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«Siamo fatti per lodare Dio»: nella Veglia di Pasqua l’Alleluia diventa colonna sonora della vita

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Una fiamma viva si affaccia dal portale spalancato della Cattedrale su una piazza del Comune spazzata da un vento freddo e bagnata dalla pioggia.

La notte della Veglia inizia così, con un fuoco nuovo, punto focale inedito tra il “mondo” e il mistero della notte di Pasqua: «Sappiamo quanto buio c’è nel mondo – arriva quasi sussurrata la voce del vescovo Napolioni che introduce la liturgia della luce, il primo momento della celebrazione – quanto buio nei nostri cuori, nei cuori di uomini e donne che soffrono, che temono, che si disperano. Cristo viene a squarciare questo buio con la sua luce, fuoco nuovo e il canto dell’esultanza».

Dal braciere il vescovo attinge la fiamma per accende il cero Pasquale che apre la processione: prima il cero con il vescovo, il vescovo emerito e i concelebranti, poi gli otto catecumeni che riceveranno il Battesimo con padrini e madrine e a seguire tutta l’assemblea. Nel buio della navata della Cattedrale il fuoco si diffonde tra i fedeli fino al grido che di invocazione di «Cristo luce del mondo» che conduce il popolo fuori dalle tenebre. È la storia della Salvezza, di cui l’assemblea si pone in un «ascolto prolungato, calmo e attento» durante la liturgia della Parola. «Perché – come osserva mons. Napolioni – quella Parola si faccia carne nelle profondità della storia umana, ancora, e la salvi».

L’omelia del Vescovo

Nella sua omelia mons. Napolioni sottolinea i momenti di silenzio che scandiscono le letture: «Momenti provvidenziali per percepire che qualcosa stava accadendo. Nella nostra Veglia stava germogliando un canto, l’Alleluia, del quale avevamo nostalgia. Perché l’Alleluia custodisce il senso profondo della nostra vita. Siamo fatti per lodare Dio».

Una lode che scaturisce dal racconto delle grandi opere di Dio nella storia della Salvezza, ma – aggiunge il vescovo – «non basta un grande racconto del passato, ci serve una grande notizia. La notizia sono le donne che vanno al sepolcro, trovano la pietra rotolata e comprendono che non è finita, anzi tutto comincia»

Così questo «Alleluia bussa al nostro cuore per diventare la colonna sonora costante della nostra esistenza. È tutto chiaro – riflette – tutto molto più grande di noi ma affidato anche alla nostra libertà». La libertà che ha portato otto catecumeni, proprio durante la Veglia Pasquale dalla mani di mons. Napolioni, adulti a ricevere il Battesimo.

Sono Armanda Hoti, originaria dell’Albania e da sette anni residente a Casalbellotto, frazione di Casalmaggiore; Saturday Ehais Uwafiokun, classe 1987, e Iredia Agho, nata nel 1996, coniugi nigeriani giunti in Italia otto anni fa, ora residenti a Brignano Gera d’Adda; Pasquale Sibona, di origini casertane e residente ad Antegnate; e quattro giovani d’origine nigeriana, tutti della comunità africana anglofona che a Cremona fa riferimento alla parrocchia di San Bernardo ed è accompagnata dal sacerdote nigeriano don Patsilver Okah, tutti giunti in Italia dopo aver attraversato il Mediterraneo su una piccola barca nel dicembre 2021 e ospitati dalla Casa dell’accoglienza della Caritas Cremonese. Otto storie diverse, otto testimonianze di «come si diventa cristiani anche oggi da adulti, per libera scelta, in risposta al dono di Dio».

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«Non solo – prosegue il vescovo – si nasce cristiani (sempre meno) ma si diventa cristiani (sempre più). In tante chiese d’Europa sono centinaia i catecumeni che stasera ricevono il Battesimo e anche noi benediciamo questi nostri fratelli e sorelle in questa celebrazione che ora riguarda loro ma parla a noi, ci indica il futuro della nostra Chiesa che “non invecchia ma si rinnova” e tutto si integra in Cristo Signore, il primogenito della nuova creazione».

Dopo i riti battesimali e il conferimento della Cresima ai neofiti, la Veglia di pasqua prosegue con la liturgia Eucaristica, «vero culmine della grande veglia pasquale, la madre di tutte le veglie, la madre di tutte le eucaristie», a cui per la prima volta anche gli otto fratelli appena battezzati prendono parte con tutta la comunità che, entrata nella luce della Pasqua, li accoglie in festa.

Il video della celebrazione

 

Nelle Veglia di Pasqua otto catecumeni riceveranno i Sacramenti




Il Vescovo alla processione della Sacra Spina: «Il mistero dell’amore è infinitamente più grande del mistero del male»

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Cristo piegato su se stesso, nel Getsemani, un angelo che lo consola. E sullo sfondo, quasi invisibili, le sagome di coloro che, con torce e bastoni, vogliono catturarlo. È questa l’immagine che il vescovo Antonio Napolioni ha voluto riprendere durante la sua riflessione in occasione della tradizionale processione del Venerdì Santo. Parlando del “Cristo nell’orto degli Ulivi”, opera di Battistello Caracciolo, custodita nel Museo diocesano, il vescovo ha sottolineato come «la scena dipinta in secondo piano sembra portare alla luce un momento di odio. Ma non bisogna dimenticare che in primo piano c’è il volto del Signore, insieme all’angelo che Dio gli ha messo accanto. Questo ci ricorda che il mistero dell’amore è infinitamente più grande del mistero del male».

