia.

Se la mattinata ha visto l’occupazione dei seminaristi, il pomeriggio è stato occupato per buona parte del tempo dal collegio docenti, formato appunto dai sacerdoti impegnati nell’insegnamento e dai vescovi Antonio Napolioni (Cremona), Maurizio Malvestiti (Lodi), Maurizio Gervasoni (Vigevano) e Daniele Gianotti (Crema).

Concluso il collegio docenti è stato il momento della celebrazione della Messa, alla quale ha preso parte anche il vescovo di Pavia Corrado Sanguineti, dato che tra i vari studenti degli studi teologici riuniti ci sono anche seminaristi pavesi, unitisi ai corsi l’anno scorso. La Messa, presieduta da mons. Gervasoni, affiancato dagli altri vescovi, è stata celebrata nella cappella superiore del Seminario di Lodi ed è stata l’occasione di affidamento del nuovo anno.

Mons. Gervasoni ha ricordato durante l’omelia l’importanza dell’approccio allo studio, non tanto per essere grandi sapienti, ovvio il sapere è doveroso, ma la sottolineatura fatta è stata quella sull’importanza che ciò che si studia e quindi ci aiuta a comprendere meglio il pensiero cristiano deve avere come scopo l’avvicinamento a Lui. Ha poi continuato mons. Gervasoni: «Qualcosa dunque che ci debba cambiare, che ci faccia interrogare dal profondo. Questo non sia acquisizione di competenze o saggezza in senso generale, ma sia l’opportunità per verificare fino a che punto quella Parola è rivolta a voi». Un invito chiaro e deciso quello del vescovo di Pavia, che ha sottolineato più volte l’importanza allo studio che alla base deve avere una domanda che ciascuno si pone e un obiettivo al quale aspira.

Al termine della celebrazione il momento informale della cena ha permesso quindi di trascorrere del tempo tra i vari insegnanti e seminaristi, di solito abituati a vedersi solo nelle ore di lezione.

Inizia quindi un nuovo anno di studio, conoscenza e ricerca, consapevoli dell’importanza che ha per ciascuno di noi, e per il nostro futuro.




Il 19 settembre a Caravaggio la V Giornata regionale dei sacerdoti anziani e ammalati

Giovedì 19 settembre, presso il Santuario di Caravaggio, si terrà, per la quinta volta, l’incontro di amicizia e preghiera dei vescovi lombardi insieme ai sacerdoti anziani e malati delle diocesi di tutta la ragione. L’evento, promosso dalla Conferenza episcopale lombarda in concomitanza con la riunione periodica, si svolge in sinergia e con il supporto dell’Unitalsi.

L’incontro è aperto non solo ai preti diocesani, ma anche ai sacerdoti appartenenti alle famiglie religiose operanti sul territorio lombardo o ospiti di case di riposo. Una occasione che intende favorire la piena comunione tra tutti i presbiteri con i propri vescovi e i confratelli.

Ormai consolidato il programma della giornata che prevede l’accoglienza dei partecipanti a partire dalle ore 10. Alle 11 presso il Centro di spiritualità del Santuario vi sarà la preparazione alla liturgia.
 La partenza della processione verso il Santuario recitando il Rosario sarà alle 11.30 in modo da rendere possibile alle 11.45 la celebrazione eucaristica in basilica presieduta dall’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, e concelebrata dai Vescovi lombardi.
 La mattinata si concluderà alle 13 con il pranzo conviviale presso il refettorio del Centro di spiritualità
 (congedo per le 15).

Come sempre l’Unitalsi Lombarda provvederà ad assicurare l’assistenza ai sacerdoti che confluiranno a questo incontro di fraternità e preghiera.

Per informazioni i sacerdoti cremonesi possono contattare l’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute scrivendo a salute@diocesidicremona.it o contattando il 349-1695461.

Locandina dell’evento (pdf)            Scheda di iscrizione (docx)




A Caravaggio affidato a Maria il nuovo cammino pastorale nel segno della cura (VIDEO e FOTO)

Con la celebrazione eucaristica di domenica 22 settembre, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni presso il santuario di Santa Maria del Fonte presso Caravaggio, è stato solennemente inaugurato il nuovo anno pastorale della Diocesi di Cremona. L’avvio era stato dato, nella giornata precedente, dal convegno diocesano, tenutosi presso il Seminario Vescovile, che ha tematizzato, grazie alla riflessione della professoressa Isabella Guanzini, l’esperienza comunitaria della fede cristiana. Clicca qui per saperne di più

Sulla stessa lunghezza d’onda si è sviluppata l’omelia proposta dal Vescovo durante la Messa presso il santuario di Caravaggio. Il pastore della Chiesa cremonese ha declinato, su più fronti, la dinamica della cura, mantendendo sempre uno sguardo sociale e comunitario.

