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Al Cambonino una serata su Mazzolari con la proiezione del documentario inedito di Ermanno Olmi

 

La proiezione del documentario su don Primo Mazzolari che Ermanno Olmi realizzò con Corrado Stajano, su proposta della Rai nel 1967, e che mai fu mandato in onda, ha reso davvero unica la serata sul parroco di Bozzolo promossa nella serata di giovedì 22 febbraio dall’unità pastorale di Cremona che proprio a lui è stata intitolata (visto che comprende anche la parrocchia del Boschetto dove Mazzolari nacque il 13 gennaio 1890). Il docufilm, di 25 minuti, fortunosamente ritrovato alcuni mesi fa negli archivi dell’emittente di Stato, è stato proposto nella chiesa San Giuseppe, nel quartiere Cambonino.

La serata si è aperta con il saluto del parroco moderatore dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” (formata dalle parrocchie di Sant’Ambrogio, Cambonino, Boschetto e Migliaro). Don Paolo Arienti ha voluto sottolineare il «bisogno di cultura»: «a volte – ha detto – fuori dalla Chiesa manca e ci possiamo accorgere di quanta cultura invece ci serve. Ma se manca anche dentro alle comunità ecclesiali succede che ci si occupa solo del rito rendendo sterile la vita».

Ha quindi preso la parola in collegamento da New York il prof. Stefano Albertini, originario di Bozzolo e oggi direttore di Casa Italia, che ha introdotto la visione del cortometraggio «che ripropone la realtà e la vita di don Mazzolari in maniera poetica: una narrazione discreta che ha lasciato molto spazio alle immagini». «La sera prevista della messa in onda, il Giovedì Santo del 1967 – ha ricordato Albertini – fu trasmesso invece un documentario sulle farfalle: questo provocò molte polemiche, anche a livello politico, fino ad arrivare a interrogazioni parlamentari. La Rai non trasmise mai il filmato, pur assicurando l’inserimento della trasmissione in palinsesto in una data successiva».

La pellicola non fu mai trasmessa e il filmato fu perso. Contemporaneamente la Rai commissionò a un altro Olmi, il giornalista Massimo, un altro documentario su don Primo, intitolato “Il profeta della Bassa” (disponibile anche sul sito della Fondazione e su YouTube). «Massimo Olmi produsse, con la consulenza di Arturo Chiodi, ragazzo di Mazzolari divenuto giornalista, un documentario giornalistico più che decoroso, con molte interessanti testimonianze ai bozzolesi sul loro parroco». E ancora: «In Rai il film di Ermanno Olmi scomparse da ogni archivio e da ogni teca, ma a un certo punto a Ennio Chiodi, figlio di Arturo, venne l’idea di cercare nel “nastro bobinone”, una bobina dove la Rai registrava tutte le trasmissioni della giornata come registrazione di sicurezza in caso di problemi e proprio lì fu trovato questo film. Nulla ad oggi si sa, invece, dei motivi e dei mandanti della censura».

 

L’intervento del prof. Stefano Albertini

 

La serata è poi proseguita con la riflessione di don Bruno Bignami, postulatore della causa di beatificazione di don Mazzolari e direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il Lavoro. Il sacerdote cremonese ha riflettuto sulla centralità dei poveri nel pensiero del parroco di Bozzolo: «Mazzolari, partendo dalla visione dei Padri della Chiesa, acquisisce la grande consapevolezza che i poveri sono il cuore e la presenza stessa di Cristo nella Chiesa. È possibile trovare Cristo in tre luoghi: l’Eucarestia, la Parola di Dio, i poveri». «La valorizzazione del povero – ha detto ancora don Bignami – permette di rivedere tanti assetti e tante modalità di pensare la pastorale e la vita cristiana». E ha precisato: «Uno dei testi mazzolariani fondamentali è “Il Samaritano”, che dice esattamente qual è l’approccio al povero: va accolto per quello che. Ed è curioso che nel Vangelo è uno straniero colui che accoglie e dà una risposta di carità al povero». Il cristiano allora «deve farsi povero come Cristo, così come la Chiesa deve fare l’esperienza della povertà. Tutti temi recuperati dal Concilio Vaticano II quando si è compreso in maniera approfondita che la via della povertà di Cristo è anche la via della testimonianza della Chiesa».

 

L’intervento di don Bruno Bignami

 

Infine, ha preso la parola in collegamento video il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, che ha incentrato la sua riflessione sul senso della complessità e della povertà da vedere non solo nel prossimo, ma anche in se stessi: «Bisogna assumere uno sguardo nuovo che accetta la complessità della realtà, quindi domandarsi chi sono i poveri nella nostra città: i giovani, gli immigrati, chi ha problemi nel complesso mondo del lavoro, le persone sole. Ma il clima non favorisce: perché quando si apre lo sguardo su chi sono i poveri, la presenza della persona povera mette in crisi, perché mette in discussione i propri diritti». E ha aggiunto: «La risposta a questo problema è già in atto: dobbiamo provare a trasformare la risposta di una generosità personale rispetto alla povertà in una risposta politica, nella consapevolezza che non esistono ricette semplici. Servono risposte che hanno bisogno di tempo, accettando la fatica di cercarle insieme riconoscendo quanto già è stato fatto».

 

L’intervento del prof. Gianluca Galimberti

 

“La parola ai poveri” era il titolo dell’incontro, ispirato alla rubrica che negli anni ’40 e ’50 apparve su Adesso, il quindicinale di don Primo Mazzolari, dedicata proprio alla condizione dei poveri e recentemente ripubblicata con una breve ma profonda prefazione di Papa Francesco. Quello dei poveri è uno dei temi centrali della spiritualità di don Primo Mazzolari: un’attenzione che diventa impegno personale e richiamo sociale su cui riflettere e levare anche voci di denuncia.

La serata – cui ha preso parte una delegazione di Bozzolo, con il parroco don Luigi Pisani e il sindaco Giuseppe Torchio, insieme ad alcuni membri della Fondazione Mazzolari – è stata realizzata grazie alla sinergia tra l’Unità pastorale “Don Primo Mazzolari”, il Comune di Cremona, la Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo e la Postulazione della Causa di beatificazione.




Giornata della vita, al Maristella una serata di preghiera e testimonianze

 

Silvia Gerevini ha 49 anni, è moglie e mamma di cinque figli. È sua la testimonianza che, insieme a quella di don Maurizio Lucini, incaricato diocesano per la Pastorale della salute e assistente spirituale dell’Hospice di Cremona, ha arricchito la veglia di preghiera alla viglia della Giornata nazionale per la vita che nella serata di sabato 3 febbraio è stata organizzata a Cremona, nella chiesa dell’Immacolata Concezione del quartiere di Maristella, per la Zona pastorale 3 e il territorio circostante.

Dedicata al tema della vita in tutte le sue fasi, è stata una serata di preghiera e di riflessione aiutata anche da alcune testimonianze, dalla riflessione del Vescovo e da alcuni passi del messaggio dei vescovi per la 46ª Giornata nazionale della vita, focalizzata sul tema La forza della vita ci sorprende. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?” (Mc 8,36). Ad aiutare il clima di meditazione gli strumenti e le voci del coro parrocchiale del Maristella.

