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Rosario per la pace al Santuario di Caravaggio. Il Vescovo: «Non esistono parole per dire il bisogno di pace e di dialogo fraterno tra i popoli che vivono in Terra Santa»

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Diverse centinaia di persone si sono trovate nella serata di sabato 14 ottobre al Santuario di Santa Maria del Fonte, a Caravaggio, per pregare insieme per la pace in Terra Santa e nel mondo intero. I fedeli, di ogni età, provenienti dal circondario ma non solo, si sono riuniti davanti all’entrata principale con le fiaccole accese per poi pregare le decine del Rosario percorrendo i portici intorno alla basilica.

«Maria accoglie tutte le speranze e le preghiere che sgorgano dalla vita di ciascuno dei pellegrini che viene in visita a questo Santuario – ha detto il vescovo Antonio Napolioni introducendo la preghiera –. Ma stasera dobbiamo mettere in secondo piano le nostre intenzioni personali. Non esistono parole per dire il bisogno di pace e di dialogo fraterno tra i popoli che vivono in Terra Santa, la terra dove si impara a chiamare Dio come padre». E ha concluso: «Abbiamo bisogno del Dio degli inermi, che ci dia la forza di scegliere per noi la via della mitezza, della pazienza, del perdono e del dialogo. Maria ci è sempre vicina e otterrà sicuramente il miracolo della nostra perseveranza e della nostra fiducia».

Il vescovo ha ricordato anche l’invito che il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, la cui famiglia è originaria di Brignano Gera d’Adda e tanto affezionato al Santuario di Caravaggio, ha rivolto a tutti i cristiani del mondo per il prossimo martedì 17 ottobre: una giornata di digiuno e preghiera per la pace in Medio Oriente.

In questo contesto l’idea di vivere nel Santuario Regionale della Lombardia un momento speciale di preghiera proponendo in modo straordinario il Rosario aux flambeaux che mensilmente si tiene la sera di ogni 26 del mese, in ricordo dell’apparizione di S. Maria del Fonte alla giovane Giannetta.

Dopo la recita dei cinque misteri della gioia, i fedeli sono entrati in basilica, dove il Vescovo ha letto una preghiera di invocazione della pace.

Il momento di preghiera si è concluso con la raccolta di offerte da mandare nelle zone di guerra: «Anche qui in Santuario è tradizione che si raccolgano le offerte per la Terra Santa il Venerdì Santo – ha detto il rettore del Santuario monsignor Amedeo Ferrari –. In questi giorni, i nostri fratelli stanno vivendo un vero e proprio venerdì santo».

Nel silenzio della preghiera e del raccoglimento tutti i fedeli hanno lasciato poi il Santuario per fare ritorno nelle proprie case.

 

Martedì 17 ottobre giornata nazionale di digiuno, preghiera e astinenza per la pace e la riconciliazione. Online i sussidi liturgici

Il 17 ottobre anche a Cremona in preghiera per la pace: “Pausa digiuno” in Cattedrale e veglia a San Pietro al Po




“Coperte per senza fissa dimora”, anche a Cremona l’iniziativa solidale con Comune, Caritas e San Vincenzo

 

Aiuto e supporto alle persone più fragili. Un’esigenza sempre attuale a cui prova a dare una risposta concreta l’iniziativa “Coperte per senza fissa dimora”, proposta anche a Cremona con la conferenza stampa di presentazione avvenuta nella mattinata di martedì 10 ottobre, a Cremona, presso la Sala eventi di Spazio Comune. Il progetto è promosso da Sheep Italia, che realizza ogni anno coperte da donare alle persone che d’inverno sono costrette a vivere e a dormire all’aperto.

All’insegna della collaborazione in modo strutturato con la Caritas Cremonese per il servizio del Centro di prima accoglienza e asilo notturno, nonché con le Cucine benefiche della società San Vincenzo de Paoli di Cremona, che, oltre all’accoglienza, donano coperte, vestiti e beni di necessità a senza fissa dimora e a persone che vivono in situazione di grave marginalità, il Comune di Cremona ha deciso di proporre tale iniziativa anche in città.

A fare gli onori di casa è stata Rosita Viola, assessore comunale alle Politiche sociali e Fragilità, affiancata da Massimo Fertonani, presidente della San Vincenzo de’ Paoli, e Alessio Antonioli, membro della commissione di Caritas Cremonese. «Ci sembrava una bella iniziativa per distribuite coperte a chi ne ha bisogno, non solo a Cremona, ma anche su tutto il territorio nazionale», ha spiegato l’assessore, specificando che l’avvio delle spedizioni, e quindi la concretizzazione del progetto, è prevista per il prossimo 15 novembre. «Chiediamo quindi a tutti un aiuto per realizzare queste coperte». L’assessore Viola ha inoltre lanciato un appello di sensibilizzazione ai presenti, sollecitando i mezzi di comunicazione locale «a diffondere questa iniziativa per arrivare quanto più possibile ai nostri cittadini».

L’adesione a questa proposta è stata resa possibile dal sostegno dei due enti benefici diocesani, che contribuiscono, sul territorio cremonese, nella quotidiana “lotta alla povertà”. «Caritas mette a disposizione il rifugio notturno, aperto 365 giorni all’anno, non più solo per l’emergenza freddo – ha sottolineato Alessio Antonioli –. Abbiamo dieci posti, più uno in caso di emergenza, dedicati a persone senza fissa dimora. Accogliamo con storie diverse, sia cittadini italiani che stranieri, con vissuti complessi e che si trovano di fronte a situazioni di difficoltà dovute appunto alla mancanza di una casa». Il rifugio ospita dunque chiunque ne abbia bisogno, chi per pochi giorni e chi, come in alcuni casi, ne necessiti per un periodo più lungo.

Un impegno solidale che attraverso una rete consolidata di volontari nelle parrocchie sul territorio diocesano è rappresentato anche dalla San Vincenzo de’ Paoli, società caritativa che a Cremona si occupa delle mense per i poveri attraverso le Cucine benefiche, che offrono pasti gratuiti a chiunque li richiedano. «Li richiedono uomini, donne, italiani, stranieri, anziani, a volte anche persone giovani e, ultimamente, anche persone sole che gradiscono consumare il loro pasto insieme ad altre persone – ha voluto specificare il presidente Fertonani –. Un’occasione di conoscenza che può magari trasformarsi in opportunità per prestare vicinanza e aiuto». Un’opera di vicinanza alle persone fragili che non si concretizza solamente attraverso le mense. La San Vincenzo, infatti, dona settimanalmente pacchi alimentari alle famiglie in difficoltà, che sono, negli ultimi mesi, aumentate. I pacchi spediti ogni settimana sono infatti passati da 70 a 80/85: un incremento che si è verificato di pari passo con l’aumento delle presenze presso le Cucine benefiche, che hanno registrato nelle ultime settimane, fino a 45 pasti donati al giorno, in media dieci in più rispetto ai mesi scorsi.

