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A Brancere la comunità in preghiera con Maria, regina del Po

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Un pomeriggio all’insegna della fede, della preghiera e della devozione mariana quello che si è celebrato nel pomeriggio di martedì 15 agosto, solennità dell’Assunta, lungo le rive del Grande Fiume.

Come da tradizione la statua della Madonna di Brancere, partendo dalla Canottieri Flora, è stata portata sul fiume Po dai “pescatori scalzi” e accompagnata sulla barca da cui don Pietro Samarini, moderatore dell’Unita pastorale “Madre di Speranza” e vicario zonale della città di Cremona, ha benedetto le società sportive seguendo la corrente del fiume.

Quindi, il corteo di barche a remi e gommoni ha accompagnato la statua della Madonna fino alla località Sales, dove fedeli e sacerdoti stavano aspettando l’arrivo della processione fluviale.

Dopo un omaggio floreale in memoria delle vittime delle inondazioni, la statua è stata portata a riva dai “pescatori scalzi” e di lì trasportata in processione accompagnata dai rematori e dai gonfaloni dei Comuni della zona.

La liturgia eucaristica è stata celebrata sotto l’ombra degli alberi che circondano la santella mariana opera di Graziano Bertoldi inaugurata per il Giubileo del 2000.

Don Antonio Pezzetti, parroco di Piadena e vicario della zona pastorale IV, ha presieduto la Messa. A concelebrare don Pierluigi Vei, parroco di Stagno Lombardo e Brancere, don Alberto Mangili, parroco del Bosco ex Parmigiano, don Roberto Musa, parroco di San Daniele Po, e don Pietro Samarini, vicario zonale della zona pastorale III e parente da parte di una nonna di don Aldo Grechi, ideatore di questa tradizione agostana la cui memoria rimane sempre viva insieme a quella del vescovo Maurizio Galli, fortemente legato a questa celebrazione. La liturghia è stata animata col canto dal maestro don Graziano Ghisolfi e dalla soprano Annalisa Losacco.

 

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Nell’omelia don Antonio Pezzetti ha voluto ricordare come «Maria, che è stata la Madre di Dio e la sua capacità è di essere obbediente alla volontà del Padre, ha fatto sì che il Signore le  abbia donato non solo di nascere Immacolata, ma anche di vivere alla fine della sua vita l’Assunzione in cielo, di non conoscere la corruzione del sepolcro». «Il privilegio di Maria – ha quindi proseguito il vicario zonale – non resta però caso isolato, perché ciò che noi celebriamo di Maria è anticipo di quello che avverrà anche a noi: non solo Maria è in Cielo anima e corpo, ma anche per noi sarà questo futuro».

Nell’omelia un accenno anche alla Giornata mondiale della gioventù da poco conclusa a Lisbona: «Viviamo questa devozione, riconoscendo in Maria il modello della nostra vita di fede: il Vangelo di oggi, quello della Visitazione, è stato scelto dal Papa per la Gmg terminata pochi giorni fa. Proprio con questo Vangelo il Papa ha invitato i giovani, come tutti noi, a portare la gioia di essere cristiani alle altre persone». E ha continuato: «Chiediamo a Maria di essere testimoni nelle nostre vite di questa presenza, di questa fede dentro di noi; non dobbiamo avere paura di vivere questa storia, ma guardiamo al futuro con speranza, perché Dio ha vinto il male e noi siamo dei salvati. Viviamo in un mondo segnato da tante difficoltà, ma quando non ci sono state difficoltà? Ci sono problemi grandi, i cambiamenti climatici, il problema della pace, dell’immigrazione: temi grandi che tante volte sembrano non avere soluzioni e noi siamo preoccupati giustamente dalle nostre difficoltà, ma Maria deve aiutarci a guardare al futuro in modo diverso».

Prima di concludere l’invito del parroco di Piadena ad allargare lo sguardo: «Se affrontiamo i nostri problemi guardando anche chi ci è vicino, attenti a ciò che accade intorno a noi, alle nostre comunità, forse anche i nostri problemi e la nostra quotidianità possono essere diversi». Poi l’auspicio e l’invito ai fedeli presenti: «Chiediamo quindi a Maria la forza della fede per essere sempre attenti, anche al mondo femminile: chiediamo a lei, donna di fede, madre di Cristo e madre nostra di aiutarci a vivere il nostro presente e di accompagnarci e sostenerci verso il nostro futuro».

Al termine della celebrazione i ringraziamenti da parte del parroco don Pierluigi Vei e del sindaco di Stagno Lombardo, Roberto Mariani, rivolti agli esponenti del mondo religioso e civile che hanno contribuito all’organizzazione della manifestazione.

Presenti alla celebrazione molte autorità civili cremonesi e dei comuni rivieraschi con i gonfaloni e l’attenta presenza della Protezione civile e dei corpi delle Forze dell’ordine che hanno garantito il regolare svolgimento della celebrazione.