Silvia Gerevini ha voluto portare la sua testimonianza di vita: «Sono qui per gratitudine verso il buon Dio, che nella vita mi ha regalato tanto: la vita stessa, il marito, la famiglia, gli amici, il figlio fatto, i figli presi già fatti, i figli desiderati, i figli indesiderati, i figli sani, il figlio malato». Un elenco inusuale, che ha fatto sintesi di una storia di accoglienza che Silvia e il marito, Cristiano Guarneri, vivono da quando sono sposati. Non un progetto, ma un “sì” al disegno di Dio. «Questo per me è essere madre: dare la vita per l’opera di un Altro, attraverso ciò che ci fa vivere», ha detto Silvia. «Così – ha raccontato ancora – negli anni abbiamo accolto diversi figli, tramite l’affido. Di questi figli, c’è chi si è fermato solo 15 giorni, chi qualche mese, chi anni e chi è ancora con noi e sta studiando medicina». L’ultimo cenno è dedicato al figlio Alessandro, 18 anni, cerebroleso: «Non riesce a fare quasi nulla, ma ama e si lascia amare. Che è quello che dovremmo fare tutti noi».

La testimonianza di Silvia Gerevini

 

Molto forte e profonda anche la testimonianza di don Maurizio Lucini, in servizio come assistente spirituale presso l’Hospice dell’Ospedale di Cremona, che attraverso il racconto di alcuni incontri ha portato all’attenzione il tema del fine vita: «L’argomento dell’assistente spirituale è certamente complesso e ho pensato di portare a voi alcuni dialoghi con pazienti incontrati in questo reparto». Incontri in cui il confronto con il sacerdote è stato di una profondità sincera, nel quale sono emerse le fragilità di ogni essere umano e il desiderio di riconciliarsi con il Padre o con esperienze di vita vissute con dolore e sofferenza, con un accenno speciale alla problematicità relazionale con alcune figure della propria famiglia.

La testimonianza di don Maurizio Lucini

 

Non è mancata la riflessione del vescovo Antonio Napolioni, che ha presieduto la veglia: «C’è una Chiesa fatta di vita e che veglia sulla vita, magari senza rendersene conto», le sue parole. Quindi ha condiviso con i presenti tre incontri avuti durante i giorni della Visita ad limina in Vaticano, esperienze segnate dall’incontro con situazioni di vita particolari, ma pieni di umanità e di gioia. «Non c’è solo la veglia per la vita, ma c’è una vita per la veglia –ha quindi proseguito –. È pieno il mondo di vita da vegliare perché morente, perché nascente, da vegliare con cuore vigile e con sguardo contemplativo e innamorato, da vegliare per riconoscere davvero le membra del corpo di Gesù».

La riflessione del vescovo Antonio Napolioni

 

 

Gli appuntamenti del 4 febbraio

Doppio appuntamento, invece, domenica 4 febbraio, in cui ricorre la 46ª Giornata nazionale per la vita, sul tema La forza della vita ci sorprende. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?” (Mc 8,36).

Alle 16, presso la sala Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona (via S. Antonio del Fuoco 9A), il professor Marco Maltoni, medico coordinatore della rete di cure palliative della Romagna, affronterà il tema: “Nella sofferenza una speranza: il malato inguaribile e le cure palliative”.

Alle 18, inoltre, nella chiesa del Maristella, il coro parrocchiale dell’Immacolata Concezione intonerà le “Ninne Nanne dal mondo”, un concerto caratterizzato dall’esecuzione di diversi brani “della buonanotte” di culture e tradizioni diverse.

La serie di eventi promossi a Cremona in occasione della 46ª Giornata nazionale per la vita si chiuderà la sera di lunedì 5 febbraio, con l’adorazione eucaristica per la vita che si terrà presso Cascina Moreni alle ore 21.

 

“Una chat per la vita”, la presentazione del libro del Movimento per la vita di Varese ha aperto gli eventi della 46ª Giornata della vita

Chiesa di casa, la forza della vita ci sorprende

Giornata per la vita: “ogni vita ha immenso valore” e “stupefacente capacità di resilienza”




Come per Omobono, sgorga dalla Parola la “rivoluzione del servizio”

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Nel pomeriggio della vigilia della solennità di Sant’Omobono, si sono celebrati i primi vespri del patrono, presieduti dal vescovo Napolioni presso l’omonima chiesa di via Ruggero Manna a Cremona.

Il momento di preghiera è stato occasione per rinnovare il mandato ai quarantotto ministri straordinari della Comunione e conferirlo ai dodici nuovi, provenienti da tutte le zone della diocesi: un prezioso ministero per portare il sacramento dell’Eucarestia proprio a tutti, in particolare a chi è impossibilitato a partecipare alla Messa come i malati o gli anziani.

Durante questo significativo momento di preghiera, dopo il canto dei salmi, il vescovo di Cremona ha ripreso la figura del santo patrono della città e della diocesi, invitando a non fare del suo insegnamento «una pia esortazione che si perde nell’aria, come chiacchiere; un modo di leggere la Parola di Dio che ci lascia come eravamo, non ci cambia e non parla neppure al mondo e a chi non crede, ai giovani e a chi sta male».

«Siamo in questa chiesa – ha proseguito Mons. Napolioni- che ha visto Omobono tutti i giorni venire ad amare il Signore e a fare il pieno della carità di Cristo, per essere in città, da vivo e da morto, il migliore cremonese della Storia: non vuole l’esclusiva, non solo a Cremona, ma ovunque – ha quindi proseguito – qui lui si è acceso come un fuoco e ci propone la Parola come la vera rivoluzione, come lui si è lasciato rivoluzionare la vita da Cristo: mentre viveva la sua vita si accende il lui il Vangelo, l’amore per l’Eucarestia, il bisogno di penitenza, l’amore fraterno».

Ascolta l’omelia del vescovo Napolioni

Quindi, riprendendo il salmo appena recitato: «Come abbiamo pregato Dio è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati, libera i prigionieri: invece noi vogliamo costruire tante prigioni per quelli che vorrebbero venire in Italia perché abbiamo paura che vengano a rubarci qualche pezzetto di pane – quindi, proseguendo nella lettura del salmo, il vescovo di Cremona ha continuato con una provocazione – Dio sconvolge le vie degli empi: potremmo essere proprio noi, pii ma induriti, devoti ma arrabbiati, religiosi ma pessimisti, con il nome di Gesù sulle labbra ma non nel cuore».

Il pensiero è poi andato proprio ai ministri straordinari della Comunione: «Ben venga fare la festa di Sant’Omobono per farci rigenerare, ben vengano uomini e donne che si mettono a disposizione della comunità per portare l’Eucarestia ai malati, alle persone che non possono uscire di casa perché questo è un gesto rivoluzionario, non solo un gesto di consolazione: è portare nelle case una speranza più forte di ogni dolore, è aprire le case alla comunità, è ricordare a chi sta bene che c’è anche chi sta male,  perché siamo tutti in cammino verso la debolezza riscattata dalla debolezza di Cristo».

«Il servizio è la rivoluzione perché non è l’attaccamento a noi stessi, alle nostre cose e alle nostre idee per migliorare la realtà, ma l’attenzione a Dio e ai fratelli con il dialogo e la disponibilità: Omobono lo vive così il suo cristianesimo, con un amore che lo trasfigura e questo non è un dato improponibile nel nostro tempo, anzi può essere un tempo favorevole per essere cristiani, perché essere cristiani per abitudine non ha mai funzionato e adesso funziona ancora di meno» ha continuato mons. Napolioni ritornando alla figura del patrono come esempio per tutti.

