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Inaugurata in Battistero la mostra su santa Teresa di Lisieux

«Custode del paradosso dell’amore divino che si fa umano», come ha dichiarato il vescovo Antonio Napolioni, e donna «capace di cogliere il valore delle nuove tecnologie per tradurle in linguaggio spirituale», come ha aggiunto il provinciale dei Carmelitani, padre Fausto Lincio, Teresa di Lisieux è al centro dell’esposizione inaugurata nel pomeriggio di lunedì 20 marzo presso il Battistero di Cremona, presenti le autorità religiose e quelle civili. Si tratta del primo di tre eventi dal titolo “Teresa di Lisieux. La saggezza dell’amore” organizzati in occasione del 150° anniversario della nascita (1873-2023) con il patrocinio della Diocesi di Cremona, della Commissione nazionale italiana per l’Unesco e della Pontificia facoltà teologica Teresianum di Roma.

Una mostra itinerante, essenziale, «che dopo l’esposizione a Parigi – come ha spiegato per l’occasione mons. Francesco Follo, fino al 2022 osservatore permanente della Santa sede presso l’Unesco – poi a Roma, ora è qui a Cremona dove nel 1606 sorgeva, primo in Lombardia, un monastero carmelitano, sito nell’attuale parrocchia di Sant’Imerio», collegato a una ampia serie di altri analoghi: in Francia ad Alençon, Lisieux, Parigi. E dove ancora è attivo un movimento laicale di carmelitani.

Ben 29 pannelli  (allestiti sotto l’occhio vigile di Davide Tolasi, docente della Laba di Brescia) che si snodano in un percorso sulle orme di Teresa, morta a soli 24 anni ma fulgido esempio di fede profonda tanto da essere proclamata dottore della Chiesa da San Giovanni Paolo II e da «essere stata proposta dal Governo francese come uno dei cittadini da onorare nel mondo – ha continuato durante l’inaugurazione Follo – nel 2023 per essere stata un’intellettuale, una scrittrice ed una educatrice. Proposta che i 193 Paesi dell’Unesco hanno approvato». Perché Teresa ha molto da dire agli uomini di oggi, come ha spiegato in maniera brillante Padre Lincio, provinciale dei Carmelitani di Lombardia,  durante l’inaugurazione.

Ascolta l’intervento di mons. Franco Follo

Ascolta l’intervento del vescovo Antonio Napolioni

«Era una donna – ha chiarito Lincio – capace di uscire dalla limitatezza del monastero, una donna che ha avuto il coraggio della tecnologia, che ha introdotto (grazie alla sorella Celina) la macchina fotografica nel monastero, che si è fatta fotografare e ha scattato foto della vita delle monache». Una grande intuizione di come si possa parlare la lingua della fede usando le novità della tecnologia. E non è il solo aspetto che dice la modernità di questa ragazza. «Ci ha lasciato – ha spiegato Padre Lincio – un vocabolario: le parole che dicono cosa sia l’uomo».

Questa santa infatti ha vissuto e testimoniato la forza della fede anche nei momenti di smarrimento interiore, condizione di tanti giovani di oggi, ma ha saputo uscirne con la forza spirituale per chiudere la sua vita «condividendo la mensa dei peccatori», cioè passando per la prova del dubbio.

E nei pannelli esposti, così da rendere fruibile sia la bellezza del battistero, sia la grandezza di Teresa attraverso le sue parole e le sue foto, si legge un percorso profondo che fa di questa ragazza una persona interessante, capace di unire la dimensione religiosa con quella civile.

Ascolta l’intervento di padre Fausto Lincio

Ascolta l’intervento dell’assessora Luca Burgazzi

La mostra, inaugurata alla presenza anche dell’assessore alla Cultura del Comune di Cremona, Luca Burgazzi, sarà visitabile nel Battistero di Cremona sino al 30 marzo negli orari di apertura del Battistero (dal martedì alla domenica dalle 10 alle 13 e dalle 14.30 alle 18; chiuso il lunedì).

Prossimo appuntamento di  “Teresa di Lisieux La saggezza dell’amore”, giovedì 23 presso la sede cremonese dell’Università Cattolica con l’intervento di Madre Cristiana Dobner, carmelitana scalza e Arnoldo Mosca Mondadori.

 

Teresa di Lisieux: a Cremona una serie di eventi per il 150° della nascita della santa




San Giuseppe ci insegna una paternità capace di accogliere

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Tra i muri della chiesa dei frati cappuccini di Cremona, dedicata proprio al padre putativo di Gesù, sì è celebrata, nel tardo pomeriggio di lunedì 20 marzo, la Messa per la festività di san Giuseppe, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e concelebrata da alcuni membri della comunità francescana.

