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Un anno dalla morte di padre Alessandro Parmiggiani

Entrare nel mistero di una vita interamente dedicata a Dio è sempre molto difficile; neppure ci voglio provare. Il dono di sé al Signore si snoda su sentieri inconsueti e poco conosciuti; per usare un’immagine di colore sarebbe come entrare in una bella chiesa e mentre si rimane soli, nel silenzio, avere la sottile percezione dell’ombra di Dio, il fascino del Suo mistero. Ma Lui, Dio, rimane conforto a noi nascosto.

Padre Sandro aveva donato la sua vita a Cristo. A un anno dalla sua morte mi è sembrato doveroso ricordarlo e unirmi al dolore ancora vivo nella comunità dei saveriani, tra i suoi confratelli, tra i cristiani che lo hanno conosciuto, tra i suoi familiari, tra i viadanesi. Viadana è il territorio dove lui è nato e dove ha vissuto la sua prima adolescenza.

L’avevo incontrato la prima volta nel seminario di Cremona intorno agli anni ‘50. Eravamo molto diversi tra noi, neppure avevamo le stesse opinioni su tante cose, ma il dialogo correva sempre senza alcuna resistenza. Siamo diventati amici. Ci volevamo bene.

Sandro era molto sincero; era persona trasparente, piuttosto laico nel portamento, allegro e un po burlone. Viveva il seguito di Cristo con la fede e l’entusiasmo di chi viveva una grande avventura piena di libertà e di rischio. Fisicamente era forte come una quercia e di questo lui ne era fiero, tanto che, durante il tempo libero, si divertiva a misurarsi con noi con la forza delle sue braccia.

Nel 1957, insieme ad alcuni suoi amici, lasciò il Seminario ed entrò nell’Istituto Saveriano di S. Pietro in Vincoli (Ravenna). Noi, i suoi compagni, ne abbiamo sentito la mancanza per tanto tempo; ci sembrava che ci avesse superato in entusiasmo e nella decisione di seguire la propria vocazione missionaria.

Era nato nel 1935; nel territorio viadanese aveva piantato le sue radici culturali e religiose; tornava spesso nella sua piccola parrocchia di Salina dove viveva il contatto con la sua gente e partecipava alle buone tradizioni religiose. Viadana conosceva da tempo la comunità e lo spirito dei missionari Saveriani. Era viadanese anche padre Piero Sartorio, ancora oggi ricordato con affetto.

Parma era da sempre la città simbolo dei saveriani e ancora oggi è così; in questa città ancora oggi c’è la loro casa madre; gli abitanti do Parma seguivano con interesse le iniziative missionarie e offrivano il loro sostegno spirituale ed economico. Ricordo tra loro con stima padre Amato Dagnino, maestro spirituale riconosciuto ed apprezzato.

In Pakistan padre Sandro visse la sua prima missione. Il Bangladesh aveva un elevato tasso di povertà, era abitato dal 98% di islamici e il 9% di induisti. Studiò la lingua del posto, lavorò con entusiasmo nella parrocchia di Satkira ed era felice. La missione era il respiro della sua anima. In quella regione è ancora ricordato come un coraggioso testimone del Vangelo.

Si può immaginare quanto grande fosse il suo dolore quando, a soli 28 anni, mentre si dedicava a quella gente, fu sorpreso da un infarto al miocardio. Fu costretto a tornare in Europa e in Italia. Non si è dato per vinto:con lo stesso fervore continuò a seguire i centri di formazione culturale e spirituale dei giovani che si preparavano alla loro missione pastorale .

Grande fu la sua emozione quando, già anziano, gli fu concesso di tornare per pochi giorni in Bangladesh; voleva vedere la sua vecchia parrocchia e incontrare i cristiani che aveva conosciuto. Era l’uomo del cuore.

Sandro era la persona che viveva il dono di sé, con la poesia di un bel sogno, ma era altrettanto capace di affrontare le dure prove che lo facevano soffrire . Non si allontanava mai dalle cose vere anche quando erano difficili , le incontrava anzi nel loro aspetto più positivo.

Abitò per diversi anni anche a Cremona nella casa saveriana di via Bonomelli e si impegnò instancabilmente nella animazione missionaria in Diocesi. Appena poteva, tornava nella sua parrocchia di origine a Salina per celebrare la messa domenicale.