Concludendo, il vescovo ha quindi detto: «Ben vengano altri ministeri, una rivoluzione della ministerialità in una maniera nuova, non per avere qualche soldatino in più che affianca il parroco, ma perché ci sia una comunità coraggiosa per quanto umile, capace di fantasia della carità davanti alle nuove povertà che ci sfidano dentro casa. Abbiamo bisogno di Omobono e di tanti uomini e donne come lui e siamo qui per questo, sotto il suo sguardo e la sua intercessione per riprendere il cammino, disponibili a ciò che lo Spirito ha suggerito ad alcuni di voi e potrà suggerire a tanti altri ancora».

Il ministero è finalizzato primariamente a portare la Comunione ai malati e agli assenti soprattutto nel giorno del Signore, perché appaia con evidenza che anch’essi fanno parte della comunità anche se impediti di partecipare all’assemblea domenicale. Inoltre il ministro svolge il suo servizio alle Messe domenicali nelle quali per il numero dei fedeli si richieda un aiuto per la distribuzione delle Comunioni.

 




Messa dei defunti in Cattedrale, il Vescovo: «Dio è fedele e misericordioso»

Nel pomeriggio di giovedì 2 novembre il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto in Cattedrale la Messa nella commemorazione di tutti i defunti. La celebrazione eucaristica ha fatto seguito alla preghiera svoltasi come da tradizione poche ore prima nel cimitero cittadino (leggi qui).

Insieme al vescovo hanno concelebrato il vescovo emerito mons. Dante Lafranconi, i canonici del Capitolo della Cattedrale e il parroco dell’unità pastorale Sant’Omobono, i cui ministranti hanno prestato servizio all’altare.

Nell’omelia mons. Napolioni, riprendendo il passo evangelico del giorno, ha sottolineato: «C’è una grande promessa che orienta il cammino della Chiesa: che Dio è fedele e misericordioso. Ma la Parola non ci consegna solo delle promesse: pure le necessarie premesse». «Fin dalla creazione del mondo è stato preparato il Regno – ha proseguito il vescovo di Cremona –: se in questo mondo incontriamo fratelli e sorelle affamati, assetati, nudi, stranieri, malati, in carcere sono occasione per garantirci un po’ dell’eredità che il Signore ci ha preparato, degli investimenti a portata di mano».

Utilizzando un gioco di parole il Vescovo ha quindi continuato: «Tra la promessa e la premessa c’è la Messa: l’Eucarestia è memoriale per ospitare le nostre piccole memorie. Non solo commemorare i propri defunti. Perché il mistero pasquale ha introdotto nella Chiesa e nel mondo un principio di risurrezione senza il quale nessuna premessa conduce al compiersi della promessa».

«Qui nella Messa – ha concluso Napolioni – accade qualcosa di più grande delle nostre preghiere e dei nostri gesti di carità, perché è Cristo in persona che rinnova il suo sacrificio redentore: qui tutto si ricongiunge e tutto riparte».

 

Ascolta l’omelia del vescovo Napolioni

 




Casalbuttano e San Vito hanno accolto il nuovo parroco don Davide Schiavon

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Nel pomeriggio di domenica 8 ottobre don Davide Schiavon ha fatto il suo ingresso come parroco di Casalbuttano e San Vito, diventando anche moderatore dell’unità pastorale Nostra Signora della Graffignana, composta anche dalle parrocchie di Paderno Ponchielli, Ossolaro e Polengo.

La celebrazione è iniziata con il saluto del sindaco di Casalbuttano, Gian Pietro Garoli, sul sagrato della chiesa parrocchiale di San Giorgio martire: «Quando cambia un parroco, soprattutto nei nostri paesi c’è molta curiosità: la conoscenza reciproca è un processo che avverrà lentamente e sono sicuro che don Davide sarà un segno di Dio. La cosa importante è che io lo leggo come l’arrivo dell’uomo della buona notizia, sia per i fedeli sia per chi non crede». Poi, a nome dell’Amministrazione, il sindaco Garoli ha voluto sottolineare come il cammino di parrocchia e Comune quando è condiviso funziona, nel confronto dialettico e sincero.

 

Saluto del sindaco Garoli

 

Quindi con l’ingresso nella chiesa parrocchiale è iniziata la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e accompagnata dai canti del gruppo folk. A concelebrare diversi sacerdoti diocesani e tra loro il vicario zonale don Giambattista Piacentini e gli altri sacerdoti dell’unità pastorale: don Fabrizio Ghisoni, parroco di Paderno Ponchielli e Ossolaro, don Floriano Scolari parroco di Polengo e don Giorgio Ceruti collaboratore di Casalbuttano.

Il vicario zonale ha quindi dato lettura della nomina di don Schiavon, poi sono seguiti i riti caratteristici dell’insediamento di un nuovo parroco con l’aspersione dei fedeli e l’incensazione dell’altare.

Un rappresentante della parrocchia ha poi rivolto alcune parole di benvenuto al nuovo parroco: «Ti accogliamo con la gioia vera, siamo molto lieti che questa chiamata sia stata accettata molto volentieri; ti accogliamo in questa comunità, consapevole dei propri limiti, ma ricca di carità e umanità».

 

Saluto del rappresentante parrocchiale

 

La celebrazione è proseguita con la liturgia della Parola e la proclamazione del Vangelo da parte del nuovo parroco.

Nella sua omelia mons. Napolioni ha voluto riflettere in particolare sul Vangelo del giorno: «Ci vengono proposte diverse vigne: speriamo che Casalbuttano assomigli alla vigna del Vangelo che produce dell’uva fantastica, tanto che i vignaioli se la vogliono tenere per loro. Mi auguro che le nostre comunità siano come una vigna: né avida, né superlativa, ma la vigna di casa che produce vino buono».

«Il parroco deve portare la buona notizia – ha proseguito il vescovo Napolioni – ma ancora prima lo invito a scoprirla in ognuno di voi, perché ognuno di voi ne porta un frammento. Condividete tutto il bene possibile!».

Mons. Napolioni ha quindi concluso: «Il Vangelo, l’Eucarestia, la preghiera saranno i modi per far emergere la logica di Dio, farla nostra e cambiare la nostra logica, anche se è dura e anche io a volte non ce la faccio: siamo qui per fare questo patto di fraternità nel discepolato e di reciprocità di tutto il bene che Dio semina in noi».

 

Omelia del vescovo Napolioni

 

Al termine della Messa è stato quindi il momento del saluto del nuovo parroco alla comunità: «Sono onorato di entrare a far parte di questa comunità, grande, ricca e bella – ha esordito don Davide – a questo nuovo mio ruolo mi affaccio con gratitudine e un po’ di timore, ma come mi ha detto il vescovo “un po’ alla volta” e prendo in pieno questo suggerimento». E ha proseguito: «Non considero questo mio compito uno tra tanti, infatti mi sono preso questo come unico incarico per i prossimi anni: adesso il mio cuore e la mia testa saranno qui. Non posso garantire il risultato, ma posso promettere l’impegno».

 

Saluto del nuovo parroco

 

Al termine della Messa la festa è continuata in oratorio con un rinfresco organizzato dalla parrocchia, occasione per iniziare a conoscere il nuovo parroco.

Nella serata di lunedì 9 ottobre il nuovo parroco presiederà alle 20.30 la Messa in suffragio di tutti i defunti della comunità.