«Le letture che abbiamo ascoltato parlano ripetutamente di “padre”, ma Gesù non è suo figlio secondo la carne – ha spiegato il vescovo nell’omelia –. Dunque Giuseppe è uno sposo e un padre speciale, tanto da rischiare, nella Chiesa, nella nostra tradizione, di allontanarlo troppo da noi. Ma oggi rischia di essere usato per altri scopi». Un riferimento al dibattito contemporaneo, sociale e mediatico, che riguarda le “nuove forme” di paternità, che riguarda coloro che «affermano il diritto, non solo il desiderio, alla paternità e alla maternità».

«Tutti sono figli di Dio – ha sottolineato mons. Napolioni –: anche le persone che non riusciamo a capire secondo l’educazione che abbiamo ricevuto, sono affidate alla Chiesa come figli e come fratelli e sorelle. Dunque anche la Chiesa di Cremona intende accogliere, dialogare, capire, andare incontro alle storie di vita, alle sensibilità, ai cuori, alle anime di tutti». E ha proseguito: «Ma altrettanta accoglienza, a maggior ragione, va data a ogni bambino che nasce, comunque nasca, da qualunque parte venga».«I cristiani, in ogni modo, accolgono, vanno incontro e si prendono cura».

Quella cura che è stata il grande valore della vita di Giuseppe, che d’innanzi al diritto di ripudiare Maria, d’innanzi al diritto di volere un figlio veramente suo, ha deciso di rifiutare queste possibilità, scegliendo in favore della cura di sua moglie e del Bambino. «E questo non accade solo a san Giuseppe – ha detto il vescovo –: quanti uomini e quante donne, per amore, scelgono di rinunciare a ciò a cui avrebbero diritto per un bene più grande, e scelgono un’altra logica, non quella della pretesa, ma la logica del dono». «Altrimenti dovremmo sceglierci i figli che vogliamo».

Dunque l’invito del vescovo a pregare e a impegnarsi, non nel litigio, non nei dibattiti, non fermandosi a contrapporre “famiglia tradizionale” e “famiglia arcobaleno”: «Sono entrambi aggettivi infelici. Pensiamo piuttosto a cosa significa “famiglia”, a cosa significa “amore”, a cosa significa “fecondità”, “paternità” e “maternità”, a cosa significa “vita”. Dobbiamo approfondire queste grandi realtà che ci uniscono, che favoriscono il dialogo e l’accoglienza, ma se non esasperiamo questa logica dei diritti e scopriamo anche i nostri doveri».

L’omelia si è conclusa con un messaggio a tutti i sacerdoti e a tutti i cristiani: «Se facciamo fatica ad entrare in dialogo con queste sfide, allora anche noi abbiamo da imparare da Giuseppe. C’è una paternità spirituale, un amore alla comunità, una carità pastorale che Gesù insegna, prima ancora di nascere, a chi lo accoglierà, a Maria e Giuseppe, e che chiede alla Chiesa di incarnare in ogni tempo». «Come Giuseppe ha custodito il Bambino Gesù, chiediamogli di insegnare anche a noi a custodirci gli uni gli altri, a custodire chi fa fatica, chi protesta, chi si arrabbia, chi sbatte la porta, perché senta che il cuore di Dio è sempre davvero spalancato a ogni suo figlio».

Ascolta l’omelia del vescovo Napolioni

La liturgia, animata dal coro di “Gioventù francescana”, si è conclusa con la recita della preghiera di Papa Francesco per l’intercessione di san Giuseppe.




La bellezza dell’arte che rivela il sacro: presentati i restauri della Cupola di Caravaggio

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La più imponente e sontuosa fra le basiliche bergamasche può tornare ad essere ammirata in tutto il suo splendore. Questo grazie ai restauri dei preziosi affreschi ottocenteschi dei pittori caravaggini Giovanni Moriggia e Luigi Cavenaghi, presentati nella serata di venerdì 24 marzo dal responsabile diocesano per i beni culturali, don Gianluca Gaiardi, nel corso della veglia dell’Annunciazione presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e accompagnata dai canti della corale Don Domenico Vecchi diretta da Roberto Grazioli e accompagnata all’organo da Marco Bianchi.

