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Il mistero del Giovedì Santo «ci parla della presenza di Gesù, Parola che si fa carne»

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A capo chino, con le spalle ricurve e le ginocchia a contatto con il pavimento. È questa l’immagine di Gesù che emerge dal racconto dell’Ultima Cena. E così si è presentato il Vescovo di fronte ad alcuni bambini, accompagnati dai genitori, della scuola Sacra Famiglia di Cremona, per lavare loro i piedi e rendere nuovamente attuale quel gesto.

Dopo tre anni, brocca, catino e asciugatoio sono dunque tornati ad essere utilizzati durante la celebrazione del Giovedì Santo, la Messa in Coena Domini, presieduta da mons. Napolioni nella Cattedrale di Cremona.

Proprio a partire dall’immagine di Gesù, chino davanti ai discepoli, il vescovo ha voluto articolare la propria omelia, facendo suo il motto episcopale del cremonese mons. Enrico Trevisi: Admirantes Iesum. «L’invito a guardare il Signore ci educhi a non distrarci, a stare attaccati agli occhi di Gesù. Lui è il Figlio, e allo stesso tempo, il progetto di ogni uomo. Per questo guardare lui significa ritrovare noi stessi».

 

Sono allora gli sguardi del Signore, e i nostri, ad essere motivo di riflessione. «Nella “Lavanda dei piedi” di Koder – ha spiegato Napolioni, citando l’opera del sacerdote pittore tedesco – il volto di Gesù non si vede immediatamente, ma lo si nota riflesso nell’acqua del catino: è l’immagine di colui che si immerge nell’umanità».

Sieger Köder, “La lavanda dei piedi”

Un’umanità, quella dei discepoli, con cui Cristo si è confrontato fino all’ultimo e su cui, secondo il vescovo, si è sempre posato uno sguardo carico di amore. «E mentre guardava loro, pensava anche a noi, che crediamo per la parola dei Dodici. Si apre così il mistero della comunione perfetta, resa accessibile a povera gente come noi attraverso la Chiesa».

Non è mancato, nella riflessione di Napolioni, un richiamo al mistero della Pasqua, aperto dalla prima celebrazione del Triduo con il memoriale dell’Ultima Cena. L’Eucaristia, cuore pulsante della vita di ogni cristiano, è stata individuata come luogo dell’incontro perfetto tra Dio e l’uomo. «Per questo ‒ ha insistito il vescovo ‒ durante la nostra adorazione non stacchiamo gli occhi da Lui. In questi giorni l’Eucaristia non viene esposta, ma il mistero ci parla della presenza di Gesù, Parola che si fa carne, Cristo che si fa uomo».

E infatti la Santa Messa, concelebrata dal vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, e dai canonici del Capitolo della Cattedrale, si è conclusa con la solenne reposizione del pane Eucaristico presso l’altare del Santissimo. Dopo la processione, aperta dal canto del Pange Lingua e caratterizzata dal grande raccoglimento dei fedeli, è stato lasciato lo spazio per l’adorazione, personale e comunitaria.

I riti del Triduo torneranno invece ad essere vissuti in Cattedrale a partire da venerdì mattina alle 8.45 con la recita della Liturgia delle Ore, presieduta dal vescovo. Alle 18 poi l’azione liturgica della Passione del Signore e alle 21 la tradizionale processione, presieduta dal vescovo Trevisi, per le vie della città con la Sacra Spina. Le celebrazioni del pomeriggio saranno visibili in diretta sui canali web diocesani e in tv su Cremona1.

 




Venerdì Santo: «Guardiamo negli occhi la Passione di Cristo che è agnello, Signore e figlio»

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Le parole con cui Giovanni racconta nel suo Vangelo la Passione di Cristo riempiono il silenzio raccolto dell’assemblea dei fedeli e dei concelebranti in Cattedrale per l’azione liturgica del Venerdì Santo.

Lo stesso silenzio che ha aperto la celebrazione. Nessun canto infatti ha accompagnato la processione di ingresso del vescovo Napolioni che, accompagnato dal vescovo emerito Lafranconi,  dai canonici del Capitolo e dal diacono Alex Malfasi, si è avvicinato all’altare per prostrarsi con il volto a terra.