 

 

Profilo biografico di don Schiavon

Classe 1976, originario di Castelleone, don Schiavon è stato ordinato sacerdote il 13 giugno 2009. Laureato in Economia aziendale, ha iniziato il proprio ministero come vicario a Breda Cisoni, Ponteterra, Sabbioneta e Villapasquali. Tra il 2016 e il 2022 è stato incaricato diocesano per la Pastorale vocazionale. Dal 2015 era vicario della parrocchia “Beata Vergine di Caravaggio” in Cremona. Sarà moderatore dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana” composta anche dalle parrocchie di Ossolaro, Paderno Ponchielli e Polengo e parroco di Casalbuttano e San Vito, dove prede il testimone da don Gianmarco Fodri e continuerà ad esser affiancato dal collaboratore parrocchiale don Giorgio Ceruti. Dal 2020 don Schiavon è vicepresidente dell’Istituto diocesano per il Sostentamento del clero.

 

 

Il saluto del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale

Cari amici (sacerdoti e laici) dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana”,  

vi saluto col cuore e non per pura formalità e vi ringrazio in anticipo per la vostra accoglienza. Per quanto sia difficile trovare argomenti concreti quando ancora ci si conosce poco di persona, vi voglio assicurare che sono sinceramente felice di entrare a far parte della vostra famiglia: ci vengo volentieri, ho già iniziato a pregare per voi e sono desideroso di condividere un tratto della vostra storia. 

Sono certo che il Signore benedirà questa nostra esperienza comune perché, in estrema sintesi, me lo sento, per una sorta di sesto senso. È il mio primo incarico da parroco e vi chiedo quindi una buona dose di indulgenza per qualche ingenuità che è da mettere in conto e perdonare ad un neofita. Ho buoni presentimenti perché le vostre comunità, da come le hanno descritte, hanno tutte le caratteristiche per realizzare un cammino fruttuoso insieme: una fede radicata nella storia e, al tempo stesso, disposta a continuare ad imparare; un modo di intendere le relazioni ancora ricco di umanità; un tessuto sociale ancora molto ispirato al modello della famiglia.  

Proprio a quest’ultima realtà vorrei collegarmi anche io nel dare il mio contributo a ciò che realizzeremo insieme. Per quanto il concetto non sia nuovo e venga ripetuto spesso, io pure  desidero ribadire che la famiglia, davvero, è la cellula della società e della Chiesa e, quando le famiglie sono sane, ci sono buone probabilità che anche le comunità cristiane lo siano. E, in una certa misura, è vero anche l’opposto.  

La famiglia, parentale o parrocchiale che sia, sta insieme se il Signore è una presenza costante all’interno di essa. E proprio su questo aspetto si concentreranno principalmente le mie attenzioni. L’amore reciproco, il rispetto, la fedeltà, la tenuta di lungo periodo sono possibili (l’esperienza lo attesta) solo se Dio, cercato, invocato e obbedito, concede la Sua benedizione e onora della Sua presenza. 

Non illudiamoci quindi di poter realizzare qualcosa di solido e duraturo se non concederemo i giusti spazi al Signore, nella preghiera e nell’imitazione del Vangelo. Se mancano queste dimensioni, le cose, nella migliore delle ipotesi, potranno funzionare solo se ci sono persone disposte a impersonare il ruolo dei martiri, da una parte, e dei prepotenti, dall’altra. Ma noi non desideriamo questo, bensì una comunità di fratelli che si vogliono bene, dove ognuno fa la sua parte (proporzionata ai propri sforzi e calibrata sui propri talenti) e in cui c’é armonia perché a nessuno è chiesto troppo e a nessuno troppo poco.  

In aggiunta, certamente, a livello umano, saranno poi necessarie tutta una serie di attenzioni, delicatezze, gesti di “manutenzione ordinaria” nelle relazioni che, con l’aiuto di tutti, potremo mettere in atto. Spero di conoscervi presto, ma non di scoprire tutto troppo velocemente, perché anche la meraviglia e la scoperta reciproca sono un ingrediente importante, da non esaurire troppo in fretta, che dà ancora più sapore al cammino e fascino all’avventura comune. 

Vi porto già nel cuore e vi auguro di poter migliorare ogni giorno nella via del Vangelo, cosa che io per primo mi impegnerò a praticare. Da ultimo, ma non certo per importanza, un sincero e cordiale ringraziamento a don Marco, mio predecessore, per il prezioso lavoro svolto e per la cortesia e pazienza dimostrate nel passaggio di consegne. 

Grazie a tutti, con amicizia. 

Don Davide 

 

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Domenica Casalbuttano accoglie don Davide Schiavon

Nel pomeriggio di domenica 8 ottobre, alle 18, nella chiesa parrocchiale di S. Giorgio, la comunità di Casalbuttano accoglierà don Davide Schiavon, nuovo parroco delle parrocchia di Casalbuttano e della frazione di San Vito, oltre che moderatore dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana”, composta anche dalle parrocchie di Paderno Ponchielli, Ossolaro e Polengo.

La celebrazione, presieduta dal vescovo Napolioni, sarà preceduta dal saluto del sindaco di Casalbuttano Gian Pietro Garoli sul sagrato della chiesa parrocchiale.

Nei giorni precedenti la comunità ha organizzato alcuni momenti di preghiere e riflessione sul ministero del parroco. Primo appuntamento giovedì 5 ottobre, alle 20.30, con la preghiera guidata da don Maurizio Lucini. Nella mattina di sabato 7 ottobre, dalle ore 9.30 alle 11, adorazione eucaristica con la possibilità di confessarsi. Anche nel pomeriggio, dalle ore 16.15, sarà disponibile in chiesa un sacerdote per le confessioni.

Lunedì 9 ottobre il nuovo parroco presiederà alle 20.30 la Messa in suffragio di tutti i defunti della comunità.

 

Profilo biografico di don Schiavon

Classe 1976, originario di Castelleone, don Schiavon è stato ordinato sacerdote il 13 giugno 2009. Laureato in Economia aziendale, ha iniziato il proprio ministero come vicario a Breda Cisoni, Ponteterra, Sabbioneta e Villapasquali. Tra il 2016 e il 2022 è stato incaricato diocesano per la Pastorale vocazionale. Dal 2015 era vicario della parrocchia “Beata Vergine di Caravaggio” in Cremona. Sarà moderatore dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana” composta anche dalle parrocchie di Ossolaro, Paderno Ponchielli e Polengo e parroco di Casalbuttano e San Vito, dove prede il testimone da don Gianmarco Fodri e continuerà ad esser affiancato dal collaboratore parrocchiale don Giorgio Ceruti. Dal 2020 don Schiavon è vicepresidente dell’Istituto diocesano per il Sostentamento del clero.

 

Il saluto del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale

Cari amici (sacerdoti e laici) dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana”,  

vi saluto col cuore e non per pura formalità e vi ringrazio in anticipo per la vostra accoglienza. Per quanto sia difficile trovare argomenti concreti quando ancora ci si conosce poco di persona, vi voglio assicurare che sono sinceramente felice di entrare a far parte della vostra famiglia: ci vengo volentieri, ho già iniziato a pregare per voi e sono desideroso di condividere un tratto della vostra storia. 