«I restauri – ha spiegato don Gianluca aprendo la serata con il primo dei suoi tre interventi, intervallati da canti e preghiere e dalla meditazione del vescovo – ci hanno permesso di riscoprire l’arte e la sua capacità di spiegare il sacro. Fino al 1846 questa basilica era spoglia ed essenziale. Mancava dell’apparato decorativo, ma a un certo punto emerse il bisogno di spiegare chi era apparso a chi non aveva visto. Allora ci si rivolse ad artisti importanti, caravaggini ma noti a livello nazionale ed internazionale, come il Moriggia e il Cavenaghi». Pittori (il secondo ancor più che grande decoratore fu un grande restauratore) che con la loro arte hanno regalato bellezza a Santa Maria del Fonte.

 

Ascolta gli interventi di don Gaiardi

 

Una bellezza, quella di questo santuario che, come ha detto il vescovo Napolioni all’inizio della sua omelia, «serve la bellezza della vita». «Veniamo al santuario – ha spiegato in un passaggio – per poter diventare noi stessi quel santuario che sa di paradiso, affinché il nostro cuore sia guarito da ciò che lo indurisce. Da Caravaggio si riparte sempre migliori, sempre più forti, più umili, più fiduciosi, più uniti. Nostro compito è allora quello di costruire tanti santuari: nelle case, nella storia, fra le nazioni».

 

Ascolta l’omelia del vescovo Napolioni

 

Al termine, prima della benedizione finale, il saluto del rettore di Santa Maria del Fonte, monsignor Amedeo Ferrari, che ha ricordato fra gli altri tutti coloro che hanno lavorato ai restauri: lo studio degli architetti Castelli-Mariani, la ditta Valente con i suoi pontisti, la ditta Frigé, la ditta Fontanini, i dipendenti ed i volontari del Santuario e i benefattori, enti e anche privati cittadini. «Grazie anche – ha concluso – ai tanti amici del Santuario. Che Maria suggerisca alla nostra Chiesa la strada per la valorizzazione di questo grande patrimonio di fede e di devozione».

 

Ascolta il saluto del rettore mons. Ferrari

 

Prima di impartire la benedizione finale, il vescovo Napolioni ha ricordato come Santa Maria del Fonte sia stato scelto dalla Conferenza Episcopale Lombarda come santuario regionale della Lombardia. Il 26 maggio prossimo l’anniversario dell’Apparizione della Vergine a Giannetta sarà quindi celebrato in forma ancor più solenne. Per l’occasione arriveranno a Santa Maria del Fonte i vescovi lombardi per concelebrare la Messa presieduta dall’arcivescovo metropolita di Milano Mario Delpini.

 

 

Santuario di Caravaggio, la cupola della basilica ritrova il suo splendore

 




Il vescovo a Rivolta d’Adda: «Ricominciamo a guardarci negli occhi»

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«La sua presenza ha risvegliato e resi evidenti molti doni che Rivolta ha e al tempo stesso ha ricordato gli impegni chiari che noi dobbiamo assumere». Così il parroco di Rivolta d’Adda, monsignor Dennis Feudatari, nel saluto al vescovo Antonio Napolioni al termine della Messa solenne di domenica 19 marzo, celebrata alle 10 nella basilica di Santa Maria e San Sigismondo nel terzo e ultimo giorno della visita pastorale.

Visita che era cominciata nella mattinata di venerdì 17 marzo con la celebrazione di una Messa nella chiesa della Casa Santa Maria, dell’Istituto delle Suore Adoratrici, dove risiedono le religiose più anziane, e che si è conclusa domenica con un aperitivo in oratorio assieme alla comunità. Rivolta dà ora appuntamento al suo vescovo a luglio, per la ricorrenza del patrono sant’Alberto Quadrelli nell’850° della sua salita al cielo.

Come succede in ogni visita pastorale, il vescovo ha incontrato tutte le realtà del paese, parrocchiali e non, a cominciare, venerdì mattina, dalle scuole. Prima le elementari, presso la palestra di via Beccaria, e poi la materna paritaria della Fondazione Asilo Infantile dove ha fatto la conoscenza dei “Pacifici”, i pupazzetti portatori di messaggi di pace (arrivati anche in Vaticano) realizzati dai piccoli alunni del plesso di via porta Rocca con materiale riciclato. Ai bambini il vescovo ha rivolto un augurio: «Che le vostre carezze possano essere una benedizione per tutti quelli che incontrerete». Nel pomeriggio il vescovo ha presieduto la via crucis presso la casa famiglia Spinelli con i ragazzi del centro diurno per disabili di Camminiamo Insieme e con le suore Adoratrici, portando fra i reparti il segno della Passione di Cristo. Al termine il vescovo ha visitato la sede di Camminiamo Insieme per poi raggiungere l’oratorio Sant’Alberto per l’appuntamento con gli adolescenti, molto partecipato. Un’attività organizzata per rompere un po’ il ghiaccio e di seguito spazio a domande reciproche. Un gruppo di questi ragazzi, in serata, ha partecipato alla meditazione sulla Parola di Dio.