«Cosa c’è da ammirare in uno spettacolo come questo?» chiede e si chiede monsignor Napolioni aprendo la sua riflessione, ancora guidata, in questa Settimana Santa, dallo sguardo fisso su Gesù. «Admirantes Iesum»: ancora gli occhi negli occhi del Salvatore, anche nell’ora più dolorosa, quando la sofferenza e la morte minacciano di voltarci da un’altra parte, spaventati.

L’omelia del vescovo Napolioni

«Noi – aggiunge subito il Vescovo – vogliamo guardare Gesù negli occhi perché Dio ce l’ha donato per questo». E lo sguardo che nel Venerdì Santo Gesù restituisce al mondo è «lo sguardo dell’Agnello condotto al macello». Lo sguardo di una «presenza fragile» di fronte a chi lo giudica, «eppure apparentemente minacciosa, se ha scatenato tanto rifiuto e tanta violenza». «Gesù guarda quelli che appaiono come nemici con quella compassione con cui aveva guardato le folle come pecore senza pastore […] per dare un nuovo inizio all’umanità impazzita di solitudine». Ma davanti alle domande di Pilato, «il più straniero ma anche il più inquietato dal mistero di quell’uomo», Cristo «risponde con il silenzio: è lo sguardo del Signore – ha osservato il vescovo – dell’uomo libero, che vuole mostrare di cosa è capace un uomo… quando è uomo. Fedele a se stesso, fedele al Padre, fedele addirittura a quegli uomini che gli si sono rivoltati contro. Fedele come tanti sono fedeli nonostante tutto, nella famiglia, nella lotta per la giustizia, nel mettersi dalla parte dei più deboli».

Ed emerge poi, nel racconto della Passione, la forza dello sguardo di figlio, che cogliamo nel volto di Gesù quando scorge la madre: «È un figlio che non si lascia distruggere dal dolore. Gesù non ha paura di morire prima della madre, non solo perché conosce la grandezza di Maria, ma perché è tanto figlio di Maria quanto figlio di Dio e dunque sa affidare Maria alla Chiesa e la Chiesa a Maria. Tutto nelle mani del Padre».

«La Passione di Gesù – ha concluso monsignor Napolioni – è ciò a cui dobbiamo guardare sempre. Facciamolo anche per chi non lo fa, senza giudicare, ma facendo in modo che si accorga che quelli che lo fanno hanno uno sguardo diverso sulla realtà, più forza, più amore, più misericordia, più coraggio. Che vengono da quegli occhi che non possiamo dimenticare perché ci fanno essere vivi, nonostante tutto».

Gli occhi, guidanti dai gesti del rito entrato nella sua seconda parte, quella della adorazione, si posano così sul «legno della croce, al quale fu appeso il Cristo salvatore del mondo». Dopo il vescovo e dopo i concelebranti, tutti i fedeli presenti si avvicinano in preghiera per un bacio o la riverenza al crocifisso (un gesto che torna per la prima volta dopo la pandemia).

L’azione liturgica del Venerdì Santo, durante la quale si sono raccolte offerte per il sostegno alle comunità cattoliche della terra Santa, è poi proseguita con la distribuzione del Pane Eucaristico consacrato durante la Messa del Giovedì Santo e riposto nell’altare dell’Adorazione, prima dell’uscita silenziosa dalla Cattedrale, da cui partirà in serata (alle 21.00) la processione cittadina con la reliquia della Sacra Spina guidata dal vescovo eletto di Trieste Enrico Trevisi e trasmessa in diretta streaming sui canali web e social della Diocesi di Cremona e in tv su Cremona 1.

Il video integrale della Azione Liturgica




Dalla croce alle strade: la Sacra Spina in processione con il vescovo Trevisi

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«Per cambiare il mondo dobbiamo contemplare il Crocifisso e guardarci con i suoi occhi». Con questo augurio il vescovo Enrico Trevisi ha concluso la propria riflessione dopo aver presieduto la tradizionale processione con la Sacra Spina per le vie di Cremona. Ancora una volta la città si è animata, con rispettoso silenzio e devozione, per accogliere ed accompagnare con la preghiera il cammino del Signore attraverso le tenebre della sofferenza e della morte.

Da sempre il Venerdì Santo è il giorno dedicato alla contemplazione della croce, che, secondo Trevisi, è il luogo ideale per «guardare tutto dalla prospettiva del Crocifisso, che nel morire per noi ha ha compiuto il disegno di salvezza che il Padre gli ha affidato».