«Abbiamo accolto in maniera molto positiva questa iniziativa – ha aggiunto Fertonani –. Queste coperte sono belle, fatte bene, pensate, di buona qualità. Hanno una valore ovviamente materiale, ma anche un valore simbolico. È un gesto buono e fatto bene – ha concluso –. E quando il bene è fatto bene, è più bello sia per chi lo fa sia per chi lo riceve».




Con le comunità del Masci uno sguardo alle “nostre” acque

Il Po e noi: storia e cura delle nostre acque. Questo il tema conduttore della giornata organizzata sabato 7 ottobre dalle comunità scout Masci di Cremona e che ha segnato la conclusione delle iniziative in diocesi per il Tempo del Creato promosse nelle diverse zone pastorali in sinergia con la Pastorale sociale e del lavoro diocesana. Con lo sfondo del Po, davanti alla santella del Lido Sales, Andrea Guereschi, già ingegnere di Padania acque, e Maurizio Lupi, tecnico di Arpa, hanno accompagnato i presenti a scoprire la realtà delle acque della città.

In un racconto appassionato e appassionante, ricco di fatti e aneddoti storici, Guereschi ha parlato delle acque di superficie di Cremona, dei suoi canali – oggi spesso interrati, ma ancora presenti –, dei progetti nati (e non sempre portati termine) per rivitalizzarli, creando intorno ad essi quelle zone verdi e umide che potrebbero aiutare a contrastare il fenomeno del cambiamento climatico. Ha raccontato delle grosse opere idrauliche del passato e del presente, che hanno visto i tecnici cremonesi sempre all’avanguardia. Nel suo intervento anche uno sguardo al Po e all’abbassamento del suo fondale, dovuto all’aumento della corrente a sua volta determinato dalla creazione dei cosiddetti “pennelli”. Ma si è analizzata anche la situazione dei pozzi per l’acqua potabile, che oggi pescano a -200 metri, perché solo a quella profondità è possibile trovare acqua pulita che rientri nei valori di legge, e dei sistemi di depurazione e di controllo delle acque. Guereschi ha parlato anche delle fognature e dell’importanza della loro manutenzione per evitare perdite di inquinanti; rappresentando anche il rischio degli inquinanti di superficie, che filtrando nel suolo possono inquinare i pozzi, e la difficoltà e i costi per risanare una falda inquinata.

Lupi ha invece illustrato la questione degli inquinanti che si trovano nel Po, le cui acque oggi sono classificate con qualità sufficiente, esponendo la difficoltà di individuare i nuovi inquinanti che l’industria produce. Ha quindi presentato il mondo degli insetti che vivono sulle acque in modo elettivo e diventano un tracciatore importante per le rilevazioni; parlando pure della fauna ittica che vive nel Po, costituita, oggi, da tante specie aliene, non autoctone, e delle difficoltà create a storioni e lucci dalle centrali idroelettriche, perché i corridoi di risalita del fiume realizzati per permettere ai pesci di superare lo sbarramento di fatto non sono adeguati alle esigenze della fauna ittica. Ha inoltre trattato il tema dell’aumento della temperatura media delle acque che non permette più la sopravvivenza ad alcune specie, come per esempio la trota.

Ne è seguito un breve ma animato dibattito: cosa possiamo fare noi per salvaguardare le acque? È stata evidenziata innanzitutto l’importanza dei piccoli gesti quotidiani, che vanno dall’evitare gli spechi al bere acqua del rubinetto, più controllata delle acque minerali in bottiglie di plastica. Ma soprattutto la necessità di non smettere di vigilare sull’operato delle Istituzioni, affinché i progetti di salvaguardia vengano attuati, le manutenzioni effettuate, le politiche di gestione delle acque vadano a tutela della salute dei cittadini. Impegno non facile, perché dietro a tante situazioni critiche ci sono i poteri forti o interessi economici rilevanti; ma impegno necessario per la tutela del Creato in quell’ottica che ricorda sempre Papa Francesco, dell’essere custodi – e non padroni – del pianeta, responsabili in prima persona di ciò che si lascia in eredità alle generazioni future. Serve dunque riscoprire e confermare la consapevolezza della necessità di un cambiamento nello stile di vita – culturale, educativo e spirituale – per ripristinare la corretta relazione fra tutto il creato, e per tutelare le fasce di umanità più deboli del mondo di domani.

La giornata si è conclusa con la celebrazione eucaristica alla chiesa di Brancere, affidando a Maria (la Madonna del Po) il senso dell’impegno a essere attenti e credibili custodi dell’acqua, fonte inesauribile di vita.




Casalbuttano e San Vito hanno accolto il nuovo parroco don Davide Schiavon

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Nel pomeriggio di domenica 8 ottobre don Davide Schiavon ha fatto il suo ingresso come parroco di Casalbuttano e San Vito, diventando anche moderatore dell’unità pastorale Nostra Signora della Graffignana, composta anche dalle parrocchie di Paderno Ponchielli, Ossolaro e Polengo.

La celebrazione è iniziata con il saluto del sindaco di Casalbuttano, Gian Pietro Garoli, sul sagrato della chiesa parrocchiale di San Giorgio martire: «Quando cambia un parroco, soprattutto nei nostri paesi c’è molta curiosità: la conoscenza reciproca è un processo che avverrà lentamente e sono sicuro che don Davide sarà un segno di Dio. La cosa importante è che io lo leggo come l’arrivo dell’uomo della buona notizia, sia per i fedeli sia per chi non crede». Poi, a nome dell’Amministrazione, il sindaco Garoli ha voluto sottolineare come il cammino di parrocchia e Comune quando è condiviso funziona, nel confronto dialettico e sincero.

 

Saluto del sindaco Garoli

 

Quindi con l’ingresso nella chiesa parrocchiale è iniziata la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e accompagnata dai canti del gruppo folk. A concelebrare diversi sacerdoti diocesani e tra loro il vicario zonale don Giambattista Piacentini e gli altri sacerdoti dell’unità pastorale: don Fabrizio Ghisoni, parroco di Paderno Ponchielli e Ossolaro, don Floriano Scolari parroco di Polengo e don Giorgio Ceruti collaboratore di Casalbuttano.

Il vicario zonale ha quindi dato lettura della nomina di don Schiavon, poi sono seguiti i riti caratteristici dell’insediamento di un nuovo parroco con l’aspersione dei fedeli e l’incensazione dell’altare.

Un rappresentante della parrocchia ha poi rivolto alcune parole di benvenuto al nuovo parroco: «Ti accogliamo con la gioia vera, siamo molto lieti che questa chiamata sia stata accettata molto volentieri; ti accogliamo in questa comunità, consapevole dei propri limiti, ma ricca di carità e umanità».

 

Saluto del rappresentante parrocchiale

 

La celebrazione è proseguita con la liturgia della Parola e la proclamazione del Vangelo da parte del nuovo parroco.

Nella sua omelia mons. Napolioni ha voluto riflettere in particolare sul Vangelo del giorno: «Ci vengono proposte diverse vigne: speriamo che Casalbuttano assomigli alla vigna del Vangelo che produce dell’uva fantastica, tanto che i vignaioli se la vogliono tenere per loro. Mi auguro che le nostre comunità siano come una vigna: né avida, né superlativa, ma la vigna di casa che produce vino buono».

