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Gmg, il Papa a Fatima: «Maria è Nostra Signora affrettata per essere vicina a noi»

La Chiesa «è madre: porte aperte per tutti, per facilitare l’incontro con Dio; e posto per tutti, perché ognuno è importante agli occhi del Signore e della Madonna». È l’immagine scelta dal Papa a Fatima, nel discorso dopo la recita del Rosario con i giovani ammalati.

«La cappellina in cui ci troviamo è una bella immagine della Chiesa», ha detto Francesco dalla Cappella delle apparizioni: «accogliente e senza porte». Poi, come ha fatto più volte in questa trasferta portoghese, Francesco ha abbandonato il testo scritto e ha proseguito a braccio. «Quando ha saputo che sua cugina Elisabetta era incinta Maria è uscita in fretta, correndo, con questa ansia di aiutare. Questa Vergine che esce in fretta: “Nostra signora affrettata”. E si affretta per venire ad aiutarci, si affretta perché è madre. E così accompagna la vita di Gesù e non si nasconde dopo la Risurrezione. Accompagna i discepoli, insieme allo Spirito Santo accompagna la Chiesa che crescerà dopo la Pentecoste. “Nostra Signora affrettata” che accompagna, non è mai protagonista: prima accoglie, e poi indica Gesù».

«Maria nella sua vita non ha fatto altro che indicare Gesù», ha sintetizzato il Papa: «Fate quello che lui vi dirà, seguite Gesù». Poi Francesco ha mimato i due gesti di Maria, che «accoglie tutti e indica Gesù, e questo lo fa un po’ affrettata. Ogni volta che veniamo qui ricordiamoci questo».

Maria, per il Papa, «vuole che l’incredulità di tanti cuori si rivolga a Gesù: con la sua presenza ci indica Gesù, con questo gesto ci indica Gesù. E noi la sentiamo molto vicina, “Maria affrettata”».

«Gesù ci ha amato al punto da identificarci con noi e ci chiede di collaborare con noi», ha spiegato Francesco: «E Maria ci invita a camminare nella vita camminando con lui». «Guardiamo l’immagine di Maria e ognuno pensi», l’invito del Papa: «Che cosa mi dice Maria come madre? Che cosa ci sta indicando? Gesù o alcune cose che nel nostro cuore non funzionano bene? Maria cosa mi sta indicando? Facciamo silenzio e ognuno nel suo cure dica: ‘Madre, cosa stai indicando a me? Cosa c’è nella tua vita che ti preoccupa, che ti commuove, che ti interessa e tu lo indichi? Maria ci indica nel cuore perché Gesù venga. Sentiamo la presenza di Maria, la Madre che dice sempre: “Fate quello che Gesù vi dirà”. E dice a Gesù: “Fai quello che loro ti chiedono”. Questa è Maria: Nostra Signora affrettata per essere vicina a noi. Che lei benedica tutti noi. Amen!».

M. Michela Nicolais (AgenSir)




Gmg, anche i cremonesi alla Via Crucis con il Papa: «Gesù cammina verso la croce, perché la nostra anima possa sorridere»

Silenzio e giovani. Accostare due parole dai significati così diversi può sembrare coraggioso; l’assenza di suono al “chiasso” tanto caro a Papa Francesco che sono in grado di creare questi aspiranti adulti. Eppure, se guidati e ispirati per una giusta ragione, questi ragazzi e ragazze sono in grado di creare una dimensione tangibile di sovraumana quiete, quando si tratta di lasciare spazio alle profondità dei loro sentimenti. Chiunque è in grado di creare silenziosità, ma pochi hanno il coraggio di trasformarla in intimità. Ed è proprio dopo il gioioso baccano dei primi giorni di Gmg, della festa di volti e colori, che lasciano spazio alle ore del viaggio più difficile di questo pellegrinaggio: quello verso se stessi. Con l’appuntamento di venerdì 4 agosto è cominciato l’avvicinamento alla Messa conclusiva di domenica, dopo la Veglia notturna del sabato a cielo aperto nella grande spianata del Parque Tejo. Evento centrale della quarta giornata è stata la Via Crucis con Papa Bergoglio, a cui hanno partecipato anche i gruppi della Diocesi di Cremona con il vescovo Antonio Napolioni.

 

La celebrazione penitenziale del mattino

Per prepararsi a questo suggestivo appuntamento, nella mattinata di venerdì 4 agosto i giovani cremonesi hanno ascoltato le parole di monsignor Stefano Rega, vescovo di San Marco Argentano-Scalea, il quale ha presieduto la catechesi sul tema della misericordia in vista delle confessioni individuali.

Il Vangelo dei pastori festanti dopo l’annuncio dell’angelo della nascita di Cristo e il sacramento della Riconciliazione: filo conduttore di questi due elementi è l’amore. «Giovedì all’accoglienza il Papa ha ripetuto come Dio ci ama tutti: è la certezza che dobbiamo avere per vivere questo momento di confessione», ha esordito il presule. Tuttavia è necessario uno sforzo anche da parte di ciascuno per affrontare questo timore di essere amati: «Significa – ha precisato il vescovo Rega – lasciarsi abbracciare da quel Gesù che fece la lavanda dei piedi a Pietro, eppure questo discepolo aveva paura di entrare in questa relazione di amore con Lui». Un sentimento intenso e impegnativo, eppure coinvolgente e per questo in grado di trasformare le vite. Infatti «Dio non ci dice “mi piaci” bensì “ti amo”; il primo è possesso, il secondo è prendersi cura, come ricordava anche il Piccolo Principe», ha continuato il vescovo calabrese. Ed attraverso questo momento di misericordia scaturisce una nuova felicità, «la gioia intima di essere perdonati e amati; è tragico pensare che nessuno abbia cura di te». Ecco allora che il silenzio, come quello di Maria, diventa luogo di creazione, «la possibilità di incontrare la misericordia di Dio e, come i pastori, mettersi in viaggio senza indugio verso noi stessi». Da qui l’augurio di ritornare festanti, ha concluso monsignor Rega, «abbracciati dall’amore di Dio e a prenderci cura degli altri».

 

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Questa via interiore verso una nuova felicità da donare agli altri l’ha sintetizzata suor Claudia Colombo, religiosa delle Figlie dell’Oratorio di Viadana (alla sua ottava Gmg), con un’immagine efficace: «Stamattina prendendo una compressa mi è venuta in mente l’analogia con questi giorni. Stiamo facendo un pieno di ricchezze, come se fossero piccole pastiglie. Penso che al ritorno nelle nostre comunità abbiamo il dovere e la gioia di usare queste “pillole” per curare la nostra vita spirituale ed essere di aiuto per la vita degli altri. Sentirsi amati significa sentirsi essere curati e dunque di farlo sperimentare anche a chi è rimasto a casa».

I giovani cremonesi si poi sono accostati ai sacerdoti per la confessione personale, in un clima di raccoglimento e riflessione reciproco prima della Messa.

Quindi nel pomeriggio il trasferimento verso Parque Eduardo VII, lo stesso luogo della cerimonia di accoglienza della Gmg e del primo abbraccio con il successore di Pietro, per vivere insieme a Francesco la Via Crucis.