La celebrazione della Via Crucis lungo le strade della città ha sempre avuto un sapore speciale per i cremonesi, perché segno evidente della presenza della Chiesa nel mondo. «Ma come essere nel mondo ‒ ha commentato il vescovo ‒ e guardare le nostre responsabilità verso la pace, la giustizia e i poveri?».

L’omelia del Vescovo Trevisi

 

Secondo Trevisi, la risposta arriva, ancora una volta, dalla croce. «L’unico punto prospettico che consente uno sguardo capace di comprendere la complessità della vita e della storia è quello di Gesù in Croce».

E proprio al Cristo, al Vivente che ha vinto la morte, mons. Trevisi ha affidato tutti i fedeli, prima di benedire l’assemblea, e l’intera città, con la reliquia della Sacra Spina, segno visibile dell’amore del Signore per il suo popolo.

Un popolo spesso ferito, provato e sofferente, ma che ha nuovamente trovato la forza per vivere con rinnovato slancio i momenti cruciali del Triduo. Perché la contemplazione del mistero pasquale, ha concluso Trevisi, «dà sapore e gusto nuovo ad ogni sfida della vita, dà colore e intensità ad ogni nostro giorno, profuma le nostre relazioni di una fraternità che è anticipo e prefigurazione del Paradiso. E allora avremo l’ardire di fare le scelte della nostra vita».

 

Il video completo della celebrazione




Messa del Crisma, icona dell’intera Chiesa locale. Il Vescovo al presbiterio: «Diamo al nostro popolo un segno visibile di unità»

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Come in un fiume bianco, i sacerdoti della diocesi in processione da palazzo vescovile attraversano la piazza del Comune e, lasciando all’ingresso un’offerta per il Seminario, colmano a poco a poco i banchi della grande navata della Cattedrale. Questa l’immagine che ha aperto le celebrazioni del Triduo Pasquale nel duomo di Cremona con la Messa del Crisma presieduta dal vescovo Napolioni nella mattinata del Giovedì Santo.

Il presbiterio, la promessa sacerdotale, il ricordo dei preti defunti e degli anniversari, la benedizione e la consegna degli oli per i sacramenti: questi i segni di una concelebrazione in cui la chiamata all’unità della Chiesa diocesana assume una forza rituale. «Siamo qui mendicanti della Pasqua – ha introdotto monsignor Napolioni – bisognosi di questo mistero della croce che nella volontà di Dio di venta fonte certa della salvezza del mondo». Una fonte di cui gli oli sacramentali sono «forma concreta, che raggiunge le vite di bambini, malati, ministri, comunità».

Tutta la comunità diocesana presente, attraverso la presenza di tutti i sacerdoti, dei tre vescovi Napolioni, Lafranconi e Trevisi, dei canonici del capitolo e dei diaconi.

Durante la Messa l’assemblea dei presbiteri, «icona dell’intera Chiesa locale», ha risposto al rinnovo delle promesse sacerdotali con un «Sì, lo voglio» – ha riflettuto il Vescovo nella sua omelia – per «dare al nostro popolo un visibile segno di unità nella fede».

Una unità sottolineata dalla riflessione del vescovo come invito al «necessario sforzo di ciascuno» di «per costruirlo insieme, questo presbiterio cremonese, impegnato e generoso». Un impegno «fatto non di pericolanti bilanci umani, ma di stupore (sempre possibile) e di promesse (sempre attuali), per entrare insieme nella Pasqua».

Citando “Desiderio desideravi” di Papa Francesco il Vescovo richiama al «noi» della liturgia chiedendo ai preti cremonesi «una promessa in più: quella di essere più Chiesa diocesana, più torrazzo e meno campanili – sintetizza con una battuta – più presbiterio (intero e nei piccoli gruppi che quotidianamente servono il territorio), più fraternità aperta ai diversi doni e ministeri […] facendo attenzione anche alle cose più piccole e concrete: le informazioni, gli appuntamenti, i gesti dell’amicizia e della vita comune».