Dapprima, partendo dalla liturgia del giorno, si è soffermato sulla cura che l’uomo deve avere per ciò che lo circonda, «per quel creato che Dio ci ha affidato e di cui ci ha chiesto di essere amministratori», senza dimenticare che, per ciascuno, «vale l’invito a custodire l’ambiente anche in vista di chi verrà dopo di noi, investendo sull’educazione dei più giovani e delle generazioni future». Quella citata dal Vescovo non vuole porsi semplicemente come una riflessione ecologica, ma come «preoccupazione di chi sa che tutto ciò che lo circonda gli è stato donato e che, egli stesso, è chiamato a ri-donare a propria volta».

La seconda declinazione della cura che il vescovo Napolioni ha invitato a tener presente è quella del prossimo. Rifacendosi al punto precedente, ha sottolineato l’importanza della vita comunitaria invocando per ciascuno «il dono della pace, che non può essere privilegio esclusivo di alcuni eletti, ma condizione universale entro cui tutti possano rispecchiarsi». Affinché questo accada «è necessario riscoprire l’amore per il prossimo, non semplicemente come atto di generosità, ma con la volontà di mettere in circolo quell’amore di cui ogni uomo è destinatario: l’amore di Dio; solo così sarà possibile amare Dio per amare il prossimo».

Infine il Vescovo ha voluto porre l’attenzione sulla cura per la vita, «in ciascuna delle sue forme, specialmente le più fragili». «Ogni cristiano ha il dovere di farsi carico della vita, di non sentirsene padrone, di accompagnare chi vive il dolore in prima persona – ha insistito Napolioni – perché ogni istante è prezioso, è dono da non sprecare per tutta la comuità».

Maria è stata presa come «esempio e modello per la vita di ogni cristiano e per la Chiesa intera, perché ha saputo declinare, come madre e discepola, la cura per tutto ciò che le è stato affidato», ed a lei il Vescovo ha affidato la diocesi di Cremona, di cui, insieme a s. Omobono, è co-patrona.

La celebrazione, che si è svolta all’interno della basilica del santuario a causa del maltempo, è stata concelebrata dal vescovo emerito Dante Lafranconi e dai numerosi sacerdoti presenti, che hanno accompagnato le proprie comunità parrocchiali.

Come da tradizione, la partecipazione è stata corposa e vivace, anche grazie alla presenza dei volontari dell’Unitalsi che hanno permesso a molti ammalati e anziani di essere presenti.

L’anno pastorale della Diocesi di Cremona ha dunque preso il via nel segno della riflessione comunitaria, affidandosi a Maria che della comunità cristiana è madre e compagna di viaggio.

 

La photogallery della celebrazione

 




Il vescovo Enrico Assi tra carità e comunità

Quando il vescovo Fiorino Tagliaferri fu trasferito a Roma (1983) dopo un solo lustro di episcopato che faceva seguito all’altro breve episcopato di Giuseppe Amari, un prete di alto rango commentò: «Non penseranno adesso di mandarci Assi!», adombrando nella figura del prelato milanese, ausiliare di Martini, un profilo di modesto spessore, un curiale, grigio esecutore di direttive altrui. Il timore si avverò, ma, in realtà, il vescovo Enrico Assi mostrò subito, ad onta di un fisico gracile e di una voce non stentorea, di quale tempra fosse fatto. Aveva le idee chiare, capacità di visione, energia pastorale, esperienza temprata, solida concretezza ambrosiana. Fu puntuale e limpido nella dottrina, intraprendente e sedulo nella carità, valori che ne plasmarono e orientarono il servizio episcopale a Cremona.

Ricordarlo oggi non è solo per convenienza memoriale – ricorre quest’anno il centenario della nascita (Vimercate, 19 luglio 1919) e il 16 settembre, 27 anni dalla morte – ma per restituire dignità di storia ad una testimonianza episcopale autorevole, sottratta ad un ingeneroso oblio.