 

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«Seduti al sole ad aspettare. Per il mondo intero so di essere un giovane come tanti altri, ma nel mio cuore so che sono qui perché qualcuno mi ha chiamata per nome a compiere questo meraviglioso pellegrinaggio», dice Francesca, di Viadana, durante l’attesa di Francesco. Che in papamobile ha attraversato la marea di giovani, che l’hanno accolto con affetto ed entusiasmo.

Quella dei giovani cremonesi presenti al Parco Eduardo VII per la via Crucis, animata in modo creativo e coinvolgente dagli organizzatori portoghesi, è stata una partecipazione attenta e sentita. Nonostante il caldo del sole e qualche immancabile raffica di vento, per i ragazzi è stato un degno momento conclusivo della confessione di oggi, grazie anche alla posizione favorevole che ha consentito loro di vedere il passaggio del Papa all’arrivo.

Jacopo Orlo

 

La Via Crucis con Papa Francesco

«Gesù cammina, ma aspetta qualcosa. Aspetta la nostra compagnia, aspetta che lo guardiamo. Aspetta dall’anima di ognuno di noi che non siamo anime chiuse, ma che sorridono dentro». È una delle frasi della breve, ma intensa meditazione di Papa Francesco, all’inizio della Via Crucis con i giovani nel Parque Eduardo VII. «Gesù cammina – ha esordito il Papa, attorniato da 800 mila giovani, salutati nell’interminabile giro del parco sulla jeep bianca scoperta – ma il cammino che più è inciso nel nostro cuore è il cammino della croce, e oggi voi, con me, potrete rinnovare il cammino della croce».

La terza giornata del Papa in Portogallo era cominciata la mattina nel Parco delle confessioni, allestito nel giardino Vasco da Gama, nel quartiere di Bélem. Tra la distesa dei confessionali in legno, in file ordinate sulla grande spianata verde per garantire la riservatezza dei ragazzi e dei loro rispettivi confessori, ce n’era uno speciale: quello dove ha trovato posto posto Francesco, che ha amministrato il Sacramento della Riconciliazione a tre ragazzi.

Dopo il fiume dei 500 mila giovani che hanno affollato giovedì sera, per la cerimonia di accoglienza, il Parque Eduardo VII, con il loro chiasso molto apprezzato da Bergoglio, oggi è stato il giorno del raccoglimento e dell’intimità, culminato con la Via Crucis di venerdì pomeriggio, uno dei momenti più attesi dal “popolo” giovane delle Gmg.

«Guardiamo a Gesù che passa e camminiamo con lui»,

il primo invito del Papa: «Il cammino di Gesù è quello di Dio che esce da se stesso per camminare tra di noi. È quello che sentiamo tante volte a Messa: “il Verbo si è fatto carne e ha camminato in mezzo a noi, è venuto ad abitare in mezzo a noi”. E questo lo ha fatto per amore, lo fa per amore. E la Croce che accompagna ogni Giornata mondiale della gioventù è l’icona, l’immagine di questo cammino. È il senso dell’amore più grande, questo amore con cui Gesù vuole abbracciare la nostra vita, quella di ognuno di noi».

Foto JMJ Lisboa 2023 e DiocesidiCremona.it

«Gesù cammina per me, dobbiamo dirlo tutti!»,

ha esclamato Francesco: «Gesù comincia questo cammino per me, per dare la sua vita per me. E nessuno ha un amore più grande di colui che dà la sua vita per gli altri: non dimentichiamoci questo, e questo ce lo ha insegnato Gesù. Per questo, quando guardiamo il Crocifisso, una cosa così dura e piena di dolore, vediamo la bellezza che Gesù dà alla vita di ciascuno di noi». Poi la citazione di una frase, sotto forma di preghiera:

“Signore, per la tua ineffabile agonia, io posso credere nell’amore”.

«Gesù cammina, ma aspetta qualcosa, ha proseguito il Papa: «Aspetta la nostra compagnia, aspetta che lo guardiamo.

Aspetta dall’anima di ognuno di noi che non siamo anime chiuse, ma che sorridono dentro.

Cammina Gesù, e aspetta, spera con il suo amore, con la sua tenerezza di darci consolazione, di asciugare le nostre lacrime». «Vi faccio una domanda», le parole al popolo giovane della Gmg: «Io piango qualche volta? Ci sono cose nella vita che mi fano piangere? Tutti nella vita abbiamo pianto e ancora piangiamo, e Gesù piange con noi, perché lui ci accompagna nell’oscurità che c’è con il pianto».

«Ognuno di noi dica adesso in silenzio perché piange nella vita»,

l’esortazione di Francesco: «Gesù con la sua tenerezza asciuga le nostre lacrime nascoste. Vuole colmare con la sua vicinanza la nostra solitudine, vuole colmare le mie paure, le tue paure oscure, con la sua consolazione vuole spingerci ad abbracciarci. Amare è rischioso, e lui sa meglio di noi che amare è rischioso. Amare è un rischio, e vale la pena correrlo, e lui ci accompagna sempre, è sempre vicino a noi in ogni tappa della vita Oggi faremo il cammino con lui, della nostra sofferenza, delle nostre ansie, delle nostre solitudini. Ognuno di noi pensi alle proprie sofferenze, alle proprie ansie, alla proprie miserie che fanno paura. Ci pensi e pensi alla voglia che l’anima torni a sorridere.

E Gesù cammina verso la croce, perché la nostra anima possa sorridere».

M. Michela Nicolais (AgenSir)

 




Gmg, il Papa alla cerimonia di accoglienza: «Non siete qui per caso. Siamo chiamati perché amati»

«Non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati per nome, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni». È il saluto del Papa alla folla immensa dei giovani che si è radunata nel tardo pomeriggio di giovedì 3 agosto nel Parque Eduardo VII, per il primo abbraccio con Francesco e l’inizio ufficiale della Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, la quarta nel pontificato di Bergoglio, la prima dopo la pandemia da Covid-19.

Fin dalle prime ore del pomeriggio i giovani arrivati a Lisbona da ogni parte del mondo sono confluiti nel verde Parque Eduardo VII, teatro del primo incontro ufficiale dei giovani della Gmg con il Papa. Tra bandiere e cori, i giovani hanno atteso pazientemente in fila per entrare nell’area solo dopo il controllo sicurezza ai check-in. Papa Francesco ha utilizzato la papamobile per la prima volta in questa visita in Portogallo e ha salutato i pellegrini nei settori a loro riservati in Colina do Encontro, ma anche tutte le persone che sono venute qui lungo l’Avenida da Libertà per vederlo.

Un programma di musica e intrattenimento ha animato l’attesa, grazie ai membri di “Ensemble23”, un gruppo di 50 giovani di 21 nazionalità diverse. L’accompagnamento musicale è stato garantito, invece, dal coro e dall’orchestra della Giornata mondiale della gioventù 2023, composta da 210 cantanti e 100 musicisti provenienti da tutte le diocesi del Portogallo.

 

Siamo chiamati perché amati

«Nessuno è cristiano per caso, tutti siamo stati chiamati col nostro nome», ha detto Francesco: «Al principio della trama della vita, prima dei talenti che abbiamo, delle ombre e delle ferite che portiamo dentro, siamo chiamati», ha spiegato il Papa: «Chiamati perché amati. Agli occhi di Dio siamo figli preziosi, che egli ogni giorno chiama per abbracciare e incoraggiare; per fare di ciascuno di noi un capolavoro unico e originale, la cui bellezza riusciamo solo a intravedere».