E nella sua omelia mons. Napolioni ha ricordato alcune delle proposte e delle iniziative pastorali che in modo particolare indicano questa unità che sempre più può dare volto e vitalità alla chiesa diocesana: l’impegno missionario in particolare in Brasile, con un saluto a don Davide Ferretti e un invito ai sacerdoti a farsi avanti «perché qualcuno si prepari a proseguire nei prossimi anni questa comunione missionaria»; le grandi celebrazioni in Cattedrale e a Caravaggio, gli incontri del presbiterio, la visita pastorale, la ripresa della vita oratoriana e il dialogo con le realtà sociali ed educative sul territorio e – guardando ai prossimi appuntamenti – l’incontro dei ragazzi della Cresima il 21 maggio, la Gmg di Lisbona e l’anniversario delle apparizioni a Caravaggio, con la dichiarazione di Santa Maria del Fonte come santuario regionale con tutti i vescovi della Lombardia. L’impegno – ha sottolineato – sia «il non mancare mai e il non far mancare le nostre comunità alla vita dell’unica Chiesa, aiutando con franchezza anche il vescovo a far crescere verità, bellezza e fruttuosità di tutto ciò che facciamo insieme».

 

L’omelia del Vescovo


«La nostra gente non è stanca di Gesù – ha proseguito – ma vuole incontrarlo nelle case e per le strade. […] Mentre troppe diagnosi sembrano condannarci alla sterilità, Parola e Spirito danno vita alla Chiesa. È semplice la missione del Regno, l’evangelizzazione… che Gesù, e noi con Lui, abbiamo da regalare al mondo, sempre. Purché un annuncio non smentisca l’altro, per il nostro arbitrio, e la Chiesa non assomigli più a Babele che a Gerusalemme».

Durante l’omelia il vescovo ha quindi ricordato i sacerdoti defunti nell’ultimo anno: don Enrico Ferrari, don Anselmo Gorni, don Sergio Lodigiani, don Sergio Maffioli, don Ennio Asinari, don Silvano Rossi. Non è poi mancato come sempre un pensiero dedicato agli anniversari di ordinazione: il 70° di ordinazione di don Sesto Bonetti e don Franco Perdomini, il 65° di don Franco Vecchini, il 60° di don Angelo Bravi, don Raffaele Carletti e mons. Giuseppe Perotti, il 50° di don Renato Onida, ed il 25° di don Massimo Cortellazzi, don Alberto Martinelli, don Andrea Spreafico e don Pier Altero Ziglioli.

«Oggi anche noi preti possiamo soffrire varie forme di disagio, più acuto in chi giunge a scelte difficili da capire e accettare. Pensiamo ai sacerdoti soli, ammalati e in difficoltà non sempre ammesse e aiutate. Quando il mio cuore rischia di chiudersi così, lo sguardo di fratelli che non giudichino, l’abbraccio di un padre che sappia attendere, la bellezza di una sosta nella casa di Betania… offre anche a me il ristoro di cui neppure Gesù ha fatto a meno: la forza rassicurante e nutriente della comunione. Perdonatemi per tutte le volte in cui io non ho servito con generosità e attenzione questa priorità. Ma oggi, ancora una volta, ricominciamo ad averne cura».

Con queste parole si è conclusa la riflessione di mons. Napolioni che, dopo il rinnovo delle promesse sacerdotale ha ricevuto gli oli (degli infermi, dei catecumeni e il Crisma) che in questo Giovedì Santo sono stati consacrati con un pensiero particolare al ricordo delle vittime della mafia. Sono giunti infatti a Cremona dagli ulivi piantati a Capaci nel luogo dell’attentato al giudice Falcone, e il balsamo profumato per la benedizione del Crisma dalla Locride, dalle coltivazioni sui terreni confiscati alle mafie.

Al termine della celebrazione i vicari zonali hanno quindi ricevuto dalle mani del Vescovo gli oli da distribuire alle parrocchie per la celebrazione dei sacramenti in questo anno.

 

Guarda il video integrale della Messa Crismale

 

L’olio di Capaci consegnato dal questore Sinigaglia al vescovo Napolioni per essere consacrato nella Messa Crismale

I riti della Settimana Santa. La Messa delle Palme con il vescovo inizia alle 10.30 da S. Maria Maddalena




Il Vescovo alle Palme: «Entriamo nella Settimana Santa con lo sguardo nel volto di Gesù»

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«Entriamo in punta di piedi in questo mistero. Con i segni di festa, ma con il silenzio nel cuore, consapevoli della sofferenza a cui Gesù va incontro e dei drammi umani che attendono da Dio la liberazione e la Pace».

Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni ha introdotto la solenne celebrazione della Domenica delle palme, iniziata nella chiesa di Santa Maria Maddalena, sussidiaria di Sant’Imerio. Qui la benedizione dei rami di ulivo e la partenza della processione in direzione della Cattedrale.