L’omelia del vescovo

Mons. Napolioni ha guidato, accompagnato dal vescovo emerito Dante Lafranconi, la tradizionale Via Crucis per le vie della città di Cremona. Insieme ai sacerdoti della città e a tanti fedeli, che non hanno voluto mancare a questo tradizionale appuntamento del Venerdì Santo. Presente anche il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, con la autorità cittadine che hanno chiudo il corteo con il gonfalone della città.

Un rito caratterizzato dalla preghiera e dalla devozione, accompagnato dal canto e dalle meditazioni del testo “Popolo mio, che cosa ti ho fatto?” della Conferenza Episcopale Italiana.

Quello del Venerdì Santo è dunque un cammino condiviso dall’intera comunità che, secondo Napolioni, «è il momento e il luogo in cui ritroviamo la nostra identità. In questa notte di sofferenza siamo chiamati a entrare nella storia da credenti, da figli e fratelli».

Nel giorno in cui la Chiesa ricorda i momenti più difficili e sofferti della vita umana del Figlio, non è mancato, da parte del vescovo, un messaggio di speranza. «Oggi diciamo: “Abbi pietà di noi”. È il succo della preghiera di stanotte. Queste parole ci ricordano che siamo miseri, ma non per questo esclusi dalla misericordia. Anzi, la Pasqua è la forza che può far lievitare la nostra storia».

Mons. Napolioni, ancora una volta in questa Pasqua, ha infine voluto richiamare l’attenzione sulle situazioni di sofferenza e dolore che molte persone stanno affrontando. Il vescovo ha infatti fatto sue le parole scritte da Papa Francesco che, con l’invocazione, per quattordici volte, del nome di Gesù, ha voluto pregare “per quanti nel mondo soffrono persecuzioni e patiscono il dramma della guerra”.

La celebrazione è terminata con la solenne benedizione dell’assemblea da parte del vescovo, nell’attesa di ritrovarsi, nella notte del Sabato Santo, per la celebrazione della Veglia di Pasqua.

 

Il video completo della celebrazione




Il vescovo nell’azione liturgica del Venerdì Santo: «L’unicità del “Passio” illumini e metta ordine nelle nostre passioni»

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Da antica tradizione – ricorda la guida in Cattedrale– dal Giovedì santo fino alla solenne Veglia di Pasqua la Chiesa non celebra l’Eucaristia.

Nella sera del Venerdì l’assemblea dei cristiani si radunano intorno alla Parola di Dio per ricordare la Passione e morte di Gesù. La lettura della Parola di Dio, l’adorazione della croce, la comunione Eucaristica sono i tre momenti che scandiscono l’azione liturgica del venerdì Santo in Cattedrale.

I fedeli in ginocchio accolgono la processione di ingresso del vescovo Napolioni, accompagnato dal vescovo emerito Lafranconi,  dai canonici del Capitolo e dal diacono Valerio Lazzari. «È il silenzio dell’Uomo che conosce il suo peccato e la sua miseria –  che si prepara a riconoscere le meraviglie delle opere di Dio». La celebrazione si apre con il Vescovo  prostrato con il volto a terra davanti all’altare.

Quindi la prima parte della celebrazione, con la proclamazione di brani dal libro di Isaia e dalla Lettera agli Ebrei prima della lettura Passione secondo Giovanni. «Il Passio» come viene chiamato nella tradizione latina questo decisivo brano evangelico. «Non “il racconto della Passione” – ha invitato riflettere il vescovo aprendo la sua omelia – perché sono tanti i racconti, tante le passioni, le sofferenze nella storia», mentre è unica la passione di Cristo « Passio perché la sua unicità illumini, trasfiguri e metta ordine nelle nostre passioni», ha aggiunto. «E quanto è necessario, questo Vangelo, il più impensabile, scandaloso; il cuore del Vangelo, il cuore stesso di Dio che si spacca per noi nel  sacrificio del Figlio su questa croce che spicca ovunque, perché non la dimentichiamo mai».

 

L’omelia del vescovo Napolioni

Nella sua riflessione monsignor Napolioni ha guidato lo sguardo dei fedeli verso gli affreschi del grande ciclo pittorico della Cattedrale: «Non sono solo affreschi – ha osservato – sono finestre, perché ciò che è raffigurato avviene anche fuori. E continua ad avvenire: quanti delitti di stato, quante pene capitali, quanto sfogo di violenza, quanto uso blasfemo del nome di Dio per generare odio e morte… Eppure quanta presenza nascosta dello Spirito del Signore negli umili e nei semplici: quanto amore, cura, tenerezza che permettono alle ferite di essere rimarginate e alla vita di rifiorire».