Sono certo che il Signore benedirà questa nostra esperienza comune perché, in estrema sintesi, me lo sento, per una sorta di sesto senso. È il mio primo incarico da parroco e vi chiedo quindi una buona dose di indulgenza per qualche ingenuità che è da mettere in conto e perdonare ad un neofita. Ho buoni presentimenti perché le vostre comunità, da come le hanno descritte, hanno tutte le caratteristiche per realizzare un cammino fruttuoso insieme: una fede radicata nella storia e, al tempo stesso, disposta a continuare ad imparare; un modo di intendere le relazioni ancora ricco di umanità; un tessuto sociale ancora molto ispirato al modello della famiglia.  

Proprio a quest’ultima realtà vorrei collegarmi anche io nel dare il mio contributo a ciò che realizzeremo insieme. Per quanto il concetto non sia nuovo e venga ripetuto spesso, io pure  desidero ribadire che la famiglia, davvero, è la cellula della società e della Chiesa e, quando le famiglie sono sane, ci sono buone probabilità che anche le comunità cristiane lo siano. E, in una certa misura, è vero anche l’opposto.  

La famiglia, parentale o parrocchiale che sia, sta insieme se il Signore è una presenza costante all’interno di essa. E proprio su questo aspetto si concentreranno principalmente le mie attenzioni. L’amore reciproco, il rispetto, la fedeltà, la tenuta di lungo periodo sono possibili (l’esperienza lo attesta) solo se Dio, cercato, invocato e obbedito, concede la Sua benedizione e onora della Sua presenza. 

Non illudiamoci quindi di poter realizzare qualcosa di solido e duraturo se non concederemo i giusti spazi al Signore, nella preghiera e nell’imitazione del Vangelo. Se mancano queste dimensioni, le cose, nella migliore delle ipotesi, potranno funzionare solo se ci sono persone disposte a impersonare il ruolo dei martiri, da una parte, e dei prepotenti, dall’altra. Ma noi non desideriamo questo, bensì una comunità di fratelli che si vogliono bene, dove ognuno fa la sua parte (proporzionata ai propri sforzi e calibrata sui propri talenti) e in cui c’é armonia perché a nessuno è chiesto troppo e a nessuno troppo poco.  

In aggiunta, certamente, a livello umano, saranno poi necessarie tutta una serie di attenzioni, delicatezze, gesti di “manutenzione ordinaria” nelle relazioni che, con l’aiuto di tutti, potremo mettere in atto. Spero di conoscervi presto, ma non di scoprire tutto troppo velocemente, perché anche la meraviglia e la scoperta reciproca sono un ingrediente importante, da non esaurire troppo in fretta, che dà ancora più sapore al cammino e fascino all’avventura comune. 

Vi porto già nel cuore e vi auguro di poter migliorare ogni giorno nella via del Vangelo, cosa che io per primo mi impegnerò a praticare. Da ultimo, ma non certo per importanza, un sincero e cordiale ringraziamento a don Marco, mio predecessore, per il prezioso lavoro svolto e per la cortesia e pazienza dimostrate nel passaggio di consegne. 

Grazie a tutti, con amicizia. 

Don Davide 

 

 

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La comunità del Cambonino accoglie don Arienti come nuovo parroco: «Un cammino che continua»

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Nella mattina di domenica 8 ottobre la comunità del quartiere Cambonino a Cremona ha accolto don Paolo Arienti come nuovo parroco e don Umberto Zanaboni come nuovo collaboratore parrocchiale. Il nuovo incarico di don Paolo si aggiunge a quello di parroco di S. Ambrogio in Cremona e a quello di moderatore dell’Unità Pastorale don Primo Mazzolari, di cui le due parrocchie fanno parte insieme a quelle del Migliaro e del Boschetto.

All’ingresso della chiesa dei Santi Nazario e Celso in San Giuseppe Andrea Virgilio, vicesindaco di Cremona, ha rivolto alcune parole di saluto ai nuovi sacerdoti, sottolineando l’importanza di una collaborazione tra Comune e parrocchie: «L’arrivo di un nuovo parroco crea sempre un fermento dento la comunità: don Paolo, ti auguro di proseguire il tuo percorso continuando a seminare e raccogliere».

 

 

È iniziata quindi la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, alla quale hanno preso parte anche gli altri sacerdoti dell’Unità Pastorale don Primo Mazzolari: don Maurizio Ghilardi, parroco del Boschetto e del Migliaro e don Nicolas Diene, collaboratore dell’Unità pastorale e cappellano della comunità africana francofona. Presenti anche il vicario zonale, don Pietro Samarini e don Luigi Mantia, cappellano della casa di cura Figlie di San Camillo.

Dopo la lettura del decreto di nomina e l’aspersione dell’assemblea per mano del nuovo parroco, una rappresentante della parrocchia ha rivolto alcune parole di saluto e benvenuto ai due nuovi sacerdoti: «Questo quartiere, il Cambonino, con le sue complessità e diversità, racchiude dentro ognuno di noi una fonte di luce che spesso chiede semplicemente di essere nutrita,  valorizzata, per poter splendere di più… Ed è questo che desideriamo, avere con la vostra paziente guida, la capacità di renderci più luminosi ed essere come un faro in questo mondo che purtroppo ha anche troppe tenebre».

Ha poi proseguito con un auspicio: «Il nostro augurio è quello di accoglierci tutti reciprocamente con entusiasmo e confidando nel Signore affinché ci aiuti a diventare unione rispettando ogni singolarità: dall’altare di questa chiesa, con lo sguardo avanti si vede la piazza Aldo Moro, il cuore del nostro quartiere così variegato, poi, alzando lo sguardo si vede il cielo, che è di tutti, come lo è lo Spirito Santo in chiunque lo accolga».

 

 

La celebrazione è quindi proseguita con la liturgia della Parola e con la lettura del Vangelo proclamato da don Arienti.

Nella sua omelia il vescovo Napolioni ha esordito con un riferimento all’attualità: «Bene è stato detto nel saluto “siamo tutti sotto lo stesso cielo”, lo stesso cielo in cui da ieri dei razzi cadono su delle città e partono degli aerei che ne bombardano altre, lo stesso cielo sotto cui da anni le guerre ci affliggono e ci impauriscono: lo dico perché la Parola di Dio è estremamente puntuale. Abbiamo letto che la vigna del Signore è la casa d’Israele. Questa storia ci accompagna da secoli e forse non ci abbandonerà mai, perché la terra ci divide con i confini e i muri, che alimentano paura e diffidenza, ma siamo fatti per crescere e diventare fratelli e sorelle del mondo intero».

«Ben vengano nuovi sacerdoti in una parrocchia, ma in modo nuovo – ha quindi proseguito il vescovo di Cremona – qualcosa non cambia come l’amore per la vita e per la gente che devono avere i preti, ma può capitare che la comunità non sempre ricambi, come accade nel Vangelo dove non sempre la vigna produce buona uva».

Ha poi proseguito mons. Napolioni proseguendo con un paragone ispirato alla parabola del Vangelo: «Non siamo né la vigna acida, né la vigna spumeggiante: non ci serve una Chiesa depressa e non ci serve una Chiesa che appare senza una verità interiore, ma ci interessa quella vigna che dà del vino genuino, che rallegra la tavola di famiglia che fa prevalere il bene sul male. Il programma delle nostre parrocchie in questo tempo è più evangelico che mai e lo stesso vale per tutta la Chiesa, e cioè che sia più fatta di fratelli e sorelle che si uniscono e non si dividono».