La preghiera cantata, animata dalla corale dell’Unità pastorale “Sant’Omobono” che in Diomo si è unita poi al coro della cattedrale – ha accompagnato il percorso lungo via Realdo Colombo, via Aporti e via Sicardo, fino all’ingresso nella piazza del Comune, dove i concelebranti – i Canonici del Capitolo e i sacerdoti dell’Unità pastorale – e i fedeli sono stati accolti dalle porte aperte della Cattedrale per la celebrazione della Messa della Passione del Signore, proclamata quest’anno durante la liturgia della Parola con la lettura del Vangelo di Matteo.

Una Parola che permette di entrare nel mistero della Settimana Santa con lo sguardo fisso sul volto di Cristo per «provare a immaginare ciò che sta accadendo dentro di lui», come suggerisce nella sua omelia il vescovo, prendendo «in prestito» il motto scelto da monsignor Enrico Trevisi, nuovo vescovo di Trieste: Admirantes Iesum. «Lui sia il vero protagonista di ciò che pensiamo e preghiamo – introduce il suo pensiero mons. Napolioni – senza fretta di chiederci subito che cosa devo fare io, cosa dipende da me. Dipende tutto da Lui se io fisso lo sguardo su di lui».

È l’ingresso in Gerusalemme ad aprire i passaggi in cui Gesù ci guida verso la Pasqua. Un ingresso che le scritture ci mostrano attraverso una «faccia dura come la pietra»: «Gesù – ha osservato mons. Napolioni – decise di andare verso Gerusalemme, a “muso duro”, assumendo tutta la responsabilità della risposta al progetto del Padre. Gesù gioca tutta la sua libertà nella strada che lo porterà all’ora decisiva».

Una “durezza” che si sgretola però nel pianto davanti alla Città Santa. «Gesù piange su Gerusalemme non solo pensando alla sofferenza che lo aspetta, ma pensando al tradimento del popolo che oggi grida “Osanna” e che poche ore dopo griderà “Crocifiggilo!”. È in balia di noi stessi, in balia della storia umana».

Per questo «è facendo Pasqua, tutti noi, che possiamo fare pace. Siamo nella Pasqua, siamo nel travaglio della salvezza e solo questa è la via della pace». Una via che passa anche dal Getsemani, dove Gesù, con il volto a terra, si abbandona «a un’obbedienza d’amore, a una volontà che porta dentro, maturata progressiva mente dentro di lui con l’adesione all’amore del Padre».

«Ecco – ha concluso la sua riflessione monsignor Napolioni – come Gesù entra nella Settimana Santa. Non dimentichiamolo. Proviamo a fissare i nostri occhi nei suoi, a condividere le nostre lacrime con le sue e a sciogliere le durezze del peccato per assumere la grinta della fede e la decisione della sequela, nell’adesione a quell’agonia del mondo che sta per generare il mondo nuovo».




Tre nuovi battezzati nella notte di Pasqua: «Con voi riscopriamo l’eterna giovinezza della fede»

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Dalle tenebre alla luce. È ciò che sperimenta ogni fedele durante la veglia nella notte di Pasqua. Dopo il tradizionale rito del fuoco, con l’accensione del Cero pasquale dal braciere acceso nel cortile del pPalazzo vescovile, l’arrivo tra le mura buie della Cattedrale incute timore e soggezione. Ma la luce di Cristo porta speranza e fiducia. Infonde coraggio. E vince le tenebre. In questo gesto semplice, e allo stesso tempo carico di significato, diventa visibile il mistero della Pasqua, cuore e culmine dell’esperienza di fede cristiana. La solenne veglia di Pasqua celebrata a Cremona, dunque, è stata a tutti gli effetti una rinnovata occasione di incontro con il Risorto per l’intera comunità e in modo speciale per i tre catecumeni che proprio nella notte di Pasqua hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana dalle mani del vescovo Napolioni, che ha presieduto la celebrazione.

La ricchezza e la profondità dei segni del rito proseguono il cammino della comunità che in questa Settimana Santa – invitata dal vescovo Napolioni nelle sue riflessioni e dal vescovo Trevisi durante la processione della Sacra Spina del venerdì santo – ha «cercato di non staccare gli occhi da Gesù, di entrare dentro i suoi sguardi, umanissimi, nei vari momenti della passione culminati nel mistero della croce».

