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La testimonianza dei sanitari accolti nelle strutture diocesane durante l’emergenza covid: «Così la carità di Cremona ci ha dato una casa»

Papa Francesco ha voluto esprimere il grazie proprio e quello dell’intera comunità ecclesiale a quegli operatori sanitari e socio-sanitari che durante l’emergenza sanitaria hanno dimostrato di essere “artigiani della cultura della prossimità e della tenerezza”: medici, infermieri, operatori impegnati in diverso modo nell’ambito sanitario, ma anche sacerdoti e volontari [Leggi il resoconto dell’udienza]. Un riconoscimento che anche la Diocesi di Cremona ha voluto da subito esprimere anche in un modo molto concreto: l’ospitalità, nelle proprie strutture, di medici e infermieri giunti sul territorio da altre zone d’Italia o che non potevano rientrare nelle loro abitazioni per scongiurare il contagio nei confronti dei loro familiari.

È stato così a Cremona presso Casa dell’Accoglienza, per gli uomini, e a Casa di Nostra Signora, per le donne; così come a Caravaggio presso il Centro di spiritualità del Santuario. Tra loro Gabriele e Andrea: toscano l’uno e bergamasco l’altro, accorsi a Cremona per dare una mano e ospitati in alcune strutture della diocesi, messe a disposizione proprio per questo scopo.

«Potrei raccontare molte cose di questa esperienza, ma posso solo partire da una gratitudine per come Cremona mi ha accolto», racconta Gabriele Tinti, giovane infermiere di Arezzo. «Scaraventato nel pieno della crisi, mi sono trovato a dover decidere dove passare le poche ore che avevo tra un turno e l’altro. C’era posto nella foresteria dell’ospedale oppure presso la Casa dell’accoglienza della Caritas. Non ho avuto esitazioni: cercavo un posto dove poter “staccare” e che potesse aiutarmi umanamente a rimanere vivo. Così ho incontrato don Pier e tutti gli ospiti della struttura». Racconta di settimane difficili, dove la paura di questo virus sconosciuto impediva i contatti umani. «Anche tra noi colleghi, eravamo in nove a dormire presso la Casa dell’Accoglienza, all’inizio non è stato scontato confrontarci per paura del contagio. Pian piano siamo però entrati in relazione con tutti: tra noi, con i sacerdoti e i volontari, con gli immigrati o le persone in difficoltà. Umanamente era una boccata d’aria fresca». Il lavoro – spiega – non è mai stato così intenso, eppure in qualche modo quei tre mesi gli hanno restituito con chiarezza il fatto che il mestiere d’infermiere è una vocazione, un compito. «Anche in ospedale abbiamo riscoperto il valore di quel che facciamo. Penso a tanti colleghi che avrebbero potuto prendersela con noi “arrivati da fuori”, noi a cui erano state accordate condizioni economiche migliori rispetto a loro e invece no. Ci hanno accolti facendoci esprimere professionalmente al massimo, in una gara di umanità e solidarietà che ricorderò per tutta la vita».

Anche il dottor Andrea Cometti, specializzando di chirurgia generale, si trovava a Cremona da novembre. «Vivevo in un b&b, avrei dovuto rimanere per poco tempo. Poi è arrivato il covid e tutti ci siamo trasformati in medici di medicina interna: gli pneumologici ci hanno insegnato come affrontare queste polmoniti interstiziali laterali. Ogni giorno era una triste routine fatta di ventilazioni forzate, prelievi, pazienti in terapia intensiva. A volte il malumore o le lamentele tra noi prendevano il sopravvento e mi pesava passare perfino le ore di riposo sdraiato su una brandina in ospedale. Il viceprimario, mosso a pietà, mi ha dato il numero di don Pier Codazzi dicendomi che forse avrebbe potuto aiutarmi a trovare una sistemazione. E così è stato. È stata la mia salvezza: un posto in un centro d’accoglienza a San Savino. Per me quel luogo è diventata una seconda famiglia, un luogo dove tornare e sentirmi in pace in un momento in cui – lontano da casa e con i genitori entrambi malati di covid – davo tutto e in ospedale non si parlava d’altro che di morti, letti o ventilatori mancanti, parenti da avvisare. La casa di San Savino è stata una carezza. Una seconda famiglia che, lo ripeto, non dimenticherò».

