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Il vescovo emerito Lafranconi a La Pace per una messa in ricordo dei defunti del Covid

Nella mattina di sabato 12 settembre presso il giardino della casa di riposo “Giovanni e Luciana Arvedi” di Cremona, si è celebrata una Messa suffragio delle vittime del coronavirus e come segno di riconoscenza per tutte le persone che si sono prodigate al servizio degli ospiti della struttura nel corso della pandemia.


La celebrazione – animata dal Coro Polifonico Cremonese, diretto dal maestro Federico Mantovani –  è stata presieduta dal vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi.

Durante l’omelia il vescovo emerito, riprendendo le parole del Vangelo, ha voluto sottolineare come: «l’immagine dell’albero che porta frutti buoni è immagine del bene che lasciamo in eredità e che non si consuma mentre la casa fondata nella roccia, che è immagine di Dio, è l’immagine della nostra vita che si fonda nella fiducia del Signore».

Infine l’augurio di mons. Lafranconi affinché: «noi cristiani possiamo diventare testimoni dell’eterno».

La celebrazione eucaristica, alla quale hanno partecipato molti ospiti della struttura, tra cui alcuni sacerdoti, è stata l’occasione per fare memoria di quanto è accaduto negli scorsi mesi e in particolare ricordare le persone “che se ne sono andate” in un modo che nessuno avrebbe mai voluto, rendendo drammatico il distacco.

La celebrazione ha voluto fare eco a quanto detto da papa Francesco il 31 maggio scorso: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi” e vuole quindi porsi come un invito alla speranza e alla fiducia nel futuro per tutta la comunità.

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La preghiera e il ricordo per don Albino Aglio nella memoria liturgica di Sant’Imerio

Nella memoria liturgica di sant’Imerio (patrono secondario della città e della diocesi di Cremona) il 18 giugno, è stata celebrata la messa in suffragio di don Albino Aglio, parroco emerito di Sant’Imerio in Cremona (1981-2002). La celebrazione, per permettere un maggior afflusso di fedeli in piena sicurezza, si è svolta alle ore 18 nella Cattedrale di Cremona.

È stata questa l’ultima delle celebrazioni di suffragio dei sacerdoti morti durante le settimane drammatiche dell’emergenza sanitaria per Coronavirus e per i quali non è stato possibile celebrare le esequie. Da qui il desiderio di ricordarli in una Messa presieduta dal vescovo.

Nell’omelia il vescovo prendendo spunto dalle letture ha voluto evidenziare come «cantare l’amore di Dio mentre lo scopriamo è il percorso della vita di ognuno di noi, ma non sempre è automatico e c’è bisogno dell’amore tra di noi per raggiungere l’amore di Dio: per il prete questo amore diventa carità pastorale».

Monsignor Napolioni ha poi voluto ricordare don Albino con le sue parole nel giorno dell’ultima Messa celebrata presso la parrocchia di Sant’Imerio quando il sacerdote evidenziò i timori del distacco dall’ultima comunità nella sua lunga vita di servizio pastorale nelle varie parrocchie che ha servito: «Già altre volte ho vissuto il distacco – diceva – ma oggi è diverso, le altre volte la lacerazione veniva lenita da un’altra comunità che mi aspettava, oggi non è così: so che il Signore non mi lascia mai solo ma mi sento disarmato».

Nel terminare la sua omelia, il vescovo ha poi aggiunto come qualche anno dopo don Albino, scrivendo al vescovo Dante, aggiunse una riflessione su come la sua vita era cambiata dopo il termine del suo servizio pastorale: «Da quando ho dovuto limitare il mio impegno ministeriale ho sentito dare un senso nuovo e pieno della mia vita: devo ringraziare il Signore perché mi ha fatto conoscere la gioia della preghiera in una relazione più intima durante questa stagione della vita».

Alla liturgia in Cattedrale hanno partecipato, insieme ai suoi familiari, molte persone che portano il ricordo degli anni trascorsi insieme a don Albino nel loro cuore.

