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A Soresina un altro passo del cammino sinodale

Dal pomeriggio di venerdì 29 alla mattina di sabato 30 ottobre, la Scuola Immacolata di Soresina, in luogo dei giochi e delle attività dei bambini, ha lasciato spazio all’incontro della seconda tappa del cammino sinodale della diocesi di Cremona con i rappresentanti della Zona pastorale 2. Anche se il fine settimana presentava delle contingenze non favorevoli come il lungo ponte in concomitanza del ricordo dei defunti, occasioni per visite ai cimiteri e di impegni ecclesiali, un buon numero di laici e di sacerdoti ha risposto all’invito del vescovo, spinti dalla consapevolezza, forse non completamente chiara, della necessità di camminare insieme per un desiderio di cambiamento.

Un cambiamento che si è reso visibile anche nella modalità proposta per favorire la capacità di riflessione. Infatti, per preparare un clima di ascolto interiore è stata  proposta una meditazione musicale con brani della cantata sacra “Letizia d’amore, stelle e precipizio”, ispirata all’esortazione apostolica di papa Francesco Amoris Laetitia. Alla musica è seguita una preghiera silenziosa così da tentare di rispondere alla domanda cruciale: “Che cosa sta facendo vibrare la mia carne, la mia anima? In questo tempo? In questa Chiesa?”. Le risposte libere e spontanee dell’assemblea sono rimaste sospese per il tempo della cena, al termine della quale è seguito l’intervento del vescovo. Monsignor Napolioni non ha voluto offrire risposte, ma ha tracciato una sintesi del cammino sinodale che la Chiesa cremonese vuole percorrere insieme alla Chiesa universale, evidenziando dieci nuclei tematici attorno ai quali condurre la riflessione. Il Vescovo ha anche chiesto all’assemblea, divisa in gruppi, di produrre dei disegni che evidenziassero in modo intuitivo l’idea di Chiesa reale, non quella ideale e sognata, un modo per capire quale strada seguire.

A ogni unità pastorale o parrocchia si richiedono una o più riunioni sul documento preparatorio con l’aiuto della traccia proposta a livello diocesano e l’individuazione di una particolare frontiera sociale presente nel proprio territorio, come un ospedale o una casa di riposo, per ascoltare anche la voce di chi vive situazioni di difficoltà.

I lavori dell’assemblea sono proseguiti anche nella mattina di sabato, attraverso lavori di gruppo, riflettendo e discutendo quanto proposto dal Vescovo nella serata del venerdì, e con una prima rapida condivisione di quanto emerso nel confronto tra i laici e i presbiteri presenti.

Al termine della mattinata, il vicario episcopale per la Pastorale, don Gianpaolo Maccagni, ha ricordato che il questionario dovrà essere riconsegnato entro il 22 febbraio del prossimo anno alla Diocesi e sarà punto di partenza per i lavori successivi. Don Maccagni ha anche ricordato che i partecipanti ai lavori dell’assemblea sinodale hanno il mandato speciale di suscitare riflessioni e interrogativi sul cammino sinodale nelle loro comunità.

Il prossimo incontro zonale è in programma venerdì 19 novembre (dalle 18.30 alle 22) e sabato 20 (dalle 9 alle 12) presso l’oratorio Beata Vergine di Caravaggio, a Cremona, per la Zona pastorale 3. 

 

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A Mozzanica prima tappa del cammino Sinodale nelle Zone. Il Vescovo illustra i temi e le domande per il cambiamento

 

«In questo tempo, in questa nostra Chiesa c’è qualcosa che mi fa vibrare?». Con questa domanda il vescovo Antonio apre la serata di riflessione lasciando lo spazio, nel silenzio alle risposte spontanee delle persone presenti nella sala dell’oratorio di Mozzanica, dove – tra venerdì 22 e sabato 23 ottobre – inizia il cammino sinodale della diocesi di Cremona.

La prima tappa è nella Zona I: dopo un momento di preghiera iniziale caratterizzata da un momento di meditazione musicale con la proposta di alcuni brani della cantata “Letizia d’amore, stelle e precipizio”, ispirata all’esortazione di Papa Francesco Amoris Laetitia.

Dopo la cena offerta in oratorio la riflessione guidata dal vescovo: «Come passare dalle emozioni, dalle sensazioni, dai sentimenti a un progetto condiviso, a un cammino reale capace di cambiamento? Siamo davvero sinodali, in questo mondo che si ammala spesso di solitudine?».

Le parole di mons. Napolioni conducono lo sguardo al tempo che le comunità stanno vivendo, con le sue ferite aperte e il suo bisogno di ripartire, di rinnovarsi: «Siamo confusi, e siamo confusi anche nella Chiesa, nonostante abbiamo avuto tante grandi guide, come Giovanni Paolo II di cui oggi (venerdì 22, ndr) la Chiesa celebra la festa. Ma – aggiunge il vescovo – ad ogni tempo il Signore dona gli strumenti, i linguaggi, i compagni di viaggio: ora tocca a noi, in questo tempo che ci è dato da vivere, a meno che non preferiamo una Chiesa fatta solo di solisti stonati».