 

“Io avrò cura di te”, già diversi gli operatori sanitari accolti nelle strutture diocesane: le storie e le testimonianze

Il Papa: tanti gli eroi nella pandemia, ripartiamo da un’umanità che scalda il cuore (VIDEO e FOTO)




“Io avrò cura di te”, già diversi gli operatori sanitari accolti nelle strutture diocesane: le storie e le testimonianze

È un vero «ripensamento dell’accoglienza» quello in atto in alcune delle strutture caritative della diocesi. Ci tiene a sottolinearlo don Pierluigi Codazzi, responsabile di Caritas Cremonese. «I centri nati per l’accoglienza delle fragilità – sottolinea – oggi a loro volta accolgono persone che si sono messe a disposizione per aiutare gli altri». Medici e infermieri giunti da altre regioni d’Italia per supportare il sistema sanitario locale in questo periodo di emergenza.

 

Cremona, Casa di Nostra Signora

«Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo». Lettera agli Ebrei, versetto secondo. E non solo. Anche l’idea alla base di «Io avrò cura di te», progetto di accoglienza attivato dalla Diocesi di Cremona per offrire alloggio gratuito a operatori sanitari giunti sul territorio per prestare servizio presso gli ospedali locali o impossibilitati a rientrare a casa per evitare il contagio dei familiari.

«Prendersi cura significa preoccuparsi per qualcuno e nello specifico cerchiamo di ricambiare la sollecitudine che queste persone stanno dimostrando nei nostri confronti». A parlare è Nicoletta D’Oria Colonna, responsabile di «Casa di Nostra Signora», struttura di accoglienza femminile della Caritas che, dal 2014, ospita donne in situazione di fragilità e da qualche settimana, con loro ma in ambienti separati, una decina tra dottoresse e infermiere provenienti da diverse città italiane.

Come Elisa Violi, infermiera pediatrica di 25 anni, calabrese ma domiciliata a Torino. «Sono venuta a Cremona vista la situazione critica che avvolge gli ospedali lombardi. Dopo essere stata contattata dall’ospedale di Cremona, tramite il personale amministrativo, sono venuta a conoscenza della possibilità di soggiornare a Casa di Nostra Signora, che ha offerto gratuitamente degli alloggi per noi operatori sanitari, gesto molto apprezzato, data la mole di stress psicologico e fisico che affrontiamo tutti i giorni».

O come Silvia Ianni, 45 anni, infermiera a partita iva, che a Roma, dove vive, ha lasciato i genitori anziani e il servizio prestato come volontaria con i ragazzi del quartier Quarticciolo, periferia che non esita a definire «dura». «I primi di marzo ho mandato disponibilità immediata, il 17 sono stata contattata e dopo un paio di giorni ero in reparto a far visite e notti. Ho trovato una città in guerra, ospedale reinventato, un altro costruito nel parcheggio e soprattutto ferite già profonde. E poi tanto coraggio, tanti grazie e pure accoglienza». Così ci racconta. E prosegue «Non vado via. I sanitari locali stanno pagando un prezzo troppo alto per lasciarli soli».

Anche questa è accoglienza presso Casa di Nostra Signora. Non solo lo stress generato dalla difficile situazione di stallo e di convivenza forzata tra realtà delicate, ma anche scambio continuo tra le diverse storie che si intrecciano in un groviglio di umanità in divenire.

«Sembra un controsenso accogliere in un momento in cui ci viene chiesto di isolarci – dichiara ancora Nicoletta D’Oria Colonna – ma la vicinanza finalmente sembra essere riscoperta come valore imprescindibile dopo decenni di individualismo esasperato». Vicinanza su più fronti e a tutti gli effetti. Non solo materiale, ma anche psicologica e spirituale. Vicinanza tra chi non ha una stabilità economica, una famiglia, una casa, un lavoro (sono trenta le ospiti della struttura che vanno da madri con bambini anche neonati a ultra ottantenni) e chi ha scelto liberamente di lasciare la famiglia, la casa, i propri affetti per un bene più grande, per rispondere alla vocazione che chiede di essere medico del malato, prossimo del bisognoso. E oggi Cremona e i suoi malati di coronavirus diventano «l’occasione di incontro con la vulnerabilità dell’altro che suscita in noi la cura, come il malcapitato fa buono il Samaritano».