Ci ha lasciato il 5 aprile del 2020. La data, quest’anno, cade il lunedì di Pasqua, tempo liturgico della speranza che ci invita a sentirlo in viaggio verso l’eterno. Noi crediamo che il Signore possa accoglierlo nella Sua pace.

mons. Floriano Danini
parroco emerito di Viadana




A Vitorchiano la professione solenne di suor Maria Carolina Omodei

In un mondo scombussolato da un virus invisibile, c’è chi non smette di vivere e donare la propria vita. Lo sa bene la comunità delle monache trappiste di Vitorchiano, che nella mattinata del 19 marzo, nella solennità di San Giuseppe, era in festa per la professione solenne di Irene Omodei, oggi suor Maria Carolina. Cremonese, classe 1986, originaria della parrocchia di Bonemerse, la giovane monaca nasce in una famiglia numerosa, vivace e ricca di fede, segnata però dalla prematura scomparsa della mamma Chiara.

Irene cresce sostenuta dalla compagnia di Comunione e Liberazione, movimento nel quale si riconosce e dove si spende creando una fitta rete di amicizie in mezzo mondo. Amante del bel canto (ha fatto parte del coro parrocchiale di Bonemerse, diretto dalla zia Ilaria Geroldi), ha sempre avuto un’attenzione particolare per i bambini e i ragazzi, specie quelli più in difficoltà.

La sua scelta vocazionale matura nel tempo, dopo gli anni intensi dell’Università Cattolica di Milano e dopo un’esperienza di insegnamento in Colombia che la segna profondamente.

Nel dialogo con alcuni amici sacerdoti, tra i quali in particolare don Cesare Zaffanella, e con alcune monache di clausura, intuisce che è attraverso il lavoro, il silenzio e la preghiera che può compiersi il desiderio di essere felice che ha sempre cercato e desiderato. Non una fuga dal mondo, anzi. Un modo di essere ancor più dentro il mondo che passa dal fare le marmellate, curare i campi e l’orto o la realizzazione di immagini sacre e poi nel silenzio, nell’obbedienza, nella castità e nella preghiera e nella correzione fraterna.

Così, rientrata da Bogotà, decide di entrare in monastero seguendo una delle sue più care amiche di Cremona, Maria Chiara Bruschi (oggi suor Maria Giulia) che poco tempo prima aveva fatto lo stesso. In monastero, luogo che pure conosceva da anni, scopre una realtà nuova, ben lontana dalla vulgata comune secondo la quale le suore si chiudono tra quattro mura per sfuggire alle pressioni esterne. Tutt’altro: sono anni di scoperte di sé, di dialoghi, di nuove amicizie e di una profondità che rende ancora più belli i rapporti anche con chi è rimasto “fuori”. Una ricchezza grande. Questo è evidente a chiunque varchi il cancello del monastero, che ogni anno accoglie nuove entrate e che proprio nei mesi scorsi ha dato vita a una nuova Fondazione in Portogallo (l’ottava).

   

In foto due momenti della professione solenne, nella Messa presieduta da padre Loris Maria Tomassini, abate del Monastero Cistercense della Stretta Osservanza di Frattocchie a Roma

Negli anni proprio il grande numero di vocazioni, in controtendenza rispetto ad altre realtà simili, ha portato Vitorchiano ad aprire nuove fondazioni trappiste in Argentina, Cile, Venezuela, Indonesia, Filippine, Repubblica Ceca, Congo. Misteriosamente, e con la grazia di Dio, il carisma benedettino continua a generare e l’amicizia speciale con tanti cremonesi lo conferma. Del resto suor Maria Carolina è solo l’ultima di una lunga serie di giovani cremonesi che hanno scelto l’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza per il proprio cammino di conversione e incontro con Dio.




Suore della Beata Vergine, il 4 marzo i funerali di madre Saveria Pozzecco

Con la preghiera sulle labbra e nel cuore, il 2 marzo si è spenta madre Saveria Pozzecco. La religiosa delle Suore della Beata Vergine di Cremona, 93 anni, si è dedicata all’insegnamento di storia e filosofia nel Liceo linguistico di via Cavallotti, che in seguito ha diretto per lunghi anni come preside.

Affabile e gentile nei modi, ma anche rigorosa nell’esigere impegno e rispetto delle regole, ha formato con intelligenza e lungimiranza generazioni di studenti desiderosi di aprirsi al futuro con umanità e buona preparazione culturale.