«In questa Giornata mondiale della gioventù – ha detto ancora il Pontefice – aiutiamoci a riconoscere questa realtà essenziale», con l’invito di Francesco: «siano questi giorni echi vibranti della chiamata d’amore di Dio, perché siamo preziosi ai suoi occhi, nonostante quello che a volte vedono i nostri occhi, annebbiati dalle negatività e abbagliati da tante distrazioni. Siano giorni in cui il tuo nome, attraverso fratelli e sorelle di tante lingue e nazioni che lo pronunciano con amicizia, risuoni come una notizia unica nella storia, perché unico è il palpito di Dio per te. Siano giorni in cui fissare nel cuore che siamo amati così come siamo. Questo è il punto di partenza della Gmg, ma soprattutto della vita».

 

Quanti lupi si nascondono nelle illusioni del virtuale

«Quanti lupi si nascondono dietro sorrisi di falsa bontà, dicendo di conoscere chi sei ma non volendoti bene, insinuando di credere in te e promettendoti che diventerai qualcuno, per poi lasciarti solo quando non interessi più. Sono le illusioni del virtuale e dobbiamo stare attenti a non lasciarci ingannare, perché tante realtà che ci attirano e promettono felicità si mostrano poi per quello che sono: cose vane, bolle di sapone, cose superflue, cose che non servono e che lasciano il vuoto dentro». Non usa mezze misure, il Papa, con il popolo giovane che si è dato appuntamento a Lisbona.

«Se Dio ti chiama per nome significa che per Lui non sei un numero, ma un volto», spiega Francesco dal Parque Eduardo VVII rivolgendosi idealmente ad ogni singolo giovane: «Vorrei farti notare una cosa: tanti, oggi, sanno il tuo nome, ma non ti chiamano per nome. Il tuo nome infatti è noto, appare sui social, viene elaborato da algoritmi che gli associano gusti e preferenze. Tutto questo però non interpella la tua unicità, ma la tua utilità per le indagini di mercato». «Gesù no: lui ha fiducia in te, per lui tu conti», garantisce il Papa: «E allora noi, sua Chiesa, siamo la comunità dei chiamati: non dei migliori – no, assolutamente no – ma dei chiamati, così come siamo, con i problemi che abbiamo, con i limiti che abbiano, con la nostra gioia che trabocca, con la nostra voglia di essere migliori. Siamo la comunità dei fratelli e delle sorelle di Gesù, figli e figlie dello stesso Padre».

 

Nella Chiesa c’è posto per tutti, anche per chi sbaglia

«Nella Chiesa c’è posto per tutti». È l’appello del Papa ai giovani, che per natura sono «allergici alle falsità e alle parole vuote». «La Chiesa è, e dev’essere sempre di più, quella casa dove risuona l’eco della chiamata per nome che Dio rivolge ad ognuno», spiega Francesco. E ancora: «Il Signore non punta il dito, ma allarga le braccia: ce lo mostra Gesù in croce. Lui non chiude la porta, ma invita a entrare; non tiene a distanza, ma accoglie. In questi giorni inoltriamo il suo messaggio d’amore: “Dio ti ama, Dio ti chiama”».

 

Fare domande è meglio che dare risposte. Dio ci ama così come siamo

«Fare domande è giusto, anzi spesso è meglio che dare risposte, perché chi domanda resta inquieto e l’inquietudine è il miglior rimedio all’abitudine, a quella normalità piatta che anestetizza l’anima». Ne è convinto il Papa, che dal Parque Enrique VII ha accorciato il suo discorso concludendolo con parole a braccio. «Dio ci ama così come siamo, con i difetti che abbiamo, con i limiti che abbiamo e con le voglie che abbiamo nella vita», ha annunciato Francesco: «Dio è padre, è un padre che ci vuole bene. E abbiamo anche una Madre che ci aiuta». «Non abbiate paura, abbiate coraggio, andate avanti, sapendo che siamo coinvolti tutti in questo amore di Dio», ha concluso ancora a braccio, ricordando che «Dio, quando chiama, ci sorprende, è il Dio delle sorprese».

 




Gmg, con il secondo appuntamento di “Rise Up” una riflessione sul tema della “casa comune” insieme all’arcivescovo Maniago

Seconda giornata a Lisbona degli incontri “Rise Up”, una nuova modalità di catechesi previste nelle parrocchie ospitanti i pellegrini della Giornata mondiale della gioventù, che invita i giovani a riflettere sui grandi temi cari al pontificato di Papa Francesco.

 

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Per il nuovo appuntamento mattutino di giovedì 3 agosto alla Escola Pasque das Nacoes i ragazzi della diocesi di Cremona – nel frattempo ulteriormente allargatosi con gli arrivi dei gruppi di Casalmaggiore, Pandino e Calcio – sono stati guidati nella riflessione da monsignor Claudio Maniago, arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace. Insieme ai ragazzi calabresi accolti nella stessa scuola, i giovani cremonesi hanno riflettuto sul tema dell’amicizia sociale, tratta dall’enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Bergoglio, dunque su come vivere da famiglia la “casa comune”, la Terra.

«Soltanto tutti insieme possiamo non solo affrontare i problemi e trovare soluzioni, ma anche un senso nuovo al nostro mondo che ci è stato donato», ha esordito il vescovo Maniago. Una realtà in cui avere una casa forse è qualcosa di scontato, ma il viverci invece necessita di nuovi interrogativi. «Esistono regole da seguire per abitarla in armonia – ha proseguito il presule – ovvero che ognuno faccia la propria parte anche per questa umanità. Serve disponibilità reciproca ad accogliere ed entrare nelle vite di ciascuno, non qualcosa di generico in grado poi di sciogliersi come neve al sole». Per il vescovo calabrese la risposta è nella visita di Maria ad Elisabetta: «È la fraternità, il saper creare un legame fondato sul rispetto del vissuto altrui. Proprio come abbiamo ascoltato nel Vangelo, l’una si prende cura dell’altra; guai se non sappiamo stupirci della ricchezza dei talenti e possibilità del prossimo e lasciargli spazio, non per comodità, ma per condividere l’esperienza umana» ha detto monsignor Maniago.

Il pericolo maggiore, sostiene infine il vescovo, è l’indifferenza alla vicinanza di chi è di fronte a noi, «un male che può essere sconfitto solo con la gioia intima dell’incontro», proprio come il bambino sussultò nel grembo di Elisabetta. Con un invito finale a scommettere sulla «dimensione della gentilezza» nelle relazioni umane, richiamando le pagine dell’Enciclica del Papa.

È seguito poi un momento di domande e risposte tra pellegrini e vescovo. Urgenti e profondi sono stati i tanti quesiti sollevati su come applicare e rimodulare il concetto di fraternità a livello personale e comunitario, evidentemente un tema molto sentito nelle giovani generazioni. A chi ha chiesto come fare a vivere la fraternità, l’arcivescovo ha suggerito «la curiosità e il desiderio di condividere le cose insieme» come punto di partenza della convivenza. E a chi ha domandato su come essere Elisabetta per non tradire le attese di chi viene incontro a visitarti, monsignor Maniago ha risposto di «non dimenticare chi abbiamo di fronte e ricordarsi che non si basta a sé stessi, ma è importante sentirsi bisognosi di qualcos’altro, lasciarsi stupire dal vissuto di chi accogliamo».