Messa in Cattedrale nella Giornata dei nonni e degli anziani: «In ogni tratto di vita riconosciamo il disegno di Dio»

In occasione della III Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani, celebrata il 23 luglio,  la Diocesi di Cremona con Caritas cremonese, in sinergia con Cooperativa Nazareth e Musei della Diocesi di Cremona, hanno proposto  in particolare proprio a nonni e anziani della diocesi la celebrazione di una Santa Messa in Cattedrale dedicata a nonni e anziani, seguita da una visita guidata gratuita al Museo Diocesano.

A celebrare la liturgia è stato don Antonio Bandirali, parroco dell’Unità pastorale “S. Omobono”, affiancato da don Pierluigi Codazzi, incaricato diocesano della pastorale caritativa, che ha presentato l’iniziativa, inserita nel progetto di Caritas cremonese e Cooperativa Nazareth “Anziani custodi di speranza” supportato all’interno della co-progettazione di Caritas Italiana e Intesa San Paolo, con l’obiettivo di costruire per una rete solidale per la terza età sui territori diocesani. Significativamente, la celebrazione di questa Giornata precede di alcuni giorni la memoria dei Santi Gioacchino ed Anna, genitori della Beata Vergine Maria e quindi nonni di Gesù che si celebra il 26 luglio.

«Anche oggi la liturgia ci propone delle parabole tramite le quali Gesù ci aiuta a capire quale sia il regno di Dio – ha sottolineato don Bandirali nella sua omelia, riferendosi alle letture del giorno – Gesù ci dice che la Storia non è segnata soltanto dall’agire arbitrario dell’uomo, ma dalla salvezza che Cristo ha guadagnato per attirare l’uomo al bene».

 

Ascolta l’omelia

 

Quindi, la riflessione si è spostata sul tema della Giornata: «Il Papa, nel suo bellissimo messaggio per la Giornata, recupera l’incontro tra Maria ed Elisabetta: non si tratta solo di mettere al centro dell’attenzione le generazioni più anziane, ma di mettere al centro il dialogo e la relazione tra generazioni, riconoscere la misericordia di Dio che si trasmette di generazione in generazione».

Ha quindi proseguito il sacerdote: «Andare a recuperare ciò che è il passato e guardare al futuro: è questa la necessità perché la vita possa essere custodita in ogni tratto, dove può riconoscersi il disegno di Dio».

Nell’omelia non è mancato nemmeno il riferimento alla Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a inizio agosto a Lisbona: «Il Papa ricorda come sia necessario che le generazioni si prendano cura gli uni degli altri, non solo la cura dei nonni verso i nipoti, ma anche la cura dei più giovani verso le generazioni più anziane: è prossima anche la Gmg e il Papa suggerisce che i giovani possano dedicare del tempo agli anziani». Anche la Federazione Oratori Cremonesi, facendosi promotrice del messaggio del Papa, ha rivolto un invito speciale a tutti i giovani della diocesi (sono circa 370) iscritti alla Gmg, a compiere questo gesto nei confronti di nonni e anziani.

Gesti concreti che si affiancano alla preghiera e alla riflessione per attuare pienamente l’invito del Papa in questa Giornata dedicata ai nonni e agli anziani.

E proprio il progetto “Anziani custodi di speranza” propone e realizza sul territorio azioni concrete di vicinanza e solidarietà: la consegna domenicale di pasti a domicilio nei mesi di ottobre, novembre e dicembre come supporto alimentare e relazionale ad anziani autosufficienti in condizioni di fragilità; il potenziamento dei servizi domiciliari ad anziani già in corso di realizzazione da parte della Cooperativa Nazareth in sinergia con il Comune di Cremona; l’attivazione di un riferimento telefonico che permetta anche a distanza di svolgere azioni di ascolto, di rilevazione del bisogno, di orientamento alle risposte e anche molto semplicemente di compagnia; laboratori di pet therapy con professionisti per generare stimoli ed esperienze positive e migliorare capacità relazionali e autostima; un affiancamento tecnologico per l’accesso a servizi digitali dedicati alla terza età, come la nuova piattaforma Social Care in corso di implementazione da parte dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in sinergia con Comune di Cremona, Consorzio Solco e Politecnico di Milano; un raccordo e riferimento per assistenti familiari non italiane già attive sul territorio e che in questi anni hanno trovato un punto di ritrovo e di socialità nella Casa dell’accoglienza di Cremona.

Il progetto verrà realizzato in collaborazione con i cinque centri di ascolto parrocchiali presenti a Cremona, la San Vincenzo e l’associazione No Spreco, i centri anziani attivi nelle parrocchie, enti pubblici e terzo settore.