«Il parroco deve portare la buona notizia – ha proseguito il vescovo Napolioni – ma ancora prima lo invito a scoprirla in ognuno di voi, perché ognuno di voi ne porta un frammento. Condividete tutto il bene possibile!».

Mons. Napolioni ha quindi concluso: «Il Vangelo, l’Eucarestia, la preghiera saranno i modi per far emergere la logica di Dio, farla nostra e cambiare la nostra logica, anche se è dura e anche io a volte non ce la faccio: siamo qui per fare questo patto di fraternità nel discepolato e di reciprocità di tutto il bene che Dio semina in noi».

 

Omelia del vescovo Napolioni

 

Al termine della Messa è stato quindi il momento del saluto del nuovo parroco alla comunità: «Sono onorato di entrare a far parte di questa comunità, grande, ricca e bella – ha esordito don Davide – a questo nuovo mio ruolo mi affaccio con gratitudine e un po’ di timore, ma come mi ha detto il vescovo “un po’ alla volta” e prendo in pieno questo suggerimento». E ha proseguito: «Non considero questo mio compito uno tra tanti, infatti mi sono preso questo come unico incarico per i prossimi anni: adesso il mio cuore e la mia testa saranno qui. Non posso garantire il risultato, ma posso promettere l’impegno».

 

Saluto del nuovo parroco

 

Al termine della Messa la festa è continuata in oratorio con un rinfresco organizzato dalla parrocchia, occasione per iniziare a conoscere il nuovo parroco.

Nella serata di lunedì 9 ottobre il nuovo parroco presiederà alle 20.30 la Messa in suffragio di tutti i defunti della comunità.

 

 

Profilo biografico di don Schiavon

Classe 1976, originario di Castelleone, don Schiavon è stato ordinato sacerdote il 13 giugno 2009. Laureato in Economia aziendale, ha iniziato il proprio ministero come vicario a Breda Cisoni, Ponteterra, Sabbioneta e Villapasquali. Tra il 2016 e il 2022 è stato incaricato diocesano per la Pastorale vocazionale. Dal 2015 era vicario della parrocchia “Beata Vergine di Caravaggio” in Cremona. Sarà moderatore dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana” composta anche dalle parrocchie di Ossolaro, Paderno Ponchielli e Polengo e parroco di Casalbuttano e San Vito, dove prede il testimone da don Gianmarco Fodri e continuerà ad esser affiancato dal collaboratore parrocchiale don Giorgio Ceruti. Dal 2020 don Schiavon è vicepresidente dell’Istituto diocesano per il Sostentamento del clero.

 

 

Il saluto del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale

Cari amici (sacerdoti e laici) dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana”,  

vi saluto col cuore e non per pura formalità e vi ringrazio in anticipo per la vostra accoglienza. Per quanto sia difficile trovare argomenti concreti quando ancora ci si conosce poco di persona, vi voglio assicurare che sono sinceramente felice di entrare a far parte della vostra famiglia: ci vengo volentieri, ho già iniziato a pregare per voi e sono desideroso di condividere un tratto della vostra storia. 

Sono certo che il Signore benedirà questa nostra esperienza comune perché, in estrema sintesi, me lo sento, per una sorta di sesto senso. È il mio primo incarico da parroco e vi chiedo quindi una buona dose di indulgenza per qualche ingenuità che è da mettere in conto e perdonare ad un neofita. Ho buoni presentimenti perché le vostre comunità, da come le hanno descritte, hanno tutte le caratteristiche per realizzare un cammino fruttuoso insieme: una fede radicata nella storia e, al tempo stesso, disposta a continuare ad imparare; un modo di intendere le relazioni ancora ricco di umanità; un tessuto sociale ancora molto ispirato al modello della famiglia.  

Proprio a quest’ultima realtà vorrei collegarmi anche io nel dare il mio contributo a ciò che realizzeremo insieme. Per quanto il concetto non sia nuovo e venga ripetuto spesso, io pure  desidero ribadire che la famiglia, davvero, è la cellula della società e della Chiesa e, quando le famiglie sono sane, ci sono buone probabilità che anche le comunità cristiane lo siano. E, in una certa misura, è vero anche l’opposto.  

La famiglia, parentale o parrocchiale che sia, sta insieme se il Signore è una presenza costante all’interno di essa. E proprio su questo aspetto si concentreranno principalmente le mie attenzioni. L’amore reciproco, il rispetto, la fedeltà, la tenuta di lungo periodo sono possibili (l’esperienza lo attesta) solo se Dio, cercato, invocato e obbedito, concede la Sua benedizione e onora della Sua presenza. 

Non illudiamoci quindi di poter realizzare qualcosa di solido e duraturo se non concederemo i giusti spazi al Signore, nella preghiera e nell’imitazione del Vangelo. Se mancano queste dimensioni, le cose, nella migliore delle ipotesi, potranno funzionare solo se ci sono persone disposte a impersonare il ruolo dei martiri, da una parte, e dei prepotenti, dall’altra. Ma noi non desideriamo questo, bensì una comunità di fratelli che si vogliono bene, dove ognuno fa la sua parte (proporzionata ai propri sforzi e calibrata sui propri talenti) e in cui c’é armonia perché a nessuno è chiesto troppo e a nessuno troppo poco.  

In aggiunta, certamente, a livello umano, saranno poi necessarie tutta una serie di attenzioni, delicatezze, gesti di “manutenzione ordinaria” nelle relazioni che, con l’aiuto di tutti, potremo mettere in atto. Spero di conoscervi presto, ma non di scoprire tutto troppo velocemente, perché anche la meraviglia e la scoperta reciproca sono un ingrediente importante, da non esaurire troppo in fretta, che dà ancora più sapore al cammino e fascino all’avventura comune. 

Vi porto già nel cuore e vi auguro di poter migliorare ogni giorno nella via del Vangelo, cosa che io per primo mi impegnerò a praticare. Da ultimo, ma non certo per importanza, un sincero e cordiale ringraziamento a don Marco, mio predecessore, per il prezioso lavoro svolto e per la cortesia e pazienza dimostrate nel passaggio di consegne. 

Grazie a tutti, con amicizia. 

Don Davide 

 

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Don Valsecchi alla comunità di Cavatigozzi: «Costruiamo insieme una parrocchia “del campanello”»

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«Vorrei una parrocchia del campanello e degli alunni, che si mettano alla scuola del Signore, perché illumini il cammino che oggi insieme stiamo intraprendendo», ha affermato don Alfredo Valsecchi ai parrocchiani di Cavatigozzi al termine della Messa di insediamento come nuovo parroco della parrocchia Santa Maria Maddalena di Cremona nel pomeriggio di sabato 8 ottobre.