 

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Nella Messa, durante l’omelia, il vescovo ha ricordato brevemente i contenuti principali della catechesi e le principali sollecitazioni dei ragazzi durante la riflessione condivisa. «Quando si costruisce un’abitazione si seguono le indicazioni precise di un architetto: per noi è il Signore. Noi siamo i costruttori delle nostre vite secondo le indicazioni che decidiamo di seguire. Perciò fidiamoci di lui per realizzare quel luogo dove dimorare in felicità, quella fraternità nella quale poter esprimere al meglio noi stessi». Da qui l’invito ad alzarci e andare in fretta, rimboccarsi le maniche, «essere i protagonisti di un mondo nuovo».




Gmg, Papa Francesco agli universitari: «Diventate maestri di speranza»

«Ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre». Così il Papa, nella mattinata di giovedì 3 agosto, incontrando i giovani universitari presso l’Università cattolica portoghese di Lisbona, ha spiegato loro la portata universale del termine “pellegrino”.

«Diffidiamo delle formule prefabbricate, che sono labirintiche, delle risposte che sembrano a portata di mano, sfilate dalla manica come carte da gioco truccate», l’invito: «diffidiamo di quelle proposte che sembrano dare tutto senza chiedere nulla».

«Cercare e rischiare»: sono questi, per Francesco, i verbi dei pellegrini.

«Essere insoddisfatti è essere uomini», la citazione di Pessoa: «Non dobbiamo aver paura di sentirci inquieti, di pensare che quanto facciamo non basti. Essere insoddisfatti, in questo senso e nella giusta misura, è un buon antidoto contro la presunzione di autosufficienza e il narcisismo. L’incompletezza caratterizza la nostra condizione di cercatori e pellegrini perché, come dice Gesù, “siamo nel mondo, ma non siamo del mondo”. Siamo chiamati a qualcosa di più, a un decollo senza il quale non c’è volo».

«Non allarmiamoci allora se ci troviamo assetati dentro, inquieti, incompiuti, desiderosi di senso e di futuro, com saudades do futuro!», ha esclamato il Papa: «Non siamo malati, ma vivi! Preoccupiamoci piuttosto quando siamo disposti a sostituire la strada da fare con un qualsiasi punto di ristoro, purché ci dia l’illusione della comodità; quando sostituiamo i volti con gli schermi, il reale con il virtuale; quando, al posto delle domande che lacerano, preferiamo le risposte facili che anestetizzano».

«Cercate e rischiate», il doppio imperativo per i giovani: «In questo frangente storico le sfide sono enormi e i gemiti dolorosi, stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi, ma abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo. Siate protagonisti di una nuova coreografia che metta al centro la persona umana, siate coreografi della danza della vita. Se i semi preservassero sé stessi, sprecherebbero completamente la loro potenza generativa e ci condannerebbero alla fame; se gli inverni preservassero sé stessi, non ci sarebbe la meraviglia della primavera. Abbiate il coraggio di sostituire le paure coi sogni: non amministratori di paure, ma imprenditori di sogni!».

M. Michela Nicolais (AgenSir)




Gmg, dal palco della festa degli italiani il messaggio ai giovani: «Non abbiate paura dei fallimenti, insegnano a crescere»

Energia. A guardare il Passeio Maritimo de Algés trasformato in un campo di colori danzanti, cantanti e festanti di ogni regione d’Italia è palpabile la voglia di ritrovarsi e trascorrere insieme uno dei momenti più attesi dai pellegrini della Gmg. È la Festa degli Italiani, svoltasi nella serata di mercoledì 2 agosto, durante il quale grandi protagonisti della musica, dello sport e della società hanno animato la serata dei giovani italiani, il secondo gruppo più numeroso a questo meeting internazionale per iscrizioni.

Anche i circa 500 cremonesi insieme al vescovo Antonio Napolioni hanno preso parte alla serata, indossando le magliette diocesane molto invidiate dai pellegrini delle altre diocesi della Penisola. Dopo un pomeriggio libero per visitare Lisbona, i gruppi si sono dati appuntamento verso le ore 19, trovando posto di fronte al palco centrale e, dopo essersi sistemati e aver cenato, i giovani si sono lasciati andare ai dj set improvvisati con altri gruppi d’Italia, alle partitelle di calcio, agli abbracci con vecchie amicizie e pacifici cori quali “italiano batti le mani”.

Dopo l’iniziale spezzone musicale, è cominciata la scaletta del programma serale dal titolo “Protagonisti”. E protagonisti sono stati proprio i 65mila Italiani presenti. C’è chi ha realizzato quasi un vero e proprio accampamento per essere in prima fila, per ascoltare i propri beniamini, per saltare, cantare, fare festa e poi ascoltare anche le testimonianze che durante la serata sono state pronunciate da sportivi, attori e tante persone impegnate nel sociale. Come Cristina Chirichella. La pallavolista ha incoraggiato i giovani a non avere paura delle sconfitte: «Servono come le vittorie. Perché permettono di migliorarci».

«Quando trovate la vostra passione, buttatevici a capofitto perché vi regalerà tante emozioni».

 

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Poi, il palco tutto per il professor Enrico Galiano, che ha ricordato ai ragazzi che «voi non siete il futuro, siete il presente». Tra storie di successi e fallimenti, i ragazzi hanno scelto di ascoltare dalle sue parole le seconde. «A 17 anni avevo tre sogni: diventare insegnante, scrittore e trovare una ragazza. Ho sempre rinunciato, ho buttato via la palla al decimo palleggio. Non fate il mio stesso errore! Meglio cadere cercando di volare che stare fermi per paura di cadere».

Tante le canzoni simbolo degli anni ’80, ’90 e del 2000. Veri e propri tormentoni. Come “Notte prima degli esami”, cantata da Fiat 131. La musica ha lasciato spazio a messaggi sociali dedicati ai giovani. Con veri e propri appelli. Come il “no” alla droga. E il tema della partecipazione politica e del voto. «La partita del cambiamento si gioca qui e ora. Si gioca insieme», ha detto don Luigi Ciotti.

«Non temiate di essere fragili! Ci permette di essere più veri e più forti. Chi non riconosce la propria fragilità difficilmente accoglie quella degli altri».

«Nella fede, non dobbiamo temere dei dubbi. Anche i dubbi conducono a Dio. Dio ci dà appuntamento nella fragilità. Vangelo e costituzione sono testimonianza cristiana e responsabilità civile. Non diventino soprammobili. Altrimenti la legalità resta in superficie». E ancora: «Essere credibili significa essere responsabili. Abbiamo bisogno di una politica capace di soddisfare la fame e la sete di giustizia delle persone. Una politica che sia servizio». Al termine del suo intervento, l’attenzione alla comunicazione social, che «non è mai relazione». «E la relazione è la via per conoscere se stessi e gli altri».