L’omelia del vescovo

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Don Albino Aglio

Classe 1926, originario di Casalbuttano, don Albino Enrico Costante Aglio è stato ordinato sacerdote l’11 giugno 1949 dall’arcivescovo Giovanni Cazzani. I primi 14 anni di ministero lo hanno visto impegnato come “prete d’oratorio” prima a Cremona, nella parrocchia di S. Abbondio (1949-1956), e poi nell’allora unica parrocchia di Cassano d’Adda (1956-1962), assumendo poi l’incarico di economo spirituale nella parrocchia di S. Maria Immacolata e S. Zeno.

Nel 1963 fu nominato parroco di Calvatone; nel 1969 il trasferimento a Romanengo; per poi tornare a Cremona come parrocco di S. Imerio nel 1981.

Nel 2002 rinunciò alla guida della parrocchia per limiti di età, continuando a risiedere in città. Dal 2016 era ospite della casa di riposo “Giovanni e Luciana Arvedi” di via Massarotti dove è deceduto nella serata di mercoledì 18 marzo all’età di 93 anni.

 

Nelle parrocchie con il Vescovo le Messe in suffragio dei sacerdoti morti durante l’emergenza Covid




Il Vescovo a Sant’Ambrogio nella festa di sant’Antonio di Padova

In occasione della memoria liturgica di sant’Antonio di Padova, il vescovo Antonio Napolioni ha visitato la parrocchia di Sant’Ambrogio, a Cremona, dove ha celebrato la Messa prefestiva nel pomeriggio di sabato 13 giugno. La chiesa parrocchiale, infatti, è dedicata anche a sant’Antonio e presso la stessa è presente una cappella-santuario dedicata proprio al santo di origini portoghesi.

Mons. Napolioni nell’omelia ha voluto sottolineare come tutti i santi rivelano tratti dell’amore infinito di Dio. «Per riconoscere i santi nelle immagini e nelle statue ci sono i diversi segni: sant’Antonio ha diversi segni che vediamo nella statua».

Con una breve spiegazione iconografica il vescovo ha quindi guardato ai vari elementi che adornano la statua di Sant’Antonio: «Il bambin Gesù che apparve durante una sua predicazione segno dell’intimità del santo con Gesù in ogni istante della sua vita, il libro del Vangelo che rappresenta la conoscenza dei testi biblici del santo tanto da essere chiamato “dottore evangelico dell’ordine francescano” e il giglio simbolo della purezza che non è solo stare lontano dalle tentazioni ma è l’amore che fa fiorire l’umanità».

Infine l’auspicio di Napolioni rivolto specialmente alla comunità parrocchiale: «Gi anni vissuti da Sant’Antonio non sono stati tempi semplici come a noi è capitata questa stagione della storia umana. Attingendo alle stessi fonti della fede, della carità e della speranza noi ce la faremo, perché ci aiuteremo e ci sarà pane, vita e speranza per tutti. Voi avete ereditato questa chiesa e adesso è importante ereditare la testimonianza di Antonio per fiorire in un’umanità bella in cui si veda la fiamma dell’amore di Dio».

 

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Storia di accoglienza della vita nell’affido e nell’assistenza ai bimbi disabili

Nella serata di sabato 1 febbraio, vigilia della Giornata Nazionale della Vita, si è celebrata presso la chiesa di Santa Maria Assunta a Piadena la veglia per la vita della zona pastorale IV .

Il momento di preghiera è stato presieduto da don Antonio Pezzetti, parroco e vicario zonale, insieme al vicario parrocchiale don Paolo Fusar Imperatore ed è stata accompagnata dal coro parrocchiale: la preghiera è stata animata con brani del Vangelo e brani estratti dal Messaggio dei vescovi italiani per la 42^ giornata della Vita.

Durante la veglia ci sono state due testimonianze di vita: una mamma che ha iniziato un’esperienza di affido e una suora delle Figlie di Gesù sofferente.

La storia di Monica e Pietro Varasi è quella di una mamma e un papà che hanno perso il loro unico figlio quindicenne otto anni fa e dopo questo grande lutto familiare hanno iniziato un percorso di fede che li ha portati ad avvicinarsi alla “Casa Giardino” delle suore Figlie di Gesù sofferente a Casalmaggiore dove hanno iniziato un’esperienza di volontariato e condivisione insieme ai bambini diversamente abili.