Da poco entrato in diocesi – 1985 – dal santuario di Caravaggio, luogo mariano amatissimo, nella festa dell’Ascensione ebbe a dire: «Credere nella vittoria della Grazia di Dio in un mondo in cui la dimenticanza di Dio riempie il cuore degli uomini di tristezza e solitudine, di violenza e corruzione», un pensiero centrale e ricapitolativo a fondamento di una fede cristocentrica, germe fecondo di autentica liberazione. Il suo servizio, senza risparmio di energie, poggia su questa generatività che introduce un secondo tema: la responsabilità dei cristiani. Se il mondo, la società, la cultura si disumanizzano, i cristiani non possono girare la testa da un’altra parte. L’incarnazione, Dio che si fa uomo, è cosa seria, i cristiani non possono «stare sul balcone», come dice oggi papa Francesco. E così diceva il vescovo Enrico in quegli anni dell’euforia libertaria, dell’individualismo senza limiti che intaccava non solo le grandi narrazioni ma pure il pavimento etico della società. Prete dal 1943, ordinato dal cardinal Schuster, insegnò Lettere classiche nel Seminario di Seveso.

Attivo nella Resistenza cattolica, incarcerato due volte dai fascisti di Salò, si rammaricò di non aver saputo impedire, per un ritardo, l’esecuzione sommaria di Roberto Farinacci a Vimercate, suo paese natale.

Da vescovo di Cremona, in un convegno del 1985, tracciò con rigore di storico e passione di testimone, le linee portanti e fondative della Resistenza cattolica. In quel drammatico frangente storico maturò una significativa sensibilità etico politica che mantenne vigilante per tutta la vita. Fu anche, per breve tempo, consigliere comunale, con una deroga speciale dell’arcivescovo. Fu assistente diocesano della Gioventù femminile di Azione Cattolica, poi prevosto a Lecco nel 1962.

Nominato Vescovo nel 1975, fu ausiliare del cardinal Colombo e poi del cardinal Martini con l’incarico di “Moderator Curiae”. Nei nove anni di episcopato cremonese, detto in rapida sintesi, due opere sono e restano icone esemplari della sua costruttività pastorale: la Casa dell’accoglienza (1988) vera e propria cittadella per l’accoglienza degli ultimi e il Centro Pastorale “Maria Sedes Sapientiae” (1990) per un progetto di pastorale integrato, innovativo e formativo. Nel 1996 indisse la visita pastorale “Evento di Grazia”.

Nella Festa di Pentecoste del 1989 annunciò il Sinodo. Fummo testimoni dell’alacrità e della sollecitudine personale con cui preparò e seguì la fase ante preparatoria. Per la morte del vescovo il Sinodo fu poi portato a termine dal successore, il vescovo Giulio Nicolini. Nell’ordinarietà della vita diocesana il vescovo Enrico esprimeva costante attenzione al rinnovamento delle strutture pastorali in modo particolare la parrocchia, gli oratori. Era prossimo ai preti e incontrava volentieri i laici impegnati, desideroso di ascoltare, conoscere, condividere valutazioni e discernimenti in colloqui in cui traspariva la determinazione dell’uomo di governo e la luce dell’uomo di preghiera. L’ultimo suo atto fu la visita a Cremona di Giovanni Paolo II (21 giugno 1992). La preparò e attuò con somma cura e dedizione. Quella che doveva essere l’apogeo dell’episcopato divenne, la sera stessa del saluto di congedo al Pontefice, propedeutica di Calvario. È Dio che dispone i tempi e i giorni dell’uomo. Anche questa fu una grande lezione.

Il vescovo Enrico entrò nella Pasqua senza fine il 16 settembre 1992.

Franco Verdi




Ad Atene l’incontro con l’arcivescovo Rossolatos, pastore di comunità in minoranza impegnata nel dialogo con i greco-ortodossi (AUDIO e FOTO)

Si è concluso domenica 8 settembre il pellegrinaggio diocesano in Grecia, guidato dal vescovo Antonio Napolioni. Un viaggio  partecipato (83 i fedeli presenti, sette i sacerdoti) che si è snodato tra i luoghi legati a stretto filo con la figura di San Paolo.

«È stato un fare memoria dei primi passi del cristianesimo in terra europea – ha sottolineato Napolioni -. Ad Atene abbiamo incontrato diverse culture, la filosofia, i classici e persino lì san Paolo riuscì ad incontrare uomini e donne del suo tempo e portare loro il Vangelo. Da lì si è diffusa la fede cristiana».