Un monito sulla violenza contro le donne. E l’incoraggiamento a non voltare le spalle ai migranti. Ne ha parlato l’operatore umanitario Gennaro Giudetti, impegnato nella difesa dei diritti umani nelle zone di conflitto: «Mi ha spinto a partire il fatto di non essere indifferente. I grandi cambiamenti passano da piccoli passi, cambiando il quotidiano. Sono partito per l’Albania e non mi sono più fermato. L’opposto di indifferenza è empatia – ha ricordato -, avere cura degli altri. Il cambiamento lo costruiamo assieme».

Altra testimonianza, altre parole di incoraggiamento, quelle dell’attrice, ex miss Italia, Giusy Buscemi: «Anche io ho le mie crisi, ma non bisogna smettere mai di sognare e desiderare. Mi chiedo: qual è la mia buona battaglia? La sto combattendo? È un’arte decidere ogni giorno di combatterla. Mentre c’è chi la combatte per guadagnare potere, io voglio combatterla per amare».

Nell’ultima parte della serata, la preghiera con lo scambio dei doni tra i giovani di Italia e Portogallo, alla presenza del presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi, del segretario generale, mons. Giuseppe Baturi, e del vescovo ausiliare di Lisbona, mons. Américo Manuel Alves Aguiar.

«Credo che tutti noi in questi giorni ci stiamo allenando a imparare ad amare Gesù, a essere protagonisti», ha detto il card. Zuppi.

«Il nostro protagonismo non ingrossa la squadra degli individualisti. È una via per non perdere la nostra vita».

Infine, il pensiero all’Ucraina, dove «tante persone cercano una luce».

Una serata intesa per continuano dunque al meglio i giorni di festa della Gmg verso l’incontro con il Papa, arrivato in città proprio mercoledì 2 agosto.

 

SFOGLIA QUI IL DIARIO QUOTIDIANO DELLA GMG

 

Entusiasti e capaci di donarsi, come Maria. La Gmg entra nel vivo con la Messa inaugurale e il primo giorno di catechesi




Entusiasti e capaci di donarsi, come Maria. La Gmg entra nel vivo con la Messa inaugurale e il primo giorno di catechesi

 

Il cielo è nuvoloso, perché l’azzurro è sceso nelle strade di Lisbona. I giovani pellegrini di Cremona, infatti, hanno finalmente indossato la maglietta personalizzata della diocesi mercoledì 2 agosto, giorno in cui Lisbona accoglie Papa Francesco. Un piccolo segno di unità dell’intera comunità pastorale, come ha ricordato don Francesco Fontana al mattino prima di iniziare la prima catechesi di questa Gmg portoghese; un riconoscimento che troverà il suo culmine alla Festa degli Italiani prevista nella serata.

Mentre il vescovo Antonio Napolioni ha guidato la catechesi e ha presieduto la Messa del gruppo dei giovani dell’Umbria, a guidare la preghiera e la riflessione del primo incontro dei pellegrini cremonesi alla Escola Pasque das Nacoes è stato monsignor Attilio Nostro, vescovo della diocesi di Mileto-Tropea-Nicotera. Insieme al gruppo cremonese hanno partecipato anche alcuni giovani delle diocesi calabresi di Locri-Gerace e Crotone, alloggiati anch’essi nello stesso edificio. Dopo aver letto il Vangelo della Visitazione, con toni appassionati e semplici, il vescovo Nostro ha offerto la sua riflessione sul versetto di questa Gmg – “Maria si alzò e andò in fretta” – e sull’ecologia integrale, tema a cui è dedicata la prima giornata negli incontri Rise-Up, come voluto da Papa Francesco, attorno ad alcune parole chiave.

«Alzarsi è il verbo della Risurrezione – ha esordito il vescovo di Mileto-Tropea-Nicotera –. Etimologicamente deriva della stessa radice di “entusiasmarsi” che in greco significa “in Dio”. E sempre nei racconti di vocazione dei Vangeli compare accanto al termine “subito”. L’entusiasmo è contagioso e significa proprio questo: essere in Dio, proprio come accadde a Maria». Il presule ha quindi messo in relazione la figura della Madre di Cristo con Eva, ragionando così sull’esperienza di fede in Dio e di dono nel prossimo.

 

 

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«Eva era bellissima, dotata di ogni qualità e potenzialità possibile. Ma lei prende il frutto dall’albero della conoscenza; ha rotto la relazione di fiducia con Dio con la scelta più facile. Eva si è nascosta, ha preso il Creato e lo ha distrutto con il peccato. Maria, invece, fa una cosa impossibile: parte da un sì generativo per tutti, un sì non di padronanza, ma di apertura verso una creazione nuova. Nonostante Maria dica sì a un disegno che la porterà lontana da se stessa, dalla famiglia, da Giuseppe, lei si alza non appena riceve l’annuncio e va in fretta, perché questa notizia è incontenibile».

Un invito a un cammino condiviso appunto insieme a Dio, «come al gioco del passo del gigante», con l’obiettivo dunque di fare la felicità dell’altro. «Sulla croce c’era un re che fa un regalo della sua vita, e sotto la croce c’era una regina che fa un regalo della sua vita e di quella del Figlio. Fate anche vuoi un atto regale, perché anche voi siete re e regine, servi e serve della gioia dell’altro», ha concluso il vescovo Attilio Nostro.

 

 

È stato un incontro capace di gettare uno «sguardo diverso sul rapporto tra fede e ambiente e la relazione tra Eva e Maria, sono rimasta molto colpita dalle parole del vescovo» ha detto Laura di Sant’Imerio. «Le sue parole sono state in grado di toccare la vita di ciascuno», ha aggiunto Mattia di Caravaggio.

Proprio come i momenti vissuti dai giovani pellegrini alla Messa di apertura della Gmg nella serata di martedì 1 agosto, al Parque Eduardo VII, insieme a migliaia di partecipanti. «È stato bello vedere così tanti giovani da qualunque parte del mondo; ma soprattutto pregare assieme, ognuno nella sua lingua», ha ricordato Laura. Esperienza difficile da descrivere per Mattia: «Essere lì in mezzo al mondo intero, con ogni cultura, tutti per “attingere allo stesso fuoco”».

 

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Francesco: sogno un’Europa che spenga i focolai di guerra e accenda la speranza




Francesco: sogno un’Europa che spenga i focolai di guerra e accenda la speranza

Da Lisbona, “città dell’incontro che abbraccia vari popoli e culture e che diventa in questi giorni ancora più universale” e “capitale del futuro”, Francesco, nel primo discorso, l’unico in italiano, del suo 42.mo viaggio apostolico, focalizza la sua riflessione sull’Europa, in questo “frangente tempestoso” della storia in cui “si avverte la mancanza di rotte coraggiose di pace”. Al Centro Culturale di Belém, parla alle autorità politiche e religiose, al corpo diplomatico e a imprenditori e rappresentanti della società civile che applaudono diverse volte ascoltandolo. Il vecchio continente sembra non offrire “vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insaguinano il mondo”, osserva il Papa, che, dinanzi a un Occidente la cui tecnologia responsabile del progresso e della globalizzazione del mondo “da sola non basta”, come non bastano “le armi più sofisticate”, manifesta le sue preoccupazioni per i continui investimenti sugli armamenti e confida i suoi desideri.