Immagini di Chiesa… Immagini diverse, come quelle raccolte nella breve attività proposta: «Disegnate la Chiesa. Non la Chiesa che vorremmo, ma la Chiesa che siamo».

E i disegni abbozzati diventano una traccia per entrare nel Sinodo: «l sinodo non è riorganizzarsi, ma ascoltarsi per capire se stiamo davvero ascoltando Lui». Un presente e un futuro non da costruire, ma da accogliere: «La rivelazione si compie nel tempo».

Ripensare lo stile di essere Chiesa nell’ottica dell’amore, dell’armonia tra differenze è vitale, continua mons. Napolioni citando il Concilio Vaticano II: «Gesù ci dà la sua Chiesa, e noi dobbiamo essere la sua Chiesa, non quella di una parrocchia, di un gruppo, legata alle circostanze. Perché Gesù è risorto, è vivo e dunque fa cose nuove. La storia insegna: quante volte la Chiesa è risuscitata» grazie ai molti, «uomini e donne che hanno capito che lo Spirito stava agendo in quel tempo».

Richiamando Paolo VI il vescovo indica tre vie per affrontare il cammino sinodale: la Parola di Dio («Abbiamo bisogno della Parola di Gesù, di più Gesù e meno Chiesa, o di una chiesa più vicina a Lui»), la via morale del cambiamento e della riforma («Gli scandali in questi anni ci chiama tutti a un processo di conversione. La Chiesa ha bisogno di riforme: le donne ce lo dicono con la loro pazienza, i giovani con la loro pazienza, tanti fratelli con la loro sofferenza»), la via apostolica del dialogo («Il dialogo è il metodo dell’annuncio»).

Dopo l’intensa introduzione il vescovo ha proposto poi una sintesi del Documento preparatorio ricevuto dalla Segreteria del Sinodo dei vescovi, come orientamento per il percorso della chiesa locale dentro e in comunione con quella universale. “Come si realizza oggi quel ‘camminare insieme’ che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo?”. La domanda centrale che i rappresentanti delle parrocchie, dei gruppi, delle associazioni, con sacerdoti, diaconi e religiosi della Zona sono chiamati a riportare nella quotidianità della vita delle loro comunità, è stata quindi declinata in dieci nuclei tematici tra cui ascolto, dialogo dentro e fuori la Chiesa, la partecipazione, la formazione…

«Da stasera, nelle prossime settimane entriamo nella prima fase di ascolto del popolo di Dio, che va fino all’aprile 2022» ha quindi spiegato concludendo il suo intervento monsignor Napolioni ricordando le tappe del cammino che la Chiesa di tutto il mondo intraprende. In questa fase le unità pastorale, le parrocchie e i gruppi saranno chiamate a riflettere, aprirsi al dialogoe a raccogliere contributi con un questionario che sarà riconsegnato entro il 22 febbraio alla diocesi e che costituirà la base per gli interrogativi del prossimo anno.

Dopo la serata di venerdì, i temi e le indicazioni proposte dal vescovo, sono state poi riprese nei lavori di gruppo nella mattinata di sabato, in cui i partecipanti si sono confrontati in un primo momento di dialogo e condivisione, principio di un cammino che coinvolgerà tutta la Chiesa.

Nelle prossime settimane le equipe delle altre zone pastorali si incontreranno con il vescovo secondo lo stesso programma. Con le stesse domande. Lo stesso cammino da affrontare.

Il prossimo appuntamento zonale sarà Venerdì 29 ottobre (dalle 18.30 alle 22) e sabato 30 (dalle 9 alle 12) a Soresina, presso la scuola Immacolata, per i rappresentanti della Zona pastorale 2. 

 

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Sinodo, inizia da Mozzanica il cammino nelle zone pastorali

Al via nel fine settimana, continuando sino all’inizio di dicembre, i primi incontri del cammino sinodale che coinvolgeranno le cinque zone pastorali. L’appuntamento sarà dal venerdì pomeriggio (ore 18.30) e continuerà per tutto il sabato mattina con la partecipazione di una rappresentanza di tutti i Consigli pastorali parrocchiali della zona, i responsabili delle aggregazioni laicali, sacerdoti, diaconi e religiosi (con prenotazione presso le équipe zonali). L’obiettivo è quello di introdurre e motivare ai primi passi del cammino sinodale.

Ogni incontro inizierà il venerdì pomeriggio con un momento di preghiera, la cena condivisa e l’introduzione guidata dal vescovo.

L’incontro – coordinato dalle équipe zonali per l’organizzazione e l’iscrizione dei partecipanti – continuerà il sabato con i lavori di gruppo. La mattinata si aprirà con un momento di preghiera e ascolto della parola, caratteristica di questo tempo come proprio il Vescovo aveva voluto sottolineare durante il pellegrinaggio diocesano al Santuario Caravaggio di fine settembre ad apertura dell’anno pastorale.

L’obiettivo degli incontri zonali è quello di introdurre e motivare i primi passi del cammino sinodale, che proseguirà all’inizio del nuovo anno con un ulteriore momento nelle zone e la riflessione che continuerà nelle parrocchie con specifici momenti.