Don Alfredo Valsecchi è stato accolto sul sagrato della chiesa parrocchiale dal sindaco di Cremona Gianluca Galimberti: «Le parrocchie rappresentano dei luoghi importantissimi di relazione, di vicinanza per le persone e anche di fede e di preghiera – ha affermato il primo cittadino –. Noi abbiamo bisogno, anche come comunità civile, che l’animo si innalzi e che sappiamo guardare tutti insieme all’uomo guardando anche al cielo». Presente anche il sindaco di Pieve San Giacomo Maurizio Morandi, paese della precedente parrocchia di don Valsecchi.

 

Il saluto del sindaco Galimberti

 

A seguire la celebrazione solenne presieduta dal vescovo Antonio Napolioni tanti fedeli, molti dei quali rimasti in piedi nella chiesa gremita.

Il vicario zonale don Pietro Samarini ha letto il decreto di nomina di don Valsecchi, cui è seguito il canto eseguito dalla schola cantorum della parrocchia.

Un rappresentante della comunità, Gianfranco Manini, ha dato quindi il benvenuto al nuovo parroco a nome di tutta la comunità. «Trova una comunità pronta a riprendere il cammino, con un nuovo compagno di viaggio, con una nuova guida segno di Gesù, il solo buon pastore – ha detto – sarà per noi padre e fratello».

 

Il saluto del rappresentante parrocchiale

 

Come segno di benvenuto è stato donato al nuovo parroco un’incisione che la Vergine con il Bambino, con l’augurio che lo possa proteggere con dolcezza e amore durante il ministero a servizio della comunità di Cavatigozzi.

Mons. Napolioni ha aperto la sua omelia parlando di guerra e divisione, facendo riferimento a quanto sta accadendo fra Israele e Palestina, di nuovo in lotta in queste ore. Ha poi parlato del bisogno di scuoterci: «Anche la Chiesa ha la tentazione di sedersi, fermarsi; o peggio di guardare indietro, di ammalarsi di nostalgia». E ha proseguito: «Il nostro è tempo di missione, e la missione va a cercare chi sta peggio: non per rimproverarlo, non per giudicarlo, ma perché non aspetta altro che la buona notizia».

 

L’omelia del vescovo Napolioni

 

Al termine della Messa il saluto del nuovo parroco alla comunità: «Vorrei una parrocchia delle relazioni, dove suoniamo il campanello al cuore del fratello, dove io verrò a suonare i vostri campanelli per poter stare insieme, per poter costruire di più».

 

Il saluto del nuovo parroco

 

Al termine, rinfresco per tutti in oratorio, come primo momento di incontro con la comunità.

 

 

Biografia del nuovo parroco

Classe 1963, originario di Vailate, don Alfredo Valsecchi è stato ordinato sacerdote il 18 giugno 1988. È stato vicario nelle parrocchie “S. Leonardo” in Casalmaggiore (1988-1995) e “S. Maria Immacolata e S. Zeno” in Cassano d’Adda (1995-2002). Successivamente è stato parroco di Casteldidone, San Giovanni in Croce, San Lorenzo Aroldo, Solarolo Rainerio e Voltido. Dal 2013 era parroco di Pieve San Giacomo. A Cavatigozzi prede il testimone da don Gianfranco Vitali, trasferito nell’unità pastorale “Mons. Angelo Frosi” formata dalle parrocchie di Cornaleto, Formigara, Gombito, San Bassano, San Latino e Santa Maria dei Sabbioni.

 

 

Il saluto del sacerdote alla nuova parrocchia

“Siete già la mia famiglia”

Carissimi parrocchiani di Cavatigozzi, quando il vescovo Antonio mi ha comunicato la mia nomina a vostro parroco, sono stati molti e confusi i sentimenti che ho provato. Su tutti, però, è prevalso quello della più sentita gioia di poter iniziare il mio nuovo ministero sacerdotale con voi. Vi assicuro che ho sentito subito voi come miei fratelli e sorelle, come famiglia in cui vivere tutto il tempo che il Signore mi vorrà concedere qui ed ora. Vorrei conoscervi già ad uno ad uno, piccoli e grandi, vicini e lontani, con le vostre storie umane e spirituali, per condividere con
ciascuno le gioie e le fatiche di questo cammino comune. So che mi occorrerà un pò di tempo e tanto impegno per diventare parte di questa famiglia: vi chiedo tanta pazienza.

Saluto con grande simpatia e stima i collaboratori parrocchiali, le famiglie, gli anziani, gli ammalati. Un caro saluto ai ragazzi e ai giovani della Parrocchia e dell’Oratorio nell’attesa di cominciare a lavorare insieme. L’oratorio deve diventare il centro di educazione alla vita e alla fede delle nuove generazioni.

Un affettuoso saluto anche al mio predecessore, don Franco, con tanta stima e tanta riconoscenza per il paziente lavoro svolto in questi venti anni con voi. Affido a Cristo Buon Pastore il mio nuovo ministero nella certezza che “se il Signore non costruisce la casa, invano faticano i costruttori”.

Invoco dal Signore la benedizione su ciascuno e sul cammino che insieme percorreremo. Un caro ricordo nella preghiera di tutti i giorni.

Arrivederci a presto.

Don Alfredo

 

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La comunità del Cambonino accoglie don Arienti come nuovo parroco: «Un cammino che continua»

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Nella mattina di domenica 8 ottobre la comunità del quartiere Cambonino a Cremona ha accolto don Paolo Arienti come nuovo parroco e don Umberto Zanaboni come nuovo collaboratore parrocchiale. Il nuovo incarico di don Paolo si aggiunge a quello di parroco di S. Ambrogio in Cremona e a quello di moderatore dell’Unità Pastorale don Primo Mazzolari, di cui le due parrocchie fanno parte insieme a quelle del Migliaro e del Boschetto.

All’ingresso della chiesa dei Santi Nazario e Celso in San Giuseppe Andrea Virgilio, vicesindaco di Cremona, ha rivolto alcune parole di saluto ai nuovi sacerdoti, sottolineando l’importanza di una collaborazione tra Comune e parrocchie: «L’arrivo di un nuovo parroco crea sempre un fermento dento la comunità: don Paolo, ti auguro di proseguire il tuo percorso continuando a seminare e raccogliere».

 

 

È iniziata quindi la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, alla quale hanno preso parte anche gli altri sacerdoti dell’Unità Pastorale don Primo Mazzolari: don Maurizio Ghilardi, parroco del Boschetto e del Migliaro e don Nicolas Diene, collaboratore dell’Unità pastorale e cappellano della comunità africana francofona. Presenti anche il vicario zonale, don Pietro Samarini e don Luigi Mantia, cappellano della casa di cura Figlie di San Camillo.

Dopo la lettura del decreto di nomina e l’aspersione dell’assemblea per mano del nuovo parroco, una rappresentante della parrocchia ha rivolto alcune parole di saluto e benvenuto ai due nuovi sacerdoti: «Questo quartiere, il Cambonino, con le sue complessità e diversità, racchiude dentro ognuno di noi una fonte di luce che spesso chiede semplicemente di essere nutrita,  valorizzata, per poter splendere di più… Ed è questo che desideriamo, avere con la vostra paziente guida, la capacità di renderci più luminosi ed essere come un faro in questo mondo che purtroppo ha anche troppe tenebre».