 

 

 

La messa è quindi proseguita con il Credo, solennemente professato dal nuovo parroco, con l’offertorio animato dalla comunità Mére du Divin Amoure che ha trovato accoglienza presso la parrocchia di S. Giuseppe e con la liturgia eucaristica, alla quale è seguito il saluto di don Paolo ai fedeli presenti: «Sono già un paio di anni che stiamo camminando insieme, ci hanno affidato questo compito che è allo stesso tempo una sfida e una opportunità: oggi vediamo crescere un processo, ma non nelle persone, quanto piuttosto nei desideri condivisi di una comunità di comunità che vogliono essere qui ogni domenica attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia».

Ha quindi invitato don Arienti: «Dico in modo semplice: mettiamoci alla prova, io mi impegno con gli altri presbiteri affinché non manchi niente a nessuno: non mancherà niente a nessuno. Questo inizio non è un inizio nuovo, ma è una continuazione».

 

 

Al termine della celebrazione la comunità si è ritrovata nel salone dell’oratorio per un momento di festa conviviale, occasione per conoscere il nuovo collaboratore don Umberto e iniziare ad approfondire la conoscenza insieme al nuovo parroco don Paolo.

Dopo la Messa di domenica 22 Ottobre, si terrà un momento di riflessione e condivisione presso la chiesa di S. Giuseppe per iniziare a tracciare il nuovo percorso della comunità insieme ai nuovi sacerdoti accolti.

 

Biografia dei sacerdoti interessati dalle nomine

Don Paolo Arienti, classe 1972, originario di Piadena è stato ordinato sacerdote il 19 giugno 1999. Ha iniziato il ministero sacerdotale a Cremona come vicario della parrocchia “Ss. Nazario e Celso in S. Abbondio”. Nel 2002 per continuare gli studi è stato inviato a Roma, dove ha conseguito la licenza in Teologia dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana. Dal 2004 al 2011 è stato vicario a “Cristo Re” in Cremona e segretario dell’Ufficio evangelizzazione e catechesi. Dal 2011 al 2021 è stato responsabile dell’Ufficio diocesano per la Pastorale giovanile, presidente della Federazione Oratori Cremonesi e dell’associazione NOI, oltre che consulente ecclesiastico del CSI di Cremona. Dal 2017 al 2021 è stato inoltre coordinatore dell’area pastorale “In ascolto dei giovani”. Nel 2012 è stato nominato parroco in solido delle parrocchie di Binanuova, Ca’ de’ Stefani, Gabbioneta e Vescovato; e dal 2014 al 2018 anche di Pescarolo e Pieve Terzagni. Dal 2000 è docente in Seminario e dal 2008 anche presso l’Istituto superiore di Scienze religiose “S. Agostino”. Nel 2021 è stato nominato parroco della parrocchia “S. Ambrogio” in Cremona, con anche il ruolo di moderatore dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” (S. Ambrogio, Cambonino, Boschetto e Migliaro). Ora è stato nominato anche parroco della parrocchia “Ss. Nazaro e Celso in S. Giuseppe” nel quartiere Cambonino di Cremona.

 

Don Umberto Zanaboni, classe 1975, originario di Pandino, è stato ordinato sacerdote il 17 giugno 2000. Ha iniziato il proprio ministero come vicario di Sabbioneta e dal 2008 lo è stato anche di Breda Cisoni, Ponteterra e Villapasquali; successivamente è stato vicario di Caravaggio (2009-2016). Nel 2016 è stato nominato parroco di Cella Dati, Derovere e Pugnolo, e dal 2019 è stato anche collaboratore parrocchiale di Longardore, San Salvatore, Sospiro e Tidolo. Nel 2018 è stato scelto come vicepostulatore della causa di beatificazione del servo di Dio don Primo Mazzolari e dal 2022 ricopre il ruolo di incaricato diocesano per la Pastorale missionaria. Dal 2021 al 2023 è stato collaboratore parrocchiale della parrocchia “Santi Fabiano e Sebastiano martiri” in Cremona. Nel 2023 è stato nominato amministratore parrocchiale dell’unità pastorale “Mons. Antonio Barosi” formata dalle parrocchie di Casteldidone, San Giovanni in Croce, San Lorenzo Aroldo, Solarolo Rainerio e Voltido. Ora è stato nominato collaboratore dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” in Cremona, formata dalle parrocchie di Sant’Ambrogio, Cambonino, Boschetto e Migliaro.

 

 

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Domenica mattina al Cambonino don Arienti si insedia come nuovo parroco

La comunità parrocchiale dei Santi Nazaro e Celso in San Giuseppe, nel quartiere Cambonino di Cremona, domenica 8 ottobre con la celebrazione eucaristica delle 10.30 presieduta dal vescovo Antonio Napolioni accoglierà ufficialmente il nuovo parroco don Paolo Arienti, già parroco della parrocchia di S. Ambrogio. Per l’occasione la S. Messa di S. Ambrogio delle ore 10 sarà sospesa.

Don Arienti è anche moderatore dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari”, che comprende le parrocchie di S. Ambrogio e del Cambonino insieme a quelle del Boschetto e del Migliaro (queste ultime guidate da don Maurizio Ghilardi).

Insieme a don Arienti, inizierà il suo nuovo incarico anche don Umberto Zanaboni: il sacerdote che dallo scorso anno è responsabile in diocesi della pastorale missionaria e ricopre il ruolo di vicepostulatore della causa di beatificazione di don Mazzolari, risiederà al Cambonino con l’incarico di collaboratore parrocchiale delle quattro parrocchie dell’unità pastorale, così come don Nicolas Diene, cappellano della comunità africana anglofona, già in servizio nell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” come collaboratore dal 2021.

In preparazione all’ingresso del nuovo parroco la comunità del Cambonino è chiamata a ritrovarsi nel pomeriggio di venerdì 6 ottobre per la Messa, con l’adorazione dalle ore 17 fino alle 21, quando si terrà un momento comunitario di adorazione con testi mazzolariani presieduto da don Ghilardi.

È stato successivamente fissato un momento di incontro con i sacerdoti e i fedeli del quartiere dopo la Messa di domenica 22 ottobre per riflettere e scambiarsi vicendevolmente le prospettive future da percorrere insieme.

 

Biografia dei sacerdoti interessati dalle nomine

Don Paolo Arienti, classe 1972, originario di Piadena è stato ordinato sacerdote il 19 giugno 1999. Ha iniziato il ministero sacerdotale a Cremona come vicario della parrocchia “Ss. Nazario e Celso in S. Abbondio”. Nel 2002 per continuare gli studi è stato inviato a Roma, dove ha conseguito la licenza in Teologia dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana. Dal 2004 al 2011 è stato vicario a “Cristo Re” in Cremona e segretario dell’Ufficio evangelizzazione e catechesi. Dal 2011 al 2021 è stato responsabile dell’Ufficio diocesano per la Pastorale giovanile, presidente della Federazione Oratori Cremonesi e dell’associazione NOI, oltre che consulente ecclesiastico del CSI di Cremona. Dal 2017 al 2021 è stato inoltre coordinatore dell’area pastorale “In ascolto dei giovani”. Nel 2012 è stato nominato parroco in solido delle parrocchie di Binanuova, Ca’ de’ Stefani, Gabbioneta e Vescovato; e dal 2014 al 2018 anche di Pescarolo e Pieve Terzagni. Dal 2000 è docente in Seminario e dal 2008 anche presso l’Istituto superiore di Scienze religiose “S. Agostino”. Nel 2021 è stato nominato parroco della parrocchia “S. Ambrogio” in Cremona, con anche il ruolo di moderatore dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” (S. Ambrogio, Cambonino, Boschetto e Migliaro). Ora è stato nominato anche parroco della parrocchia “Ss. Nazaro e Celso in S. Giuseppe” nel quartiere Cambonino di Cremona.