Madre Saveria ha organizzato i primi viaggi di vacanze studio nei maggiori Paesi europei per l’apprendimento delle lingue straniere, valorizzando negli studenti il desiderio di conoscere, di progettare e di partecipare con libertà e responsabilità alla vita culturale e sociale per una vera crescita umana.

Nell’ambito della Congregazione, ha ricoperto ruoli importanti come vicaria e consigliera generale. Si è dedicata anche alle missioni della Beata Vergine nello Sri Lanka e nel Kenia dove sorgono scuole e dispensari che garantiscono un futuro più equilibrato alla popolazione.

Istriana, era entrata in collegio a Trieste, dove le suore della Beata Vergine svolgono la loro missione educativa fin dal 1922. Lì ha frequentato tutte le scuole fino alle superiori, per poi laurearsi in Storia e Filosofia. Lo scorso anno aveva festeggiato il 70esimo di professione religiosa.

Durante tutta la sua vita ha saputo trasfondere nei giovani la sua ricchezza interiore incitandoli ad avere fiducia nella vita e speranza nel futuro. Il suo passaporto per il Cielo: le sue opere.

I funerali saranno celebrati giovedì 4 marzo alle 11 nella cappella del Collegio della Beata Vergine, a Cremona.




L’abbazia benedettina di Praglia in lutto per la scomparsa di padre Paolo Fassera

Sabato 20 febbraio è deceduto presso l’abbazia benedettina di Praglia padre Paolo Fassera, originario di Isola Dovarese, dove era nato il 9 marzo 1940.

Padre Fassera, che ha emesso la sua professione monastica a Praglia l’11 luglio 1967, era stato

ordinato sacerdote il 1° luglio 1973. Durante il suo ministero ha ricoperto cariche di rilievo come quella di procuratore generale della Congregazione sublacense, tra il 2001 e il 2004.

La comunità Benedettina di Praglia conta complessivamente una 40ina di membri, la maggior parte di loro vive stabilmente a Praglia mentre dieci prestano servizio nelle nelle tre case dipendenti (San Giorgio Maggiore di Venezia, Monte della Madonna di Teolo, Sadhu Benedict Math in Bangladesh), due presso la Curia Generalizia della Congregazione Sublacense-Cassinese a Roma, dove un monaco è professore di Teologia all’Ateneo di Sant’Anselmo.




Un video su san Francesco Spinelli, di cui il 6 febbraio ricorre la memoria (VIDEO)

Sono passati ormai più di due anni dalla canonizzazione di padre Francesco Spinelli, il fondatore delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda, avvenuta il 14 ottobre 2018 in Piazza San Pietro. Sabato 6 febbraio, in occasione della sua festa liturgica, un nuovo video, realizzato da TeleRadio Cremona Cittanova, vuole riproporre la figura del Santo.

Attraverso la vita, le parole e l’esperienza accumulata in novant’anni di vita da una suora Adoratrice, suor Tecla Rosa, il carisma di don Francesco viene presentato come un segno vivo per la Chiesa di oggi.

L’abile intreccio tra la biografia del fondatore delle Adoratrici e la vicenda umana di suor Tecla narra come ancora oggi, a distanza di quasi 150 anni, il dono consegnato alla Chiesa nella figura del prete bergamasco, poi adottato dalla diocesi di Cremona, ha ancora molto da dire. Per l’oggi e per il domani il dono della adorazione-carità parla al cuore di uomini e donne che vogliono mettere al centro della loro vita l’Eucaristia come incontro e come stile.

Un video semplice, che non ha la pretesa di essere una inedita novità, ma che, proprio nel suo carattere di vicinanza all’ordinarietà, è immediato e diretto. La vita dei santi non è data per se stessa, ma perché diventi seme gettato nel solco della storia dell’umanità. Altri, attingendo al loro esempio e alla loro intercessione, continueranno lo stesso cammino dietro al Maestro. Suor Tecla e Federico Benna, due volti per dare voce a un’unica storia: quella di un santo, che non cessa di ripetere alla Chiesa: “adorate, attingete, servite”. È la pienezza di una vita accolta, condivisa, donata fino alla fine. Per essere pane spezzato per la vita del mondo.