Di seguito il calendario degli incontri nelle zone:

  • ZONA 1 – Venerdì 22 ottobre (ore 18.30-22) e sabato 23 (ore 9-12): Mozzanica, oratorio
  • ZONA 2 – Venerdì 29 ottobre (ore 18.30-22) e sabato 30 (ore 9-12): Soresina, scuola Immacolata
  • ZONA 3 – Venerdì 19 novembre (ore 18.30-22) e sabato 20 (ore 9-12): Cremona, Seminario vescovile
  • ZONA 4 – Venerdì 26 novembre (ore 18.30-22) e sabato 27 (ore 9-12): Sospiro, teatro e oratorio
  • ZONA 5 – Venerdì 3 dicembre (ore 18.30-22) e sabato 4 (ore 9-12): Rivarolo Mantovano, centro pastorale



«Un’ umanità in movimento»: la Chiesa cremonese inizia il cammino sinodale tra comunione, partecipazione e missione

 

Si è tenuta nella serata di sabato 16 ottobre l’intensa e partecipatissima veglia diocesana per l’avvio del Sinodo. Iniziata alle 21 in tre diverse chiese di Cremona (San Pietro al Po con il vicario della zona 2 don Giambattista Piacentini, a Sant’Abbondio con il vicario don Pietro Samarini e a San Michele con don Antonio Pezzetti e don Davide Barili) con il primo momento dedicato alla comunione, è proseguita con il cammino dei tre gruppi fino alla Cattedrale. Sulla porta, aperta sulla piazza, ad attenderli per l’aspersione il vescovo Napolioni.

 

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Il secondo momento, dedicato alla partecipazione si è svolto all’interno della Cattedrale, dove il vescovo ha presieduto la preghiera alla presenza del vescovo emerito di Cremona don Dante Lafranconi e del vicario generale don Massimo Calvi. Dopo la lettura di alcuni brani tratti dal Documento preparatorio del Sinodo dei vescovi e alcuni canti significativi eseguiti dal coro Saint Michel della comunità afro-francofona e dal coro Psallentes di Soresina – don Maurizio Ghilardi, incaricato diocesano per la Pastorale Missionaria ha chiamato Gloria Manfredini e Marco Allegri (quest’ultimo assente per un’indisposizione) a rispondere prima di ricevere il mandato missionario in vista della prossima partenza per la missione di Salvador de Bahia in Brasile. Poi sono stati proclamati sette passi del Vangelo che monsignor Napolioni ha ripreso nella toccante omelia rivolta al popolo.

«C’erano i dodici con i loro nomi e soprannomi, persino il nome del traditore. E poi alcune donne, che mettevano a disposizione i loro beni. Una grande folla e in mezzo ad esso un ragazzo che avrebbe sfamato con la propria povera merenda le moltitudini; una donna straniera con il figlio posseduto dal demonio; un tale ricco desideroso di sapere se la sua osservanza avrebbe portato il frutto sperato; il centurione davanti alla croce e le donne sul Calvario: sono alcuni dei volti, dei protagonisti che attorno al Protagonista per eccellenza fanno il Vangelo. Il Vangelo è avvenuto prima di essere scritto», ha esordito il vescovo di Cremona. Ricordando che tutta la storia del cristianesimo è un’esortazione al cammino, perché Cristo stesso andava per le strade, saliva sui monti e mandava i suoi …

«Davvero la Chiesa è un popolo in cammino, è un’umanità in movimento», ha ricordato monsignor Napolioni. «Giovanni Paolo II diceva che la Chiesa è movimento, Papa Francesco la descrive invece come una marea caotica nella quale abita il Figlio di Dio risorto. È così, perché è fatta da uomini e donne, da famiglie che si accostano, che Lo cercano, che si imbattono in Lui perché Lui prende iniziativa. Sono storie di umanità rigenerate da Gesù: Gesù, l’Emmanuel, il Dio-con-noi».

«E il Dio sinodale, perché la parola sinodo è già in Lui, Lui che è la via e chi chiede di seguirLo. E così questi volti del Vangelo si rispecchiano nei nostri e ci chiedono di manifestare il volto stesso del Signore. Ma chi può farlo da solo? Possiamo farlo solo insieme. Chi può parlare nel nome di Dio se non nell’umiltà docile di accogliere l’altro come dono del Signore?», domanda il vescovo ai presenti.

«Viviamo un momento storico in cui tutti abbiamo bisogno di vedere per intero il volto di Dio», ha proseguito. «Sono tempi difficili, di crisi, non mancano denunce e proclami (solo oggi il Papa ha gridato l’urgenza di ascoltare davvero l’urlo dell’umanità più povera e sfruttata) ma questo tempo di crisi può essere un tempo di fede: kairos, il momento favorevole in cui il dolore si schiude perché si lascia visitare dall’amore proprio come accade nel tempo pasquale».
La fatica della pandemia, il dolore per una Chiesa chiamata a vergognarsi dei suoi peccati (del clero ma anche di tutti) sono per il vescovo di Cremona un’occasione da non sprecare, una lezione da imparare. «Per questo possiamo dire “Vieni, Gesù”, sapendo però che Lui non si sostituisce a noi trattandoci da bambini, ci coinvolge nella responsabilità di andargli incontro. Le scene evangeliche evocate cantano ed esaltano questa libertà. Lui va avanti, accostandosi: è Gesù che vive tutto questo per primo».