 

Don Umberto Zanaboni, classe 1975, originario di Pandino, è stato ordinato sacerdote il 17 giugno 2000. Ha iniziato il proprio ministero come vicario di Sabbioneta e dal 2008 lo è stato anche di Breda Cisoni, Ponteterra e Villapasquali; successivamente è stato vicario di Caravaggio (2009-2016). Nel 2016 è stato nominato parroco di Cella Dati, Derovere e Pugnolo, e dal 2019 è stato anche collaboratore parrocchiale di Longardore, San Salvatore, Sospiro e Tidolo. Nel 2018 è stato scelto come vicepostulatore della causa di beatificazione del servo di Dio don Primo Mazzolari e dal 2022 ricopre il ruolo di incaricato diocesano per la Pastorale missionaria. Dal 2021 al 2023 è stato collaboratore parrocchiale della parrocchia “Santi Fabiano e Sebastiano martiri” in Cremona. Nel 2023 è stato nominato amministratore parrocchiale dell’unità pastorale “Mons. Antonio Barosi” formata dalle parrocchie di Casteldidone, San Giovanni in Croce, San Lorenzo Aroldo, Solarolo Rainerio e Voltido. Ora è stato nominato collaboratore dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” in Cremona, formata dalle parrocchie di Sant’Ambrogio, Cambonino, Boschetto e Migliaro.

 

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Cattolici romeni, don Gabriel Ionut Giurgica nuovo cappellano

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Nella mattinata di domenica 1° ottobre, nella chiesa parrocchiale di Borgo Loreto, a Cremona, il sacerdote romeno don Gabriel Ionut Giurgica ha iniziato ufficialmente il suo ministero come nuovo assistente spirituale della comunità cattolica romena di Cremona. L’occasione è stata la Messa della comunità presieduta per l’occasione dal vescovo Antonio Napolioni.

La liturgia, animata dalla comunità romena insieme a quella parrocchiale, è stata concelebrata da don Pietro Samarini, parroco di Borgo Loreto, don Isidor Iacovici, direttore nazionale per la Comunità romena di rito latino in Italia, don Pierluigi Codazzi, direttore di Caritas Cremonese, e don Mario Binotto, che per un anno ha accompagnato la comunità romena cattolica dopo che don Anton Jicmon ha assunto l’incarico di parroco in diocesi.

Originario della diocesi di Iași, in Romania, don Gabriel Ionut Giurgica arriva a Cremona dopo un servizio di tre anni a Torino presso la locale comunità cattolica romena, che lo ha voluto accompagnarlo nel suo nuovo incarico.

La presenza di don Gabriel è frutto di un accordo tra il vescovo della diocesi di Iași, Iosif Păuleţ, la Cei e il vescovo Napolioni e prevede un periodo di servizio a Cremona di tre anni, rinnovabile di altri tre fino a un massimo di nove anni.

La comunità cattolica romena a Cremona conta oltre un centinaio di fedeli, che dal 2002 era solia trovarsi presso la Casa dell’Accoglienza di Cremona. Attualmente i momenti comunitari sono presso la chiesa di Borgo Loreto ogni martedì, venerdì e sabato alle 19.30 per la Messa, preceduta alle 19 dalla preghiera del Rosario. La domenica mattina la Messa festiva è alle 9.30.

Nella sua omelia mons. Napolioni, riprendendo il brano evangelico del giorno, ha voluto sottolineare l’abilità di convertirsi prendendo ad esempio il comportamento del figlio che risponde negativamente alla richiesta del padre per andare a lavorare nella vigna, ma che successivamente cambia idea e si mette al lavoro: «Gesù non mette in crisi chi si impegna, ma vuole fargli scoprire la gioia di farlo rifiorire sempre dopo ogni caduta».

 

L’omelia del vescovo Napolioni

 

Una giornata di festa vissuta con partecipazione dall’intera comunità, con gli abiti e i gesti tipici della tradizione.

 

Il saluto della comunità al nuovo cappellano

 

Intervento di don Isidor Iacovici

 

Saluto di don Gabriel Ionut Giurgica

 

Alla celebrazione eucaristica è seguito un ricco rinfresco in oratorio con i cibi preparati dalla comunità romena per festeggiare insieme l’arrivo del nuovo assistente spirituale.




La parrocchia della Beata Vergine accoglie don Spreafico. «Mettiamoci pure all’opera senza paura: possiamo cambiare tutto tranne il Vangelo di Gesù»

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L’ingresso di don Andrea Spreafico come parroco della parrocchia della Beata Vergine di Caravaggio è avvenuto nella mattinata di domenica 24 settembre nella chiesa di viale Concordia, a Cremona.

La celebrazione dell’Eucarestia, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni, è stata preceduta dal saluto dell’assessore Barbara Manfredini, che a nome dall’Amministrazione comunale di Cremona ha accolto il nuovo parroco, ricordando la disponibilità del Comune a collaborare nel rispetto dei diversi ruoli, assicurando il sostegno e sottolineando l’importanza di costruire modelli innovativi per dare impulso alla solidarietà e alle scelte sociali.

 

Il saluto dell’assessore Manfredini

 

In chiesa molti i parrocchiani provenienti dalle parrocchie di Cicognara, Cogozzo e Roncadello Po, insieme ai familiari hanno voluto accompagnare il sacerdote nella nuova parrocchia cittadina.

All’inizio della Messa, accompagnata dai canti del coro parrocchiale, il vescovo di Cremona ha subito rivolto un suo pensiero a don Riccardo Vespertini, cappellano del vicino ospedale e nominato collaboratore parrocchiale, purtroppo assente perché momentaneamente malato.

La celebrazione è quindi  iniziata con la lettura del decreto di nomina da parte di don Pietro Samarini, vicario zonale, al quale è seguito un canto di invocazione allo Spirito Santo e quindi, l’aspersione dell’altare e dell’assemblea seguita dall’incensazione dell’altare da parte di don Andrea.

Una rappresentante della parrocchia ha preso poi la parola per riportare il saluto rivolto ai due sacerdoti che iniziano a svolgere il loro lavoro nella comunità: «Siamo un quartiere di periferia con una popolazione multietnica, di famiglie con bambini piccoli e di anziani: i luoghi più significativi sono il carcere, l’ospedale e il monastero di clausura – ha quindi proseguito nel suo saluto – abbiamo reciprocamente delle aspettative: noi desideriamo guide sicure, pastori avveduti e lungimiranti che mettano al centro le persone più che le cose da fare e che sappiano ascoltare più che organizzare: che ci aiutino a vivere la nostra periferia nella visione di Chiesa a cui costantemente ci chiama Papa Francesco. Pensiamo che voi desideriate trovare una comunità accogliente, laici capaci di comprensione e condivisione».

 

Il benvenuto della parrocchia

 

Il vescovo Napolioni nella sua omelia ha voluto sottolineare il comune bisogno di comunione: «Il Vangelo di oggi ci invita a cercare Gesù nella collaborazione con don Riccardo, con i parroci vicini, con il vescovo: c’è tanto bisogno di comunità perché nessuno vive chiuso dentro i confini dei quartieri. – ha quindi continuato il vescovo nella sua riflessione – fare il parroco insieme a una comunità che è in cammino in ascolto della Parola, nella ricerca del Signore e nel cogliere ogni frammento di vita nel Corpo di Cristo è la cosa più bella che ci possa capitare. Per questo auguro a don Andrea e a tutti voi di essere un prete e cristiani felici».