Mattinata istituzionale quella di sabato: prima la visita all’ospedale Santa Marta, in particolare al Dipartimento di riabilitazione dalle dipendenze, dove un paio di pazienti hanno raccontato la loro esperienza personale; poi l’incontro con l’Amministrazione municipale e con il personale del Comune nella sala consiliare del municipio. Nel mezzo, l’inaugurazione della targa, affissa fuori dalla sede della Pro Loco, in via Cereda, in ricordo della vittime del Covid. «Non dobbiamo aver paura – ha detto il vescovo nel corso della breve cerimonia – perché neppure la pandemia ci ha sconfitto. Ci ha messo a dura prova, ma come ha detto il sindaco ci ha permesso di tirare fuori il meglio delle nostre comunità. Questo è l’atteggiamento umano, cristiano e, dopo sette anni lo posso dire anch’io, lombardo». Nel pomeriggio di sabato l’incontro con il mondo dell’associazionismo locale.

Domenica la Messa solenne in basilica. «Ricominciare a guardarci negli occhi, nel segno di una Chiesa che sia come una strada in cui ci si ferma, ci si saluta e ci si compassiona e ci si appassiona gli uni alle vite degli altri»: è questa la principale raccomandazione fatta dal vescovo all’assemblea prendendo spunto dal vangelo del cieco nato.

L’omelia del vescovo Napolioni

Nel corso della Messa anche l’imposizione delle mani da parte del vescovo ai tre ragazzini rivoltani che durante la veglia di Pasqua riceveranno il sacramento del battesimo.

Quella si Rivolta è stata l’ultima tappa della visita pastorale per l’anno pastorale 2022/23.




Il vescovo ai futuri sposi: «La Chiesa al vostro servizio, perché non siate soli»

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«Grazie per averci ricordato la bellezza di essere fidanzati e la bellezza anche del fare la scelta di sposarsi in chiesa». Così Roberto Dainesi, insieme alla moglie Maria Grazia Antonioli, responsabili dell’Ufficio diocesano per la Pastorale familiare, ha aperto l’incontro dei futuri o novelli sposi con il Vescovo Napolioni. L’evento, che si è tenuto nel pomeriggio di domenica 19 marzo presso il Seminario vescovile a Cremona, intitolato “Come sigillo sul mio cuore “, ha visto intervenire quanti hanno preso parte quest’anno agli itinerari in preparazione al matrimonio, insieme ai sacerdoti e alle coppie che li hanno accompagnati in questo percorso.

L’incontro, introdotto delle canzoni “Per due che come noi” di Brunori Sas e “Sempre e per sempre” di Francesco De Gregori, come linguaggio della musica per esprimere l’amore, è stato caratterizzato anche dall’arte pittorica quale espressione di amore, attraverso il quadro “Compleanno” di Marc Chagall. Le coppie hanno posto su un pannello i frammenti che hanno composto l’opera simbolo dell’amore del pittore per la moglie attraverso un bacio in aria.

 

«È molto bella l’attenzione con cui l’artista fissa i particolari sulla tela, un po’ come riconoscere quello che lei fa per lui, commuoversi di fronte a quello che lei gli dona, ed è un po’ quello che noi come sposi siamo chiamati, il vedere la bellezza dell’altro», ha spiegato Maria Grazia Antonioli, prima di lasciare il microfono a Stefano Priori, che ha portato la testimonianza del suo rapporto matrimoniale attraverso un monologo nel quale ha raccontato aneddoti di vita quotidiana in modo ironico, sottolineando la ricchezza di essere diversi.

 

 

Ascolta il monologo proposto da Stefano Priori

 

Le coppie sono state poi suddivise in gruppi, all’interno dei quali si sono confrontate su tematiche riguardanti il “tutta la vita”, la fedeltà, il “sì”, il “dialogo”, i “figli” e il “sacramento”, partendo dalla lettura di brani dell’enciclica Amoris Laetitia. Riflessioni che sono diventate spunti di riflessione nel successivo dialogo con il vescovo Napolioni.

«Sono felicissimo di scoprire le domande che avete dentro e insieme seguirle come piste per il cammino, farò qualche passo insieme a voi sperando che questo non accada solo oggi, qui, ma che accada in tante altre occasioni», ha affermato mons. Napolioni prima di confrontarsi con le coppie.