Un giorno si è presentata la necessità di aiutare un bambino con alcuni problemi a casa e l’iniziale intento di un aiuto occasionale si è poi trasformato in un vero e proprio affido: «Inizialmente non volevamo un figlio in casa che stravolgesse le nostre vite, specialmente dopo la perdita di nostro figlio – ha raccontato Monica – ma il Signore ti parla, attraverso un sogno, una preghiera, una persona che incontri… Oggi questo affido, sebbene non sia facile, dà tanta gioia». Infatti, concludendo la sua testimonianza Monica ha voluto sottolineare che: «L’affido è stato fatto non per un precetto o per una regola, ma perché quanto ti senti veramente amato da Dio allora ti rendi conto che non puoi che fare altrettanto: l’unica cosa che puoi fare è amare Dio attraverso gli altri, attraverso i fratelli».

Successivamente la testimonianza di suor Maria Buongiorno, delle Figlie di Gesù sofferente, ha voluto ricordare il carisma che contraddistingue l’ordine: essere famiglia nell’assistere i giovani disabili: «Il nostro apostolato – ha spiegato la religiosa – è quello di fare sentire che al di là delle loro sofferenze sono persone preziose, per far apprezzare anche a loro il dono della vita». Il carisma che viene dal fondatore padre Giuseppe Renzi non riguarda solo i singoli bambini, infatti la “Casa Giardino” di Casalmaggiore rimane sempre aperta anche per le famiglie di questi fanciulli: «Noi teniamo tra le braccia questi figlioli disabili e sosteniamo i genitori con tenerezza, cercando di non farli sentire mai soli perché la solitudine è una sofferenza grave: oltre ai piccoli gesti dell’accoglienza siamo sempre in movimento per portare i figlioli a fare varie esperienze. Noi siamo un po’ vagabondi… come Gesù, in cammino per le vie del mondo».

 

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In occasione del convegno “La cura del creato da Mazzolari a papa Francesco” annunciata un udienza speciale il 16 aprile prossimo in Vaticano (Video e Foto)

A conclusione delle celebrazioni per il 60° anniversario della morte di don Primo Mazzolari, papa Francesco ha voluto programmare un’udienza speciale a lui dedicata: si svolgerà il 16 aprile prossimo in Vaticano, alla presenza di una delegazione della Diocesi di Cremona. L’annuncio è stato dato dal presidente della Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo, don Bruno Bignami, in occasione del convegno “La cura del creato da Mazzolari a papa Francesco” che, con la partecipazione di Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano, si è svolto nel pomeriggio di sabato 11 gennaio presso una gremita sala Quadri del Palazzo comunale di Cremona.

L’intento dell’incontro – promosso da Diocesi di Cremona, Fondazione Mazzolari e Acli, con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Cremona in occasione dell’anniversario della nascita di don Primo – è stato quello di mettere in collegamento il rapporto del parroco di Bozzolo con la terra e le tematiche richiamate dal Papa nell’enciclica Laudato si’ e nel recente Sinodo sull’Amazzonia. Rispettivamente negli interventi di don Bignami e del professor Monda.

Ad aprire l’incontro – moderato dalla giornalista Chiara Delogu – il saluto di Paolo Segalla, responsabile del settore Ambiente delle Acli provinciali. «L’enciclica Laudato si’ è un documento straordinario che non parla di ecologia – ha affermato – ma di sociologia, politica, economia e umanesimo integrale, ispirate dalla spiritualità e che descrive un nuovo modo di essere su questo pianeta. Non è un documento solo per la formazione e la riflessione spirituale, ma esprime una tecnica non neutrale che definisce il tipo di società che si impone e i gruppi di potere che influenzano queste scelte a livello mondiale così come locale, per tante questioni come gli stoccaggi di metano sotterranei, i progetti di autostrade inutili, l’agricoltura industriale». «La riflessione di papa Francesco – ha concluso Segalla – indica una tecnica non neutrale che ci chiama anche all’azione, scegliendo da che parte stare, perché non è possibile stare da tutte le parti».

