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Festa con le Figlie di San Camillo, maestre di cura e tenerezza

Una gioiosa celebrazione di ringraziamento per la canonizzazione della fondatrice dell’Istituto delle Figlie di San Camillo, madre Giuseppina Vannini, si è tenuta nella chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio in Cremona nella mattinata di domenica 27 ottobre. Dopo la canonizzazione, avvenuta il 13 ottobre scorso, questo momento è stato occasione per festeggiare la proclamazione della nuova santa con quanti prestano servizio presso la casa di cura cittadina (situata proprio poco distante dalla chiesa), la parrocchia e tutti gli amici della comunità.

A presiedere l’eucarestia il vescovo di Cremona mons. Antonio Napolioni insieme al vescovo emerito Dante Lafranconi e il parroco don Carlo Rodolfi con molti diversi presbiteri concelebranti.

Alla Messa ha preso parte, naturalmente, la comunità delle Figlie di San Camillo di Cremona con la superiora, madre Anna Ucci, che all’inizio della celebrazione ha preso la parola.

Il vescovo Napolioni nell’omelia ha ripercorso le vicende della vita di madre Vannini e ha voluto collegarla all’episodio evangelico letto nel Vangelo del giorno che vede protagonisti un fariseo e un pubblicano pregare insieme nel tempio: «Gesù disse questa parabola per chi si sente giusto e disprezza gli altri, ma la via cristiana non è quella dei cristiani sul piedistallo e con il dito puntato, con ideologie o retoriche. I luoghi del dolore non hanno né passaporti né tessere di partito, ma si entra perché bisognosi di cure e di tenerezza: questo è quello che le Figlie di San Camillo mettono in pratica anche a Cremona da oltre un secolo».

L’augurio al termine dell’omelia è stato che: «oggi è bellissimo sperimentare dopo tanto tempo che questo carisma è vivo in tante persone nel mondo e speriamo che ci siano sempre donne come voi che sappiano testimoniarci che chi si umilia sarà esaltato».

All’offertorio, insieme al pane e al vino, è stata portata anche una valigetta del pronto soccorso, quale dono all’oratorio parrocchiale.

La celebrazione è stata animata con il canto da un grande coro composto dai membri del coro parrocchiale insieme alla cappella della casa di cura, diretti da Michele Bolzoni e accompagnati da due trombe e Marco Granata all’organo.

Al termine dell’Eucarestia, dopo i ringraziamenti del parroco don Carlo Rodolfi, e il bacio alla reliquia della nuova santa, la mattinata di festa è proseguita con un ricco momento di condivisione conviviale.

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Il Vescovo: «Il progetto di Dio non è dividere il mondo con steccati ma collegarlo con ponti»

In occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, celebrata dalla Chiesa dal 1914, il vescovo di Cremona Antonio Napolioni nel pomeriggio di domenica 29 settembre ha presieduto l’Eucaristia nella chiesa di Santa Maria Annunciata, nel quartiere Boschetto di Cremona.

La scelta di vivere questa ricorrenza nell’unità pastorale Boschetto-Migliaro è stata dettata dal fatto che proprio qui le comunità anglofone e francofone della città si ritrovano a pregare e dove ormai si sono creati legami con la comunità parrocchiale.

Papa Francesco per la Giornata di quest’anno ha scelto il tema “Non si tratta solo di migranti” per mostrare i punti deboli della cultura dominante e assicurare che nessuno rimanga escluso dalla società, che sia un cittadino residente da molto tempo o un nuovo arrivato.

La celebrazione eucaristica è stata animata dagli abiti colorati delle differenti tradizioni nazionali e dai canti gioiosi delle comunità provenienti da diversi Paesi: Romania, Costa d’Avorio, Congo, Nigeria e Ghana. Anche le letture e le preghiere sono state proclamate, oltre che in lingua italiana, anche in lingua francese, inglese e rumena.

Diversi i preti concelebranti: tra loro don Maurizio Ghilardi, incaricato diocesano per la pastorale dei migranti, il cappellano della comunità romena di Cremona don Anton Jicmon, alcuni sacerdoti africani e il neo direttore della Caritas don Pierluigi Codazzi.