Il vescovo ha poi celebrato due Messe, una nella cattedrale di San Dionigi l’Aeropagita ad Atene e una nell’antica Corinto.

«Paolo scrisse ben due lettere a questa comunità, una comunità complessa così simile alle nostre comunità di oggi: tentata da divisioni, succube di una mentalità dominante incapace di tener fede al messaggio ricevuto».

Nella capitale greca i pellegrini cremonesi hanno anche incontrato l’arcivescovo cattolico Sevastianos Rossolatos, che con semplicità e schiettezza ha tratteggiato la vita della minoranza cattolica (circa 20mila in tutto il Paese) che vive divisa in sei diocesi. «Una minoranza però impegnata nel dialogo con i greco-ortodossi e decisa a non lasciar cadere il messaggio cristiano in una società sempre più indifferente a una fede trasmessa per tradizione ma non più realmente sentita come viva», ha raccontato ancora mons. Napolioni.

L’intervento dell’arcivescovo Sevastianos Rossolatos

Snodatosi tra Filippi, Tessalonica, Corinto, Kerala, Atene passando per le Meteore e le Termophili (queste sono solo alcune delle tappe) il pellegrinaggio è stato un momento straordinario di condivisione e un’occasione per riprendere coscienza ancora una volta della grandezza della storia cristiana. Oggi come allora.

Maria Acqua Simi

 

Cronaca della prima parte del pellegrinaggio

 

Photogallery:

– prima parte del pellegrinaggio
– seconda del pellegrinaggio
Si ringrazia Simone Rigamonti per la collaborazione

 

 

Omelia martedì 3 settembre – Battistero di Lidia

Omelia mercoledì 4 settembre – Veria

Omelia giovedì 5 settembre – Meteore

Omelia venerdì 6 settembre – Chiesa di S. Dionisio (Atene)audio non disponibile

 

Omelia sabato 7 settembre – Sito archeologico del Canale di Corinto

Omelia domenica 8 settembre – Chiesa dei Frati Cappuccini (Atene)

saluto del padre Cappuccino




“Medice cura te ipsum”: la cura di sé per meglio curare

“Medice cura te ipsum” (medico cura te stesso). Questa frase latina, che apre il titolo del nuovo percorso formativo promosso dall’Ufficio  adiocesano per la Pastorale della salute, è ripresa dal vangelo di Luca, citata da Gesù interpretando il pensiero dei giudei diffidenti che lo stavano ascoltando. Era un proverbio usato comunemente per dire: prima di voler insegnare qualcosa agli altri e di correggere i loro difetti dimostraci che tu hai eliminati i tuoi.

Nel contesto attuale, invece, assume un altro significato, esplicitato nella seconda parte del titolo: se vogliamo curare gli altri prima dobbiamo prenderci cura di noi stessi. Così si legge in un passaggio della Carta di Ottawa (1986):

La salute viene creata e vissuta dagli individui nella sfera della loro quotidianità, là dove si gioca, si impara, si lavora, si ama. La salute nasce dalla cura di sé stessi e degli altri, dalla possibilità di prendere decisioni autonome e di poter controllare la propria condizione di vita, come pure dal fatto che la società in cui si vive consenta di creare le condizioni necessarie a garantire la salute a tutti i suoi cittadini.

Il percorso ha l’ardire di far prendere contatto con se stessi, soprattutto con la propria dimensione emotiva e spirituale, per sapersi conoscere, sapersi accettare e quindi sapersi relazionare con l’altro con maggiore comprensione e umanità.

 

Programma

  • 26 settembre: Conosci te stesso – dott.ssa Claudia Finocchiaro
  • 24 ottobre: Prenditi cura di te – padre Luciano Sandrin
  • 14 novembre: Mi prendo cura di te – dott.ssa Alessandra Petruzzi
  • 5 dicembre: Il dialogo che cura – suor Adriana Nardin

Tutti i corsi si terranno presso l’aula magna “Magda Carutti” dell’Ospedale di Cremona dalle ore 17.30 alle 19.30.

 

Modalità di iscrizione tramite il sito internet www.asst-cremona.it con possibilità di crediti formativi.

Ulteriori informazioni contattando l’U.O.S. Formazione ASST di Cremona (Padiglione n. 4 – Viale Concordia, 1 – Tel. 0372405185 – Fax : 0372405543 email: segreteria.formazione@asst-cremona.it).

 

Brochure informativa                Locandina del corso