 

L’invito del Papa ai Giovani: prima di partire per la Gmg fate visita ai nonni

Giornata mondiale dei nonni e degli anziani: concessa l’indulgenza plenaria




Arriva fino a noi il messaggio di don Primo contro la guerra. Presentato a Cremona il libro “La pace. Adesso o mai più”

 

È stato presentato nel pomeriggio di venerdì 14 luglio presso la Sala conferenze della Biblioteca statale di Cremona il libro “La pace. Adesso o mai più”, una nuova raccolta di testi di don Primo Mazzolari curata da don Bruno Bignami, postulatore della causa di beatificazione di don Primo, e dal vicepostulatore don Umberto Zanaboni. Ad aprire la presentazione Walter Montini, presidente della sezione cremonese dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti (Ucid). Insieme ai curatori del libro anche la direttrice della biblioteca, Raffaella Barbierato.

 

Ascolta l’introduzione di Walter Montini

 

«Come spesso capita la pubblicazione di un libro ci supera – ha esordito don Bignami presentando il volume che consiste in una raccolta di scritti sul tema della pace elaborati da Mazzolari estrapolandoli dal quindicinale Adesso nel periodo dal 1949 al 1959 – abbiamo iniziato a pensare a questo libro dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina», ha spiegato, sottolineando che il libro è introdotto dalla prefazione del cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana nelle scorse settimane in missione di pace proprio a Kiev e Mosca come inviato di Papa Francesco.

 

Ascolta l’intervento di don Bruno Bignami

 

Il tema della pace per don Primo è centrale: «Ha vissuto le due guerre mondiali in modo diverso, ma come protagonista, nel senso che l’hanno segnato in modo radicale e profondo – ha spiegato don Bruno Bignami – nell’elaborazione del suo pensiero su questo tema Mazzolari si accorge che le guerre del Novecento riguardano i civili, non solo gli eserciti, fino ad arrivare alle conseguenze catastrofiche della bomba atomica».

Quindi Bignami ha voluto sottolineare come il pensiero mazzolariano non è rimasto circoscritto: «Questi concetti sono stati analizzati anche dentro la Chiesa e ci si è accorti che il teorema della guerra giusta andava messo in discussione».

Un tema importante analizzato da Bignami ha riguardato quindi la capacità del parroco di Bozzolo di raccogliere le istanze delle diverse parti durante la Guerra Fredda, senza mai semplificare in logiche di mera contrapposizione: «Mazzolari fa una scelta, ma, pur essendo atlantista, spiega che bisogna stare attenti a muoversi, pone il tema di quante armi e di quali armamenti perché un conto è la legittima difesa, mentre un altro è l’utilizzo di altre armi, come le armi atomiche. Non assolve il mondo che ha deciso di sostenere».

Quindi, Bignami ha concluso il suo intervento ricordando come: «”Agonizzare per la pace” è un’espressione tipica di Mazzolari, la quale indica la necessità di “stare in mezzo” perché la pace si costruisce aprendo un dialogo tra le parti. Queste pagine ci aiutano a capire il contesto attuale nel quale abbiamo bisogno di questa profezia che non è astratta perché l’esperienza della guerra per Mazzolari è un’esperienza concreta dalla quale ne conclude che la tragedia della guerra la pagano gli ultimi».

È intervenuto, quindi, don Umberto Zanaboni il quale ha esordito ringraziando la direttrice Barbierato per l’aiuto e il supporto forniti nella ricerca del materiale raccolto durante la prima fase del processo di beatificazione.

 

Ascolta l’intervento di don Umberto Zanaboni

 

«Alcuni suoi temi cardine sono ormai entrati anche nel magistero della Chiesa – ha spiegato don Zanaboni – come il tema fondamentale  della fraternità: Mazzolari si trova a predicare di un Cristo che è morto per tutti, mentre la logica della guerra porta agli schieramenti».

Zanaboni ha quindi ricordato come un altro tema molto caro a don Primo riguarda il fermare la corsa agli armamenti: «Prima di tutto – ha osservato il sacerdote – la spesa per armarsi sottrae risorse alla spesa sociale, ad esempio agli investimenti per sanità e scuola, ma Mazzolari dice che armarsi crea i presupposti per la guerra. La guerra si alimenta con la creazione del nemico».

La riflessione è proseguita con un’analisi del pensiero di Mazzolari che vede nella guerra una bestemmia: «Tema importante è la paternità di Dio, che dona la misericordia all’umanità: nel libro Tu non uccidere Mazzolari arriva a dire che la guerra è deicidio perché dentro ogni uomo c’è l’immagine di Dio».

 

Ascolta l’intervento di Raffaella Barbierato

 

A concludere la presentazione del libro la riflessione della direttrice della biblioteca Raffaella Barbierato, la quale ha voluto evidenziare due diversi livelli di lettura di questo libro: «Possiamo leggere questo libro come una raccolta di scritti dal periodico Adesso dove ogni affermazione ha un suo riferimento storico o cronachistico, ma se riusciamo per un attimo a non leggere le date, a non andare a leggere le note storiche e ci estraniamo a leggere solo le parole di don Primo, riusciamo a vedere il continuo riferimento all’oggi».