Durante l’omelia il  Vescovo ha voluto ricordare come: «Anche in Italia si rischia di scatenare guerre tra poveri quando si ritiene che qualche migliaio di uomini, donne e bambini che arrivano attraversano il mare o per altre vie mettano in pericolo la sicurezza, la salute e la serenità di un popolo di sessanta milioni di abitanti quando invece voi dimostrate che, superata la prima fase, avete saputo inserirvi, impegnarvi, dialogare, integrarvi senza abbandonare il vostro orgoglio, le vostre radici culturali e religiose come oggi ci mostrate con la vostra presenza, con i vostri abiti e i vostri canti».

E proseguendo nella riflessione mons. Napolioni ha esortato tutti quanti: «Il progetto di Dio non è dividere il mondo con steccati ma collegarlo con ponti e la sfida diventa spirituale: chi può farlo? Nel salmo abbiamo cantato che il Signore protegge i forestieri, gli stranieri: il Signore ha scelto di fare quest’opera con la nostra collaborazione e non manda gli angeli dal cielo a salvare chi è su un gommone nel mare, ma manda uomini e donne, manda i popoli vicini, manda chi ha responsabilità e chi ha coscienza, chi rischia di persona e chi deve poi rendere conto del perché l’ha fatto». È dunque per questo motivo che «È giusto partire, è giusto intercettare chi ha bisogno, è giusto rispettare le leggi ed è giusto costringere la comunità a fare leggi ancora più giuste, ancora più attente al bene di tutti. Il Signore ci chiede, insomma, di diventare una comunità!».

Al termine della celebrazione presso l’oratorio parrocchiale è stato organizzato un rinfresco etnico con i cibi provenienti da tante parti del mondo portati dalle diverse comunità nazionali presenti.

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Nella chiesa del Migliaro una Messa senza confini




Le Acli ricordano Agnes Heller presentando il suo ultimo libro “Il demone dell’amore”

«La bellezza di una persona buona» con queste parole Carla Bellani, presidente delle Acli provinciali di Cremona, ha voluto ricordare Ágnes Heller, fra le più importanti pensatrici del secolo scorso, nella serata a lei dedicata martedì 17 settembre presso la sede delle Acli di Cremona. La serata era stata organizzata da tempo all’interno di un tour italiano atteso con molto entusiasmo dalla Heller, con il ritorno della filosofa a Cremona a distanza di un anno dalla partecipata serata presso il palazzo comunale, per la presentazione del suo libro “Il demone dell’amore”: la sua inaspettata morte ha lasciato tutti sorpresi ma il tour italiano che era già in programma è comunque in corso grazie alla partecipazione dei due coautori del libro Genny Losurdo e il giornalista Francesco Comina.

Il giornalista Comina ha seguito per circa un decennio Ágnes nei suoi viaggi in Europa ha voluto ricordare la sua passione per l’acqua: «aveva sempre un costume da bagno nella borsetta e non perdeva mai occasione di buttarsi in qualsiasi specchio d’acqua trovasse sulla sua strada che fosse il mare, un lago o un fiume: è così che ci ha lasciati, in una nuotata in silenzio nell’elemento che amava mentre nuotava nel lago Balaton nella sua Ungheria». Questo è stato infatti il Paese dov’era nata nel 1929 e che ai tempi del nazismo l’aveva rinchiusa da bambina nel ghetto di Budapest perché di famiglia ebrea e aveva ucciso suo padre, al quale era molto legata, deportandolo nelle camere a gas di Auschwitz. L’Ungheria è stato poi lo stesso Paese che l’ha perseguitata durante gli anni del regime d’acciaio sovietico quando lei, diventata la principale assistente del filosofo György Lukács alla “Scuola di Budapest”, aveva teorizzato la sua importante revisione del marxismo in chiave umanistica. Riuscì poi a fuggire nel 1977 trasferendosi prima in Australia e poi negli Stati Uniti per tornare nella sua patria solamente a metà degli anni Novanta.