Il video, nato da un’idea di don Enrico Maggi, realizzato con le riprese di Stefano Priori e prodotto da TeleRadio Cremona Cittanova, sarà disponibile – dal pomeriggio di sabato 6 febbraio – sul sito internet dell’Istituto delle Suore Adoratrici www.suoreadoratrici.com.

 

La ricorrenza di san Francesco Spinelli

L’attuale situazione di emergenza non permette di celebrarne con la consueta solennità la memoria liturgica del fondatore delle Adoratrici che, tuttavia, desiderano condividere alcuni momenti di preghiera anche con coloro che, restando nelle proprie case, potranno vivere in comunione

Mercoledì 3 febbraio si è svolta la tradizionale “giornata sacerdotale”, pregando per tutti i sacerdoti; giovedì 4 giornata mariana con la preghiera del Rosario meditato. Venerdì 5 febbraio alle 20.30 adorazione eucaristica presso la parrocchia di Rivolta d’Adda, dove sabato 6 febbraio alle 8.30 vi sarà la solenne celebrazione eucaristica nella festa del fondatore delle Adoratrici

 

6 FEBBRAIO
San Francesco Spinelli, sacerdote (memoria)
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Melodie per la Liturgia delle Ore




«Testimoni fino in fondo», la Messa in Cattedrale nella Giornata per la Vita consacrata

Come ogni anno, il 2 febbraio ricorre la Giornata mondiale della vita consacrata, quest’anno nella sua 25ª edizione. Un giorno di festa per riflettere su questa speciale vocazione nella Chiesa e nel mondo e, per i consacrati, un modo per fare memoria e rinnovare la fedeltà alla chiamata. In questo contesto alle ore 18 in Cattedrale il vescovo Antonio Napolioni ha celebrato l’Eucaristia alla presenza di molti religiosi e religiose che operano sul territorio diocesano.

«Oggi per noi è un giorno di ringraziamento per la vita consacrata, un momento di gratitudine al Signore per uomini e donne che ne sono testimoni fino in fondo. Sia dato anche a noi di riconoscere Dio in ogni esperienza umana, a partire da questa Eucarestia», ha esordito il vescovo all’inizio della celebrazione, che si è aperta con la tradizionale benedizione delle candele.

Durante l’omelia, mons. Napolioni, ha esordito: «Il Vangelo che abbiamo accolto per grazia di Dio, anche quest’anno ci fa fissare lo sguardo non sulla cornice (Simeone, Anna, Maria, Giuseppe) ma su Gesù. Contempliamo il Bambino che incarna il Figlio di Dio e offre a tutti noi il modello dell’uomo perfetto e dunque l’identità vocazionale vera, profonda, radicale a cui attingere. Gesù è certamente un laico, è cresciuto a Nazareth, tra la gente, ha lavorato con il padre e poi ha lasciato la famiglia per una missione che non si è caratterizzata secondo i canoni sacerdotali dell’epoca… tanto da essere rifiutato. È nato fuori dall’albergo, è morto povero tra i poveri proprio per dire a ogni membro del popolo di Dio quanto la Sua vita e quanto la vita di ognuno di noi sia innestata in Lui».

Ancora: «Ogni discepolo del Signore è innanzitutto colui che cerca di vivere in Cristo e lo segue. La prima tessera del mosaico della Chiesa è questa: siamo il popolo di Dio. Siamo tutti nati laici, e tutti dobbiamo avere una grande stima non per la sezione laicale della comunità ma per la natura battesimale della nostra esperienza di fede. Su questa radice fiorisce la nostra vita consacrata». Il vescovo ha ricordato poi che se nel laicato brilla la vocazione al matrimonio e alla famiglia, dove Cristo fa da faro della santità coniugale, è innegabile che ci sia stata una fioritura di santi anche nei carismi e nella vita consacrata. Ma, ha ricordato, «sono tutti frutti dell’unico chicco di grano marcito in terra per salvare tutti noi».

«Noi siamo piccoli frammenti di questa grande realtà, che quel Bambino rende presente nel Tempio a dire “ora c’è un nuovo tempio, la mia Presenza in ogni uomo, in ogni tempo, fino all’eternità”. Dobbiamo ricordarci questo per non affogare nei nostri calcoli che non tornano mai». Monsignor Napolioni ha poi ricordato come in entrambe le letture si presenti più volte il verbo “offrire”.