La direttrice Barbierato ha anche voluto ricordare il fatto che è conservata presso la Biblioteca di Cremona la raccolta del periodico Adesso: «È anche orgoglio della Biblioteca avere conservato queste pagine perché è qualcosa che serve». A noi, oggi.




Nell’anniversario di dedicazione della Cattedrale, «casa di preghiera» aperta sul mondo

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Nella mattina di venerdì 2 giugno, il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto in Duomo la Messa in occasione della Dedicazione della Cattedrale, avvenuta il 2 giugno 1592 quando il vescovo Cesare Speciano intitolò a Santa Maria Assunta e Sant’Omobono la chiesa madre, ampliamento di quella fondata nel 1107.

All’inizio della celebrazione eucaristica nel giorno del 431° anniversario mons. Ruggero Zucchelli, presidente del Capitolo della Cattedrale, ha voluto ringraziare il vescovo per la partecipazione e ricordare la speciale occasione ai fedeli presenti. 

Alla ricorrenza si è anche aggiunto anche il ricordo dei 60 anni di ordinazione di mons. Giuseppe Perotti, membro del capitolo della Cattedrale: «Grazie don Giuseppe della tua testimonianza, ti siamo vicini e ti auguriamo ogni bene. Il Signore sia con te e ti protegga nel tuo cammino quotidiano» le parole rivolte da mons. Zucchelli al membro del capitolo festeggiato.

Anche il vescovo Napolioni ha quindi rivolto i propri auguri a mons. Perotti e ha voluto sottolineare anche la festività civile del 2 giugno: «Oggi è la Festa della Repubblica che tra poco la comunità cittadina e provinciale vivrà sulla piazza. Siamo Chiesa nel mondo e per la salvezza del mondo: invochiamo qui la misericordia del Signore sul mondo che ci rende costruttori di pace»

Mons. Napolioni ha quindi iniziato la sua omelia con una provocazione: «Avrei la tentazione di fare un cartello per metterlo sulla facciata della Cattedrale con le parole sentite nelle letture di oggi: “Casa di preghiera”. Quanto è bello quando in Cattedrale c’è anche una sola persona che fa silenzio, nel suo cuore si compie un grande mistero, l’incontro con Dio, la preghiera – ha quindi proseguito il vescovo di Cremona – il cartello sarebbe una sorta di invito, non di giudizio, come dice il Signore per bocca di Isaia: vi colmerò di gioia nella mia casa di preghiera perché Gesù fa delle nostre chiese non solo il luogo dove sta il tabernacolo, dove si raduna l’assemblea di Dio».

«La preghiera diventa esperienza di una presenza ed è così che anche noi diventiamo casa di preghiera – ha voluto proseguire il vescovo – il secondo messaggio è che voi siete tempio di Dio, non conta dove siete o quale sia la chiesa più bella o la diocesi più grande: la presenza di Dio non sarà più lontana e puramente trascendente perché si è incarnata e coinvolta totalmente in noi».

La riflessione sull’importanza della preghiera è quindi proseguita: «La scoperta della presenza genera, quindi, la comunione con Dio facendo di noi piccoli uomini e donne di comunione contro l’egoismo e i risentimenti. Una grazia che nasce e rinasce come unico vero senso della fede cristiana».

Nel concludere l’omelia mons. Napolioni ha voluto utilizzare una suggestiva immagine: «Non fermiamoci all’ammirazione puramente estetica: chiudiamo gli occhi e tracciamo i piccoli affreschi che il Signore sta tracciando nei nostri cuori e nella nostra esistenza. Chissà mons. Perotti dopo sessant’anni di sacerdozio quanti bei tratti di matita e di colore riconosce nel suo cuore con la delicatezza che gli è propria».

Il vescovo Napolioni, finita la Messa, si è quindi spostato in piazza del Comune per partecipare alle celebrazioni della Festa della Repubblica che si sono tenute alla presenza delle autorità civili cittadine, provinciali e regionali e militari: particolarmente spettacolare l’esposizione dell’enorme tricolore, srotolato sulla facciata del Torrazzo dai vigili del fuoco al termine della celebrazione civile.

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La Chiesa di Cremona guarda alla sua Cattedrale, casa della fede e dell’unità




A Cristo Re la professione di fede e il giuramento di don Trevisi in vista dell’ordinazione episcopale

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I Vespri della solennità di san Giuseppe, presieduti dal vescovo emerito Dante Lafranconi nel pomeriggio di lunedì 20 marzo nella chiesa parrocchiale di Cristo Re, a Cremona, sono stati l’occasione per la professione di fede e il giuramento di fedeltà del vescovo eletto di Trieste, don Enrico Trevisi, parroco di Cristo Re che sarà ordinato vescovo sabato 25 marzo in Cattedrale per fare quindi il proprio ingresso a Trieste il prossimo 23 aprile.