Purtroppo però le sofferenze in Ungheria non erano finite come ha ricordato Comina: «Negli ultimi anni Ágnes per le sue posizioni anti Orban aveva ricevuto molte minacce di morte ma lei non aveva paura perché era convinta della pericolosità di questo nuovo “etno-nazionalismo” che può diventare tirannia: ha dimostrato come democraticamente si può prendere il possesso di un Paese e in questo modo instaurare una tirannia, come dice Orban una democrazia illiberale- infatti ha ricordato il giornalista -per Ágnes oggi siamo in una situazione che per certi aspetti può essere simile a quella degli Stati nazione del Novecento e questa “balcanizzazione” dell’Europa rischia di diventare pericolosa: queste parole dette da lei che ha sofferto in prima persona a causa di queste tragedie non sono state pronunciate con leggerezza».

I due coautori hanno voluto spiegare che l’idea di questo libro sull’amore è nata durante un breve ma intenso soggiorno in un monastero vicino a Verona con Heller: «L’anno scorso è nata l’idea di fare un libro sui sentimenti, ma l’idea era troppo generica e Ágnes ha deciso di incentrarsi solamente sull’amore, un sentimento che i filosofi non amano perché sfugge alla razionalità, non è spiegabile logicamente ma se ne può parlare, si può raccontare e parlare della sua Storia, da Platone ai giorni nostri: uno sviluppo continuo di questa forza che supera i limiti e se stessi».

Il libro è impreziosito in appendice con uno scritto inedito di Heller dedicato ad Anna Frank a novant’anni dalla sua nascita: le due erano infatti coetanee e hanno vissuto e sofferto nello stesso periodo storico del nazismo e per questo Ágnes la sentiva come una sorella.




Inaugurata ufficialmente la nuova illuminazione della Cattedrale

Il concerto del “Complesso bandistico città di Cremona” nella in Cattedrale in memoria di Luigi Maschi, fondatore di Idea Verde e cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, tenutosi nella serata di venerdì 28 giugno è stato occasione per inaugurare la nuova illuminazione del Duomo. Il parroco della Cattedrale, mons. Alberto Franzini, nel salutare i numerosi presenti ha voluto ricordare l’affetto che ancora oggi i cremonesi hanno per il cav. Maschi, scomparso dopo una lunga malattia nell’agosto 2014.

Non sono mancati i ringraziamenti e il ricordo da parte della figlia, Mara Maschi, seguiti dalle parole del vescovo Antonio Napolioni: «Ricordiamo, attraverso i fiori e la musica, un uomo che ha lasciato una scia luminosa nella sua vita. Perché anche ognuno di noi possa essere un frammento di scia luminosa abbiamo bisogno di una maestra come la Chiesa, la famiglia, per riuscire a riconoscere il vero bene di una luce, non artificiale, ma autentica e veritiera”.

Ascolta l’intervento di mons. Antonio Napolioni

Nel suo intervento don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni e le attività culturali, ha presentato la nuova illuminazione, indirizzata a implementare la luce della Cattedrale per valorizzare maggiormente le opere, in particolare il ciclo cinquecentesco, grazie ai più di 170 corpi luminosi di nuova tecnologia led a diversa gradazione, idonea a illuminare luoghi artistici. I ringraziamenti sono andati a chi ha realizzato la nuova illuminazione: l’architetto progettista che ha diretto i lavori, Eva Balestreri, insieme all’ingegnere Paolo Solzi, la ditta Rimani di Torino che ha fornito le luci, i dipendenti della ditta Impianti Tonghini e gli sponsor Banca di Piacenza, presieduta dall’avv. Corrado Sforza Fogliani, e Autostrade Centro Padane.

Ascolta l’intervento di don Gianluca Gaiardi

Il “Complesso bandistico città di Cremona”, diretto dal maestro Francesco Amighetti, che è stata arricchita anche dalla partecipazione della “Junior Band” diretta dal maestro Andrea Norelli, ha eseguito brani di diversi generi musicali.

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L’abbraccio della sua Soncino a don Arrigo Duranti (FOTO E AUDIO)

Un intero paese in festa, domenica 23 giugno, per la Prima Messa di don Arrigo Duranti, sacerdote novello originario di Soncino. Durante gli anni di studio e formazione in Seminario il presbitero ha mantenuto uno stretto legame con il paese natale che ha voluto festeggiarlo solennemente.