«Perché scegliete di vivervi insieme, perché credete nella famiglia, se non perché tutto diventa possibile a chi crede, a chi ama, tutto è possibile a Dio e ai suoi piccoli figli che si fidano di lui. Tutto sarà possibile anche a voi. Da vescovo ve lo prometto e vi metto a servizio la mia Chiesa, perché non vi lasci soli» ha sottolineato il vescovo.

Presente anche don Enrico Trevisi, coordinatore dell’area pastorale Famiglia di famiglie, eletto vescovo di Trieste e che il 25 marzo sarà ordinato vescovo in Cattedrale, che ha affiancato monsignor Napolioni nel dialogo stimolato dalle domande poste dai futuri sposi.

Ascolta il dialogo tra il vescovo Napolioni e i fidanzati

L’incontro, che è stato molto partecipato, si è concluso con un momento di preghiera e il saluto del Vescovo Napolioni e don Enrico Trevisi che hanno distribuito d ogni coppia una calamita, come ricordo dell’incontro e augurio per l’inizio del cammino matrimoniale.

 

«Nei percorsi in preparazione al matrimonio tanti strumenti per vivere la nostra relazione»




«Nei percorsi in preparazione al matrimonio tanti strumenti per vivere la nostra relazione»

“Come sigillo sul tuo cuore”. È questo il titolo scelto per l’incontro, che si terrà nel pomeriggio di domenica 19 marzo presso il seminario vescovile di Cremona rivolto alle coppie di fidanzati in cammino verso il matrimonio. L’appuntamento di preghiera e condivisione vedrà la presenza del vescovo, mons. Antonio Napolioni, pronto a mettersi in dialogo con tutti i presenti.

E se il dialogo è fatto di parole, la complicità dei fidanzati si coglie dagli sguardi. Come quelli di Mattia Bazzoni e Giulia Caviglia, che, ospiti della nuova puntata di “Chiesa di casa”, il talk di approfondimento pastorale settimanale, hanno raccontato il loro modo di stare insieme semplicemente fissando gli occhi l’uno sull’altra.

«Anche se siamo già sposati da alcuni mesi – ha scherzato Mattia Bazzoni – ci ricordiamo bene del percorso di preparazione al matrimonio. Per noi è stato molto prezioso: ci ha aiutati a nutrire l’attesa di una vita insieme». Il focus del cammino, infatti, non è stato solo spirituale. «Ci sono stati dati molti strumenti per vivere la nostra relazione, in particolare per imparare a confrontarci», ha ricordato Giulia Caviglia.

E proprio perché quello in vista del matrimonio è un cammino, la consapevolezza di chi lo affronta è quella di vivere un percorso rivolto verso il futuro. «La paura di sbagliare c’è sempre, soprattutto per una scelta grande come il matrimonio – secondo la giovane – ma si ha anche la consapevolezza di avere sempre accanto una spalla, un compagno pronto a sostenerci ed aiutarci».

A spaventare poi, molte volte, è il senso di definitività che il sacramento porta con sé. «Il “per sempre” però – ha spiegato Bazzoni – è l’unica forma di impegno che conta davvero, perché è il riflesso dell’amore di Dio. E questo ci conforta: ci sentiamo accompagnati dal Signore, che veglia su di noi. In fondo, stiamo solo percorrendo la strada che Qualcun altro ha già preparato per noi».

Una strada lunga una vita che, per Giulia Caviglia, addirittura «supera le aspettative che avevamo prima di sposarci. Riusciamo sempre a percepire un fondo di gioia in ogni nostra giornata, dato dal sentire che abbiamo raggiunto ciò che desideravamo perché stiamo affrontando il domani insieme. Per questo alle coppie di fidanzati direi di lanciarsi verso il futuro senza paura, perché ciò che li aspetta è bellissimo».

Alle sue parole hanno fatto eco quelle del marito. «Per noi il matrimonio è stato il punto di partenza per una nuova vita. A chi si sta preparando auguro di saper sfruttare ogni occasione, come l’incontro di domenica 19 marzo con il vescovo, per fermarsi a riflettere su ciò che si sta vivendo».




Visita Pastorale, la comunità di Rivolta d’Adda pronta per accogliere il vescovo Napolioni

Inizia nella mattinata di venerdì 17 marzo, con l’incontro con alunni e docenti della scuola elementare alle 10.30 e della scuola materna alle 11.30, la visita pastorale del vescovo di Cremona Antonio Napolioni alla parrocchia di Santa Maria e San Sigismondo a Rivolta d’Adda.