Dopo il canto dei salmi, monsignor Lafranconi ha voluto approfondire nella sua riflessione il rapporto del collegio episcopale come prosecuzione del collegio apostolico e della figura del vescovo come guida e annunciatore della Parola: «A volte la Parola del Signore incontra non solo la superficialità degli ascoltatori, ma addirittura l’ostilità: ciascun annunciatore della Parola sa che ciò che annuncia ha in sé una forza nativa. Anche se possiamo non constatarlo negli anni della nostra vita, certamente abbiamo la possibilità di credere che là dove giunge la Parola del Signore non cade mai a vuoto, come la pioggia che prima o poi feconda il terreno».

«Sentiamo il bisogno di ringraziare il Signore – ha proseguito il vescovo emerito di Cremona – per il dono che ci fa e per la responsabilità di essere degli annunciatori che hanno cercato di attuare nella propria vita la Parola, perché il collegio episcopale ha anche la funzione di essere riferimento che garantisce la fede. Per questo viene chiesto al vescovo eletto di fare pubblicamente la professione di fede e giuramento, per garantire il bene spirituale e materiale della Chiesa, perché finché si vive nella storia vige per tutti la legge dell’incarnazione».

Ascolta l’omelia del vescovo emerito Dante Lafranconi

La preghiera dei vespri è quindi proseguita con la professione di fede da parte di don Enrico Trevisi che, con la mano sul libro dei Vangeli, ha subito dopo pronunciato il giuramento di fedeltà. Un momento suggestivo e di grande significato, nel quale il vescovo eletto si dichiara solennemente fedele e obbediente alla Chiesa apostolica romana, al Sommo Pontefice e ai suoi successori. Una lunga formula in cui si dichiara l’impegno del futuro vescovo a promuovere gli insegnamenti della Chiesa, del collegio episcopale e del Papa, impegnandosi a partecipare alle assemblee dei vescovi, come i Concili, e in cui si elencano tutti gli impegni pastorali, secolari e di obbedienza propri del vescovo.

Ascolta la professione di fede e il giuramento di don Trevisi

La lettura della formula è stata quindi seguita dalla sottoscrizione del giuramento da parte di don Trevisi, del vescovo emerito Lafranconi, insieme anche al vicario parrocchiale don Pierluigi Fontana e il cancellerie vescovile don Paolo Carraro.

 

Formula del giuramento di fedeltà del vescovo eletto

Io Enrico Trevisi, nominato vescovo della Diocesi di Trieste, sarò sempre fedele e obbediente alla Chiesa santa apostolica romana e al Sommo Pontefice, Successore del beato Pietro Apostolo nel primato e Vicario di Cristo, e ai suoi legittimi Successori. E non soltanto li tratterò con sommo onore ma anche, per quanto mi sarà possibile, farò sì che ad essi sia riservato il dovuto rispetto e da essi sia tenuta lontana qualunque offesa.

Sarà mia preoccupazione promuovere e difendere i diritti e l’autorità dei Romani Pontefici; come pure le prerogative dei loro legati e procuratori. Riferirò al romano pontefice con sincerità qualunque cosa che potesse costituire un attentato ai medesimi da parte di chiunque.

Mi sforzerò di adempiere con ogni cura secondo lo spirito e la lettera dei sacri canoni gli incarichi apostolici a me dati di insegnare, santificare e governare, in comunione gerarchica col Vicario di Cristo e con i membri del Collegio episcopale.

Metterò diligente attenzione nel conservare puro e integro il deposito della fede e nel trasmetterlo in modo autentico, accoglierò poi fraternamente quanti errano nella fede e mi adopererò con ogni mezzo affinché essi ritornino alla pienezza della verità cattolica.

Prometto che parteciperò o risponderò, salvo impedimento, se chiamato a Concili e ad altre attività collegiali dei Vescovi.

Amministrerò diligentemente, secondo le norme dei sacri canoni, i beni temporali di proprietà della Chiesa a me affidata, vigilando attentamente perché non vadano in nessun modo perduti o danneggiati.

Farò mie le disposizioni del Concilio Vaticano II e gli altri decreti canonici che riguardano l’istituzione e l’ambito di azione delle Conferenze episcopali, come pure dei consigli presbiterali e pastorali, e promuoverò di buon grado un uso ordinato dei loro compiti.

Infine, nei tempi stabiliti, compirò personalmente o tramite altri, secondo quanto stabilito dal diritto, la visita ad limina apostolorum, renderò conto del mio ufficio pastorale e riferirò fedelmente circa la situazione del clero e del popolo a me affidato; inoltre accoglierò rispettosamente quanto mi verrà ordinato e lo metterò in pratica col massimo impegno.

Così mi aiuti Dio e questi santi Vangeli di Dio.




Il cibo in relazione con l’universo: la visione induista nella rassegna “Religioni a tavola”

Nel terzo incontro sulla relazione tra le religioni e il cibo, tenutosi nel pomeriggio di giovedì 9 marzo all’interno della rassegna “Le religioni a tavola”, organizzata dal Centro pastorale della sede cremonese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, presso l’aula magna del campus di via Bissolati, è stata approfondita la visione del cibo nell’Induismo.