 

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Per monsignor Napolioni è questo il metodo da seguire nel cammino sinodale che verrà: «L’avvicinarsi agli altri senza pretendere di risolvere problemi, ma facendo sì che la carezza di Dio raggiunga tutti. Ecco il cammino sinodale da fare, da scegliere e compiere con decisione, cura, senza fretta ma senza rinvii. Lo facciamo come Chiesa di Cremona trascinata insieme a tante altre Chiese italiane del mondo dal Papa, che in particolare alla Chiesa iItaliana dice “fermati, svegliati, non ti cullare sugli allori del passato, non ti illudere che basti fare ciò che si è sempre fatto, ma ascolta la voce dello Spirito che parla nella preghiera e nella realtà, che parla attraverso la voce di tutti» .

Avverte però il Vescovo che non bisogna correre il rischio di sedersi rimanendo ancorati al già saputo, ma sempre più si renderà necessario «ascoltare la voce dello Spirito che parla nella preghiera e nella realtà, che parla attraverso la voce di tutti se abbiamo cura dell’altro». Del resto anche l’autorità, ha proseguito, «è al servizio dell’ascolto, del discernimento, per infondere coraggio nel cammino. Scegliamo di compiere questo cammino sinodale in dialogo con tutti: non solo per colmare vuoti, ma per essere più contenti di spartire il dono ricevuto anche con chi ancora non lo conosce. Il cammino sinodale è infatti chiamata missionaria – dove la missione è andare a cercare chi è smarrito, chi si è allontanato: non per fare proselitismo, ma per costruire un rapporto e tendere la mano, perché da tutti avremo qualcosa da imparare».

Soprattutto, ha insistito, «il cammino sinodale è parabola di Comunione, perché il mistero dell’Eucaristia chiede una dinamica di partecipazione: dobbiamo farne una scelta e un metodo. «È il momento di fare ma imparando anche a dirci le difficoltà o le nuove idee che arrivano sottoponendole al vaglio della preghiera e del confronto».

Per questo – ha chiosato – non è improprio il mandato missionario conferito stasera a Gloria e Marco che andranno a Salvador de Bahia ad affiancare per un anno don Davide Ferretti in quella che è di fatto l’unica missione diocesana. «Non dobbiamo smettere di andare per il mondo per paura di non avere abbastanza preti o mezzi», ha detto il vescovo, «ma continuare a essere Chiesa in uscita con missionari capaci di servizio al Vangelo e ai fratelli». Concludendo l’omelia, poi, il Vescovo ha richiamato l’atteggiamento con il quale intraprendere il viaggio sinodale che deve coinvolgere tutti. «Facciamo nostro il metodo dell’ascolto, per ascoltarlo ascoltandoci in una crescente docilità allo Spirito. Non sospendiamo certo le attività ma le facciamo insieme; avendo più cura dello sguardo degli uni verso gli altri per riconoscere in ogni istante la nostra comune storia di salvezza. Maria, l’Assunta, ci incoraggia ad osare. È lei che ha detto “sì” all’impossibile: e noi stasera ci fidiamo di Lei».

Conclusa l’omelia, il vescovo ha conferito ai due laici Gloria Manfredini e Marco Allegri il mandato missionario per il la missione di Salvador de Bahia. A loro ha consegnato i segni del crocifisso e del cero. Altri due ceri sono stati consegnati per la chiesa della parrocchia brasiliana dove già opera il sacerdote fidei donum cremonese don Davide Ferretti e per la Cattedrale, come segno di vicinanza e fraternità.

 

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Prima della benedizione finale, ecco poi la consegna ad ogni gruppo parrocchiale, associazione o famiglia religiosa un manifesto con il logo del Sinodo che sarà di accompagnamento all’intera fase diocesana.

«Questo segno, questo manifesto, ci rimanda alla Chiesa che si raccoglie insieme per celebrare, per ascoltare la Parola, ciò che il Signore ha da dirci», ha sottolineato don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il clero. I segni rimandano sempre ad altro e il cammino sinodale è un continuo rimandare a Cristo che chiama.

«Siamo aperti ai suggerimenti che Dio manda e per questo chiunque abbia idee sul Sinodo le mandi, le condivida perché è il cammino di tutti», ha concluso monsignor Napolioni, prima di salutare ancora Gloria, che partirà domani, e Marco che partirà poco dopo di lei.

 

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“Vivremo un decennio interamente sinodale”, proposta CEI di far redigere gli Orientamenti pastorali “all’intero popolo di Dio”

 

Un Messaggio ai presbiteri, ai diaconi, alle consacrate e consacrati e a tutti gli operatori pastorali e una Lettera alle donne e agli uomini di buona volontà: sono i due testi approvati dal Consiglio Episcopale Permanente e resi noti martedì 12 ottobre.