Io sogno un’Europa, cuore d’Occidente, che metta a frutto il suo ingegno per spegnere focolai di guerra e accendere luci di speranza; un’Europa che sappia ritrovare il suo animo giovane, sognando la grandezza dell’insieme e andando oltre i bisogni dell’immediato; un’Europa che includa popoli e persone con la propria loro cultura, senza rincorrere teorie e colonizzazioni ideologiche. E questo ci aiuterà a pensare ai sogni dei padri fondatori dell’Unione europea: questi sognavano alla grande!

Nei giovani la speranza di un futuro migliore 

Per Francesco è “prioritario difendere la vita umana, messa a rischio da derive utilitariste, che la usano e la scartano, la cultura dello scarto della vita”. Il pensiero va ai “tanti bambini non nati e anziani abbandonati a sé stessi, alla fatica di accogliere, proteggere, promuovere e integrare chi viene da lontano e bussa alle porte, alla solitudine di molte famiglie in difficoltà nel mettere al mondo e crescere dei figli”. È un Occidente “con lo scarto dei vecchi, i muri col filo spinato, le stragi in mare e le culle vuote” quello di oggi, rimarca il Papa, in cui, “di fronte al male di vivere”, vengono offerti “rimedi sbrigativi e sbagliati, come il facile accesso alla morte, soluzione di comodo che appare dolce, ma in realtà è più amara delle acque del mare”. “Penso a tante leggi sofisticate sull’eutanasia”, prosegue il Pontefice, e alle sue parole segue un gragoroso battito di mani. Ma c’è da sperare nell’“oceano di giovani” che si sta riversando in questi giorni a Lisbona, che così diviene “la città della speranza”. Quei ragazzi provenienti da tutto il mondo “coltivano i desideri dell’unità, della pace e della fraternità”, sono “giovani che sognano”, continua il Papa, che “ci provocano a realizzare i loro sogni di bene”.

Non sono nelle strade a gridare rabbia, ma a condividere la speranza del Vangelo, la speranza della vita. E se da molte parti oggi si respira un clima di protesta e insoddisfazione, terreno fertile per populismi e complottismi, la Giornata Mondiale della Gioventù è occasione per costruire insieme. Rinverdisce il desiderio di creare novità, di prendere il largo e navigare insieme verso il futuro.

La Gmg 2023 impulso di apertura universale

Con lo sguardo alla città che ospita la Gmg 2023, “la capitale più a ovest dell’Europa continentale”, Francesco sottolinea che in quanto tale Lisbona richiama “la necessità di aprire vie di incontro più vaste, come il Portogallo già fa, soprattutto con Paesi di altri continenti accomunati dalla stessa lingua”. Da qui l’aspettativa che dal XXXVII raduno internazionale dei giovani scaturiscano dei frutti.

Auspico che la Giornata Mondiale della Gioventù sia, per il “vecchio continente” – è vecchio, possiamo dire: l’ “anziano” continente -, un impulso di apertura universale, cioè impulso di apertura che divenga più giovane. Perché di Europa, di vera Europa, il mondo ha bisogno: ha bisogno del suo ruolo di pontiere e di paciere nella sua parte orientale, nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. Così l’Europa potrà apportare, all’interno dello scenario internazionale, la sua specifica originalità, delineatasi nel secolo scorso quando, dal crogiuolo dei conflitti mondiali, fece scoccare la scintilla della riconciliazione.

Lisbona città dell’incontro

Anche all’inizio del suo discorso il Papa evidenzia il “carattere multietnico e multiculturale” della capitale portoghese, che “rivela il tratto cosmopolita del Portogallo”, nato dal “desiderio di aprirsi al mondo e di esplorarlo” per quel suo affacciarsi sul mare, cantato da diversi scrittori e poeti lusitani di diverse epoche, come Luís Vaz de Camões, Amália Rodrigues e Sophia de Mello Breyner Andresen.

Dalla capitale portoghese una spinta alla pace tra i popoli

“Lisbona, città dell’oceano, richiama all’importanza dell’insieme, a pensare i confini come zone di contatto, non come frontiere che separano” dice il Papa, che fa notare come, seppure “oggi le grandi questioni sono globali”, in realtà “davanti a problemi comuni il mondo è diviso, o per lo meno non abbastanza coeso, incapace di affrontare unito ciò che mette in crisi tutti”. E pare che “le ingiustizie planetarie, le guerre, le crisi climatiche e migratorie” prevalgano sulla capacità e volontà “di fronteggiare insieme tali sfide”. Ma proprio la capitale portoghese “può suggerire un cambio di passo”, aggiunge Francesco, ricordando la firma, nel 2007, del Trattato di Lisbona di riforma dell’Unione europea in cui si afferma che “l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli” e relazionandosi con il resto del mondo “contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani”. È questo “lo spirito dell’insieme”, ripete per due volte il Pontefice.

I cantieri di speranza per il bene comune

E attinge, poi, ancora a un autore portoghese il Papa per parlare di futuro. “Navigare è necessario, vivere non è necessario […]; quello che serve è creare”, scriveva Fernando Pessoa, un richiamo alla “creatività per costruire insieme” per Francesco. E davanti al “clima di protesta e insoddisfazione” che si respira oggi da più parti, “terreno fertile per populismi e complottismi”, “occasione per costruire insieme” è la Giornata mondiale della gioventù”, asserisce il Papa, che immagina “tre cantieri di speranza in cui possiamo lavorare tutti uniti: l’ambiente, il futuro, la fraternità”. A proposito di ambiente, l’invito è alla sua salvaguardia.

Gli oceani si surriscaldano e i loro fondali portano a galla la bruttezza con cui abbiamo inquinato la casa comune. Stiamo trasformando le grandi riserve di vita in discariche di plastica. L’oceano ci ricorda che la vita dell’uomo è chiamata ad armonizzarsi con un ambiente più grande di noi, che va custodito; l’ambiente va custodito, con premura, pensando alle giovani generazioni.

Quanto al futuro, si tratta dei giovani, puntualizza il Papa, che descrive i tanti fattori che oggi “li scoraggiano, come la mancanza di lavoro, i ritmi frenetici in cui sono immersi, l’aumento del costo della vita, la fatica a trovare un’abitazione e, ancora più preoccupante, la paura di formare famiglie e mettere al mondo dei figli”.

In Europa e, più in generale, in Occidente, si assiste a una fase discendente della curva demografica: il progresso sembra una questione riguardante gli sviluppi della tecnica e gli agi dei singoli, mentre il futuro chiede di contrastare la denatalità e il tramonto della voglia di vivere. La buona politica può fare molto in questo, può essere generatrice di speranza.

Il compito della politica

La politica non deve detenere il potere, ma “dare alla gente il potere di sperare”, prosegue Francesco, “correggere gli squilibri economici di un mercato che produce ricchezze, ma non le distribuisce, impoverendo di risorse e certezze gli animi”, deve “investire con lungimiranza sull’avvenire, sulle famiglie, investire sui figli” e ancora “promuovere alleanze intergenerazionali, dove non si cancelli con un colpo di spugna il passato, ma si favoriscano i legami tra giovani e anziani”. Il Papa insiste, poi sul dialogo tra giovani e anziani, che occorre riprendere, e sostiene che “a questo richiama il sentimento della saudade portoghese”, che “esprime una nostalgia, un desiderio di bene assente, che rinasce solo a contatto con le proprie radici”. “I giovani devono trovare le proprie radici negli anziani” ribadisce. E allora “è importante l’educazione, che non può solo impartire nozioni tecniche per progredire economicamente, ma è destinata a immettere in una storia, a consegnare una tradizione, a valorizzare il bisogno religioso dell’uomo e a favorire l’amicizia sociale”.