«Proprio quando Gesù chiude gli occhi nella morte – ha proseguito il Vescovo nell’omelia della notte di Pasqua –  il mondo li può aprire. E Che cos’è che stasera possiamo vedere con gli occhi della fede? Addirittura possiamo entrare nello sguardo di Dio stesso che fin dall’origine della creazione vide le cose buone che aveva creato. Uno sguardo di Dio è pieno di amore, bellezza, fiducia e benevolenza verso l’universo che ha creato e i futuri figli, quelle creature particolari creati come interlocutori, come amici. Mettendo in conto fin dall’inizio l’avventura della libertà» che in sé contiene «la capacità di distruggerci, ma non di smentire l’amore di Dio».

 

Guarda il video dell’omelia del Vescovo

Anche quando la luce sembra inesorabilmente spegnersi oppure può essere causa di «accecamenti»: «Quando si cessa di dialogare, quando si ritiene non ci sia spazio per chi è diverso da noi… quanti accecamenti – ha continuato monsignor Napolioni – anche nelle famiglie, nella nostra vita personale. Ma il Signore non ci lascia in preda alle tenebre. Questa scia di luce bussa al cuore di ciascuno di noi, con la pagina più potente, quella del Vangelo, nel quale la tomba vuota diventa luogo di incontro tra le donne e l’angelo, e luogo di una promessa: “Dite loro di tornare in Galilea, là lo vedranno”». Un appuntamento con gli occhi di Gesù risorto a cui hanno risposto Jitka, Abass, e Frank, i tre catecumeni che nel corso della celebrazione della Veglia hanno ricevuto Battesimo e Cresima, partecipando per la prima volta all’Eucaristia, accompagnati dalle famiglie, dai padrini, dalle comunità che ne hanno accompagnato il percorso e da don Luigi Donati Fogliazza, incaricato diocesano per il Catecumenato.

Abass Ibnou, della parrocchia di San Francesco d’Assisi, a Cremona, è originario del Senegal; Frank Konan, della parrocchia di San Pietro al Po a Cremona e proviene dalla Costa d’Avorio; Jitka Lubasova, originaria della Repubblica Ceca, ha trovato nella parrocchia di Cassano d’Adda persone che le hanno permesso di innamorarsi del Vangelo. Tre storie differenti, tutte accomunate dall’esperienza di incontro con persone in cui hanno riconosciuto la bellezza della scelta cristiana.

«Stasera – si è rivolto direttamente a loro il vescovo nell’ultima parte della sua omelia – Abbas, Jitka e Frank vivono la loro Galilea, l’abbraccio totale con la Pasqua di Gesù, nella quale vengono immersi per rinascere alla vita dei figli di Dio. Si chiama “vocazione”: è la vita cristiana chiamata a questa relazione faccia a faccia con Cristo che apre un cammino». E nella notte di Pasqua che «rimette in moto la Chiesa verso ciò che è essenziale» con «il Signore ci dice di nuovo “Seguimi, io sono vivente, là dove tu vivi”» in ogni circostanza della vita fino alle periferie dell’esistenza, ai margini della società: «Non mancano situazioni di emarginazione – ha dunque concluso monsignor Napolioni – Noi che faremo? Come tradurremo il dono ricevuto se non un nuovo impegno di incontro fraterno, di testimonianza missionaria. Ciò che abbiamo ricevuto non può che essere condiviso. È ciò che auguro a questi fratelli e sorelle che non si “sistemano” dentro una cultura cristiana, ma scelgono di seguire Gesù ovunque li porterà. Vi augurio di essere felici nell’essere generosi nella sequela e nella testimonianza, aiutateci così a riscoprire anche noi la freschezza e la giovinezza perenne della nostra fede».

Così, con le parole di questo augurio la liturgia è proseguita con il Battesimo e la Cresima dei tre catecumeni che hanno poi ricevuto per la prima volta la Comunione partecipando con tutta la comunità all’Eucaristia.

A Jitka, Abass, e Frank l’assemblea dedica un applauso gioioso al termine della Veglia, poco prima della benedizione del Vescovo che sorridente li saluta con una promessa a nome della Chiesa cremonese che oggi li accoglie: «Ora ci impegniamo a camminare con voi. Non solo una festa, ma l’inizio di un nuovo cammino di vita fraterna».