L’omelia del vescovo Napolioni

 

La celebrazione è proseguita con la liturgia eucaristica, al termine della quale don Andrea ha rivolto alcune parole ai presenti: «Il mio saluto è un augurio: ai miei nuovi fratelli e sorelle della “Beata” dico che non abbiamo tempo da perdere, non possiamo buttare via le mie e le vostre fatiche, anzi le porteremo ogni domenica sull’altare del Signore perché il suo Spirito le trasformi nel suo Corpo. Mettiamoci pure all’opera senza alcuna paura: abbiamo il permesso di cambiare tutto tranne il Vangelo di Gesù».

 

Il saluto del nuovo parroco

 

Per concludere la mattinata di gioia, dopo le firme dell’atto di immissione alla presenza dei testimoni, è stato quindi il momento di un rinfresco in oratorio per festeggiare insieme e scambiare le prime parole di conoscenza con il sacerdote appena accolto.

 

 

Profilo dei sacerdoti interessati dalle nomine

Don Andrea Spreafico, classe 1973, originario di Brignano Gera d’Adda, è stato ordinato sacerdote il 20 giugno 1998. Ha iniziato il proprio ministero come vicario ad Agnadello. Nel 2003 è stato nominato collaboratore parrocchiale di Antegnate, dove è stato quindi vicario dal 2006 al 2013. Nel 2013 è stato nominato parroco di Cicognara, Cogozzo e Roncadello. Dal 2017 è incaricato diocesano per il Sostegno economico alla Chiesa.

 

 

Don Riccardo Vespertini, classe 1966, originario della parrocchia “Ss. Giacomo e Agostino” in Cremona, è stato ordinato sacerdote il 17 giugno 2000. È stato vicario a San Bassano (2000-2002) e Rivolta d’Adda (2002-2011). Nel 2011 è stato nominato parroco in solido di Isola Dovarese, Pessina Cremonese, Silo de’ Mariani e Villarocca. Dal 2011 è anche assistente spirituale all’Ospedale di Cremona.

 

 

Saluto del nuovo parroco sul giornalino parrocchiale

Cari amici della Beata Vergine di Caravaggio in Cremona, scrivo queste parole il 28 luglio, mentre i bus ci portano a Cesenatico per l’ultima gitaa del Grest 2023. Sono passati ormai tre mesi dal giorno del colloquio con il Vescovo e ne mancano poco meno di due alla nostra vita insieme. Vorrei condividere con voi i pensieri che ultimamente mi abitano. Si tratta per me di un tempo di grande trambusto sia fisico che spirituale. Fisico, perché oltre al Grest c’è un trasloco a più passaggi e il riordino delle ultime questioni aperte a Cicognara, Cogozzo e Roncadello… Il trambusto spirituale è certamente più rilevante: 10 anni su 50 sono una parte consistente dell’intera vita: ci sono gli affetti verso le persone più vicine e c’è il rammarico per non avere completato come si doveva il lavoro… I distacchi non li vuole nessuno, fanno soffrire tanto… Ma sono essenziali per cambiare e imparare e “fare la differenza”… Il Signore Gesù ci ha salvati proprio grazie al suo doppio “distacco”: dal Cielo, incarnandosi, e dalla vita, accettando per noi e per tutti il tradimento e il sacrificio della Croce. Guardando invece avanti non vi nascondo i sentimenti di trepidazione per l’impresa che ci aspetta. Nella prima domenica d’autunno il vescovo Antonio mi consegnerà la cura della comunità: io diventerò per voi il quarto parroco della storia della Beata Vergine di Caravaggio e voi la mia seconda parrocchia da servire con responsabilità piena. Dal confronto con don Giulio e don Davide, che ringrazio per la gentilezza e la limpidezza del tatto, ho compreso che si tratta di una comunità molto diversa da tutte le altre: per la chiesa moderna, per gli immensi spazi interni ed esterni, per l’anla frequentazione dei ragazzi delle superiori, per la presenza variegata di tutte le etnie del mondo, per la sua storia recente e per essere nata completamente “dal basso”… Se per alcuni tutto questo può sembrare limite o sfortuna, io penso invece che si tratti dei nostri punti di forza: – ci serve proprio una Chiesa moderna – e non parliamo di muri. Il Figlio di Dio non ci ha lasciato una mummia da museo alla quale bloccare l’inesorabile degrado… Ma ci ha chiesto di essere il suo Sacramento vivente nel mondo in cui ci ha posti a vivere. Ecco perché occorre che impariamo “la lingua” di questo mondo, senza vergogna o schifo di nulla e soprattutto senza paura di cambiare qualsiasi cosa, pur di condurre alla gioia del Vangelo. E la nostra Chiesa ha ancora tanta strada da percorrere… – gli spazi immensi sono il segno della massima apertura e disponibilità: significa che c’è posto per tutti alla Beata Vergine, come nei banchetti di nozze delle parabole che racconta Gesù… Starà a noi fare in modo che si riempia non a casaccio come una cantina intasata, ma con ordine e aiutando ciascuno a trovare la sua motivazione. Quindi: invitati tutti… Ma con la “veste Bianca”! – se l’oratorio è considerato un punto di ritrovo per tanti ragazzi è segno che la prima parte del lavoro è già andata a buon fine. Sappiamo che si diventa grandi solo quando si impara a servire: con loro andremo di sicuro in questa direzione. – la presenza variegata di etnie e religioni: significa confronto, arricchimento, prospettive nuove, sfide, provocazioni… Insomma terreno fertile per conoscere il nuovo e per fare la nostra proposta di vita alla maniera del primo miracolo di Pietro Giovanni nel giorno di Pentecoste al tempio: “quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo…”. Ci servirà la stessa Fede degli Apostoli e lo stesso Spirito di Dio. – non siamo l’antica Comunità della Cattedrale o quella prestigiosa di Sant’Agata… Ma una parrocchia di periferia nata solo 56 anni fa “dal basso”… La storia recente renderà meno pesanti i fardelli delle tradizioni (morte) e ci renderà più leggeri per affrontare il futuro… Mentre le “non nobili” origini ci ricorderanno che la salvezza dell’intero universo è incominciata dal sì di una ragazza povera nella sua casetta di Nazareth… E dopo nove mesi in una cantina per le pecore di Betlemme… Tutto questo ci aiuterà a ricordare la vera postura della nostra missione. Visto? Abbiamo tutte le carte per vivere una meravigliosa avventura: quella di costruire insieme una bella fraternità… Di rendere reale e concreto nel piccolo della nostra periferia il sogno del Signore Gesù: portare nella festa del Padre il maggior numero di invitati: ma da fratelli, non concorrenti; da amici, non traditori; da figli titolari, non da schiavi spaventati. E quella ragazza di Nazareth, dalla Fede smisurata e capolavoro dello Spirito Santo, quella che colora di blu la nostra chiesa… Lei che è partita dal basso delle periferie e ora è Assunta nella gloria della nostra Cattedrale, non mancherà di farci da madrina in questo santo viaggio insieme. Ci vediamo presto!

don Andrea S.

 

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