Coltivare il senso di comunità e guardare al prossimo

Infine il cantiere della fraternità. I cristiani lo imparano dal Signore Gesù Cristo, ma Francesco rivolge a tutti l’invito ad impegnarsi per il prossimo.

Nel contesto generale di una globalizzazione che ci avvicina, ma non ci dà la prossimità fraterna, tutti siamo chiamati a coltivare il senso della comunità, a partire dalla ricerca di chi ci abita accanto. Perché, come notò Saramago, “ciò che dà il vero senso all’incontro è la ricerca, e bisogna fare molta strada per raggiungere ciò che è vicino”.

La citazione del romanzo “Todos os nomes” del premio Nobel per la letteratura portoghese è lo spunto, per il Papa, per esaltare la bellezza di riscoprirsi “fratelli e sorelle, lavorare per il bene comune lasciando alle spalle contrasti e diversità di vedute” e indicare l’esempio dei “giovani che, con il loro grido di pace e la loro voglia di vita, ci portano ad abbattere i rigidi steccati di appartenenza eretti in nome di opinioni e credo diversi”. Francesco riferisce di essere a conoscenza di quei tanti giovani che a Lisbona “coltivano il desiderio di farsi prossimi” e cita “l’iniziativa Missão País, che porta migliaia di ragazzi a vivere nello spirito del Vangelo esperienze di solidarietà missionaria nelle zone periferiche, specialmente nei villaggi all’interno del Paese, andando a trovare molti anziani soli”. Poi ringrazia e incoraggia i “tanti che nella società portoghese si occupano degli altri” e così pure “la Chiesa locale, che fa tanto bene, lontana dalla luce dei riflettori” e conclude:

Sentiamoci tutti insieme chiamati, fraternamente, a dare speranza al mondo in cui viviamo e a questo magnifico Paese.

Tiziana Campisi (Vatican News)




Gmg, il card. Clemente ai giovani pellegrini di tutto il mondo: “Lisbona vi accoglie con tutto il cuore”

Foto: DiocesidiCremona.it e JMJ Lisboa 2023

 

Lisbona si prepara a diventare per i prossimi giorni la “capitale” mondiale dei giovani. Una marea umana ha riempito la Colina do Encontro, “invadendo” tutto il Parque Eduardo VII e la piazza Marques de Pombal. Si sono dati appuntamento qui nel tardo pomeriggio di martedì 1° agosto per la Messa presieduta dal cardinale patriarca di Lisbona, Manuel Clemente, che ha ufficialmente aperto la Giornata mondiale della gioventù a Lisbona.

Sono ad oggi 354mila i pellegrini registrati e più di 25mila volontari di 140 Paesi del mondo. Il Paese più rappresentato è la Spagna con 77.224 pellegrini, seguito dall’Italia con 65 mila giovani, il Portogallo con 43.742 e la Francia con 42.482. Hanno voluto essere presenti anche 688 vescovi di tutto il mondo, di cui 30 cardinali. Dall’Italia sono arrivati ​​109 presuli, e tra questi il vescovo Antonio Napolioni che si è unito al gruppo diocesano già a Lisbona: oltre un centinaio di giovani giunti in pullman con la proposta della Federazione Oratori Cremonesi dopo aver fatto tappa a Lourdes e Avila e altri 225 si sono aggiunti nelle ultime con i viaggi promosso dalle diverse parrocchie. Numeri che cresceranno ulteriormente nei giorni clou della Gmg, quando un’altra 40ina di giovani cremonesi giungerà a Lisbona per la la veglia e la Messa con il Papa, senza contare il gruppo di circa 80 giovani cremonesi che ha aderito alla proposta del Cammino neocatecumenale.

Il primo appuntamento ufficiale è stato dunque nel parco Edoardo VII, a nord del centro storico, dove il 3 agosto avrà luogo l’accoglienza di Papa Francesco e il giorno successivo la Via Crucis. Ecco perché per questo luogo, che si presenta come una spianata in salita che parte di fatto dalla grande piazza Marques de Pombal, proseguendo il lungo rettilineo di avenida da Libertade, è stato scelto il nome “Collina dell’incontro”. È qui che i ragazzi di tutto il mondo s’incontreranno per la prima volta nella città che, come Roma, sorge su sette colli. Qui il 14 maggio 1982 Giovanni Paolo II incontrò proprio i giovani, tenendo un’omelia in cui li invitava a farsi carico del mondo.

«Per molti è stato un viaggio difficile a causa della distanza, dei collegamenti e dei costi. Avete dovuto trovare le risorse, organizzando diverse attività e contando su gesti di solidarietà che, grazie a Dio, non sono mancati. Partendo da lontano o da vicino, vi siete messi in cammino. È molto importante mettersi in cammino. Ed è così che dobbiamo affrontare la vita stessa: come un cammino da percorrere, facendo di ogni giorno una nuova tappa». Lo ha detto il card. Manuel Clemente, patriarca di Lisbona, nell’omelia della Messa di apertura della Giornata mondiale della gioventù nel Parco Eduardo VII a Lisbona nella serata di martedì 1 agosto. «La virtualità ci tiene seduti davanti a mezzi di comunicazione che facilmente ci usano quando pensiamo di usarli. La realtà concreta, invece, ci spinge a metterci in cammino per incontrare gli altri e il mondo così come esso è, sia per contemplarlo che per migliorarlo”, ha osservato il cardinale. “Nello stesso slancio che ha sostenuto Maria, nello stesso Spirito che sostiene anche noi. Mettiamoci in cammino!», l’invito del card. Clemente, che ha proseguito: «Maria portava con sé lo stesso Gesù che aveva concepito. E Gesù è “Dio con noi”, per essere Dio con tutti. Da qui la fretta di portarlo a Elisabetta, anche scalando le montagne. Voi conoscete questa “fretta”, perché anche altri si sono affrettati a venirvi incontro per portarvi Gesù e tutto ciò che Lui vi offre in termini di grandi orizzonti e abbondanza di vita».

Per il cardinale, «non è neanche sempre necessario capire le parole, come sta accadendo ora, tra così tante lingue qui riunite» quando «sono gli occhi a parlare e vi sentite sicuri e fiduciosi, nell’atmosfera cristiana che insieme create e nei semplici gesti con cui comunicate». «C’è davvero “fretta nell’aria” che circola in mezzo a voi e nei luoghi che visiterete in questi giorni. Un’aria in cui si muove lo stesso Spirito divino, con la prontezza che solo Dio ha e comunica».

«Quando dissi a Papa Francesco che era proprio questo il motto della nostra Giornata – Maria andò in fretta… –, lui ha subito aggiunto che va bene andare in fretta, ma senza ansia. Di fatto, proviamo ansia per ciò che ancora non abbiamo e desideriamo ardentemente. La fretta è diversa, è un condividere ciò che già ci spinge all’azione. Si tratta perciò di un’urgenza serena che non conosce esitazioni. Siete arrivati qui e, durante la vostra permanenza, date agli altri ciò che a vostra volta avete ricevuto». Ha detto ancora il card. Clemente nell’omelia della Messa di apertura della Gmg di Lisbona.