 

Il video integrale della Veglia di Pasqua

 

Lo speciale del Giorno del Signore dedicato ai segni della Pasqua

 

Il catecumenato e la “famiglia” che accompagna




Il Venerdì Santo in tutte le chiesa la colletta per la Terra Santa

Una concreta manifestazione di sensibile solidarietà, di ecclesialità, di speranza. Anche quest’anno la “Colletta per la Terra Santa” vedrà interessate il Venerdì Santo tutte le comunità cristiane, in un gesto di generosità di grande valore spirituale e sociale.

Nata dalla volontà dei Pontefici di mantenere forti e significativi il legame e l’unità tra i cristiani di tutto il mondo e quelli che vivono nei Luoghi Santi, la Colletta sosterrà la Custodia Francescana nella sua straordinaria missione volta alla loro cura e salvaguardia e al favorire la presenza cristiana attraverso innumerevoli opere di solidarietà, che spaziano dal mantenimento delle strutture pastorali, educative, assistenziali alla promozione e realizzazione di azioni di carattere sanitario e sociale.

Grazie a questa ricorrente e rinnovata iniziativa saranno beneficiati i territori di Gerusalemme, Palestina, Israele, Giordania, Cipro, Siria, Libano, Egitto, Etiopia, Eritrea, Turchia, Iran e Iraq.

Come è sotto gli occhi di tutti, le necessità e le urgenze non mancano, rese oltremodo drammatiche dal recente terremoto, che ha interessato milioni di nostri fratelli in particolare in Siria e in Turchia. “Le devastazioni della lunga guerra e del terremoto – si legge in una nota diramata dal Dicastero per le Chiese Orientali, promotore dell’iniziativa – ancora una volta hanno messo a nudo la fragilità delle sicurezze a cui l’umanità affida la propria speranza, e ci fanno sentire più forte il desiderio di radicarsi nella Roccia della fedeltà di Dio nella Pasqua di Cristo, morto e risorto”. Dunque “in quel Crocifisso mutilato siamo invitati a riconoscere il dolore di tanti nostri fratelli e sorelle che hanno visto egualmente straziati i corpi dei propri cari sotto le macerie o colpiti dalle bombe, e a percorrere con loro, mano nella mano, la via della Croce, sapendo che ogni sepolcro, proprio come quelle della Basilica dell’Anastasis, nella Città Santa, non è l’ultima parola sulla vita dell’uomo di ogni tempo”.

Per questo già ci si adopera e ci adopererà fortemente, grazie anche alla Colletta, per donare concreti ed efficaci segni di speranza, attraverso la cura dei più piccoli, la formazione scolastica, l’accompagnamento delle madri in difficoltà, la cura degli anziani e degli ammalati, la realizzazione di progetti abitatiti per le nuove famiglie, la creazione di posti di lavoro, anche per arginare l’esodo dei cristiani dalla Terra Santa e per mantenere viva la memoria delle origini.

Il ringraziamento dunque – esprime la nota – va da subito e sempre a nome di Papa Francesco ai Vescovi, ai parroci, a tutte le comunità parrocchiali, come pure ai Commissari di Terra Santa che ovunque nel mondo aiutano la realizzazione di questo annuale “pellegrinaggio” alle sorgenti dell’esistenza cristiana. E “grazie soprattutto a nome di quelli che torneranno a una vita più degna, grazie alla vostra bontà”.

 

La brochure informativa

 

Manifesto per il 2023




Gli auguri del Vescovo: Pasqua di gioia e di vita

Pasque di pandemia, pasque di guerra… basta! Quanta voglia abbiamo di una pasqua di gioia, nella pace, per la vita! E questa pasqua c’è, eccola, per tutti coloro che la sanno cercare e accogliere, non come una data ma come un dono.

È il dono di sé, che Dio stesso ci fa, nel sì di suo Figlio Gesù alla volontà di salvezza e pace con cui Egli accompagna l’intricata storia umana, insanguinata di morte fratricida sin dall’inizio. Questo è il cuore della Pasqua, quella di Gesù e della Chiesa per il mondo, quella che celebriamo negli inesauribili riti della Settimana Santa, quella che sfida anche quest’anno le disgraziate forze del male, che cercano di avvelenare le falde della storia.

Dio compie sempre il miracolo della vita che, resiliente e risuscitata, è come la goccia che scava la roccia, come il fiore che spunta nel deserto, perché dalla croce, abitata con Gesù, la vita esce sempre più forte della morte!

La Pasqua ci dona di poter incontrare “Gesù per le strade”, come ho avuto la grazia di sperimentare nella visita pastorale e in tante altre occasioni, rallegrandomi per le mille testimonianze che i piccoli e i fragili gli rendono, magari senza saperlo.