Nel suo intervento don Bignami si è soffermato sul rapporto di don Primo Mazzolari con la terra. Dopo aver introdotto la figura di don Primo come “prete-contadino” (come lui stesso si è definito in alcuni testi), ha messo in risalto la sua vicinanza con le questioni sociali dell’epoca: riguardo le famiglie contadine e il loro rapporto con la terra, la crisi economica e la religione. «Mazzolari – ha affermato don Bignami – vive la vita contadina da vicino, ne conosce i problemi e le istanze delle persone: nel primo dopoguerra avviene una crisi economica che anche lui avverte seguendo con attenzione e favorevolmente le rivendicazioni sindacali dei contadini, come all’epoca fece Miglioli, al fine di uscire dalle logiche padronali per riscattare la dignità lavorativa di tanti. E nel secondo dopoguerra denunciò le condizioni degradanti in cui vivevano molti contadini della val Padana».

Se all’epoca Mazzolari, a causa del differente contesto, non aveva la sensibilità ai temi ecologici come oggi vengono intesi, aveva però già individuato il legame fondamentale fra la terra e l’uomo. «Questo aspetto della spiritualità di don Primo – ha affermato il presidente della Fondazione Mazzolari – non è fra quelli prioritari, ma riprendendolo se ne scopre l’importanza: parlava di “campo” come terra che si lascia amare da chi la lavora in quanto frutto di una relazione che viene ugualmente ripresa anche dal Papa. Bisogna riscoprire questa spiritualità di Mazzolari che riguarda la relazione con la creazione perché nella terra c’è Dio che parla e noi l’abbiamo calpestata e inquinata».

Successivamente è intervenuto il direttore de L’Osservatore Romano Andrea Monda, che «ricoprendo questo ruolo da circa un anno – ha ricordato – sono come un portavoce delle parole di papa Francesco: quindi riporterò quello che è il suo messaggio nella “Laudato si’”». Ha così individuato alcuni punti chiave della riflessione del Papa.

Un termine che continua a ricorrere è “connessione”, parola chiave della relazione che c’è tra l’uomo e la terra che nell’enciclica diventa “ecologia integrale”. «Non è un documento che parla di ecologia – ha ricordato Monda – ma è un’enciclica sociale: mi auguro che, come la “Rerum Novarum” di Leone XIII del 1891 fu l’inizio della dottrina sociale della Chiesa, così l’enciclica di papa Francesco possa diventare l’inizio per una nuova stagione della Chiesa».

Il direttore della testata vaticana ha poi proseguito riflettendo sulla parola “umiltà”. «Mazzolari sapeva bene che la terra è in basso e come la parola “umiltà” deriva dal termine humus. Ricordando il proverbio “se i campi fossero all’altezza delle mani anche i ricchi li lavorerebbero”, Monda ha evidenziato come la imponga in qualche modo di chinarsi. Un gesto profondamente religioso: l’uomo si inchina e in qualche modo riconosce che ciò che è basso è, però, più alto e nobile. Abbassandosi e curando la terra l’uomo riconosce la sua origine.

Il terzo punto della sua riflessione ha riguardato la mistica. «Lo sguardo contemplativo di Mazzolari riporta allo uno sguardo contemplativo che i contadini hanno per natura: è proprio lo sguardo del contadino, del prete contadino, del papa e di ogni cristiano che è indispensabile per andare avanti e per avere dei frutti».

È seguito poi l’intervento del sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, che si è soffermato sul senso del futuro che dev’essere proprio di ogni singolo come di ogni comunità. «Il senso del bene comune – ha detto – è una questione chiave per pensare a un futuro con uno sguardo ampio in un mondo di relazioni così come è importante avere una consapevolezza del futuro: la consapevolezza dei disastri ambientali è sempre maggiore, così come a livello mondiale così ogni città ha i suoi problemi legati anche a una certa inconsapevolezza e visione sbagliata del futuro. Per questo allora serve una consapevolezza entusiasta, che sia positiva per poter crescere».

 

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«Pace, una speranza che ci mette in cammino», la riflessione del Vescovo durante la Messa del primo giorno dell’anno (AUDIO e GALLERY)

In una Cattedrale gremita di fedeli, il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto la Messa nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio nel primo giorno dell’anno, concelebrata dai presbiteri del Capitolo.