Oggi più che mai ci si sente tutti figli dello stesso Padre, tutti ugualmente fragili. La donna, sia essa sola per mancanza o per scelta. Pur sempre donna che dà la sua vita per difendere quella dell’altro, nel riconoscimento che «solo il gesto che difende la vita la moltiplica, la avvalora».

E oggi più che mai risuonano profetiche le parole di papa Francesco quando l’8 marzo 2019, in occasione dell’incontro con una delegazione dell’American Jewish Committee, dichiarava: «La donna è colei che fa bello il mondo, che lo custodisce e mantiene in vita. Vi porta la grazia che fa nuove le cose, l’abbraccio che include, il coraggio di donarsi».

Sara Pisani

 

Cremona, Casa dell’Accoglienza

Se a Casa di Nostra Signora l’ospitalità è rivolta alle donne, in una parte riservata dalla Casa dell’Accoglienza, sempre a Cremona, c’è la possibilità di accogliere una decina di uomini. Già più della metà dei posti è occupata.
Un doveroso impegno che è anche implicito ringraziamento per la generosa disponibilità garantita da questi professionisti. «Mi piace in questo senso ricordare – continua don Codazzi – anche la disponibilità data per l’alloggio dal parroco di Monticelli d’Ongina, in casa parrocchiale. Una opportunità che al momento non abbiamo potuto sfruttare in quanto i medici e gli infermieri che attualmente ospitiamo non sono muniti di mezzi di trasporto propri e dunque gli spostamenti sarebbero difficoltosi». «In queste ore – conclude il direttore della Caritas – siamo stati contattati anche da un medico residente fuori città e che lavora all’ospedale di Cremona, interessato a poter avere un punto di appoggio fuori casa, per garantire maggiore sicurezza ai propri familiari».

 

Caravaggio, Centro di spiritualità del Santuario

In prima fila anche il Santuario di Caravaggio che ha aperto gli ambienti del Centro di spiritualità per la accoglienza di medici e operatori sanitari accorsi in rinforzo alle locali strutture ospedaliere. «In collegamento con la Caritas diocesana – precisa il rettore del Santuario, mons. Amedeo Ferrari – siamo stati invitati a contattare gli ospedali per sondare le necessità ed è emersa una condizione di bisogno presso i presidi di Treviglio-Caravaggio e Romano di Lombardia. La nostra disponibilità ad accogliere e ospitare gratuitamente i sanitari giunti a rinforzo da ogni parte d’Italia è totale e così sarà per tutta la durata dell’emergenza sanitaria».  Sono cinque i medici che hanno finora trovato ospitalità: professionisti con varie specializzazioni come biologi di laboratorio, chirurghi, dentisti e anestesisti. «Provengono da Napoli, Roma, Bergamo, Pistoia e Senigallia  – spiega ancora il rettore – hanno risposto alla richiesta di volontari e la loro giornata è sempre molto piena, assorbiti come sono dall’enorme e duro  lavoro ospedaliero e dalla loro grande responsabilità». Si tratta di un servizio prezioso quello offerto dal Santuario,  che riesce a trasformarsi in una esperienza arricchente per tutti. «Capita di parlare con loro e di ragionare un attimo su quanto sta accadendo – conclude il sacerdote –, si mostrano preoccupati ma testimoni di speranza e di coraggio».

Marco Galbusera

 

Come sostenere il progetto

È possibile sostenere il progetto «Io avrò cura di te» con un versamento su conto corrente postale 68411503 o bancario (Iban IT 57 H 05156 11400 CC054 0005161) intestati a «Fondazione San Facio onlus» e indicando la causale «Io avrò cura di te 2020». Informazioni e donazioni anche presso gli uffici della Caritas diocesana.