Questo il cuore della Passione di Gesù, ricordato nel silenzio vivo del Venerdì: «Ci sono passioni distruttive, seduttive, ossessive, egoistiche da combattere e far morire in noi». Ma – ha sottolineato il vescovo –  ci sono anche «passioni da far risorgere e diffondere: la passione per il bene, per la vita, per i piccoli, per il futuro. Nel Passio – ha quindi concluso – c’è tanta morte, ma c’è tanta più vita. Questa sera mettiamo le nostre piccole passioni nelle sue mani, perché le rimpasti con il suo sangue e con l’acqua che sgorga dal suo costato, e faccia di noi il suo Corpo »

Quel corpo che, appeso alla croce che fa il suo ingresso dal centro della Cattedrale per essere venerata dal suo popolo in preghiera. Per tre volte il vescovo la solleva chiamando, secondo al liturgia, alla adorazione: «Ecco legno della croce, al quale fu appeso il Cristo salvatore del mondo».

È lui il primo a baciare il crocifisso, seguito dai concelebranti e da tutti i fedeli in silenziosa processione.

L’azione liturgica del Venerdì Santo, durante la quale si sono raccolte offerte per il sostegno alle comunità cattoliche della terra Santa, è poi proseguita con la distribuzione del Pane Eucaristico consacrato durante la Messa del Giovedì Santo e riposto nell’altare dell’Adorazione, prima dell’uscita silenziosa dalla Cattedrale, da cui partirà in serata (alle 21.00) la processione cittadina con la reliquia della Sacra Spina guidata dal vescovo Napolioni e trasmessa in diretta streaming sui canali web e social della Diocesi di Cremona e in tv su Cremona 1.

 

Il video integrale della Azione Liturgica




La Messa nella Cena del Signore: «Gesù si consegna, per riportarci al Padre».

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«Gesù, sapendo che era giunta la sua ora, ha assaporato il tradimento e l’ha trasformato in dono; e a quel punto si cena. La consegna di sé diventa nutriente, riempie il cuore di pace perché permette di sperimentare una nuova comunione che ci fa sentire già nel cuore di Dio». Le parole del vescovo Antonio Napolioni, nell’omelia della Santa Messa della Cena del Signore presieduta in Cattedrale, hanno arricchito «l’apertura gloriosa» del primo grande momento del Triduo Pasquale.


I tre giorni che porteranno alla Pasqua di Resurrezione sono introdotti dalla «sera del tradimento, dell’agonia e del suo consegnarsi totalmente al Padre e agli uomini: non c’è un amore più grande, ed è tutto per noi» ha detto il vescovo.
La celebrazione, concelebrata dal vescovo emerito mons. Dante Lanfranconi e dai canonici del Capitolo, ha visto anche la partecipazione di dodici ragazzi e ragazze del cammino neocatecumenale per il tradizionale segno della lavanda dei piedi. «Non è un gesto poetico», ha sottolineato il vescovo, bensì è un’umile azione con il quale ci si offre al prossimo, ci si consegna ai fratelli «per ritrovarsi nella pienezza della pace».

È proprio sul verbo “consegnare” che monsignor Napolioni ha posto l’accento nella sua omelia dopo la lettura del vangelo di Giovanni. «Gesù non viene solo tradito, non è solo la notte in cui uno dei discepoli commette il suo peccato. E come capitano in tante vicende umane, anche Gesù fa esperienza della inaffidabilità degli amici, talvolta persino dei parenti, e viene tradito». Con un riferimento alla lingua latina, il vescovo accosta al verbo “tradire” il latino tradere, “consegnare”: «Allora qui il significato si allarga enormemente». Gesù allora non è soltanto un personaggio passivo, che subisce gli eventi: «Gesù si consegna: è lui protagonista» di questo percorso di salvezza che lo vede consegnato a diverse mani: da quelle di Giuda a quelle di Ponzio Pilato. «Quanti uomini, piccoli e poveri vengono fatti oggetto di uno scaricabarile di responsabilità di violenze; c’è tutto un sistema nella società e nel mondo di ogni tempo – ha osservato mons. Napolioni – basato sul tradimento e sul consegnare a qualcun altro la propria vita non in libertà ma in schiavitù». Perciò il significato ultimo di questa azione di Gesù è ancora più profondo. «”Prendetene e mangiatene tutti”: consegna se stesso in un rito perenne a noi discepoli»; quel gesto al quale, ammonisce Napolioni, «noi ancora oggi compiamo col rischio di farci l’abitudine, di usarlo».

L’omelia del vescovo

 

Con l’ultima Cena e il tradimento di Giuda, dunque, «Gesù si consegna alla storia e all’umanità, si fa dono «fino alla fine». Non solo. «È davvero il Figlio di Dio onnipotente eppure, sapendo che il suo cammino è ritornare al Padre, si riconsegna al Padre portando con sé tutti noi. È venuto a consegnarsi per riconsegnare l’umanità dispersa alla comunione col Padre».
In definitiva, la comunione di Cristo con i discepoli prima della sua passione, agonia e morte, «non è solo una scenetta di intimità e di amorevolezza, non è solo un testamento di un condannato a morte, ma è la rivelazione del piano di Dio e il compiersi della sua opera» ha detto Napolioni.
E cosa può dire questo brano del Vangelo a questi tempi? «Mentre dico queste parole penso con delicatezza, ma anche con realismo, a ciò che accade nel mondo dove ci sono ostaggi, prigionieri, vittime, progetti di sterminio, guerre che non solo devono impaurirci perché potrebbero avvicinarsi ma devono scandalizzarci perché sono disumane, sono il contrario di questo consegnarsi». L’invito che dal Vangelo il vescovo condivide con i fedeli e la comunità tutta della Chiesa cremonese, allora, è quello di «cambiare mentalità: non quella della conquista, del comprare o conquistare» bensì del consegnarsi, perché «lui ha reso possibile questo dono in maniera fruttuosa come nuova logica di amore e di salvezza».
E allora, prosegue monsignor Napolioni, «immagino l’agonia, la lotta interiore di chi fa fatica a consegnarsi non solo negli scenari mondiali ma nei letti di dolore; in chi fa fatica a consegnarsi a una persona da cui è stato tradito e che invece avrebbe bisogno proprio di quel perdono non ingenuo ma lungimirante. L’unica via per non cadere nella trappola del buttar via tutto alla prima difficoltà è riconsegnarsi poter ricominciare meglio di prima, su una base più profonda, un rapporto coniugale, un rapporto di amicizia…».