Ospite relatore dell’incontro è stato il prof. Paolo Magnone, orientalista e sodale dell’Accademia Ambrosiana, già professore di Lingua e letteratura sanscrita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e docente di Introduzione all’Induismo presso l’Istituto superiore di scienze religiose di Milano. L’incontro, moderato da don Maurizio Compiani, assistente del campus Santa Monica, è stato introdotto dal prof. Marco Trevisan, preside della Facoltà di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali.

«Tanti possono essere i pregiudizi di questa religione per noi lontana e meno conosciuta rispetto alle religioni abramitiche più vicine a noi – ha esordito nel suo intervento Magnone – bisogna andare a fondo delle radici filosofiche indiane, che non sono in contrasto con la religione, ma vi è coincidenza».

La disamina di Magnone è proseguita illustrando il rapporto tra il cibo e il cosmo: «Tutto è mangiato e viene mangiato nell’universo, alimentando il ciclo cosmico tra umanità e divinità. Si mangia per mantenere il ritmo dell’universo, chi mangia così è un giusto mentre, al contrario, chi mangia senza preoccuparsi dell’universo mangia nel peccato».

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L’ultimo incontro del ciclo si terrà nel pomeriggio di giovedì 16 marzo (ore 16.30), sempre presso l’aula magna del campus di Santa Monica, con l’approfondimento del cibo nel Cristianesimo. Relatore sarà Antonio Giuseppe Maria Chizzoniti, direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche e professore ordinario di Diritto canonico e Diritto ecclesiastico presso l’Università Cattolica del S. Cuore e direttore della collana di studi monografici Religioni, diritto, cultura e società (Rubettino editore).




«Io sono il pane», il cibo nella fede cristiana tra comunità e Sacramento

Nel quarto e ultimo incontro sulla relazione tra le religioni e il cibo, tenutosi nel pomeriggio di giovedì 16 marzo all’interno della rassegna “Le religioni a tavola”, organizzata dal Centro pastorale della sede cremonese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, presso l’aula magna di via Bissolati è stata approfondita la visione del cibo per il cristianesimo.

Ospite relatore dell’incontro, moderato da don Maurizio Compiani, assistente del campus Santa Monica, è stato il prof. Antonio Giuseppe Maria Chizzoniti, direttore del dipartimento di Scienze giuridiche e professore ordinario di Diritto canonico ed ecclesiastico presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Inoltre, Chizzoniti è curatore della collana di studi monografici Religioni, diritto, cultura e società dell’editore Rubettino. «Le regole alimentari religiose sono formate da divieti ed obblighi che normano il cibo, i riti, le festività e le celebrazioni – ha esordito Chizzoniti – il messaggio del cristianesimo si può sintetizzare nelle tre regole: mangiare tutto, mangiare con tutti e ringraziare Dio».

«Nella Genesi Dio con l’uomo stipula il patto vegetale, con il diluvio universale, invece, il patto dell’arcobaleno con il quale si concede l’alimentazione della carne, ma non del sangue – ha spiegato il professore di scienze giuridiche – Io sono il pane, con queste parole di Gesù nell’ultima cena da vegetariani si passa diventare mangiatori di Dio».

Chizzoniti ha quindi proceduto con un excursus sulla relazione di Gesù con il cibo, accompagnando le sue parole con rappresentazioni artistiche come mosaici, affreschi e quadri: «Il primo miracolo di Gesù è un miracolo alimentare durante le nozze di Cana: mangiare con tutti, di questo verrà accusato Gesù, di essere un mangione e beone che stava a tavola con pubblicani e prostitute».

«L’ultima regola è quella del ringraziamento, un percorso che si completa nell’Eucarestia, ringraziamento, quel momento che all’inizio dei nostri pasti: possiamo vedere come l’atto del cucinare e quello di mangiare con tutti assume un senso di pienezza nella vita di Gesù» ha pertanto continuato il professore Chizzoniti.

Il prof. Chizzoniti, ha quindi concluso con il magistero di Papa Francesco: «Il Papa ci propone l’approccio ecologico che deve diventare un patto sociale, un patto per custodire il Creato:  la trasformazione del sistema alimentare per costruire nuovi modelli di sviluppo e che è basato sulla cura della nostra casa».

La disciplina penitenziale si è concentrata sul cibo perché è un elemento importante per la vita dell’uomo, ma l’astinenza e il digiuno nei giorni penitenziali possono contenere anche elementi differenti. Una serie di regole che sono entrate anche nel diritto canonico della Chiesa cattolica.

 

Ascolta l’intervento del prof. Chizzoniti




Religioni a tavola, nell’Islam mangiare è cibarsi della misericordia di Dio

Nel secondo incontro sulla relazione tra le religioni e il cibo, tenutosi nel pomeriggio di venerdì 3 marzo all’interno della rassegna “Le religioni a tavola”, organizzata dal Centro pastorale della sede cremonese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, presso l’aula magna di via Bissolati è stato approfondito il punto di vista dell’Islam.