«Le nostre Chiese in Italia – spiegano i Vescovi nel Messaggio – sono coinvolte nel cambiamento epocale; allora non bastano alcuni ritocchi marginali per mettersi in ascolto di ciò che, gemendo, lo Spirito dice alle Chiese. Siamo dentro le doglie del parto. È tempo di sottoporre con decisione al discernimento comunitario l’assetto della nostra pastorale, lasciando da parte le tentazioni conservative e restauratrici e, nello spirito della viva tradizione ecclesiale – tutt’altra cosa dagli allestimenti museali – affrontare con decisione il tema della “riforma”, cioè del recupero di una “forma” più evangelica; se la riforma è compito continuo della Chiesa (“semper purificanda”: Lumen Gentium 8), diventa compito strutturale, come insegna la storia, ad ogni mutamento d’epoca».

Il Cammino sinodale è, dunque, un processo che vuole aiutare a «riscoprire il senso dell’essere comunità, il calore di una casa accogliente e l’arte della cura». «Sogniamo una Chiesa aperta, in dialogo. Non più “di tutti” ma sempre “per tutti”», scrivono i Vescovi nella Lettera indirizzata alle donne e agli uomini di buona volontà: «Tu che desideri una vita autentica, tu che sei assetato di bellezza e di giustizia, tu che non ti accontenti di facili risposte, tu che accompagni con stupore e trepidazione la crescita dei figli e dei nipoti, tu che conosci il buio della solitudine e del dolore, l’inquietudine del dubbio e la fragilità della debolezza, tu che ringrazi per il dono dell’amicizia, tu che sei giovane e cerchi fiducia e amore, tu che custodisci storie e tradizioni antiche, tu che non hai smesso di sperare e anche tu a cui il presente sembra aver rubato la speranza, tu che hai incontrato il Signore della vita o che ancora sei in ricerca o nell’incertezza…».

Insieme ai due testi, è stato diffuso il crono-programma che si distende per l’intero quinquennio 2021-2025, con tutte le tappe del Cammino sinodale. Si inizierà con il biennio dell’ascolto (2021-2023), ovvero con una fase narrativa che raccoglierà in un primo anno i racconti, i desideri, le sofferenze e le risorse di tutti coloro che vorranno intervenire; nell’anno seguente invece ci si concentrerà su alcune priorità pastorali. Seguirà una fase sapienziale, nella quale l’intero Popolo di Dio, con il supporto dei teologi e dei pastori, leggerà in profondità quanto emerso nelle consultazioni capillari (2023-24). Un momento assembleare nel 2025, da definire, cercherà di assumere alcuni orientamenti profetici e coraggiosi, da riconsegnare alle Chiese nella seconda metà del decennio.

Tutti gli eventi si inseriscono nel percorso quale espressione di una Chiesa che si apre e che dialoga.

 

Visita il sito internet del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia




Verso il Sinodo, da giovedì a San Sigismondo le 40 ore

Tra giorni di adorazione e preghiera per il Sinodo. È l’iniziativa che da giovedì 14 ottobre la comunità claustrale domenicana di Cremona vivrà a San Sigismondo, coinvolgendo anche ai fedeli che vorranno unirsi alla proposta di spiritualità.

Già lo scorso anno le monache domenicane avevano vissuto le 40 ore in preparazione all’inizio dell’anno pastorale. Quest’anno la comunità claustrale ha deciso di unirsi alla preghiera che in tutta la Chiesa accompagnerà l’avvio del cammino sinodale di ogni diocesi il 17 ottobre.

Così nelle giornate di giovedì 14, venerdì 15 e sabato 16 ottobre alle 8 sarà esposto il Santissimo con il canto dell’Ora Terza. L’adorazione personale proseguirà sino alle 11.40 per il canto dell’Ora Sesta e la reposizione del Santissimo. L’adorazione proseguirà nel pomeriggio dalle 15, con il canto dell’Ora Nona, sino alle 18 quando vi sarà il canto dei Vespri con reposizione del Santissimo.

Domenica 17 ottobre alle 11 sarà celebrata l’Eucaristia e alle 17 ci sarà come consueto l’esposizione del Santissimo e il canto dei Secondi Vespri, che si concluderà con la benedizione eucaristica.

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Sinodo, Papa Francesco: “Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa”

“Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa”. Per concludere il suo discorso durante il momento di riflessione sul percorso sinodale, la mattina di sabato 9 ottobre nell’Aula nuova del Sinodo, il Papa ha preso in prestito una frase di padre Yves Congar: “E questa è la sfida”, ha aggiunto sintetizzando gli obiettivi del Sinodo sulla sinodalità, che inaugurerà ufficialmente domenica 10 ottobre con la Messa nella basilica di San Pietro.