In ginocchio il vescovo ha lavato, asciugato e baciato i piedi ai giovani neocatecumenali, «non un gesto poetico, ma un gesto che deve com-muoverci, muoverci dentro , insieme a cambiamento, a presa di posizione».
Quindi la celebrazione, animata dal Coro della Cattedrale di Cremona, è proseguita con altri due momenti significativi: il suono esteso delle campane e delle voci all’annuncio del Gloria iniziale, prima del loro silenzio come contemplazione dei credenti fino alla domenica di Pasqua, e il momento di adorazione conclusivo. Il trasporto dell’Eucarestia nella cappella del Santissimo Sacramento e lo scioglimento raccolto dell’assemblea hanno infine suggerito il mistero di questa notte «colma di amore quanto di dolore; una notte di obbedienza ma di altissima libertà».

 

Il video completo della celebrazione

 




Il Vescovo ai sacerdoti diocesani durante la Messa del Crisma: «Ripartiamo dalla Sua preghiera»

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Figli e ministri della preghiera di Cristo: queste le caratteristiche del sacerdote che il vescovo Antonio Napolioni ha voluto mettere in evidenza nella Messa del Crisma presieduta nella mattinata di giovedì 28 marzo in Cattedrale, precisando anche quali debbano essere la caratteristiche della preghiera che, nell’anno ad essa dedicato in vista del Giubileo 2025, non vuole assolutamente essere invito a «fare cose pastorali in più», quanto piuttosto occasione propizia per «entrare nel mistero di Gesù orante».

La celebrazione ha visto radunato in Cattedrale tutto il presbiterio diocesano. Il maltempo ha impedito la tradizionale e suggestiva processione dal Palazzo vescovile, ma non ha tolto nulla a un appuntamento che ogni anno si rinnova.

L’esempio posto davanti agli occhi dei sacerdoti nell’omelia del vescovo non poteva che essere Cristo stesso, «che sceglie il monte e la solitudine per non perdere la bussola» e che «nella preghiera si trasfigura»: «Che bello saperci pensati e voluti, generati e formati così, dal Cristo in preghiera», ha detto monsignor Napolioni.

«Figli della sua preghiera», come sono stati i presbiteri morti morti nell’ultimo anno e che il vescovo ha ricordato uno a uno: don Giancarlo Bosio, don Emilio Bini, don Gianfranco Castelli, don Bernardino Orlandelli, don Giuseppe Bressani, don Romeo Cavedo, mons. Angelo Staffieri, don Virginio Morselli e don Pierluigi Pizzamiglio.

Figli della sua preghiera e suoi ministri, nella consapevolezza che, «a dispetto delle statistiche vocazionali, il sacerdozio di Cristo non tramonta».

Nelle parole del vescovo anche l’immagine di Papa Francesco che sempre chiede di pregare per lui: «Ecco perché oggi la Chiesa prega specialmente per noi, perché – come recita la preghiera di benedizione del crisma – tutti i figli di Dio consacrati dalla medesima unzione “spandano il profumo di una vita santa”». E ha proseguito: «Ogni ministero dipende perciò dal metterci sempre nella lunghezza d’onda dello Spirito, che la preghiera di Gesù al Padre assicura a noi, “afferrati da Cristo” come scriveva anni fa mons. Magrassi». E ancora, citando ancora l’arcivescovo di Bari-Bitonto: «Lui è il vero soggetto vivente, noi attori non protagonisti, introdotti nel suo corpo, nelle sue nozze, nel suo oggi (liturgico, spirituale, esistenziale). Educati dall’Eucaristia a tale sguardo di fede nelle diverse forme della sua presenza, riconosciamo “una presenza che si allarga fino ad afferrare tutto. E allora diventa possibile incontrarlo in tutto; non solo nei riti sacramentali, segni privilegiati della presenza di Cristo, ma anche nei ‘piccoli sacramenti’ della vita quotidiana”»

«Preghiera e azione», «polarità la cui distanza spesso ci fa soffrire – ha detto ancora Napolioni – sono entrambe sviluppo “dell’azione dello Spirito, dei suoi doni, dei sentimenti che risultano dalla nostra adozione divina in Gesù Cristo”, come scrive il padre Marmion in uno dei suoi magistrali testi di spiritualità».