Ha poi proseguito con un auspicio: «Il nostro augurio è quello di accoglierci tutti reciprocamente con entusiasmo e confidando nel Signore affinché ci aiuti a diventare unione rispettando ogni singolarità: dall’altare di questa chiesa, con lo sguardo avanti si vede la piazza Aldo Moro, il cuore del nostro quartiere così variegato, poi, alzando lo sguardo si vede il cielo, che è di tutti, come lo è lo Spirito Santo in chiunque lo accolga».

 

 

La celebrazione è quindi proseguita con la liturgia della Parola e con la lettura del Vangelo proclamato da don Arienti.

Nella sua omelia il vescovo Napolioni ha esordito con un riferimento all’attualità: «Bene è stato detto nel saluto “siamo tutti sotto lo stesso cielo”, lo stesso cielo in cui da ieri dei razzi cadono su delle città e partono degli aerei che ne bombardano altre, lo stesso cielo sotto cui da anni le guerre ci affliggono e ci impauriscono: lo dico perché la Parola di Dio è estremamente puntuale. Abbiamo letto che la vigna del Signore è la casa d’Israele. Questa storia ci accompagna da secoli e forse non ci abbandonerà mai, perché la terra ci divide con i confini e i muri, che alimentano paura e diffidenza, ma siamo fatti per crescere e diventare fratelli e sorelle del mondo intero».

«Ben vengano nuovi sacerdoti in una parrocchia, ma in modo nuovo – ha quindi proseguito il vescovo di Cremona – qualcosa non cambia come l’amore per la vita e per la gente che devono avere i preti, ma può capitare che la comunità non sempre ricambi, come accade nel Vangelo dove non sempre la vigna produce buona uva».

Ha poi proseguito mons. Napolioni proseguendo con un paragone ispirato alla parabola del Vangelo: «Non siamo né la vigna acida, né la vigna spumeggiante: non ci serve una Chiesa depressa e non ci serve una Chiesa che appare senza una verità interiore, ma ci interessa quella vigna che dà del vino genuino, che rallegra la tavola di famiglia che fa prevalere il bene sul male. Il programma delle nostre parrocchie in questo tempo è più evangelico che mai e lo stesso vale per tutta la Chiesa, e cioè che sia più fatta di fratelli e sorelle che si uniscono e non si dividono».

 

 

 

La messa è quindi proseguita con il Credo, solennemente professato dal nuovo parroco, con l’offertorio animato dalla comunità Mére du Divin Amoure che ha trovato accoglienza presso la parrocchia di S. Giuseppe e con la liturgia eucaristica, alla quale è seguito il saluto di don Paolo ai fedeli presenti: «Sono già un paio di anni che stiamo camminando insieme, ci hanno affidato questo compito che è allo stesso tempo una sfida e una opportunità: oggi vediamo crescere un processo, ma non nelle persone, quanto piuttosto nei desideri condivisi di una comunità di comunità che vogliono essere qui ogni domenica attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia».

Ha quindi invitato don Arienti: «Dico in modo semplice: mettiamoci alla prova, io mi impegno con gli altri presbiteri affinché non manchi niente a nessuno: non mancherà niente a nessuno. Questo inizio non è un inizio nuovo, ma è una continuazione».

 

 

Al termine della celebrazione la comunità si è ritrovata nel salone dell’oratorio per un momento di festa conviviale, occasione per conoscere il nuovo collaboratore don Umberto e iniziare ad approfondire la conoscenza insieme al nuovo parroco don Paolo.

Dopo la Messa di domenica 22 Ottobre, si terrà un momento di riflessione e condivisione presso la chiesa di S. Giuseppe per iniziare a tracciare il nuovo percorso della comunità insieme ai nuovi sacerdoti accolti.

 

Biografia dei sacerdoti interessati dalle nomine

Don Paolo Arienti, classe 1972, originario di Piadena è stato ordinato sacerdote il 19 giugno 1999. Ha iniziato il ministero sacerdotale a Cremona come vicario della parrocchia “Ss. Nazario e Celso in S. Abbondio”. Nel 2002 per continuare gli studi è stato inviato a Roma, dove ha conseguito la licenza in Teologia dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana. Dal 2004 al 2011 è stato vicario a “Cristo Re” in Cremona e segretario dell’Ufficio evangelizzazione e catechesi. Dal 2011 al 2021 è stato responsabile dell’Ufficio diocesano per la Pastorale giovanile, presidente della Federazione Oratori Cremonesi e dell’associazione NOI, oltre che consulente ecclesiastico del CSI di Cremona. Dal 2017 al 2021 è stato inoltre coordinatore dell’area pastorale “In ascolto dei giovani”. Nel 2012 è stato nominato parroco in solido delle parrocchie di Binanuova, Ca’ de’ Stefani, Gabbioneta e Vescovato; e dal 2014 al 2018 anche di Pescarolo e Pieve Terzagni. Dal 2000 è docente in Seminario e dal 2008 anche presso l’Istituto superiore di Scienze religiose “S. Agostino”. Nel 2021 è stato nominato parroco della parrocchia “S. Ambrogio” in Cremona, con anche il ruolo di moderatore dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” (S. Ambrogio, Cambonino, Boschetto e Migliaro). Ora è stato nominato anche parroco della parrocchia “Ss. Nazaro e Celso in S. Giuseppe” nel quartiere Cambonino di Cremona.

 

Don Umberto Zanaboni, classe 1975, originario di Pandino, è stato ordinato sacerdote il 17 giugno 2000. Ha iniziato il proprio ministero come vicario di Sabbioneta e dal 2008 lo è stato anche di Breda Cisoni, Ponteterra e Villapasquali; successivamente è stato vicario di Caravaggio (2009-2016). Nel 2016 è stato nominato parroco di Cella Dati, Derovere e Pugnolo, e dal 2019 è stato anche collaboratore parrocchiale di Longardore, San Salvatore, Sospiro e Tidolo. Nel 2018 è stato scelto come vicepostulatore della causa di beatificazione del servo di Dio don Primo Mazzolari e dal 2022 ricopre il ruolo di incaricato diocesano per la Pastorale missionaria. Dal 2021 al 2023 è stato collaboratore parrocchiale della parrocchia “Santi Fabiano e Sebastiano martiri” in Cremona. Nel 2023 è stato nominato amministratore parrocchiale dell’unità pastorale “Mons. Antonio Barosi” formata dalle parrocchie di Casteldidone, San Giovanni in Croce, San Lorenzo Aroldo, Solarolo Rainerio e Voltido. Ora è stato nominato collaboratore dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” in Cremona, formata dalle parrocchie di Sant’Ambrogio, Cambonino, Boschetto e Migliaro.