Nell’omelia il vescovo ha voluto approfondire i punti salienti del messaggio del papa per questa 53° Giornata Mondiale per la Pace intitolato «La Pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica» con l’invito a leggere questo interessante messaggio per intero: «Spesso si dice che i nostri valori sono in crisi, valori che sono quelli di sempre, ma sono anche dinamici che vanno riscoperti e condivisi: innanzitutto sperare nella pace, non come ultima spiaggia per la disperazione, ma come virtù che ci fa mettere in cammino e guardare avanti per superare guerre e conflitti».

Ascolta l’omelia

Ha poi proseguito evidenziando che: «La seconda indicazione ci chiama a custodirci gli uni e gli altri come fece Maria custodendo dentro di sé tutti coloro che si sono recati al presepe, riconoscendo tutti come un dono e non tenendo Gesù solo per sé: nelle relazioni tra noi dobbiamo perseguire la fratellanza tra tutti senza perdere la memoria, parola chiave per la terza indicazione nel messaggio di papa Francesco». Ha quindi proseguito monsignor Napolioni: «I valori del passato sono da ricordare come lo sono gli errori e gli orrori, di cosa siamo stati capaci per non permettere che le nuove generazioni ignorino e che corrano quindi gli stessi rischi, come anche oggi abbiamo sentito di offese gridate in nome di dittatori e di olocausti negati sui quali però non si scherza perché la memoria è l’orizzonte della speranza».

La quarta indicazione riguarda il dialogo: «Fra donne e uomini che cercano insieme la verità al di là di ideologie e opinioni diverse. L’esigenza di un consorzio delle nazioni, tra i popoli, le culture, le religioni all’indomani della Seconda Guerra Mondiale è avvenuto in Italia, in Europa e a livello mondiale, ma oggi è fragilissimo e questo dialogo va perciò coltivato con pazienza e coraggio».

Le ultime due indicazioni riguardano la riconciliazione e la conversione ecologica: il sacramento del perdono che «ci chiama a trovare nel profondo del nostro cuore il perdono tra di noi, nelle famiglie così come tra le comunità le città e le nazioni, esso accresce la nostra capacità di diventare donne e uomini di pace!».

Il tema ecologico è molto caro a papa Francesco che «ci invita a riconciliarci anche con l’ambiente, la natura, il creato, con la casa comune che abbiamo ricevuto in consegna e non in proprietà che dovremo riconsegnare a chi verrà dopo di noi».

La riflessione a termine della sintesi del messaggio del papa del vescovo Antonio è che«questo può sembrare un elenco di buoni propositi astratto, una riflessione moralistica o programma sociale-politico, ma il segreto è il Signore stesso perché questi valori mostrano il Suo volto, una guida che suggerisce le vie della pace perché vengono dal Signore Gesù».

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In Seminario l’ammissione di quattro giovani tra i candidati al Diaconato e al Presbiterale (Audio e Foto)

In foto da sinistra: Malfasi, don Piacentini, Zuppelli, don Realini, il Vescovo, Bressani, don Lanzeni, Bani e don Martinengo

 

Nella mattinata di sabato 30 novembre presso il Seminario diocesano sono stati ammessi tra i candidati al Diaconato e al Presbiterale quattro seminaristi, accompagnati dalle famiglie e da molti membri delle loro comunità.

A presiedere la celebrazione eucaristica il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, affiancato dal vicario episcopale per il clero don Gianpaolo Maccagni e dal rettore del Seminario don Marco D’Agostino. Tra i concelebranti il direttore spirituale don Maurizio Lucini e il vicerettore don Francesco Cortellini, insieme a molti altri presbiteri diocesani, tra i quai in particolare i parroci delle comunità parrocchiali dai quali i seminaristi provengono.

Il rito dell’ammissione fra i candidati al Diaconato e al Presbiterato è il primo momento solenne e pubblico nel quale – davanti al Vescovo, che ne riconosce l’idoneità a proseguire la preparazione spirituale e teologica, ma anche difronte al presbiterio e alla comunità diocesana – i seminaristi, arrivati ad una tappa significativa del loro cammino dicono il loro primo “Eccomi”. E lo dicono nella libertà e nella gratuità, nello stile che dovrà caratterizzare la loro disponibilità a Dio e alla sua Chiesa.