La mattinata è iniziata con una semplice processione, insieme ai compagni di seminario e alcuni parenti, dalla casa familiare di don Arrigo, poco fuori dal centro del paese. Ad accogliere il sacerdote novello in oratorio la banda e una folla di amici e compaesani. Qui don Arrigo si è vestito dei paramenti liturgici e insieme ai molti ministranti e a più di venti sacerdoti ha proseguito la processione verso il Comune dove il sindaco Gabriele Gallina gli ha riservato un fraterno e caloroso saluto ricordandogli che per gli abitanti del paese rimarrà sempre uno di loro. Durante il tragitto molti hanno manifestato questo stesso pensiero addobbando le finestre con festoni e immagini di Arrigo con messaggi di gioia e stima. Arrivati nella pieve di Santa Maria Assunta, chiesa che ha visto crescere il giovane Arrigo, è potuta così iniziare la prima Messa celebrata da lui celebrata: sull’altare è stato accompagnato da don Giuseppe Nevi, parroco di Soncino, e da don Claudio Rubagotti, parroco del duomo di Santo Stefano di Casalmaggiore.

L’omelia tenuta da don Nevi è stata occasione per ricordare a don Arrigo come “sia importante conservare l’identità del presbitero per avere chiara l’essenza delle cose e non distogliere la nostra attenzione come molti vorrebbero creando confusione. Infatti – ha poi proseguito il parroco – la realtà del sacerdote è quella di conciliare la dimensione umana con quella del divino stando attenti a non ‘svestire’ il sacerdote ma avendo bene a mente i suoi compiti fondamentali: insegnare, santificare e guidare la comunità dei fedeli”.

Le numerose persone che hanno gremito la chiesa seguendo attentamente la celebrazione eucaristica hanno infine ascoltato attentamente i ringraziamenti di don Arrigo per questa giornata e per il dono del sacramento dell’ordine a Dio, alla Madonna, alla comunità, ai buoni pastori che l’hanno guidato, alla famiglia che l’ha sostenuto e ai tantissimi amici.

La festa è poi proseguita al di fuori della chiesa tra gli applausi e i coriandoli dei presenti. La giornata è poi continuata con il pranzo, al quale hanno partecipato molti parenti e amici invitati da don Arrigo: è stata l’occasione infatti per congratularsi con il novello presbitero, per augurargli un ministero fruttuoso dove verrà mandato a servire e per gioire insieme in comunione fraterna.

 

Il saluto di don Arrigo alla comunità di Soncino

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Acli, una via crucis per ricordare insieme al sacrificio sulla Croce anche quello dei morti sul lavoro

La Via crucis dei lavoratori organizzata dalle Acli cremonesi per la serata di martedì 16 aprile si è svolta lungo un tragitto di cinque stazioni, con soste presso luoghi simbolici per il mondo del lavoro: ad ogni tappa si è alternata una testimonianza del mondo del lavoro. La processione è stata guidata da don Antonio Agnelli, assistente spirituale delle Acli, affiancato da Carla Bellani, presidente provinciale. È stato un momento per riflettere, durante la Settimana Santa, sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e sullo sfruttamento dei lavoratori,  poiché per la Chiesa, come per la Costituzione italiana, il lavoro è un elemento fondamentale per la vita dell’uomo: se è vero che il lavoro genera fatica non deve provocare sofferenza.

Alcuni dei partecipanti durante il tragitto hanno indossato un indumento di colore bianco come simbolo delle morti bianche.

In Italia ogni anno ci sono più di mille decessi sul lavoro, senza considerare i morti del lavoro nero. I dati dell’Inail mostrano che anche in Lombardia le morti bianche sono molte, sia per i lavori di una volta come per i nuovi lavori come ad esempio i rider su bicicletta.

Purtroppo le imprese non sempre investono abbastanza in sicurezza, i sindacati devono sempre monitorare le situazioni e i lavoratori devono conoscere e rispettare le regole di sicurezza. In questo infelice orizzonte anche il governo ha ulteriormente tagliato più di 100 milioni di euro per la formazione, la prevenzione e i controlli Inail sui luoghi di lavoro. L’opinione pubblica però non è affatto sensibile a queste tematiche che riguardano l’esistenza di tutti quanti.