 

 

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Vidalengo, mons. Fusar Imperatore: «L’impegno di crescere in un cammino di unità sia testimoniato dalla condivisione di vita di noi sacerdoti»

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«Vengo con l’umiltà di chi deve imparare a conoscervi». Così monsignor Giansante Fusar Imperatore nel suo saluto ai parrocchiani di Vidalengo al termine della Messa che nel pomeriggio di sabato 7 ottobre ne ha sancito l’ingresso ufficiale come nuovo parroco in sostituzione di don Edoardo Nisoli. Una celebrazione, quella presieduta dal vescovo Antonio Napolioni, nella quale più volte sono stati richiamati i concetti di comunione e di comunità.

Accompagnato dalle note della banda musicale di Caravaggio, monsignor Giansante Fusar Imperatore è arrivato in corteo sul sagrato della chiesa parrocchiale, in piazza San Giovanni, poco prima delle 18. Lì ha ricevuto il saluto del sindaco di Caravaggio Claudio Bolandrini: «È una vigna piccola, quella di Vidalengo – ha affermato il primo cittadino – ma dal grande cuore. È una realtà semplice, ma per certi aspetti complessa, perché di confine e negli ultimi decenni è cresciuta di numero, ma soprattutto di presenze, che avvertiamo debbano essere coinvolte in un processo relazionale per diventare una vera comunità». «Il mio augurio al nuovo parroco – ha detto ancora il sindaco di Caravaggio – è di un lavoro sereno proficuo, nell’interesse anche di questo gregge che le è stato assegnato».

 

Saluto del sindaco Bolandrini

 

Subito dopo è cominciata la Messa, animata con il canto della schola cantorum parrocchiale. In presbiterio, con il Vescovo e il nuovo parroco anche il rettore del santuario di Caravaggio, monsignor Amedeo Ferrari, il vicario parrocchiale di Caravaggio don Andrea Piana e i tre collaboratori: don Bruno Grassi e i nuovi arrivati don Gabriele Filippini e don Paolo Ardemagni. Ufficialmente questi ultimi due sono stati nominati anche collaboratori della parrocchia di Vidalengo. Ha prestato servizio all’altare il diacono permanente Roberto Cavalli di Caravaggio.

Il saluto della comunità è stato affidato ad Antonio Lazzarini: «Domenica scorsa – ha detto – abbiamo dato il saluto a don Edoardo, ringraziandolo per i suoi 15 anni con noi. Oggi siamo felici di ritrovarci attorno a questa mensa». E ancora: «Tramite i vostri servizi la parrocchia aiuti noi laici ad essere più corresponsabili». «Augurandovi buon lavoro – ha concluso – vi accompagneremo con la nostra preghiera».

 

Intervento del rappresentante della parrocchia

 

Per l’occasione la comunità ha donato al nuovo parroco un calice, al vicario e ai collaboratori una stola ciascuno.

Il Vescovo ha aperto e chiuso la sua omelia parlando di guerre e di divisioni. Guerre sanguinose per una terra, come è quella fra Israele e Palestina, di nuovo, drammaticamente, attuale in queste ore. Ma anche divisioni e “guerre” che non dovrebbero esistere nemmeno nei paesi e nelle comunità. Nel mezzo, il riferimento al Vangelo e la sottolineatura del concetto di vigna del Signore, dove chiunque è prezioso. «La vigna del Signore – ha detto il Vescovo – siamo noi. Quante vigne ha Dio? Una e tutte. Una è l’umanità. Tutte perché ognuno di noi è un tralcio di questa vigna». «La vigna di cui parla il Vangelo – ha proseguito – portava grandi frutti. Non si chiede di produrre champagne, ma di essere disposti a lasciarci spremere, insieme, tutto il meglio della comunità di Vidalengo con quella di Caravaggio con quella della Diocesi con quella della Chiesa italiana?». E ha proseguito: «Avrete non un parroco soltanto, ma cinque sacerdoti che porteranno frutto per voi e con voi nella misura in cui si vorranno bene, si stimeranno, si aiuteranno, non spaccheranno le loro comunità, ma vi aiuteranno a sentirvi incoraggiati ad aprire il cuore e a dialogare». «Stasera – ha detto il Vescovo –preghiamo perché non ci siano guerre, ma noi per primi non dobbiamo farne nei paesi e nelle parrocchie».

 

Omelia del vescovo Napolioni

 

Alla fine della Messa il saluto del neo-parroco di Vidalengo. «Vengo con l’umiltà di deve imparare a conoscervi – ha detto monsignor Giansante Fusar Imperatore – e la disponibilità a spendermi anche per voi. Confido nell’aiuto dei confratelli». E ha sottolineato: «Sarà mia cura favorire la comunione fra di noi perché l’impegno chiesto ai parrocchiani di Vidalengo e di Caravaggio di crescere in un cammino di unità sia testimoniato dalla condivisione di vita da parte di noi sacerdoti».

 

Saluto del nuovo parroco

 

 

Al termine, rinfresco per tutti in oratorio. Un primo momento di incontro con la comunità. Con già un nuovo appuntamento domenica, quando monsignor Furar Imperatore presiederà la Messa delle 10 nella chiesa parrocchiale di Vidalengo.

 

 

Biografia dei sacerdoti interessati dalle nomine

Monsignor Giansante Fusar Imperatore, classe 1956, originario di Romanengo, è stato ordinato sacerdote il 21 giugno 1980. Ha iniziato il proprio ministero come vicario della parrocchia “S. Maria Assunta e S. Cristoforo” in Viadana; quindi nel 1984 è stato nominato vicerettore del Seminario di Cremona. Nel 1990 ha assunto l’incarico di segretario vescovile. È stato successivamente parroco di Bozzolo (2002-2008) e della parrocchia “S. Maria Immacolata e S. Zeno” in Cassano d’Adda (2008-2021); oltre che amministratore parrocchiale di Rivolta d’Adda (2016) e della parrocchia “Cristo Risorto” in Cassano d’Adda (2019). Nel 2021 è stato nominato parroco di Caravaggio e nel 2022 vicario zonale della Zona pastorale 1. Ora è stato nominato anche parroco di Vidalengo.

 

Don Paolo Ardemagni, classe 1962, originario di Misano Gera d’Adda, è stato ordinato sacerdote il 21 giugno 1986. È stato vicario delle parrocchie “S. Maria Assunta e S. Giacomo apostolo” in Soncino (1986-1996) e “Ss. Nazario e Celso in S. Abbondio” in Cremona (1996-1999). Nel 1999 è stato nominato parroco di Fengo, dove è rimasto sino al 2009; negli stessi anni ha ricoperto l’incarico di consulente ecclesiastico del CSI di Cremona; inoltre dal 2000 è stato anche amministratore parrocchiale di Luignano e dal 2004 anche parroco di Acquanegra. È stato successivamente parroco della parrocchia “Annunciazione” in Cassano d’Adda (2009-2017). Nel 2017 è stato nominato parroco di Robecco d’Oglio. Ora è stato nominato collaboratore delle parrocchie di Caravaggio e Vidalengo.