 

L’omelia del vescovo Antonio Napolioni

Il testo dell’omelia (pdf)

 

E proprio «in questa luce» si è voluto celebrare «gli anni “vissuti da Cristo” in noi e nel nostro servizio ecclesiale, rallegrandoci particolarmente per il 70° di mons. Mario Barbieri, 65° di don Goffredo Crema, 60° del carissimo Vescovo Dante e di don Giuseppe Bettoni, don Francesco Castellini, don Mario Marinoni, 50° di don Gianni Cavagnoli, don Antonio Censori, don Ettore Dominoni, don Francesco Ferrari, don Emilio Garattini, mons. Luigi Nozza, mons. Valerio Tanchio, don Eugenio Trezzi, don Giuliano Valiati e don Gianfranco Vitali, ed il 25°di don Antonio Allevi, don Paolo Arienti e don Gianpaolo Civa. Per loro, per tutti noi, domandiamo di saper accogliere se stessi in Cristo».

«Un cristiano, a maggior ragione un prete, – ha messo in guardia il vescovo – cade nella cattiva solitudine quando si spezza la circolarità tra relazioni fraterne ed intimità con il Signore. Quando la preghiera diventa una cosa da fare tra le altre, e non vibra di grato stupore per quanto Dio stesso la desideri, la susciti, la abiti: “Ecco, sto alla porta e busso” (Ap 3,20). Dio vuole pregare con me, per agire tra noi. Dando senso e valore anche alle stagioni della debolezza e dell’apparente inazione ministeriale».

«Cari fratelli – ha quindi detto monsignor Napolioni rivolto ai sacerdoti presenti – vi ringrazio per come cercate di essere dediti e attenti alla realtà, alla gente, alle persone, a Dio stesso. Coi nostri limiti ed errori, almeno quelli che io per primo sperimento e affido, insieme ai vostri, alla misericordia del Padre. L’anno della preghiera è iniziato, anche se la diocesi non ha ancora pubblicato programmi. La preghiera è il programma e il metodo di Dio, è la strada su cui il Signore ci raggiunge, ci ama, ci guida. In questa Pasqua, dolente per tanta pace smarrita e rifiutata, ripartiamo dalla Sua preghiera, in cui siamo nati e di cui siamo impregnati. In questa Chiesa, sinodale nell’ascoltare la Parola eterna per offrirla agli uomini e alle donne di oggi e di domani, mettiamo la nostra preghiera nella Sua. Con la certezza che “quando si prega accade sempre qualcosa. Che cosa accade? Ci vorrebbe l’occhio dello Spirito per saperlo. La preghiera solca la vita. Se si prega, la Chiesa si rinnoverà”».

La liturgia è proseguita con i due momenti caratteristici di questa celebrazione: il rinnovo delle promesse sacerdotali e la benedizione degli oli sacri. Anche quest’anno l’olio usato è stato quello donato dal questore di Cremona e fatto con il frutto degli ulivi del Giardino della Memoria “Quarto Savona Quindici”, sorto a Capaci nel ricordo del sacrificio dei magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e dei poliziotti di scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo.  Insieme all’olio dei Catecumeni e a quello degli Infermi, il vescovo Napolioni ha quindi consacrato l’olio del Crisma aggiungendovi un profumo: un’essenza di bergamotto donata a tutte le Diocesi italiane dalle Chiesa di Locri-Gerace. Al termine della Messa gli oli santi sono stati consegnati ai vicari zonali perché possano arrivare nelle comunità.

La mattinata si è conclusa in modo fraterno con il pranzo comunitario in Seminario, a cui è state dedicata la raccolta delle offerte del clero che come sempre accompagna la celebrazione del Giovedì Santo.

 

Il video integrale della celebrazione

 

 

 

L’olio di Capaci, nel ricordo delle vittime di mafia, offerto al Vescovo per essere consacrato nella Messa Crismale




Colombe per la casa circondariale dalla Quaresima di Carità: «Non dimentichiamoci di chi vivrà la Pasqua da solo»

 

Giustizia e speranza sono i valori su cui la Quaresima di Carità di quest’anno ha invitato a riflettere le comunità e i fedeli della Diocesi, rivolgendo particolare attenzione a chi ne ha più bisogno. Ed è proprio con lo sguardo rivolto verso chi sconta una pena in nome della giustizia che Caritas Cremona ha promosso la raccolta delle colombe di Pasqua, un progetto reso possibile dalla generosità dei cittadini e dei gruppi che si sono impegnati per donare il tipico dolce pasquale alle persone detenute nella casa circondariale di Cremona.