Una visita che durerà tre giorni nei quali il presule incontrerà non solo le realtà oratoriali e parrocchiali ma anche il mondo delle istituzioni e dell’associazionismo locale. Spiega il parroco, monsignor Dennis Feudatari: «Il tema delle visite pastorali è “Gesù per le strade”. Per questo abbiamo pensato ad un percorso che permetta al vescovo Antonio di conoscere le tante realtà di Rivolta d’Adda allargando lo sguardo alle esperienze di sostegno alle varie forme di fragilità che si esprimono non solo attraverso i servizi della parrocchia. Mi riferisco all’associazione L’Approdo (che opera nel settore del recupero dalle dipendenze) e all’associazione Camminiamo insieme (che opera nel settore dei disabili), due ponti che la nostra parrocchia ha con il territorio».

Proprio l’incontro con Camminiamo insieme è programma nel pomeriggio di venerdì, alle 16, presso la casa-famiglia Padre Spinelli. Alle 18.30, all’oratorio Sant’Alberto sarà il turno dei ragazzi con i quali il vescovo si fermerà a cena per poi guidare, alle 21, la meditazione sulla Parola di Dio con gli adulti.

La mattinata di sabato, dopo la messa che mons. Napolioni celebrerà nella chiesa della Casa madre delle suore Adoratrici del Santissimo Sacramento alle 9.30, sarà dedicata all’incontro con il mondo delle istituzioni: il programma prevede alle 10.30 la visita all’ospedale Santa Marta e l’incontro con i medici ed il personale e con i vertici dell’Asst di Crema (alla quale il nosocomio di viale Monte Grappa fa capo), cui seguirà quello con l’Amministrazione comunale alle 11.30 nella sala consiliare del municipio. Nel pomeriggio, alle 15.30, all’oratorio, incontro con il mondo delle associazioni di volontariato e della pastorale, mentre in serata, sempre al Sant’Alberto, è in programma quello coi catechisti.

Domenica mattina, alle 10, il vescovo celebrerà la Messa solenne in basilica. Al termine, incontrerà i ragazzi del catechismo e darà il suo il saluto all’associazione L’Approdo. A mezzogiorno l’aperitivo in oratorio con tutta la comunità concluderà questa visita.

«La comunità che si appresta ad accogliere il vescovo – sottolinea monsignor Feudatari – è una comunità che sta mutando dal punto di vista socio-culturale, essendo consistente la presenza di famiglie giovani provenienti da altri Paesi. Una comunità nella quale era molto radicata la presenza all’Eucarestia, cosa che il Covid non ha squassato più di tanto. Il lavoro che si è fatto, e che si sta facendo tuttora, è quello di accompagnare i fedeli a trovare nella vita comunitari maggiore consapevolezza e motivazione interiore nellòe scelte della fede cristiana».




Il vescovo ai dirigenti scolastici: «Non c’è asimmetria. Chiesa e scuola sono due realtà importanti che affiancano le famiglie»

Si è svolto nella mattinata di mercoledì 15 marzo presso la biblioteca del Centro pastorale diocesano l’incontro l’incontro del vescovo Antonio Napolioni con i dirigenti e i rappresentanti delle scuole presenti sul territorio diocesano, paritarie e statali.

«Non c’è asimmetria – ha detto il vescovo Antonio Napolioni nell’introduzione –. Chiesa e scuola sono due realtà importanti che affiancano le famiglie e che cercano di fare qualcosa di buono per i ragazzi». Una vicinanza al mondo giovanile dimostrata anche attraverso i programmi delle recenti visite pastorali, durante le quali il vescovo ha potuto confrontarsi con gli istituti scolastici nelle varie parrocchie e unità pastorali sul territorio. «Dopo la pandemia sta rifiorendo la possibilità di incontro di massa – ha infatti sottolineato mons. Napolioni –. Gli incontri nelle scuole, anche in quelle statali, mi hanno lasciato molto contento e sono stato particolarmente colpito dall’entusiasmo di tutti i ragazzi, di ogni religione e di ogni cultura». Una riflessione sulla scuola – come evidenziato dal vescovo – sviluppata anche nel Consiglio pastorale diocesano, attraverso il cammino sinodale in cui la Chiesa sti sta rendendo protagonista.

L’incontro, costruito sotto forma di dialogo tra le parti, di “conversazione” dei dirigenti, con il vescovo e tra di loro, si è articolato su diversi temi delicati e strettamente collegati al mondo della scuola: dal tema delle fragilità, sociali e psicologiche, che spesso derivano dalle difficoltà nella relazione genitoriale, al tema della violenza giovanile, in continuo aumento e alimentata – secondo i presenti – non solo dall’uso errato dei social network, ma anche dal vuoto educativo che colpisce alcune famiglie, passando per il tema dell’ascolto, bene prezioso, funzionale alla risoluzione dei conflitti, ma a volte sottovalutato. «Rigidità e mollezza sono i due estremi – ha spiegato il vescovo –, ma esiste una via di mezzo, che è la capacità pedagogica, la passione».