 

 

Don Gabriele Filippini, classe 1971, originario di Casirate d’Adda, è stato ordinato sacerdote il 21 giugno 1997. È stato vicario a Robecco d’Oglio (1997-2001), Fornovo San Giovanni (2001-2004) e nelle parrocchie di Sospiro, Longardore, San Salvatore e Tidolo (2004-2010). Nel 2010 è stato nominato sacerdote cooperatore presso il Santuario di Caravaggio. Ora è stato nominato collaboratore delle parrocchie di Caravaggio e Vidalengo.

 

 

 

Il saluto del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale

Cari parrocchiani, mentre sto per iniziare il mio servizio come parroco anche di Vidalengo, entro volentieri nelle vostre case. È un entrare, il mio, in punta di piedi, di chi non vuole disturbare ma ha piacere di aprire un canale di dialogo che durerà il tempo che il Signore mi darà ancora da vivere e nella misura in cui vorrete aprirmi la vostra porta. Arrivo senza la pretesa di inventare cose nuove. Sono riconoscente al Signore per il lavoro che i miei predecessori hanno fatto in mezzo a voi, a partire da don Pierino (che ho conosciuto e incontrato varie volte) e poi continuato assiduamente da don Edoardo. Se è vero che non sarò parroco solo di Vidalengo (perché devo continuare il servizio anche a Caravaggio) è anche vero che avrete a disposizione ben cinque preti. So bene che non posso garantirvi la mia assidua presenza: nel mio modo di pensare il parroco dovrebbe essere colui che sta in mezzo alla sua gente, così ho imparato fin da piccolo e così mi piacerebbe fare. Le contingenze dei tempi ci impongono di pensare diversamente e siccome non posso dividermi in due, posso solo lavorare perché ogni parrocchiano affidato alle mie cure possa imparare a sentirsi “uno” con tutti coloro che il Signore chiama a costruire la comunità parrocchiale. Tutti percepiamo la consapevolezza di essere diventati pochi dopo essere stati molti, sia come numero di preti che come partecipazione dei parrocchiani alla vita della comunità, in primis la partecipazione alla messa domenicale, segno esplicito del sentirsi chiesa. Non si tratta di tornare ad essere molti ma di imparare ad essere contenti del regalo che il Signore ci ha fatto: abbiamo ricevuto il dono di sapere e di vivere l’essere famiglia intorno all’altare, dono che tanti nostri fratelli hanno messo da parte, perdendosi il meglio della vita cristiana. A noi custodire questo dono, sapendo che non è il trovarsi fisico in una chiesa ma il sentirsi parte della Chiesa che dobbiamo annunciare: valore assai annebbiato oggi, in una società che si rifugia nell’individuale. L’impegno a camminare, anche come parrocchia, in sintonie con parrocchie vicine, non può che evidenziare questo dono. È questo il senso e il dono di una comunità di preti, ben cinque, a servizio di più comunità. Non nego che lo stare insieme tra noi, impegno faticoso e non scontato, ci fa bene. Sono certo che farà bene anche al crescere di cristiani in cammino verso l’unità con il Signore Gesù. Per questo, in punta di piedi, vi chiedo: fate un po’ di posto, almeno nelle vostre preghiere, a me e ai miei collaboratori perché impariamo ad essere in cammino con le due comunità che ci sono state affidate.

 

 

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«Navigare Cieli»: i libri di Gabriella Benedini in mostra al Campus Santa Monica

 

Inaugurata nei giardini del Campus Santa Monica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona, la Settimana del Dono è un evento ricco di tradizioni e ricordi per la sede di Piacenza, ma che ora, all’inizio di ogni anno accademico, anche Cremona celebra con entusiasmo e spirito di comunità, proponendo ai suoi studenti e a tutta la cittadinanza una serie di incontri, spettacoli, mostre e concerti che ruotano intorno al tema della disponibilità, del volontariato e dell’aiuto gratuito e reciproco. 

A sottolineare l’importanza di questa settimana, nel Campus Santa Monica, da lunedì 2 fino a venerdì 6 ottobre, si sono passati momenti di grande spessore culturale e sociale, iniziati con la piantumazione dei gelsomini da parte degli studenti.

Venerdì alle 12, invece, l’ateneo ha accolto nell’aula magna un grande allestimento artistico ideato e creato da Gabriella Benedini, artista di origini cremonesi nata nel 1932, e che all’età di 91 anni compiuti proprio nel giorno della mostra si afferma come una mente brillante e perspicace, capace di affermarsi sul panorama artistico nazionale e non solo con autorevolezza e talento. Già nota per la sua abilità presso l’università Cattolica di Cremona, Gabriella Benedini aveva realizzato Le Vele presenti all’interno del Campus, un’installazione realizzata per la mostra Nulla Dies Sine Linea nel 2021 formata da cinque corpi verticali di diverse dimensioni, gusci in vetroresina ricavati dal calco di uno scafo di una nave abbandonata già diventati uno dei simboli più evocativi e riconoscibili del Campus cremonese.

Con lo stesso spirito di riutilizzo e riciclo, questa volta, per tutta la lunghezza dell’aula magna, sono stati posti 50 leggii da orchestra, sopra ognuno dei quali è presente un libro aperto realizzato dall’artista cremonese, che ricreando una biblioteca personale racconta momenti e storie della propria vita attraverso ogni singolo elemento artistico. Navigare Cieli, è un progetto molto più grande e complesso rispetto a quello mostrato; le opere totali sono infatti 360 e raccontano dei momenti personali dell’artista, dei suoi viaggi e delle sue esperienze dal 1982 fino ad oggi.

A presentare il lavoro di Gabriella Benedini agli studenti e agli ospiti è stato il responsabile del Campus Santa Monica Matteo Burgazzoli, affiancato sul palco dal professor Daniele Rama, docente del corso di Marketing Agroalimentare, e da don Maurizio Compiani, incaricato diocesano per la Pastorale Universitaria. 




Con la Chiesa di Francesco, in cammino con i poveri e con il Creato

Nella giornata in cui si è aperto il Sinodo dei Vescovi e in cui è stata pubblicata l’esortazione apostolica Laudate Deum scritta da Papa Francesco e che va a integrare e a completare l’enciclica Laudato si’, il vescovo Antonio Napolioni come consuetudine del 4 ottobre ha presieduto l’Eucaristia nella festa di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, nella chiesa del convento dei cappuccini di Cremona.

La Messa, alla presenza dei frati della comunità francescana con il nuovo guardiano padre Andrea Cassinelli e di alcuni membri degli istituti religiosi della città, è stata concelebrata dal vescovo emerito Dante Lafranconi.

«In questo giorno sono accadute molte cose per la Chiesa e per il mondo. Portano tutte la firma di Francesco Papa, ma nel nome di Francesco d’Assisi», ha sottolineato il vescovo all’inizio dell’omelia, sottolineando che in tutte le chiese del mondo si ricorda «un santo così affascinante, disarmante, impegnativo, sempre attuale».