L’incontro, moderato da don Maurizio Compiani, assistente del campus Santa Monica, è stato introdotto dalla prof. Roberta Dordoni, coordinatrice accademica del corso triennale di Scienze e tecnologie alimentari. Gli interventi sono stati tenuti da padre Paolo Nicelli, missionario del PIME e professore di Studi arabi ed islamistica presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano e di Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, e di ‘Abd Al-Sabur Turrini, imprenditore e vicepresidente dell’Unione islamica italiana.

Nicelli nel suo intervento ha voluto evidenziare che «la convivialità serve a far passare un’empatia verso le persone e questo si lega al tema della solidarietà che viene prima della religione. Il cibo c’entra non solo nella nostra vita, ma anche con Dio, che per l’islam è il più misericordioso e benevolo e, proprio tramite il cibo, comunica la sua benevolenza e la sua misericordia». 

Quindi, passando all’analisi di alcuni passi del Corano, il missionario ha approfondito alcuni termini chiave che ricorrono nel testo coranico per sottolineare che «mangiare è cibarsi della misericordia di Dio, per l’islam. Tramite il cibo si spiega il rapporto tra Dio, cibo e umanità: il cibo c’entra con la vita del fedele in quanto riferimento sacralizzato che apre all’incontro con Dio». 

L’intervento di padre Paolo Nicelli

L’intervento di Turrini è stato incentrato sull’approfondimento e l’analisi dei cibi halal (leciti) e haram (vietati): «Non esiste elemento che non sia legato al divino e anche il cibo serve per collegarsi allo spirito: tramite il cibo, infatti si collega un piano inferiore al piano superiore». Ha quindi spiegato le differenze tra cibi leciti e vietati, sia secondo il Corano che le diverse catalogazioni prodotte dalle diverse scuole giuridiche, e di come la carne animale debba essere comunque macellata secondo il rituale islamico poiché «la macellazione è un atto sacrale che implica un particolare atteggiamento di rispetto, mettendo in pratica una serie di regole e precauzioni specifiche». 

È stato sottolineato da Turrini anche l’aspetto economico dei cibi halal e di come questo mercato sia in rapida espansione mondiale. «Non solo il cibo – ha spiegato il vice-presidente dell’Unione islamica italiana – ma anche altri settori come il turismo, la farmaceutica e la cosmetica si sono adattate alle indicazioni dell’islam, promuovendo il settore halal nel rispetto della conformità religiosa, del rispetto del creato, dell’attenzione ai consumatori e all’esportazione». Ha quindi concluso: «Oltre all’aspetto tecnico bisogna vedere l’aspetto sacro, come è da vedere in ogni aspetto di questo mondo». 

L’intervento di ‘Abd Al-Sabur Turrini

I prossimi incontri si terranno sempre presso l’aula magna del campus in via Bissolati 74 nei pomeriggi (ore 16.30) di giovedì 9 marzo con un approfondimento sulle tradizioni alimentari in Induismo e Buddhismo e giovedì 16 marzo con l’approfondimento del cibo nel Cristianesimo.  




«Epifania e nascondimento», a San Sigismondo i Vespri presieduti dal Vescovo ricordando i 15 anni di clausura

 

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Nel pomeriggio di venerdì 6 gennaio il vescovo Napolioni ha presieduto i secondi vespri della solennità dell’Epifania nella chiesa di Sigismondo, a Cremona, insieme alla comunità claustrale domenica che proprio il giorno dell’Epifania hanno ricordato i 15 anni dalla posa della clausura sul monastero. L’occasione anche per ammirare la parziale nuova illuminazione della chiesa.

La preghiera dei salmi è stata accompagnata dal canto dalle monache di clausura, che dedicando la loro vita alla preghiera e alla meditazione della Parola, offrono un prezioso servizio anche nella diocesi di Cremona. Accanto al vescovo don Daniele Piazzi, cappellano del monastero, e don Giulio Brambilla, vicario episcopale per la Vita consacrata e parroco della Beata Vergine.

A caratterizzare la preghiera anche un momento di adorazione eucaristica, durante il quale il vescovo ha portato la sua riflessione: «Epifania e clausura potrebbero sembrare due realtà agli antipodi: manifestazione, visibilità e incontro universale contro nascondimento e solitudine. In realtà queste due parole, che noi qui coniughiamo da quindici anni, custodiscono una sfida e una grazia che corrisponde al nostro bisogno più profondo».

La riflessione di mons. Napolioni è quindi proseguita con il commento dei passi biblici letti durante la preghiera: «L’Apocalisse è scritta per dare uno sguardo limpido alle prime Chiese nascenti delle origini: anche il nostro tempo, come allora, ci costringe a uscire dalle sicurezze esteriori che nel tempo la Chiesa ha saputo darsi e godere, come la comunità è costretta guardarsi allo specchio per guardare al futuro, non come fa il mondo che si annichilisce nel presente e si deresponsabilizza, perché le cose che dovranno accadere tra breve saranno dono di Dio, ma saranno anche compito degli uomini».