“Il Sinodo non è un Parlamento”,

ha esordito Francesco a braccio. “Nell’unico Popolo di Dio, camminiamo insieme, per fare l’esperienza di una Chiesa che riceve e vive il dono dell’unità e si apre alla voce dello Spirito”, l’esortazione di Francesco, che si è soffermato sulle tre parole-chiave del Sinodo: comunione, partecipazione, missione. E ha messo in guardia da tre rischi: il formalismo, l’intellettualismo e l’immobilismo, che “è un veleno nella vita della Chiesa”.

“Se non arriveremo a questa Chiesa di vicinanza, con compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore”,la mèta verso la quale tendere. “Sia questo Sinodo un tempo abitato dallo Spirito!”, l’auspicio finale, per preservarci dal pericolo di “diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire”.

“Comunione e missione sono espressioni teologiche che designano il mistero della Chiesa e di cui è bene fare memoria”, ha spiegato il Papa, ricordando il Concilio Vaticano II e citando Paolo VI. “Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile!”, ha esclamato Francesco, menzionando la visione di Giovanni Paolo II della Chiesa come “koinonia” e lanciando un monito preciso, a partire dal battesimo come la nostra carta di identità: “Celebrare un Sinodo è sempre bello e importante, ma è veramente proficuo se diventa espressione viva dell’essere Chiesa, di un agire caratterizzato da una partecipazione vera. E questo non per esigenze di stile, ma di fede”.

“Se manca una reale partecipazione di tutto il Popolo di Dio, i discorsi sulla comunione rischiano di restare pie intenzioni”, la denuncia: “Su questo aspetto abbiamo fatto dei passi in avanti, ma si fa ancora una certa fatica e siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti operatori pastorali, degli organismi di partecipazione delle diocesi e delle parrocchie, delle donne che spesso sono ancora ai margini”.  

“Si può ridurre un Sinodo a un evento straordinario, ma di facciata, proprio come se si restasse a guardare una bella facciata di una chiesa senza mai mettervi piede dentro”, il monito per scongiurare il rischio del formalismo: “Se parliamo di una Chiesa sinodale non possiamo accontentarci della forma, ma abbiamo anche bisogno di sostanza, di strumenti e strutture che favoriscano il dialogo e l’interazione nel Popolo di Dio, soprattutto tra sacerdoti e laici”.

“Ciò richiede di trasformare certe visioni verticiste, distorte e parziali sulla Chiesa, sul ministero presbiterale, sul ruolo dei laici, sulle responsabilità ecclesiali, sui ruoli di governo e così via”,

la ricetta del Papa.

 

Un secondo rischio è quello dell’intellettualismo: “far diventare il Sinodo una specie di gruppo di studio, con interventi colti ma astratti sui problemi della Chiesa e sui mali del mondo; una sorta di ‘parlarci addosso’, dove si procede in modo superficiale e mondano, finendo per ricadere nelle solite sterili classificazioni ideologiche e partitiche e staccandosi dalla realtà del Popolo santo di Dio, dalla vita concreta delle comunità sparse per il mondo”. Infine, per Francesco, “ci può essere la tentazione dell’immobilismo: siccome ‘si è sempre fatto così’, è meglio non cambiare”. “Chi si muove in questo orizzonte, anche senza accorgersene, cade nell’errore di non prendere sul serio il tempo che abitiamo”, la tesi del Papa:

“Il rischio è che alla fine si adottino soluzioni vecchie per problemi nuovi: un rattoppo di stoffa grezza, che alla fine crea uno strappo peggiore. Per questo è importante che il Sinodo sia veramente tale, sia un processo in divenire; coinvolga, in fasi diverse e a partire dal basso, le Chiese locali, in un lavoro appassionato e incarnato, che imprima uno stile di comunione e partecipazione improntato alla missione”.

“Un luogo aperto, una Chiesa dell’ascolto, una Chiesa della vicinanza”, le tre opportunità che il Sinodo deve cogliere per tornare “allo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza”, l’invito: “Se non arriveremo a questa Chiesa di vicinanza, con compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore”.  “Una Chiesa che non solo a parole, ma con la presenza, stabilisca maggiori legami di amicizia con la società e il mondo”, il ritratto di Francesco: “una Chiesa che non si separa dalla vita, ma si fa carico delle fragilità e delle povertà del nostro tempo, curando le ferite e risanando i cuori affranti con il balsamo di Dio”.  La prima opportunità da cogliere con il Sinodo, per il Papa, è “quella di incamminarci non occasionalmente ma strutturalmente verso una Chiesa sinodale: un luogo aperto, dove tutti si sentano a casa e possano partecipare”. Il Sinodo, inoltre, “ci offre l’opportunità di diventare una Chiesa dell’ascolto: di prenderci una pausa dai nostri ritmi, di arrestare le nostre ansie pastorali per fermarci ad ascoltare. Ascoltare i fratelli e le sorelle sulle speranze e le crisi della fede nelle diverse zone del mondo, sulle urgenze di rinnovamento della vita pastorale, sui segnali che provengono dalle realtà locali”.