«Il Sinodo serve a ricordarci che la nostra Santa Madre Chiesa ha sempre bisogno di purificazione, di essere riparata, perché noi tutti siamo un popolo di peccatori perdonati, sempre bisognosi di ritornare alla fonte che è Gesù e di rimetterci sulle strade dello Spirito per raggiungere tutti con l suo Vangelo – ha ricordato Napolioni –. Francesco d’Assisi, in un tempo di grandi lotte e divisioni, tra il potere temporale e quello religioso, tra la Chiesa istituzionale e le correnti eretiche, tra i cristiani e altri credenti, non criticò e non si scagliò contro nessuno, imbracciando solo le armi del Vangelo, cioè l’umiltà e l’unità, la preghiera e la carità. Facciamo anche noi così!».

Parole sempre attuali «che riguardano anche noi». Da qui l’appello perché «in questo giorni di Sinodo accompagniamo le riflessioni e i dialoghi di questa assemblea rappresentativa di tutta la Chiesa cattolica con la nostra preghiera, la nostra fiducia, magari con il silenzio», ha detto riprendendo l’invito di Papa Francesco. «Solo così una Chiesa che si lascia riparare dallo Spirito e dai Santi, dai piccoli e dai poveri, può compiere la sua missione nel mondo. Che è una missione di gioia, di lode, di gratitudine».

La riflessione del Vescovo è proseguita legandosi al secondo evento di giornata: la pubblicazione dell’esortazione apostolica Laudate Deum.

«Perché il Papa vuole fare sul serio! Non ci limitiamo ad aver fatto una riflessione una volta se le cose non cambiano», ha detto Napolioni. Che ha proseguito: «”Lodate Dio per tutte le sue creature”. Questo l’invito che san Francesco ha fatto con la sua vita». «Un rapporto con le creature che ha fatto sì che le creature fossero il vestito, la luce, la bellezza di quest’uomo e che lui le potesse cantare».

Un monito, dunque, che abbraccia il tema della salvaguardia della Terra, della casa comune, proprio nel giorno in cui si chiude il Tempo del Creato. «Il Papa dice che dopo otto anni dalla pubblicazione della Laudato si’, con la quale ha condiviso in maniera approfondita lo sguardo sulla situazione della nostra casa comune, con il passare del tempo dobbiamo renderci conto che non reagiamo abbastanza – ha voluto evidenziare il Vescovo –. Perché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando, si sta avvicinando a un punto di rottura. L’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre di più la vita di molte persone e molte famiglie».

E allora, in tempi come questi, occorre essere ancor più come san Francesco. «La Bibbia ci ricorda che la terra è di Dio e noi ne siamo solo amministratori e che l’essere umano deve rispettare le leggi della natura e il delicato equilibrio tra tutti gli esseri viventi, contemplando la bellezza seminata dal Padre». «Occorre provare una vera tristezza davanti alla natura che è lasciata a se stessa o addirittura violentata – ha affermato il Vescovo –. C’è una crisi del nostro amore verso le cose».

«La chiamata è quella a camminare in comunione e in corresponsabilità. Guardate un po’, il Sinodo, che non si fa solo a Roma, o nelle diocesi e nelle parrocchie per parlare solo di Chiesa; si cammina insieme al creato, al mondo», ha spiegato monsignor Napolioni. C’è quindi bisogno di una svolta, di darsi una mossa. Lo dice il Papa, lo dicono i Vescovi, lo dice il buonsenso». E ancora: «Non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali. Non ci sono però cambiamenti culturali senza cambiamenti in ciascuno di noi – ha concluso il Vescovo –. Il Vangelo ci dice che i piccoli capiscono la volontà di Dio. E allora non stiamo a lamentarci perché i grandi non si accorgono, ma cominciamo anche noi a fare piccoli cambiamenti, perché così i grandi capiranno dai miti, dagli umili, qual è la strada da percorrere».

 

Ascolta l’omelia del vescovo Antonio Napolioni

 

 

Papa Francesco nella Laudate Deum: “Di fronte alla crisi climatica non reagiamo abbastanza”




Si è aperta in Università Cattolica la Settimana del Dono

 

Torna anche quest’anno in Università Cattolica la Settimana del Dono, l’iniziativa promossa dall’Ateneo nelle sue sedi per offrire alla comunità universitaria un’occasione per riflettere sul valore della gratuità e della solidarietà, attraverso segni concreti che si realizzano anche grazie all’apertura delle porte dei campus alle realtà del terzo settore e del volontariato del territorio.

Ricco il programma di incontri anche nella sede di Cremona e Piacenza che ospita dal al 2 al 6 ottobre momenti di riflessione ed eventi culturali negli spazi dell’università, legati dal fil rouge del dono inteso come valore imprescindibile: «Donare non significa liberarsi del superfluo, ma mettersi in gioco nelle relazioni e scoprirne la ricchezza anche in luoghi, tempi e modi che non ci saremmo aspettati» dice il professor Daniele Rama, che ha coordinato gli appuntamenti della Settimana del dono nel campus di Santa Monica a Cremona.

Arrivata alla sesta edizione e fortemente voluta dalle tre facoltà della sede, si propone come un’occasione per riflettere sul dono inteso come componente irrinunciabile del vivere contemporaneo, come spiega l’altro coordinatore dell’iniziativa professor Paolo Rizzi: «Il dono serve alla collettività, ma serve anche a ognuno di noi: la parola “comunità”, deriva da “cum” e “munus”, ovvero dono reciproco, dono collettivo. Abbiamo bisogno di dosi di solidarietà maggiore, di fiducia di reciprocità in ogni settore del nostro vivere».

A Cremona l’edizione 2023 si è aperta nella giornata di lunedì 2 ottobre, alla presenza dei Presidi Fellegara e Trevisan, con la consegna delle borse di studio Invernizzi assegnate con il sostegno della Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi a due studenti della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali e con l’inaugurazione del nuovo filare di gelsomini nel giardino del Campus, con un segno che ogni anno caratterizza queste giornate per ricordare che anche la natura è un dono; nel pomeriggio il concerto musicale dell’orchestra inclusiva Magica Musica. La conclusione, il 6 ottobre, vedrà invece l’inaugurazione della mostra Navigare i cieli di Gabriella Benedini e lo spettacolo di danza Verso il Paese dei Balocchi. Tra gli appuntamenti, si ricorda anche l’apertura serale del campus il 5 ottobre alle 21 per lo spettacolo teatrale Io Siamo -Dall’io al noi, a cura di CSV Lombardia Sud ETS.

Accanto ai momenti plenari, in cui si rifletterà sulla componente del dono nella vita economica e sociale, agroalimentare e formativa, anche in aula, durante le lezioni, testimoni, esperti e docenti declineranno i loro interventi sul valore del donare e del donarsi. Insieme alla riflessione culturale, la settimana del dono propone anche forme di sperimentazione attiva del dono, attraverso gli incontri con i rappresentanti delle associazioni del dono (Avis, Aido, Admo) e “ingaggi” personali con realtà sociali del territorio che ospiteranno alcuni studenti per provare in prima persona cosa vuol dire dare un po’ del proprio tempo per aiutare chi vive situazioni di fragilità ed essere davvero “prossimo” per qualcuno.