«Il rischio è quello di essersi “sistemati” in questa buona abitudine cristiana, si può essere cristiani fedeli e anche monache fedeli a tutti gli impegni della regola – ha quindi proseguito il vescovo rivolgendosi ai presenti – ma può capitare di aver abbandonato il primo vero amore e non riconoscere che ci è riservata la gioia di Simeone e Anna».

La riflessione del vescovo è infine terminata con uno sguardo di apertura e di fede: «Che cosa c’è di sicuro nel nostro futuro? Certamente che lui verrà alla fine della storia e nelle mille circostanze dell’anno che è appena iniziato. Stasera è sera di gratitudine: guardiamo con fiducia i giorni che verranno e allora la clausura ci aiuterà ad essere tutti Epifania umile, ma bella del Signore che è presente in mezzo a noi».

 

 

La celebrazione è stata anche occasione per poter ammirare la prima parte della nuova illuminazione della chiesa di San Sigismondo che è stata installata nello scorso trimestre. Infatti, grazie alla copertura finanziaria dell’Associazione degli amici di San Sigismondo, la Fondazione Comunitaria della Provincia di Cremona Onlus e il contributo della Diocesi è stata completata la prima parte con l’illuminazione del coro, del presbiterio e di tutta la parte della clausura su progetto dell’architetta Eva Balestrieri, lavori realizzati dalla ditta Biazzi. Seguiranno gli ulteriori onerosi interventi di illuminazione alla navata centrale e alle cappelle laterali, oggi totalmente al buio, per poter permettere di ammirare la bellezza degli affreschi della chiesa in tutto il loro splendore.

 

«Ricerca, mistero e sollecitudine», le tre vie tracciate, a partire della Parola, dal vescovo Napolioni nella solennità dell’Epifania




«Una vita che rifiorisce»: la mattina di Natale il Vescovo ha presieduto in carcere la Messa dell’aurora

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La mattina di Natale, prima di presiedere la solenne Messa pontificale in Cattedrale, il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto l’Eucaristia per i detenuti all’interno della Casa circondariale di Cremona. Un momento atteso e particolarmente sentito durante il quale monsignor Napolioni ha messo al centro il tema della luce: «Noi siamo fatti per il giorno, per la luce e per la gioia – ha detto –: siamo fatti per il paradiso e vorremmo inizi già qui, anche se a volte sembra che qui sia l’inferno. La luce combatte con le tenebre e quest’anno siamo tutti più preoccupati per la guerra, per il futuro della nostra società e per le difficoltà che affrontano i giovani».

«L’aurora – ha quindi proseguito il vescovo con riferimento alla Messa dell’aurora che si stava celebrando – è il segno di una vita che rifiorisce. Ogni giorno nuovo che ci è dato è un giorno in meno di carcere, ma è un giorno in più come possibilità di rinascere ed essere migliori, per accogliere i doni della vita, per sperare e per amare. Nell’aurora c’è un po’ di notte e c’è un po’ di giorno, c’è il rischio di confonderci, dunque c’è la necessità di vigilare e vegliare come i pastori del presepe».

Monsignor Napolioni ha quindi proseguito nella sua omelia con un’immagine densa di significato: «Possiamo attraversare la notte come un bambino tenuto per mano dal padre e dalla madre con la lanterna accesa, che impara a prendere confidenza con il buio, a non cedere ai fantasmi e ad aspettare l’aurora».

Il vescovo ha quindi terminato la sua riflessione con un augurio: «Vi auguro che questo sia un buon Natale nonostante le famiglie lontane e la difficoltà a comunicare che rende più doloroso il giorno della festa, ma nella comunione che viviamo nel Signore tutti diventano vicini».

La celebrazione si è conclusa con il saluto di Matteo, un detenuto, che a nome di tutta la comunità carceraria ha voluto ringraziare il vescovo per la celebrazione della Messa natalizia e quanti con costante impegno prestano il loro servizio in carcere, permettendo ai detenuti di vivere questo momento della vita in modo più lieve.

Al termine della Messa il vescovo ha personalmente consegnato a ogni detenuto presente un piccolo dono natalizio: un braccialetto da portare sempre al polso, approfittando dell’occasione per un augurio personale con ciascuno.

La celebrazione è stata concelebrata dal cappellano don Graziano Ghisolfi, dal cappellano aggiunto don Nicolas Diène e dal segretario vescovile don Flavio Meani. Ha prestato servizio dall’altare il diacono Marco Ruggeri, operatore di Caritas Cremonese che svolge il proprio servizio presso la casa circondariale di Cremona.

La celebrazione natalizia in carcere ha fatto seguito all’incontro, di alcuni giorni prima, in occasione del Natale tra il vescovo, il personale penitenziario, gli operatori e i volontari della casa circondariale di Cremona.