«Il Vangelo ci racconta la gioia di quell’incontro tra Maria ed Elisabetta e il riconoscimento da parte di entrambe di ciò che era avvenuto», ha precisato il cardinale: «È molto importante che anche per voi sia così, nei confronti di tutti. Ogni nostro incontro, infatti, deve aprirsi con un autentico saluto, in cui ci scambiamo parole di sincera accoglienza e di piena condivisione».

«Lisbona vi accoglie con tutto il cuore, al pari delle altre terre che avete già visitato o che visiterete in questo Portogallo che è anche il vostro Portogallo. Vi accolgono le famiglie e le istituzioni – ha aggiunto il card. Clemente – che hanno messo a disposizione i loro spazi e i loro servizi. A tutti loro esprimo la mia gratitudine, riconoscendo in ognuno di essi la casa di Elisabetta, che ha accolto Maria e Gesù che lei le portava! C’è tanto bisogno di questo anche nel mondo in cui viviamo, quando non ci rendiamo conto degli altri, né prestiamo la dovuta attenzione alle persone che incontriamo». «Il mondo nuovo inizia con la novità di ogni incontro e la sincerità del saluto che ci scambiamo», ha concluso il patriarca di Lisbona.

 

Il testo integrale dell’omelia del card. Clemente

 

 

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Lunedì sera l’arrivo a Lisbona dopo la tappa ad Avila e altre partenze da Cremona … è finalmente tempo di Gmg




Primo giorno di Gmg. Il gruppo dei cremonesi da oggi a Lisbona: l’incontro con le famiglie e l’attesa di Papa Francesco

 

Si dice spesso come la giovinezza sia uno stato d’animo. Qualcosa di interiore esprimibile con parole, gesti, sguardi. A volte questa condizione dello spirito è difficile da trovare nelle azioni o nei pensieri delle persone – o a volte si decide volutamente di ignorarla. Eppure, ci sono eventi, come una Giornata Mondiale della Gioventù, nel quale questo sentimento diventa una testimonianza viva di una pacifica ribellione, di una reale presa di consapevolezza in grado di toccare anche chi è lontano dalla fede. «Siamo qui/sotto la stessa luce/sotto la sua croce/cantando ad una voce». Ed è proprio quella voce di un popolo a riempire l’aria fresca di Lisbona, “città della gioia” per qualche giorno, dove una nuova giovinezza soffia con il vento dell’Atlantico per soffiare sull’Europa, sul mondo.

In questa atmosfera di energia e leggerezza, sono arrivati i primi gruppi della Diocesi di Cremona. Nella notte del 31 luglio si sono infatti ricongiunti i pellegrini partiti in pullman da Avila e quelli arrivati in aereo dall’Italia. Punto di ritrovo dei cremonesi è la Igreja de Nossa Senhora dos Navegantes, non distante dal Parque Tejo, il luogo dove tra sabato e domenica i giovani di tutto il mondo confluiranno per partecipare alla veglia e alla Messa conclusiva di questa GMG con Papa Francesco. «Siamo partiti ieri in aereo da Malpensa con un diretto verso Lisbona – racconta Valentina, la “capogruppo” di Mozzanica – una volta sbarcati siamo arrivati alla parrocchia a piedi per ricevere l’accredito del pellegrino insieme al kit internazionale, ma soprattutto per fare la conoscenza dei volontari e delle famiglie venuti ad riceverci».

 

 

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Premura e intimità sono le principali sensazioni che i pellegrini hanno ricevuto dagli ospiti portoghesi. «Mi hanno colpita con la loro super accoglienza, anzi la signora si è offerta come “una seconda mamma”. Addirittura, si è unita alla mia videochiamata con mia madre» ha aggiunto Valentina. Potrebbero sembrare dettagli, ma in realtà come sostiene Elia di Sant’Ambrogio, «non è affatto scontato che gli “alloggianti” offrano quasi completamente i loro spazi domestici per una settimana a dei ragazzi stranieri».

Per ringraziare le famiglie portoghesi dell’ospitalità, chi è stato accolto in casa ha infatti portato in dono regali dall’Italia; in particolare formaggi, salumi e specialità della città del Torrazzo come torroni e mostarde. Esperienza leggermente diversa per Leone, seminarista della parrocchia di Sant’Ilario, con il posto letto all’interno della scuola. «Con la stanchezza delle lunghe ore di viaggio si riesce a dormire ovunque – sorride –. Certo ci vuole un po’ di spirito di adattamento, ma i volontari sono stati più che disponibili a venire incontro alle nostre esigenze».

 

 

Al risveglio i giovani si sono ritrovati in un parco vicino al fiume Tejo per le lodi mattutine e per ricevere le prime informazioni organizzative su spostamenti e pasti. Poi, giornata libera a discrezione dei partecipanti. Grazie al Festival della Gioventù, non sono mancate numerose proposte di spiritualità, eventi culturali e sportivi in vari luoghi della città; altri invece hanno colto l’occasione per visitare le principali mete turistiche della città, come l’iconica Torre di Belem, il meraviglioso monastero dei Gerolamini, o girare nei variopinti e brulicanti barrios della capitale lusitana.

A chiudere la giornata del debutto e dare il “via” ufficiale all’incontro internazionale dei giovani è la Messa di apertura presieduta dall’arcivescovo Manuel Clemente, cardinale-patriarca di Lisbona, sulla Collina do Encontro, al Paque Eduardo VII. Nelle prossime mattinate, infatti, si entrerà nel vivo della rassegna, tra le catechesi nelle parrocchie, la Festa degli Italiani e l’attesissimo arrivo del Papa in una città che mai come oggi è immagine del mondo.

 

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GMG Lisbona 2023 – La preghiera ufficiale in italiano

Nostra Signora della Visitazione,
che sei partita in fretta verso il monte per incontrare Elisabetta,
aiutaci a partire come Te all’incontro dei molti che ci aspettano
per portare loro il Vangelo vivo:
Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore!

Andremo in fretta,
senza esitazioni o indugi,
ma con prontezza e gioia.
Andremo serenamente,
perché chi porta Cristo porta con sé la pace
e perché fare il bene è il miglior benessere.

Nostra Signora della Visitazione,
con la tua ispirazione questa Giornata Mondiale della Gioventù
sarà la celebrazione di Cristo che portiamo con noi,
come anche Tu l’hai portato.

Fa’ che sia un’occasione
di testimonianza e condivisione,
fraternità e ringraziamento,
e che ognuno di noi vada incontro
a chi ancora vive nell’attesa.

Con Te continueremo questo cammino di incontro,
affinché anche il nostro mondo possa ritrovarsi
nella fraternità, nella giustizia e nella pace.

Aiutaci, Nostra Signora della Visitazione,
a portare Cristo a tutti,
obbedendo al Padre,
nell’amore dello Spirito!

 

Lunedì sera l’arrivo a Lisbona dopo la tappa ad Avila e altre partenze da Cremona … è finalmente tempo di Gmg