Tante le persone che, personalmente o attraverso le parrocchie, hanno aderito e che nella mattinata di sabato hanno consegnato le colombe presso l’oratorio della Beata Vergine di Viale Concordia a Cremona, nella parrocchia sul cui territorio è presente il carcere. Qui i cappellani di Ca’ del Ferro, don Roberto Musa e don Graziano Ghisolfi, si sono adoperati insieme a suor Mariagrazia delle Suore Adoratrici per accogliere tutti quelli che han deciso di condividere un piccolo gesto che, però, per qualcun altro significherà molto. Dopo la consegna don Roberto ha tenuto un momento di riflessione e preghiera per meditare sui temi che la Quaresima propone in preparazione alla Pasqua.
«L’iniziativa della raccolta delle colombe fa parte del percorso della Quaresima di Carità – ha spiegato suor Mariagrazia – lo scopo è quello di promuovere il tema della giustizia e soprattutto far conoscere la casa circondariale di Cremona». Un’iniziativa che già dalle prime ore di sabato ha visto arrivare persone pronte a donare una colomba, al punto che in meno di un’ora se ne erano già raccolte più di 70, in aggiunta alle molte altre arrivate nel corso della giornata.
E le colombe sono arrivate da tutte le zone della diocesi, segno di una Quaresima vissuta nello spirito comunitario della condivisione, ben rappresentato dal gruppo dei giovani di Azione Cattolica Ragazzi di Cassano d’Adda, arrivati alla parrocchia della Beata Vergine su un furgone carico di colombe donate per chi è stato più sfortunato.
Anche in carcere si festeggia la Pasqua, ma in una forma più minimale e contenuta, «con l’avvicinarsi della Pasqua ci si prepara alla speranza e alla salvezza del Signore – racconta don Roberto Musa, cappellano del carcere di Cremona – come ogni celebrazione, però, in cella la festa è portata ad essere vissuta all’essenziale. Non ci sono bisogni particolari, se non quello di vivere intimamente e profondamente il mistero della Pasqua del Signore». QUest’anno con un segno speciale: «Il dono delle colombe darà un tono di unicità e diversità al pranzo pasquale – sottolinea don Musa – questo è un gesto di carità e condivisione per il quale ringraziamo profondamente, rivolgendo però una richiesta a chi sta fuori: non dimenticatevi di chi in questi giorni è solo e senza il supporto della propria famiglia».

 

“Dare speranza alla giustizia” per una Quaresima di carità




Il Vescovo nella Domenica delle Palme: «Come pellegrini, nella nostra terra chiamata a diventare Santa»

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«Oggi non possiamo recarci in pellegrinaggio in Terra Santa, ma siamo chiamati a vivere qui, come pellegrini, nella nostra terra che è chiamata a diventare Santa. Per questo dico ai bambini e ragazzi presenti di scatenarsi, di partecipare alla gioia del popolo che accoglie Gesù».

È questo il grande invito che mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, ha rivolto ai fedeli durante la commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, celebrato nella Domenica delle Palme.

La Messa che ha aperto la Settimana Santa è iniziata nella chiesa di S. Maria Maddalena, dell’Unità Pastorale S. Omobono, di Cremona. «Quelli che ci aspettano – ha commentano il vescovo – sono giorni bellissimi, che ci condurranno verso la Resurrezione, ovvero la fonte di quella grazia e pace a cui tutti noi dobbiamo guardare per seguire Gesù fino in fondo, dicendo no alla guerra e sì all’amore fraterno».

Come da tradizione, mons. Napolioni ha benedetto i rami d’ulivo e di palma dei presenti, prima di dare il via alla processione verso la Cattedrale. Il cammino verso il Duomo, poi, è stato accompagnato dalla preghiera e dal canto, guidato dalla corale dell’Unità Pastorale, alla quale si è unito il coro diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi.

Insieme a mons. Napolioni, il vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, i Canonici del Capitolo, i sacerdoti e i ministranti dell’Unità Pastorale, e i molti fedeli che hanno preso parte alla celebrazione.

Momento centrale della Messa è stata la lettura del vangelo della Passione di Gesù, nella versione di Marco. Proprio su alcuni aspetti del brano si è focalizzata la riflessione del vescovo, aperta da una domanda decisiva per vivere i giorni che ci attendono: «Come stiamo entrando in questa Settimana Santa?». Nella sua riflessione il vescovo ha portato lo sguardo «fatto per la pace» ma attraversato da «tante ragioni di paura e di tristezza».

Non è dunque mancato, da parte di mons. Napolioni, un nuovo riferimento alla realtà attuale. Riprendendo il vangelo di Marco che racconta dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme ha infatti evidenziato il ruolo della folla che grida “Osanna”. «Anche ai nostri giorni accade. Lo si fa per una squadra, per un cantante. Poi c’è chi, invece, celebra un dittatore, e osanna male; c’è chi cerca salvezza dove invece viene data la morte». Ma anche in questo nostro tempo Gesù offre ancora a tutti l’esempio di Colui che entra nella Pasqua «nella maniera necessaria e possibile anche a noi: Lui osanna il Padre nel profondo del cuore con la sua obbedienza d’amore, con la sua libertà crocifissa, ma proprio per questo eterna. Se ognuno di noi si tira indietro nell’indifferenza e nella paura – ha quindi concluso – noi consegniamo ancora di più il mondo al male. Invece con Gesù siamo chiamati a rigenerare il nostro “Eccomi!, entro con te nella Pasqua per fare esperienza della vita più forte della morte».

 

L’omelia del vescovo Napolioni

Lo sguardo è dunque rivolto al prosieguo della Settimana Santa, con i particolari e caratteristici riti che la contraddistinguono. Giovedì alle 9.30 ci sarà la tradizionale Messa Crismale con il presbiterio diocesano; al pomeriggio, alle 18, la celebrazione “In Coena Domini” presieduta da mons. Napolioni.

Il giorno seguente sarà l’azione liturgica delle 18 a commemorare la morte del Signore; ad essa farà seguito, in serata, la via Crucis cittadina con la reliquia della Sacra Spina.