Auguro a chi vive nelle nostre città e paesi di saperlo riconoscere nei bambini che si affacciano a cuore aperto sulla vita, per succhiarne tutta la gioia che cercano, imparando a giocare e crescere con gli altri, tutti fratelli. Nei malati, crocifissi che ci impongono una sosta pensosa, fatta di servizio e preghiera. Vedetelo negli amori osati da ragazzi e ragazze, impegnati generosamente nella casa, nel lavoro e nel tirar su i figli, amori spesso feriti ma toccati da una misericordia che cura, guarisce, riporta a casa.

Il passaggio pasquale di Gesù si veda nei cristiani, che con tenerezza e con pazienza accolgono gli altri, per gioire del dono che ciascuno, prima o poi, mette sulla tavola della comunità e del mondo intero.

È intrisa di Pasqua la nostra vita quotidiana, fatta di drammi su scala mondiale e familiare, ma sempre bella perché è nelle mani di Dio, che la riscatta e ce la rimette in mano come un fiore appena sbocciato. Seminiamo con abbondanza e fiducia queste gocce di rugiada, piccole lacrime di compassione, e non temeremo la siccità del cuore. Andiamo a cercare alla sorgente quella Pasqua di gioia che tutti desideriamo, e non sarà solo una vaga sensazione di primavera, ma un’esperienza reale che rigenera la vita. Ogni domenica questa potenza di cambiamento è lì, nel Vangelo e nel corpo di Cristo che si spezza e dona per la vita del mondo. Venite anche voi… e sarà sempre Pasqua di gioia e di vita.

+ Antonio, vescovo




L’olio di Capaci consegnato dal questore Sinigaglia al vescovo Napolioni per essere consacrato nella Messa Crismale

Il ricordo del sacrificio dei giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Francesca Morvillo e dei poliziotti di scorta, e in generale delle vittime di mafia, assume un particolare significato quest’anno nella Settimana Santa, in Italia così come a Cremona. Nella mattinata di martedì 28 marzo, infatti, il questore di Cremona Michele Davide Sinigaglia, accompagnato dal cappellano della Polizia di Stato di Cremona don Stefano Peretti, ha consegnato al vescovo Antonio Napolioni una bottiglia di olio, frutto degli olivi del giardino di Capaci, sorto proprio nel luogo in cui il 23 maggio 1992 fu scaraventata l’auto con i tre agenti di scorta che persero la vita. La sigla radio dell’equipaggio – “Quarto Savona 15” – oggi è il nome dell’associazione, animata da Tina Montinaro, vedova del capo scorta, che cura questo giardino, il cui olio lo scorso anno, nel trentesimo anniversario della strage, per iniziativa della Questura di Palermo fu donato alle Chiese siciliane perché potesse essere consacrato nella Messa crismale del Giovedì Santo. Una iniziativa che quest’anno si estende a tutta Italia, arrivando sino a Cremona.

Il significato dell’iniziativa è stato presentato dal questore Michele Davide Sinigaglia al vescovo Antonio Napolioni, che, ringraziando per il dono, ha voluto ricordare che proprio un anno fa, nel pellegrinaggio del clero diocesano in Sicilia, erano stati visitati questi luoghi e ricordate le vittime della mafia.

Monsignor Napolioni ha inoltre spiegato che il Giovedì Santo, nella consacrazione degli oli, oltre a quelli dei catecumeni e degli infermi, c’è l’olio del Sacro Crisma per il quale è aggiunto anche un profumo. «Sarà l’essenza di bergamotto – ha affermato – che la Chiesa di Locri-Gerace ha donato a tutte le Chiese italiane. Unirla a questo olio che arriva da Capaci sarà un abbinamento davvero significativo».

Nel trentunesimo anniversario delle stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio e nel trentesimo anniversario di quelle di Firenze, Roma e Milano, il frutto nato dalla terra bagnata dal sangue dei martiri della giustizia assurge dunque a simbolo di redenzione, diventando segno, per cattolici e non, dell’autenticità e profondità del messaggio evangelico che chiede di amare il prossimo come se stesso.

Al termine della visita nel palazzo vescovile di Cremona, il Questore di Cremona si è recato a Crema per portare l’olio dell’Associazione “Quarto Savona 15” anche al vescovo Daniele Gianotti.