Il Papa apre il Sinodo: non è una convention ecclesiale ma un evento di grazia

Si è disposti “all’avventura del cammino” condividendo le vicende dell’umanità o si preferisce rifugiarsi nelle scuse del “non serve” o del “si è fatto sempre così”? È la domanda che il Papa pone nella Messa di apertura del Sinodo sulla sinodalità, nella Basilica di San Pietro.  Presenti circa 3mila persone, fra cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. Incontrare, ascoltare, discernere sono i tre verbi che Francesco offre alla riflessione della Chiesa come bussola, all’inizio di questo percorso sinodale, ricordando che fare Sinodo significa camminare insieme sulla stessa strada. Lo sguardo è rivolto a Gesù che, nel Vangelo proposto dalla Liturgia di oggi, incontra l’uomo ricco, ascolta le sue domande e lo aiuta a discernere.

La Parola ci apre al discernimento e lo illumina. Essa orienta il Sinodo perché non sia una “convention”, una convention ecclesiale, un convegno di studi o un congresso politico, perché non sia un parlamento ma un evento di grazia, un processo di guarigione condotto dallo Spirito. In questi giorni Gesù ci chiama, come fece con l’uomo ricco del Vangelo, a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano, e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali ripetitivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci.

Non maschere di circostanza ma esperti nell’arte dell’incontro

Come Gesù, senza esserne infastidito, si è lasciato interpellare dall’inquietudine dell’uomo ricco, che chiedeva cosa fare per avere la vita eterna, i cristiani sono chiamati a “diventare esperti nell’arte dell’incontro”, non nell’organizzare “eventi” o nel fare “una riflessione teorica sui problemi”. Gesù – aggiunge a braccio –  non andava di fretta, ma era sempre al servizio della persona che incontrava per ascoltarla. Bisogna, quindi, dare spazio alla preghiera, all’adorazione, all’incontro col Signore, a quello che lo Spirito vuol dire alla Chiesa per lasciarsi, poi, interpellare dalla storia dell’altro. Invece di “ripararci in rapporti formali o indossare maschere di circostanza”, l’incontro suggerisce nuove vie da seguire facendoci uscire da “abitudini stanche” per essere capaci di “veri incontri con Lui e tra di noi”, “senza trucco”.

Oggi, dopo l’Angelus, riceverò un bel gruppo di persone di strada che semplicemente si sono radunate perché c’è un gruppo di gente che va ad ascoltarle, soltanto ad ascoltarle. E dall’ascolto sono riusciti a incominciare a camminare.

Non insonorizzare il cuore

I cristiani sono chiamati, dunque, a ascoltare con il cuore, tutto il tempo necessario, in modo che l’altro si senta non giudicato ma libero di raccontare il proprio vissuto. Gesù con l’uomo ricco non ha offerto “una soluzione preconfezionata” ma ha ascoltato con il cuore permettendogli, così, di parlare di sé con libertà. “Con sincerità in questo itinerario sinodale, chiediamoci: come stiamo con l’ascolto?” è la domanda di Papa Francesco. Fare Sinodo è infatti seguire le tracce di Gesù:

È scoprire con stupore che lo Spirito Santo soffia in modo sempre sorprendente, per suggerire percorsi e linguaggi nuovi. È un esercizio lento, forse faticoso, per imparare ad ascoltarci a vicenda – vescovi, preti, religiosi e laici, tutti, tutti i battezzati – evitando risposte artificiali e superficiali, risposte prêt-à-porter: no. Lo Spirito ci chiede di metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. E anche in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti. Non insonorizziamo il cuore, non blindiamoci dentro le nostre certezze. Le certezze tante volte ci chiudono.

Un cammino di discernimento spirituale

Nel dialogo con l’uomo ricco, Gesù, poi, lo aiuta a discernere. Intuisce che è un uomo buono che pratica i comandamenti, ma vuole condurlo oltre l’osservanza dei precetti, facendogli capire a cosa il suo cuore sia davvero attaccato, “per poi scoprire che il suo bene non è aggiungere altri atti religiosi, ma, al contrario, svuotarsi di sé: vendere ciò che occupa il suo cuore per fare spazio a Dio”. Un’indicazione preziosa, nota il Papa. Il Sinodo, infatti, è “un cammino di discernimento spirituale, di discernimento ecclesiale, che si fa nell’adorazione, nella preghiera, a contatto con la Parola di Dio”.

Infine, un gruppo di 25 persone rappresentanti tutto il popolo di Dio e i diversi continenti si avvicinano davanti all’altare della confessione. Il gruppo è composto da una persona ipovedente e il suo accompagnatore; due religiosi, due giovani della pastorale giovanile, una famiglia congolese con i due figli che vivono a Roma; un diacono permanente con la moglie e i due figli, un giovane della comunità romena di rito latino e uno della comunità indiana di rito siro-malabarese, un cappellano libanese maronita, una coppia di fidanzati e altre due coppie, un giovane sacerdote.