La Veglia del sabato, invece, avrà inizio alle 21.30 nel cortile del palazzo vescovile, mentre la solenne Messa di Pasqua sarà celebrata dal vescovo domenica mattina alle 11.

 

Il video completo della celebrazione

 

 




«ViaVai», il Grest 2024 è un cammino da fare tutti insieme

Le immagini della presentazione a Mozzanica
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ViaVai: è questo il titolo scelto dagli Oratori Diocesi Lombarde per il Grest 2024, che accompagnerà le settimane estive anche nelle parrocchie cremonesi. Uno slogan che rappresenta perfettamente il tema – e la grande sfida educativa – del mettersi in cammino in strade e luoghi della contemporaneità.

«Il camminare era il gesto tipico di Gesù fin dal principio, ed è ciò che propone anche a noi che siamo suoi discepoli» ha così introdotto l’intera proposta don Francesco Fontana, presidente Federazione Oratori Cremonesi e incaricato diocesano per la Pastorale giovanile. Insieme ai collaboratori e volontari della Focr, don Fontana ha spiegato il processo creativo e pedagogico alla base dell’offerta estiva, nel corso di tre serate di presentazione a responsabili e coordinatori.

«Il tema di quest’anno fotografa bene la situazione tipica degli oratori nel corso dell’anno: frenetici e caotici – ha introdotto don Fontana –. In alcuni di essi si corre tanto ma con il rischio di andare a caso e nel caos». Proprio quel viavai di persone e sentieri umani e spirituali in grado di creare confusione. Servono perciò indicazioni chiare, o qualcuno, in grado di «prenderci per mano nelle strade della vita e guidare i nostri passi come Gesù»: ecco dunque il sottotitolo, Mi indicherai il sentiero della vita, tratto dal salmo 16, a chiarire il senso del messaggio educativo di questa edizione del Grest. «Il nostro camminare è innanzitutto espressione umana non solo di un gesto fisico ma nell’incontro con e dentro il mondo» ha ribadito don Fontana.

 

Le immagini della presentazione a Casalmaggiore
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Ed è in questa immagine dell’homo viator, come hanno ricordato gli organizzatori, che emerge la dimensione riflessiva del cammino. «Le domande scandiscono il nostro percorso di vita, scopriamo anche mete che possono non essere definitive» hanno detto i giovani presentatori della Focr. Da qui l’intuizione di organizzare l’intero progetto formativo di ViaVai attorno a dieci domande-guida, declinate nelle sezioni delle attività, storie e preghiere di una giornata tipo del Grest. «In questo modo è possibile costruire un percorso personalizzato sulle singole realtà di comunità e le rispettive esigenze». Un modo di rendere “concreto” il concetto su quale sia la strada da percorrere «per essere testimoni migliori della fede» nelle proprie parrocchie.

Non mancano poi le novità. Tra queste il logo, che esprime in modo astratto «il senso di smarrimento, le domande e il volto di un pellegrino in marcia»; il manuale formativo degli educatori rinnovato nella grafica e nella fruizione in libretti e mappe, «utile a creare una “verifica” sulla preparazione e sulle attività svolte»; e la sigla dedicata al momento della storia nel corso della giornata. E sarà la Divina Commedia di Dante Alighieri, in versione ridotta e adattata per bambini, la proposta narrativa di questa edizione del Grest. Non manca poi l’attenzione del progetto estivo all’inclusività, «con il racconto di figure e del loro impegno nel sociale» anche per i bambini o ragazzi di altre religioni.

Infine, la Pastorale Giovanile offre un pacchetto di proposte artistiche ed espressive tra danza, movimento creativo, teatro e musica a cura di realtà professionali quali Compagnia dei piccoli, Il laboratorio, Il nido dei cuccioli e MagicoBeru. Queste iniziative e il materiale dedicato agli animatori è possibile approfondirle sul sito già attivo www.cregrest.it. Il prossimo appuntamento sarà la giornata dedicata agli animatori il prossimo 20 aprile in Seminario.

 

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L’incontro del Vescovo con i dirigenti scolastici all’insegna di una alleanza educativa che vuole fare cultura

Ha avuto luogo nella mattina di giovedì 21 marzo presso la Curia diocesana l’incontro del vescovo Antonio Napolioni con i dirigenti e i rappresentanti delle scuole del territorio. Un’occasione durante la quale è stata illustrata la proposta culturale della Diocesi di Cremona. «Un incontro che – come ha sottolineato il vescovo – non vuole essere una bancarella in cui esponiamo i nostri prodotti, ma perché possano nascere idee, esperienze e collaborazioni, perché tutto questo ci supera e va consegnato alle nuove generazioni».

L’evento si è aperto con il saluto introduttivo del vescovo Napolioni, che ha ringraziato chi da sempre si impegna per l’educazione dei bambini e dei ragazzi. Da qui la disponibilità della Diocesi a essere complice e corresponsabile di questa educazione: «Vogliamo moltiplicare attenzioni e energie alla scuola in quanto tale», ha detto mons. Napolioni. E ha aggiunto: «Oggi siamo qui per mettere a fuoco la dimensione culturale, perché vorremmo condividere con voi non solo la passione spirituale della comunità ecclesiale, ma anche il patrimonio culturale, che non è costituito solo da oggetti ma anche da persone che animano le comunità».