A Cremona la possibilità di accoglienza per le donne è presso Casa di Nostra Signora di via Ettore Sacchi (info al 334–1062553, e–mail cns@serviziaccoglienza.it), per gli uomini all’interno della Casa dell’Accoglienza di viale Trento e Trieste (335–354429, donpiercr@gmail.com). Disponibilità è stata garantita anche a Caravaggio, presso il Centro di spiritualità del Santuario (centralino 0363–3571, info@santuariodicaravaggio.org).

La presentazione del progetto

 


#restiamocomunità – #chiciseparerà




Emergenza coronavirus: progetti della diocesi di Cremona a sostegno degli operatori sanitari

In questi giorni di grande prova, a fianco di tante notizie di sofferenza, solitudini, morti e drammi famigliari, assistiamo anche a esempi di grande responsabilità da parte degli operatori sanitari, e si moltiplicano anche gesti di bella e spontanea generosità avviati da singoli, gruppi o associazioni, tutti segnali che danno luce, nutrono la speranza, ci fanno sentire “uno”, in comunione gli uni con gli altri.

La rete di carità sul territorio

Tra i vari esempi citiamo Caritas e le San Vincenzo parrocchiali impegnate su tutto il territorio diocesano, oltre ai gruppi giovanili e alle associazioni che fanno capo alla comunità cristiane, che stanno promuovendo iniziative, in accordo con i propri Comuni, per garantire, in questa fase di emergenza, interventi ed azioni mirate a favore dei soggetti più fragili, in particolare degli anziani oppure di persone in quarantena che sono prive di una rete familiare. Vi è infatti la necessità di fornire a molte persone la spesa, i pasti, piccole azioni in modo da assicurare servizi primari e azioni di prossimità. Tutto questo nel rispetto delle normative, per svolgere questa importante attività di aiuto garantendo la sicurezza di tutti.

Anche la Diocesi, che in queste settimane ha investito energie e attenzioni per garantire un supporto nella preghiera e nella vicinanza spirituale alle persone con le proposte dei mezzi di comunicazione sociale, propone una serie di azioni concrete nell’ambito caritativo, facendosi prossima a bisogni particolari di questo periodo di emergenza

Progetto: “Io avrò cura di te”

L’attenzione si vuole rivolgere in particolare verso quegli operatori sanitari che, con estrema dedizione e costanza, si occupano, senza contare le ore, dei tantissimi malati a loro affidati, mettendo a repentaglio la loro stessa salute.

Attraverso la Caritas e la Fondazione San Facio, in accordo con la Direzione Socio sanitaria ASST di Cremona, si istituisce un progetto per l’alloggio gratuito degli operatori sanitari che prestano il loro lavoro presso i nostri ospedali. Tale possibilità è offerta a tutti coloro che per distanza dai luoghi lavorativi o per non mettere a rischio le famiglie decidono di alloggiare fuori dalle proprie abitazioni.

I luoghi individuati per offrire questa accoglienza sarebbero alcune strutture diocesane in Cremona e il Centro di Spiritualità di Caravaggio. L’iniziativa sarà chiamata: “Io avrò cura di te”.

Per info progetto “Io avrò cura di te”

È possibile sostenere il progetto “Io avrò cura di te”

  • Con un versamento C/C postale 68 411 503
  • C/C bancario  Iban IT 57 H 05156 11400 CC054 0005161
  • Intestati a Fondazione San Facio Onlus e indicando la causale: “Io avrò cura di te” 2020
  • Presso l’Ufficio Caritas di via Stenico 2/b-Cremona

 

Sostegno psicologico a distanza

Come ulteriore azione verso gli operatori sanitari i Consultori di ispirazione cristiana presenti in Diocesi, avvalendosi della azione volontaria degli operatori, si rendono disponibili a rendere un servizio on-line di sostegno psicologico per rinforzare i medici ed il personale sanitario nella loro preziosa attività di cura.

Per info progetto sostegno psicologico agli operatori sanitari

(ore 11-19)


#restiamocomunita – #chiciseparera