«Tutti gli amici di Gesù sono chiamati ad offrire, parlo dell’offerta di sé. Come quella di Gesù sul Calvario. Finché ciascuno di noi non scopre che la propria realizzazione si compie nel dono di sé siamo infelici. La vita cristiana, anche dei consacrati, è una lotta, impegnata ed esigente. Ma cosa vince? La resa. Un’offerta non nel segno dell’eroe, ma dello sconfitto. È una resa d’amore, una piccolezza benedetta perché scelta da Dio come luogo in cui manifestarsi». Conclude il vescovo: «Siamo in un tempo in cui di fronte a tutte le nostre opere c’è il segno “meno”. Facciamo una promessa stasera? Proviamo a rinunciare all’aritmetica vocazionale? Non ci serve contare sempre i numeri (le case, le scuole, le parrocchie…) ma chi ci segue tra i giovani se dovessero percepire che ci guida quest’ansia dei numeri o delle posizioni da tenere? La carne di Gesù è ogni uomo che vive. Ogni parola che ci scambiamo, ogni gesto che ci è dato di compiere nel Suo nome. Questa libertà ci impegnerà nella maniera giusta. Perché l’aritmetica del Signore prevede solo due numeri: uno e tutti. Uno e infinito. Dobbiamo essere fecondi e in un tempo di grande sterilità la preghiera, il servizio agli ultimi e la comunione tra noi non ci faranno mancare la fecondità che il Signore ha promesso».

La celebrazione si è conclusa con una speciale invocazione per i consacrati e il ricordo dei più significativi anniversari di professione:

  • 25° di professione religiosa: suor Daniela Lazzaroni, suor Louise Sarr, suor Sumithra  Costa;
  • 50° di professione religiosa: padre Virginio Bebber;
  • 60° di professione religiosa: madre Amalia Sartori, suor Maria Teresa Nava, suor Silvana Ventura, suor Raffaella Pastoressa, suor Gabriella Guggeri;
  • 70° di professione religiosa: suor Saveria Pozzecco, suor Adeodata Raimondi, suor Angelina Zof, suor Annunciata Adani, suor Giustina Pozzi, suor Paolina Brambilla.

La fotogallery della celebrazione

 

 




Martedì 2 febbraio in Cattedrale e in diretta web la Messa per la Giornata della vita consacrata

Martedì 2 febbraio ricorre, come ogni anno, la festa della Presentazione del Signore e in tutta la Chiesa si celebra la Giornata della vita consacrata. L’appuntamento sarà vissuto anche in diocesi di Cremona con la Messa presieduta dal vescovo Antonio Napolioni alle 18 in Cattedrale alla presenza delle religiose e i religiosi degli Istituti che prestano servizio sul territorio.

La “zona gialla” attiva dal 1° febbraio permetterà ai consacrati sparsi su tutto il territorio diocesano di raggiungere la Cattedrale, che sarà aperta anche a tutti coloro che vorranno partecipare alla celebrazione ed esprimere così la propria vicinanza e riconoscenza a quanti hanno deciso di mettere la propria vita a servizio della Chiesa.

La celebrazione potrà essere seguita anche in diretta sui canali web della diocesi (il nostro portale e i social ufficiali: la pagina facebook e il canale youtube), permettendo così a tutti di vivere questo momento in comunione spirituale con tutti i consacrati e le consacrate.

La giornata come tradizione sarà occasione per ricordare i più significativi anniversari di professione:

Anniversari di Professione Religiosa 2021

  • 25° di professione religiosa: suor Daniela Lazzaroni, suor Louise Sarr, suor Sumithra  Costa;
  • 50° di professione religiosa: padre Virginio Bebber;
  • 60° di professione religiosa: madre Amalia Sartori, suor Maria Teresa Nava, suor Silvana Ventura, suor Raffaella Pastoressa, suor Gabriella Guggeri;
  • 70° di professione religiosa: suor Saveria Pozzecco, suor Adeodata Raimondi, suor Angelina Zof, suor Annunciata Adani, suor Giustina Pozzi, suor Paolina Brambilla.