Nella mattinata è stato inoltre trattato il tema della differenza etnica nella scuole, in costante aumento, soprattutto in quelle statali. Uno spunto lanciato dal vescovo e accolto con interesse da parte di tutti i presenti. Da ciò è emersa la necessità di un’attenzione continua al dialogo, finalizzato all’integrazione, affinché le differenze culturali e religiose possano essere “sfruttate” come valore aggiunto del mondo scolastico contemporaneo e futuro. Poi una riflessione riguardante gli ambienti parrocchiali e gli oratori, veri e propri presìdi, veri e propri centri d’accoglienza, luoghi preziosi per l’influenza educativa. Non è poi mancato un riferimento concreto al tema della carenza di personale educativo, nelle scuole e non solo. Un tema sottolineato dai presenti e colto da mons. Napolioni attraverso un appello: «Dobbiamo far innamorare sempre di più i nostri giovani alla vocazione educativa».

L’incontro si è poi concluso con l’intervento di don Giovanni Tonani, incaricato diocesano per la Pastrorale scolastica, che ha espresso ai dirigenti le necessità e le direttive tecniche per affrontare al meglio le sfide a cui quotidianamente sono chiamati gli educatori all’interno della vita scolastica.




Il Vescovo alle Forze armate e dell’ordine: «Dalla Pasqua la forza e la possibilità di osare essere militari per la pace»

«Le Forze armate e le forze di polizia sono una forza: una forza di giustizia, di pace e di coesione sociale». Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni ha introdotto la celebrazione in preparazione alla Pasqua che ha visto convergere militari e corpi di polizia in Cattedrale nella mattinata di martedì 14 marzo. «Una forza – ha però messo in guardia il vescovo – può anche venir meno. Può stancarsi, può indebolirsi, può esasperarsi, può impazzire e diventare violenza. Siamo qui perché sia una vera forza di bene».

In tanti hanno preso parte al cosiddetto “Precetto pasquale”, che ha voluto essere preghiera e impegno per la pace. Uomini e donne in divisa, soldati e agenti insieme a sottufficiali e ufficiali. In prima file le autorità civili e militari del territorio, con il prefetto Corrado Conforto Galli e i comandanti dei vari corpi e tra loro anche il comandante della caserma Col di Lana, il colonnello Vincenzo Criscuolo. Presenti anche i rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma con le bandiere e i gonfaloni. Accanto al vescovo i cappellani dei vari corpi.

Aprendo l’omelia il vescovo ha rivolto l’attenzione alla fatica del discernere che cosa è bene e bene, per chi ha responsabilità ma soprattutto per gli uomini in divisa, davanti alla guerra o all’esigenza di difendere il più debole senza cedere all’istinto della vendetta. Una logica non sempre comprensibile con i criteri umani, «paradossale ma possibile» che si svela nella Pasqua e nell’esempio di Gesù. «Ci prepariamo alla Pasqua – ha detto il vescovo – per ricevere dalla Pasqua di Gesù non tanto una lezione, ma la forza e la possibilità di osare essere militari per la pace. Come vuole la nostra Costituzione, come vuole la cultura del nostro Paese e io credo come è nel cuore di tutti i padri e le madri di famiglia del mondo».

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Ricordando quindi la Passione di Cristo, fatta anche di invocazione e perdono, l’attenzione del vescovo è andata all’affresco della controfacciata del Duomo. «In corce Gesù muore per amore e si manifesta come il vero vincente – ha sottolineato il Napolioni –. E chi è che se ne accorge? Un ufficiale: il centurione». Invitando tutti a voltarsi per osservare il grande affresco del Pordenone ha proseguito: «Quel centurione che ha in mano la spada: non più rivolta verso un nemico, ma piantata per terra. E la mano che indica il Cristo crocifisso, come a dire: “questa croce non vince, quest’altro Crocifisso vince. Ha capovolto le cose. Questa è la Pasqua. La Pasqua che han portato dentro di sé anche gli uomini di armi che han saputo costudire la propria fede e le proprie virtù anche a caro prezzo, mettendosi in mezzo alla mischia senza perdere di vista l’umanità, servendo il prossimo come la maggior parte di voi fa nella vita quotidiana, non solo con lo scrupolo per la legge, ma con lo scrupolo per le persone».