Quest’anno i seminaristi che sono stati ammessi sono stati Andrea Bani di Agnadello, Claudio Bressani di Caravaggio, Alex Malfasi di Castelleone e Paolo Zuppelli di Trigolo.

Durante l’omelia monsignor Napolioni ha voluto soffermarsi su tre elementi: la bocca, gli occhi e le mani. «La bocca che tace serve per mettersi in ascolto; gli occhi per guardare Gesù, le sue orme e seguirlo; le mani che sono da stringere, in una comunità davvero fraterna insieme ai compagni di viaggio della fraternità cristiana e sacerdotale».

L’audio dell’omelia del vescovo Napolioni

Al termine dell’omelia si è svolto il rito di ammissione, semplice ma profondo momento durante il quale i seminaristi candidati hanno pronunciato il loro “Eccomi” di fronte al Vescovo e alla folta assemblea presente, parola di impegno lungo il percorso formativo e spirituale in Seminario, che dopo questo passaggio prosegue insieme ai compagni seminaristi, agli educatori e a quanti supportano la comunità del Seminario in tanti diversi modi.

Al termine della Messa si è tenuto un rinfresco, momento di festa e di saluti con gli amici e i tanti che provenienti dalle varie comunità parrocchiali dei seminaristi sono venuti per assistere a questo momento liturgico.

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Unitalsi in festa nella Giornata dell’adesione

Come ogni anno, nella prima domenica di Avvento, l’Unitalsi celebra la Giornata nazionale dell’adesione. La ricorrenza a Cremona è stata anticipata a domenica 24 novembre, solennità di Cristo Re, con la Sottosezione cremonese dell’Unitalsi che ha preso parte alla Messa delle 11 in Cattedrale presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e concelebrata dall’assistente diocesano don Maurizio Lucini, il parroco della Cattedrale mons. Alberto Franzini e il cerimoniere episcopale don Flavio Meani.

Nell’omelia mons. Napolioni ha voluto riflettere sul significato della solennità liturgica: «La festa di Cristo Re – ha affermato – è di grande profondità spirituale e di grande rilevanza umana. Chi e cosa regna nel mio cuore e nella mia vita? Oggi, nel nostro tempo dell’individualismo ci verrebbe da rispondere che conta solo il proprio ego a discapito di tutti gli altri».

Il vescovo ha voluto poi ricollegarsi allo spirito unitalsiano approfondendo un significato più profondo e veritiero, perché «l’Unitalsi ci ricorda che è bello e necessario stare insieme, stringersi la mano e salta così la differenza tra chi ha bisogno e chi soccorre: nel profondo del nostro cuore non c’è la legge dell’individualismo ma la legge dell’amore, della condivisione». Infatti, concludendo, ha poi ribadito come «la vera unità, la vera Unitalsi, è l’unità con Cristo Gesù».

Durante la celebrazione i volontari unitalsiani, dame e barellieri, in divisa ufficiale, hanno rinnovato il loro “sì” alla scelta di stare accanto a malati e disabili, che ogni anno accompagnano in pellegrinaggio verso i santuari di Lourdes, Loreto e Caravaggio, condividendo con loro momenti di preghiera anche nelle varie realtà parrocchiali e nelle strutture, sostenendo la loro piena inclusione in ogni ambito della vita.

Ad animare la celebrazione eucaristica il coro “Vox Lucis” guidato dal maestro Armando Maria Rossi.

La giornata è proseguita con il consueto pranzo alla Casa dell’Accoglienza insieme al vescovo Antonio e un pomeriggio di festa presso il Centro pastorale diocesano di Cremona alla quale hanno partecipato tutte le persone che hanno incontrato l’Unitalsi nella loro vita e ne condividono le finalità.

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Presentata la mostra fotografica e documentaria sulla chiesa di S. Omobono (audio e video)

La mostra fotografica sulla chiesa dei SS. Egidio ed Omobono di Cremona è stata inaugurata nella mattinata di sabato 9 novembre presso la sala Puerari del Museo di Cremona.