Questo momento di preghiera non è stato solo un’occasione per ricordare le vittime, i malati e i feriti sui luoghi di lavoro, insieme alle loro famiglie e amici, ma vedendo come l’uomo cade si è contemplato Dio che cade.

Ricordando il costo sociale che portano le morti bianche e gli infortuni sul lavoro è stato ribadito che non ci può essere profitto o pregresso che possa giustificare la perdita della vita umana e la sua mutilazione.

Tra le toccanti testimonianze di morti sul lavoro c’è stato anche un momento per ricordare l’esperienza della “Comunità Emmaus”: comunità nate in Francia, grazie alla volontà dell’Abbé Pierre, sono totalmente autofinanziate dalle persone che ne fanno parte, trovando occasione di riscatto tramite il loro lavoro. Già quarant’anni fa l’Abbé Pierre pensò alla riduzione dell’orario di lavoro e di come impiegare il tempo lasciato libero.

Un’altra testimonianza ha toccato il tema della presenza dell’amianto nei materiali di costruzione: respirarlo significa ammalarsi a causa delle fibrille che si staccano e anche a distanza di trent’anni possono portare ad ammalarsi di mesotelioma e dare origine a tumori. In Lombardia è censito circa un terzo dell’amianto italiano e purtroppo le previsioni per il numero di ammalati nel futuro non si possono smentire, colpendo sia lavoratori che tutto il resto della popolazione a causa dell’esposizione ambientale diffusa. Per questo è necessario ripensare anche ai modelli produttivi più rispettosi dell’ambiente prendendo ad esempio anche l’enciclica Laudato si’ di Francesco sulla cura della casa comune.

 

Questo il percorso della Via Crucis:

  1. sede Acli – Gesù è condannato dai poteri del suo tempo: presentazione del tema della via Crucis
  2. centro Ri-uso Amici di Emmaus – Gesù cade sotto il peso della croce: i morti sul lavoro oggi (con Monica Manfredini)
  3. deposito ferroviario ex Squadra Rialzo – Gesù viene inchiodato alla croce: testimonianza di chi ha perso un familiare sul lavoro (con Simona Carnesella)
  4. supermercato Penny – Gesù colpito dalla lancia: gli infortuni sul lavoro (testimonianza di Franco Berettini)
  5. sagrato chiesa di S. Bernardo – Gesù muore in croce per risorgere: quando il lavoro fa ammalare l’ambiente e la salute (con Antonio Vezzosi)
  6. chiesa di S. Bernardo – riflessioni e preghiera finale

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La Settimana Santa per riscoprire l’identità di Cristo al di là di consuetudini e immaginazioni

Con l’Eucaristia della Domenica delle Palme, nel pomeriggio del 14 aprile in Cattedrale, il vescovo Antonio Napolioni ha dato inizio alle celebrazioni della Settimana Santa, che culmineranno nella grande veglia pasquale di sabato 21 aprile, con il conferimento dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana ai catecumeni adulti. All’inizio della celebrazione il ricordo dell’entrata di Gesù a Gerusalemme con la benedizione dei rami di palma e di olivo, che a causa del maltempo non si è svolto nella vicina chiesa di S. Girolamo, ma direttamente in Cattedrale.

Ad accompagnare questo momento i canti del coro “Saint Michel Archange”, cui hanno fatto seguito quelli del Coro della Cattedrale.

Accanto a mons. Napolioni c’erano il vescovo emerito Dante Lafranconi, i canonici del Capitolo della Cattedrale e i seminaristi diocesani, che hanno prestato il servizio liturgico aprendo la processione.

A caratterizzare la liturgia della Parola è stata la lettura del Passio letta dai diaconi.

Nell’omelia il vescovo Napolioni ha voluto evidenziare come all’inizio delle celebrazioni della Settimana Santa abbiamo l’occasione per chiedere al Signore che cosa ha fatto per l’umanità, perché «se anche noi siamo peccatori, Lui ci rivela la sua identità, anche al di là delle nostre consuetudini e delle nostre immaginazioni: lui è un Dio nudo e risorto attraverso la crocifissione». «Un inizio – ha precisato infine il Vescovo – che è occasione per lasciarci toccare dalla Pasqua».

 

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