Ecco allora gli auguri per la Pasqua del vescovo alle forze armate e di polizia: «Non smettiamo di osare vivere una professionalità impegnativa e delicata come la vostra al massimo di umanità possibile, al massimo di fedeltà a ciò che nel profondo del cuore anche il Signore Gesù ci fa capire, gustare e scegliere come vero senso della vita».

Ascolta l’audio integrale dell’omelia

 

Una celebrazione che ha rappresentato un momento di riflessione e di ringraziamento, anche nel ricordo di chi nel servizio ha sacrificato la propria vita per gli altri, come ha richiamato la Preghiera per la Patria al termine della Messa.

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Visita pastorale a Fornovo, don Storari: «Sono stati tre giorni intensi per riscoprire la bellezza del vivere in comunità e la gioia dell’essere Chiesa»

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“Tre giorni intensi per riscoprire la bellezza del vivere in comunità e la gioia dell’essere Chiesa”. Così il parroco don Angelo Storari, ha definito la visita pastorale del vescovo Antonio Napolioni alla parrocchia di Fornovo San Giovanni, nella Bergamasca, al termine della Messa di chiusura, nella mattinata di domenica 12 marzo.

Una visita iniziata venerdì in marzo, al mattino, con l’incontro alla scuola materna paritaria Don Bietti, dove Napolioni, accolto dalla presidente del Consiglio d’amministrazione Virginia Recanati, ha animato la mattinata cantando e pregando con i bambini, il personale e i vertici della struttura. Presenti anche il vicesindaco Sabina Danesi e l’assessore Alice Aresi. «Voi siete speciali – ha detto il presule rivolgendosi ai piccoli alunni del Bietti, felicissimi della sua presenza – e anche Gesù lo sa perché proprio Lui disse la frase lasciate che i bambini vengano a me perché loro sanno come essere felici».

Sempre venerdì, nel pomeriggio in chiesa parrocchiale, il vescovo ha incontrato i ragazzi, fra cui i cresimandi; mentre in serata ha guidato la meditazione sulla Parola di Dio. Un momento incentrato sul Vangelo della domenica attraverso l’iniziativa diocesana del Giorno dell’ascolto, ormai diventata appuntamento fisso a Fornovo.

Sabato mattina l’incontro con l’Amministrazione comunale e le associazioni di volontariato nella sala consiliare del Municipio. Accompagnato dal parroco don Angelo Storari, il vescovo è stato accolto dal sindaco Fabio Carminati. Il primo cittadino ha parlato al vescovo dei progetti relativi alla comunità, in particolare di quello che riguarda la costruzione del nuovo polo scolastico, dove sarà spostata anche la materna Don Bietti, per poi lasciare spazio ai rappresentanti delle singole realtà di volontariato locali che si sono a loro presentati.

Alle 21, l’incontro con gli adolescenti in oratorio. Con i giovani Napolioni ha parlato a ruota libera, rispondendo ad alcune domande che gli sono state poste.

Particolarmente toccante l’incontro, in chiesa parrocchiale, con gli anziani del paese, con i quali è stato recitato e meditato il rosario. «Non abbiate paura – ha detto loro il vescovo –, i vostri nipoti hanno bisogno di vedere che voi affrontate la vita con fiducia. Avete dato molto ma potete dare ancora molto testimoniando la gioia del vivere».

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Nella mattinata di domenica 12 marzo, in chiesa parrocchiale, la Messa di chiusura, seguita da un momento di festa sul sagrato con la banda e poi in oratorio. Nell’omelia il vescovo ha fatto riferimento al brano di Vangelo che narra dell’incontro, al pozzo, fra Gesù assetato e la donna samaritana. «Avete la fortuna – ha detto rivolgendosi ai parrocchiani – di essere una comunità non così invecchiata e spopolata come altre, ma anche in voi fornovesi c’è sete: la sete di gioia dei bambini, la sete di crescere degli adolescenti, la sete di fare scelte nei giovani, la sete di essere dei buoni genitori e poi la sete di pace e di serenità degli anziani. Una sete che può essere placata dall’acqua che dà il Signore; acqua che zampilla per l’eternità».

A fine celebrazione il saluto del parroco. «Ringrazio il vescovo Antonio –ha detto don Storari – per il tratto di umanità e di semplicità che di questa visita pastorale. Da questi incontri mi pare di leggere un invito a sentirci una comunità in cammino, una comunità che debba avere capacità di ascoltare e di dialogare e questo sarà il nostro impegno per il futuro».

 

Il video integrale della Messa domenicale