 


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Il 24 gennaio al monastero della Visitazione di Soresina festa per il fondatore san Francesco di Sales

Nonostante la “zona rossa”, il 24 gennaio sarà comunque una giornata di festa al Monastero della Visitazione di Soresina. L’occasione è la ricorrenza liturgica di san Francesco di Sales, il vescovo di Ginevra che il 6 giugno 1610 ad Annecy, in Francia, fondò l’ordine monastico visitandino scegliendo come prima guida Giovanna Francesca Frémyot di Chantal.

A motivo della situazione contingente e delle disposizioni anticontagio non sono previsti particolari eventi (da tempo la Messa domenicale delle 8 si svolge a porte chiuse), se non la celebrazione del Vespro alle ore 16 presieduta dal parroco don Angelo Piccinelli e a cui sarà permessa la partecipazione dei fedeli secondo i criteri di spostamento autorizzati e i protocolli in vigore per le celebrazioni.

Durante la celebrazione si pregherà in modo particolare per i giornalisti e gli operatori della comunicazione di cui San Francesco di Sales è patrono.

 

Biografia di San Francesco di Sales

Nato a Thorens il 21 agosto 1567, concluse a Lione i suoi giorni, consunto dalle fatiche apostoliche, il 28 dicembre del 1622, l’anno della canonizzazione di San Filippo Neri, che Francesco conosceva attraverso la Vita scritta dal Gallonio, a lui inviata dall’amico Giovanni Giovenale Ancina. Iscritto nell’albo dei Beati nel 1661, fu canonizzato nel 1665 e proclamato Dottore della Chiesa nel 1887 da Leone XIII.

Francesco di Sales si formò alla cultura classica e filosofica alla scuola dei Gesuiti, ricevendo al tempo stesso una solida base di vita spirituale. Il padre, che sognava per lui una brillante carriera giuridica, lo mandò all’università di Padova, dove Francesco si laureò, ma dove pure portò a maturazione la vocazione sacerdotale. Ordinato il 18 dicembre 1593, fu inviato nella regione del Chablais, dominata dal Calvinismo, e si dedicò soprattutto alla predicazione, scegliendo non la contrapposizione polemica, ma il metodo del dialogo.

Per incontrare i molti che non avrebbe potuto raggiungere con la sua predicazione, escogitò il sistema di pubblicare e di far affiggere nei luoghi pubblici dei “manifesti”, composti in agile stile di grande efficacia. Questa intuizione, che dette frutti notevoli tanto da determinare il crollo della “roccaforte” calvinista, meritò a S. Francesco di essere dato, nel 1923, come patrono ai giornalisti cattolici.

A Thonon fondò la locale Congregazione dell’Oratorio, eretta da Papa Clemente VIII con la Bolla “Redemptoris et Salvatoris nostri” nel 1598 “iuxta ritum et instituta Congregationis Oratorii de Urbe”. Il suo contatto con il mondo oratoriano non riguardò tanto la persona di P. Filippo, quanto quella di alcuni tra i primi discepoli del Santo, incontrati a Roma quando Francesco vi si recò nel 1598-99: P. Baronio, i PP. Giovanni Giovenale e Matteo Ancina, P. Antonio Gallonio.

L’impegno che Francesco svolse al servizio di una vastissima direzione spirituale, nella profonda convinzione che la via della santità è dono dello Spirito per tutti i fedeli, religiosi e laici, fece di lui uno dei più grandi direttori spirituali. La sua azione pastorale – in cui impegnò tutte le forze della mente e del cuore – e il dono incessante del proprio tempo e delle forze fisiche, ebbe nel dialogo e nella dolcezza, nel sereno ottimismo e nel desiderio di incontro, il proprio fondamento, con uno spirito ed una impostazione che trovano eco profondo nella proposta spirituale di San Filippo Neri, la quale risuona mirabilmente esposta, per innata sintonia di spirito, nelle principali opere del Sales – “Introduzione alla vita devota, o Filotea”, “Trattato dell’amor di Dio, o Teotimo” – come pure nelle Lettere e nei Discorsi.

Fatto vescovo di Ginevra nel 1602, contemporaneamente alla nomina dell’Ancina, continuò con la medesima dedizione la sua opera pastorale. Frutto della direzione spirituale e delle iniziative di carità del Vescovo è la fondazione, in collaborazione con S. Francesca Fremiot de Chantal, dell’Ordine della Visitazione, che diffuse in tutta la Chiesa la spiritualità del S. Cuore di Gesù, soprattutto attraverso le Rivelazioni di Cristo alla visitandina S. Margherita Maria Alacocque, con il conseguente movimento spirituale che ebbe anche in molti Oratori, soprattutto dell’Italia Settentrionale, centri di convinta adesione.