Alla presentazione della mostra oltre che al fotografo Giuliano Regis e alla curatrice del corredo esplicativo e narrativo della mostra Sonia Tassini, erano presenti anche l’assessore ai sistemi culturali del Comune di Cremona Luca Burgazzi, il presidente dell’A.D.A.F.A. gruppo fotografico cremonese Giovanni Fasani insieme a don Gianluca Gaiardi incaricato diocesano dell’ufficio diocesano dei beni culturali della diocesi e Raffaella Barbierato direttrice della Biblioteca Statale di Cremona.

https://www.facebook.com/DiocesiCremona/videos/656626881534562/

Il cuore della mostra sono le fotografie scattate dall’occhio di Giulano Regis che ha scelto di fotografare vari elementi dell’edificio religioso sotto la sola luce naturale in diversi momenti della giornata e dell’anno per meglio cogliere la spazialità e forme architettoniche: «non ho dato un’idea monumentale agli elementi fotografati ma li ho contestualizzati nello spazio con il pavimento, gli ingressi e gli altri elementi presenti sfruttando la luce che illumina di riflesso le parti della chiesa in ombra» ha voluto spiegare il fotografo Regis.

Raffaella Barbierato ha voluto spiegare che: «come curatori di beni culturali noi siamo interessati anche a queste occasioni per tutelare i beni e per favorire la ricerca come avviene in questa mostra come noi ci preoccupiamo solitamente di libri».

Le fotografie sono affiancate da alcuni oggetti liturgici e da documenti storici riguardanti la chiesa e sono accompagnate da un video introduttivo e da didascalie che vanno oltre la spiegazione tecnica. Infatti il lavoro di Sonia Tassini è stato quello di riprendere i testi di Carlo Visconti, che nel 1730 divenne preposito della chiesa, per accompagnare il visitatore anche con le informazioni per contestualizzare funzionalmente con la liturgia e le tradizioni dell’epoca ciò che è stato colto dall’occhio del fotografo.

La mostra inaugurata in occasione della prossima solennità di Sant’Omobono, patrono della città e della diocesi, rimarrà aperta fino al 5 gennaio 2020 dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle ore 17 presso i locali del Museo Civico di Storia Naturale in via Ugolani Dati, 4 a Cremona.

Ascolta gli interventi:

Luca Burgazzi

Giovanni Fasani

don Gianluca Gaiardi

Raffaella Barbierato

Giuliano Regis

Sonia Tassini




Dopo il pranzo di Sant’Omobono alla Casa dell’Accoglienza, la visita del Vescovo ai locali rinnovati del Rifugio notturno

Si è rinnovata, nel segno di sant’Omobono, padre dei poveri, la bella tradizione del pranzo del Vescovo alla Casa dell’accoglienza di Cremona con gli ospiti delle opere segno della Caritas cremonese e gli utenti delle Cucine benefiche gestite dalla San Vincenzo diocesana. Al termine del pranzo monsignor Antonio Napolioni ha fatto visita ai locali del rifugio notturno, rimessi da poco a nuovo.

Insieme al sindaco di Cremona Gianluca Galimberti, all’assessore alle Politiche sociali e della fragilità Rosita Viola e al vicepresidente della Provincia di Cremona Rosolino Azzali, il Vescovo è stato accompagnato nei locali rinnovati dal direttore della Caritas don Pierluigi Codazzi e dall’operatore Alessio Antonini del Centro d’ascolto.

Il Rifugio notturno, situato in viale Trento Trieste 37, è pensato per accogliere ospiti durante la notte garantendo dei locali al chiuso dove poter dormire durante le rigide serate d’’inverno. A disposizione diciotto posti letto e i bagni con sanitari, lavandini e docce.

Il servizio è gestito dalla Caritas diocesana in convenzione con il Comune nell’ambito del piano regionale di contrasto alla povertà e sarà operativo per tutto il periodo invernale.

Il Rifugio notturno presso la Casa dell’Accoglienza è riservato agli uomini, mentre alle donne è riservato uno spazio di pronta emergenza presso Casa di Nostra Signora, la struttura “in rosa” della Caritas diocesana in via Ettore Sacchi.

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