 

Sinodo, Papa Francesco: “Non bisogna fare un’altra Chiesa, bisogna fare una Chiesa diversa”

Sabato 16 ottobre a Cremona la Veglia diocesana per l’avvio del Sinodo: inizio suddivisi per zone pastorali in tre chiese della città e conclusione comunitaria con il vescovo in Cattedrale




Diffuso il Documento preparatorio del Sinodo, che il Papa aprirà ufficialmente il 10 ottobre

Uno strumento “per favorire la prima fase di ascolto e consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari (ottobre 2021 – aprile 2022), nella speranza di contribuire a mettere in moto le idee, le energie e la creatività di tutti coloro che prenderanno parte all’itinerario, e facilitare la condivisione dei frutti del loro impegno”. È il documento preparatorio del Sinodo, dal titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, che Papa Francesco aprirà ufficialmente il 10 ottobre. L’evento proseguirà poi  il 17 ottobre in ogni Chiesa particolare. Una tappa fondamentale sarà la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2023, a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le diocesi. Per accompagnare concretamente l’organizzazione dei lavori viene proposto un Vademecum metodologico, allegato al documento preparatorio e disponibile sul sito dedicato, che offre “alcune risorse per l’approfondimento del tema della sinodalità”, tra cui il discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, tenuto da Papa Francesco il 17 ottobre 2015, e il documento “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa”, elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale e pubblicato nel 2018.

“La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo”,

l’incipit del testo, sulla scorta dell’invito di Papa Francesco ad interrogarsi su un tema decisivo per la sua vita e la sua missione: “Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. “Una tragedia globale come la pandemia da Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca”, ma al tempo stesso “ha fatto esplodere le disuguaglianze e le inequità già esistenti”, l’analisi contenuta nel documento.

“La tragica condizione che i migranti vivono in tutte le regioni del mondo testimonia quanto alte e robuste siano ancora le barriere che dividono l’unica famiglia umana”,

la denuncia. La sfida, per la Chiesa, è dunque quella di  ”accompagnare le persone e le comunità a rileggere esperienze di lutto e sofferenza, che hanno smascherato molte false sicurezze, e a coltivare la speranza e la fede nella bontà del Creatore e della sua creazione”.

“Non possiamo nasconderci che la Chiesa stessa deve affrontare la mancanza di fede e la corruzione anche al suo interno”.

È il “mea culpa” contenuto nel documento, nel quale si cita in particolare “la sofferenza vissuta da minori e persone vulnerabili a causa di abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate”. “Siamo continuamente interpellati come popolo di Dio a farci carico del dolore dei nostri fratelli feriti nella carne e nello spirito”, l’invito del testo: “per troppo tempo quello delle vittime è stato un grido che la Chiesa non ha saputo ascoltare a sufficienza. Si tratta di ferite profonde, che difficilmente si rimarginano, per le quali non si chiederà mai abbastanza perdono e che costituiscono ostacoli, talvolta imponenti, a procedere nella direzione del camminare insieme”. “La Chiesa tutta è chiamata a fare i conti con il peso di una cultura impregnata di clericalismo, che eredita dalla sua storia, e di forme di esercizio dell’autorità su cui si innestano i diversi tipi di abuso (di potere, economici, di coscienza, sessuali)”, l’appello: “È impensabile una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio: insieme chiediamo al Signore la grazia della conversione e l’unzione interiore per poter esprimere, davanti a questi crimini di abuso, il nostro pentimento e la nostra decisione di lottare con coraggio” . Tra i segni di speranza fioriti nella comunità cristiana, c’è “il desiderio di protagonismo all’interno della Chiesa da parte dei giovani, e la richiesta di una maggiore valorizzazione delle donne e di spazi di partecipazione alla missione della Chiesa”, come la recente istituzione del ministero laicale del catechista e l’apertura alle donne dell’accesso a quelli del lettorato e dell’accolitato.

“Non possiamo ignorare la varietà delle condizioni in cui vivono le comunità cristiane nelle diverse regioni del mondo”,

prosegue il testo, in cui si stigmatizzano le persecuzioni dei cristiani nei paesi in cui sono una minoranza. “Se da una parte domina una mentalità secolarizzata che tende a espellere la religione dallo spazio pubblico, dall’altra un integralismo religioso che non rispetta le libertà altrui alimenta forme di intolleranza e di violenza che si riflettono anche nella comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società”, il grido d’allarme del testo:

“Non di rado i cristiani assumono i medesimi atteggiamenti, fomentando le divisioni e le contrapposizioni anche nella Chiesa”.

All’interno della comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società si riverberano, inoltre, “le fratture che percorrono quest’ultima, per ragioni etniche, razziali, di casta o per altre forme di stratificazione sociale o di violenza culturale e strutturale”. In questo contesto, la sinodalità “è ben più che la celebrazione di incontri ecclesiali e assemblee di vescovi, o una questione di semplice amministrazione interna alla Chiesa; essa indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa”.

“La consultazione del popolo di Dio non comporta l’assunzione all’interno della Chiesa dei dinamismi della democrazia imperniati sul principio di maggioranza”,

si precisa nel documento. Tra gli obiettivi dell’itinerario sinodale, figura anche quello di “esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la responsabilità e il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati nel Vangelo”.

 

 

La presentazione del Documento preparatorio avvenuta il 7 settembre 2021