Il grazie del Vescovo alle Domenicane dopo tredici anni di clausura a Cremona: «Ci siete e la vostra luce giorno dopo giorno riscalda» (VIDEO e FOTO)

I secondi Vespri della solennità dell’Epifania del Signore sono stati presieduti, nel pomeriggio di mercoledì 6 gennaio, dal vescovo Antonio Napolioni presso la chiesa di San Sigismondo, a Cremona, insieme alle monache di clausura dell’Ordine dei Frati Predicatori, come per tradizione avviene ormai ogni anno: un momento di preghiera e di adorazione eucaristica nel ricordo della posa della clausura papale, avvenuta il 6 gennaio di tredici anni fa.

Il Vescovo nella sua riflessione ha sottolineato come «davanti all’Epifania non si può che adorare la Sua presenza». E ha proseguito: «In questi mesi abbiamo imparato cosa vuol dire la presenza: tra di noi, che ci manchiamo; e la presenza del virus che è, per l’appunto, virale. Ma il contagio delle parole e delle immagini ci aveva già in qualche modo assuefatto a stare davanti alla Presenza». Poi monsignor Napolioni ha proseguito: «La Chiesa, l’umanità, i popoli che camminano alla luce del bambino che è nato costituiscono una comunione reale, anche se offuscata dalle paure».

Quindi l’auspicio e il ringraziamento del Vescovo alla comunità claustrale: «Da adulti siamo chiamati ad intuire dove il Signore ci sta conducendo per seguire quella Parola che è diventata realtà, la presenza sacramentale che è presenza nella Chiesa e che fraternamente abbraccia, accarezza e rincuora: per questo vi diciamo grazie, perché non avete risolto nulla, ma ci siete e la vostra luce giorno dopo giorno riscalda».

La riflessione del vescovo Napolioni

Accanto al Vescovo erano presenti il cappellano del monastero don Daniele Piazzi, il delegato episcopale per la Vita consacrata don Giulio Brambilla, oltre al cerimoniere vescovile don Flavio Meani.

Photogallery




Le suore Adoratrici di tre continenti in rete per la formazione

3 continenti, 30 comunità, 150 suore circa. Questi i numeri dell’evento di formazione promosso dall’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda. Un incontro, se pur virtuale, vero e autentico. Tra lo stupore e le gioia di rivedersi, tra fusi orari e qualche immancabile inconveniente con la connessione. Ogni religiosa alla sua scrivania, sul divano di casa con penna e quadernetto, perché le cose belle bisogna annotarle.

Fino alla fine avevano sperato di potersi incontrare di persona, di potersi scambiare gli auguri, racconti e idee per il futuro, ma alla fine si sono dovute incontrate così, perché la realtà limita ma il desiderio allarga e fa vedere cose con altri occhi.

Dopo le prove di rito e i saluti iniziali di madre Isabella Vecchio, la superiora generale delle Adoratrici, commossa per questo momento tanto atteso, suor Paola Rizzi, archivista dell’Istituto, ha condiviso un pezzo di storia del fondatore e dell’Istituto: l’arrivo di san Francesco Spinelli a Como, a Casa Nazareth, e le vicende belle e anche sofferte che ha vissuto. “La solidarietà è un modo per fare la storia” a fine ‘800, nella Chiesa del tempo, non era facile fare opere di solidarietà, ma così è stato per Spinelli, che non si è mai tirato indietro a ciò che la realtà storica chiedeva in termini di carità e dono.

A intervenire poi è stato il vescovo Antonio Napolioni.


I suoi saluti alle comunità delle Adoratrici nel mondo e il suo affetto particolare per le sorelle di Casa Santa Maria hanno reso familiare questo bel momento. Le parole del Vescovo hanno permesso di riflettere sul tema della Chiesa come Corpo di Cristo, in questo tempo, Corpo sofferente. Cosa i cristiani possono dire a una società oggi così liquida e frammentaria? La risposta è ancora nella fiducia e nella grazia del vangelo che ci invita a vivere questo tempo come un tempo di scelta e testimonianza. “Siamo dentro a questo Corpo del Risorto dove le nostre briciole rimangono preziose solo se rimangono briciole”.