L’incontro è stato moderato da don Giovanni Tonani, incaricato diocesano per la Pastorale scolastica, e ha visto gli interventi di don Federico Celini, coordinatore dell’area pastorale “Capaci di comunicazione e cultura”, e don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali.

«Voi siete i primi promotori di cultura», ha riflettuto don Celini rivolto ai presenti. Ma che cos’è la cultura oggi? Come deve essere trasmessa? Il sacerdote ha raccontato quelle che sono le occasioni in diocesi per la promozione culturale e la trasmissione, al giorno d’oggi, dell’informazione e delle conoscenze. «I criteri su cui vogliamo fondare la nostra proposta – ha spiegato don Federico Celini – sono l’apertura a ciò che non è necessariamente intraecclesiale all’interno dei nostri contesti, guardando a quanto bene c’è anche al di fuori; la freschezza e la fruibilità, di cui la comunicazione oggi si nutre per una sua maggiore efficacia; la scoperta e la valorizzazione di tutto quel che c’è di bene nella vita e nelle vite».

Don Gianluca Gaiardi, in riferimento al polo culturale formato dal Museo diocesano insieme alla Cattedrale, il Battistero e il Torrazzo, ha evidenziato come «tutto questo comparto del centro città è sì una proposta religiosa, ma che vuole anche intercettare e coinvolgere tanti altri aspetti della cultura». Così, l’incontro del 21 marzo è servito «per far vedere che il polo culturale diocesano parla sì ai professori di religione, ma anche a tutte le realtà educative, di ogni ordine e grado».

Nella seconda parte dell’incontro il vescovo Napolioni e don Gaiardi hanno guidato e accompagnato i presenti tra le bellezze del Museo Diocesano, passando anche per le nuove aule didattiche che saranno a disposizione delle realtà educative, e per il nuovo Planetario.

Una mattinata ricca di spunti, con un’apertura verso una sempre maggiore collaborazione tra le diverse realtà, pensando a un migliore futuro dei bambini di oggi, uomini e donne del domani. Con una mano tesa alla scuola perché, come ha detto il vescovo, «è sempre bello incontrare i più piccoli, ma anche condividere con gli insegnanti il bene, ma anche le fatiche, dell’educazione».

 

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Inaugurato il nuovo Planetario, dal Torrazzo una “finestra” aperta sulla meraviglia della volta celeste

È stato inaugurato la sera di mercoledì 20 marzo il nuovo Planetario cremonese, che da ora avrà il Torrazzo come sua nuova casa. Il Planetario, progettato dall’architetto Fabio Bosio, è stato realizzato grazie all’impegno e all’idea del Gruppo Astrofili cremonesi, in collaborazione con la Diocesi, che ha deciso di ospitarlo presso il proprio polo museale.

La serata inaugurale è stata introdotta dai saluti di Stefano Macconi, curatore dei Musei Diocesani di Cremona, che, portando anche i saluti di don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali e l’edilizia di culto, e ringraziando Alessandro Maianti, già presidente del Gruppo Astrofili e primo promotore del progetto, ha voluto sottolineare come questa nuova realizzazione vada a completare l’offerta del polo che, oltre al Museo Diocesano comprende anche la Cattedrale, il Battistero e il Museo Verticale del Torrazzo . «Questa iniziativa – ha aggiunto Macconi – si inserisce in un percorso di rivalorizzazione del Torrazzo che ha in questo nuovo Planetario un altro tassello utile a completare l’offerta artistica e culturale».

«Un’idea nata anni fa, perché non esiste, a Cremona e in tutta la sua provincia, una struttura di questo tipo», ha spiegato Cristian Gambarotti, presidente del Gruppo Astrofili cremonesi. «Una realizzazione molto importante, perché permette di capire come funziona il cielo e i meccanismi che lo governano, visualizzandolo dall’interno del Museo Verticale come se fossimo in aperta campagna».

Durante la serata è intervenuto anche l’architetto Fabio Bosio, che ha voluto ringraziare la committenza per la possibilità di continuare il lavoro di arricchimento del Museo Verticale del Torrazzo. «Ma l’idea è nulla senza la realizzazione – ha evidenziato –. Per questo mi sento in dovere di ringraziare tutte le maestranze che hanno collaborato alla realizzazione di questo lavoro».

L’evento di inaugurazione è stato occasione per effettuare una prima proiezione, narrata dal presidente Gambarotti e alla quale i presenti hanno potuto assistere, divisi in tre turni. Nel frattempo, negli spazi esterni, davanti all’ingresso, è stata offerta la possibilità di osservare la “superluna”, eccezionalmente vicina alla Terra proprio nella notte tra il 20 e il 21 marzo, attraverso alcuni telescopi messi a disposizione dal Gruppo Astrofili cremonesi.

La realizzazione del nuovo Planetario è stata possibile anche grazie al contributo di Fondazione Comunitaria della Provincia di Cremona, che si è definita «molto lieta di aver contribuito all’iniziativa». «La presenza di tutta questa gente stasera – ha detto Renzo Rebecchi, in rappresentanza dalla Fondazione – è la dimostrazione di una scelta giusta».