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Il vescovo alle monache di San Sigismondo: «Grazie sorelle, non lasciateci soli» (AUDIO e FOTO)

Nella mattina di lunedì 5 aprile il vescovo Antonio Napolioni si è recato presso il monastero di clausura di San Giuseppe, presso il complesso di Sigismondo, a Cremona, per celebrare la Messa nel lunedì dell’ottava di Pasqua con le monache domenicane e i fedeli presenti.

Il Vescovo nella sua riflessione ha sottolineato come «la missione che la Chiesa riceve all’indomani della Pasqua è quella di tradurre gli auguri di Pasqua in una missione: quella di portare il profumo del Risorto a chi non lo conosce, a chi è schiavo della paura, a chi non crede». E ha proseguito: «Bisogna portare questo annuncio non attraverso la pretesa, la conquista, l’insistenza, ma il contagio benefico dell’amore che solo uomini e donne innamorati di Gesù, con il cuore trafitto dalla sua vitalità, possono avere». Poi monsignor Napolioni ha proseguito: «Siamo fragili, ma non per questo meno amati da Dio, anzi più bisognosi della verità e non delle dicerie».

Quindi l’auspicio e il ringraziamento del Vescovo alla comunità claustrale: «Grazie sorelle! E non lasciateci soli, ma contagiateci in questa missione: che la Chiesa sia questa, che non viene mai sconfitta perché è la Chiesa dei piccoli, dei semplici, dei santi, degli innamorati, dei testimoni, dei martiri che fioriscono nei momenti di difficoltà e di persecuzione ricordandoci che Dio non è distante ma è sempre più vicino».

Al termine della celebrazione monsignor Napolioni si è fermato per salutare le claustrali domenicane cogliendo l’occasione per scambiare gli auguri di Pasqua.

Photogallery della celebrazione




Venerdì Santo senza processione cittadina, ma venerando la Sacra Spina

Anche quest’anno i riti della Settimana Santa si svolgeranno in modo inedito a causa delle limitazioni dovute alla pandemia. Durante la sera del Venerdì Santo non sarà possibile celebrare la tradizionale processione della Sacra Spina per le vie del centro storico di Cremona. La reliquia della Sacra Spina, comunque, sarà offerta alla devozione dei fedeli.

Nelle giornate di venerdì 2 e sabato 3 aprile si potrà pregare davanti alla preziosa reliquia esposta presso l’altare delle reliquie, nel transetto nord della Cattedrale. Un gesto di devozione che anche il Vescovo compirà al termine dell’azione liturgica del Venerdì Santo.

La Cappella delle Reliquie è stata commissionata a fine Settecento dal Capitolo della Cattedrale nel desiderio di dare una decorosa sistemazione a tutte le reliquie della Cattedrale. In stile neoclassico, la sua realizzazione è stata affidata a Giovanni Manfredini. Le sculture della cappella sono di Carlo Maria Giudici: la Temperanza e la Fortezza in apertura, mentre nel fastigio in sommità si trovano la rappresentazione della Fede e della Carità.

La reliquia più preziosa conservata in questo altare è proprio la Sacra Spina. La sua presenza in città è dovuta a Papa Gregorio XIV, che fu vescovo di Cremona dal 1560 fino all’elezione pontificia nel 1590: fu lui a donare la reliquia al Capitolo del duomo della città lombarda nel corso di una visita a Roma nel 1591. Da allora questa preziosa reliquia è oggetto di devozione da parte dei fedeli cremonesi, in particolare durante il Venerdì Santo, giorno in cui si fa memoria della Passione e morte di Gesù.




La cultura della cura nell’esempio di Maria e di tante donne di oggi (VIDEO e FOTO)

«Dio creatore impregna del suo amore e della sua cura tutto ciò che ha creato e ce lo affida con il compito di custodirlo». Così il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, nell’omelia della Messa di inizio anno, nella solennità di Maria Madre di Dio e 54° Giornata mondiale della pace, presieduta nel pomeriggio di venerdì 1° gennaio nella Cattedrale di Cremona. Eucaristia concelebrata dal Capitolo della Cattedrale.

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Nell’omelia il vescovo ha preso spunto dal Vangelo per riflettere sulla figura di Maria: «Possiamo immaginare Maria che adagia con cura e attenzione il bambino Gesù. Essa ci è maestra di vita non solo materiale, ma anche spirituale, perché non aveva paura di continuare a interrogarsi del mistero che si stava compiendo: Maria che si prende cura del figlio a partire da ciò che le accade nel cuore, perché il dono che ha ricevuto diventi dono del mondo e dei suoi figli».

La figura di Maria come Madre di Dio è stata poi punto di partenza per evidenziare come «nell’anno appena trascorso lo sguardo va su tante donne – negli ospedali, nelle famiglie, nelle scuole, nelle comunità religiose – che hanno testimoniato e ci hanno insegnato l’essenziale: ci hanno insegnato a lottare con generosità e tenacia, ci hanno insegnato a pregare e ad aver cura».

Il tema della cura è infatti al centro del messaggio della Giornata mondiale della pace di quest’anno che papa Francesco ha voluto dedicare al tema “La cultura della cura come percorso di pace”. Il vescovo Napolioni ha quindi concluso l’omelia riprendendo la parte finale di questo messaggio e aggiungendo poi come «il tema di questa Giornata mondiale della pace che il Papa ci dà è la “cultura della cura”, perché prendersi cura è qualcosa di molto ampio e necessario in tutte le situazioni della vita: in tutte le nostre piccole azioni è importante avere cura per poter contribuire a creare questa cultura della cura, prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza».

 

 

Guarda il video integrale della Messa




Il grazie del Vescovo alle Domenicane dopo tredici anni di clausura a Cremona: «Ci siete e la vostra luce giorno dopo giorno riscalda» (VIDEO e FOTO)

I secondi Vespri della solennità dell’Epifania del Signore sono stati presieduti, nel pomeriggio di mercoledì 6 gennaio, dal vescovo Antonio Napolioni presso la chiesa di San Sigismondo, a Cremona, insieme alle monache di clausura dell’Ordine dei Frati Predicatori, come per tradizione avviene ormai ogni anno: un momento di preghiera e di adorazione eucaristica nel ricordo della posa della clausura papale, avvenuta il 6 gennaio di tredici anni fa.

Il Vescovo nella sua riflessione ha sottolineato come «davanti all’Epifania non si può che adorare la Sua presenza». E ha proseguito: «In questi mesi abbiamo imparato cosa vuol dire la presenza: tra di noi, che ci manchiamo; e la presenza del virus che è, per l’appunto, virale. Ma il contagio delle parole e delle immagini ci aveva già in qualche modo assuefatto a stare davanti alla Presenza». Poi monsignor Napolioni ha proseguito: «La Chiesa, l’umanità, i popoli che camminano alla luce del bambino che è nato costituiscono una comunione reale, anche se offuscata dalle paure».

Quindi l’auspicio e il ringraziamento del Vescovo alla comunità claustrale: «Da adulti siamo chiamati ad intuire dove il Signore ci sta conducendo per seguire quella Parola che è diventata realtà, la presenza sacramentale che è presenza nella Chiesa e che fraternamente abbraccia, accarezza e rincuora: per questo vi diciamo grazie, perché non avete risolto nulla, ma ci siete e la vostra luce giorno dopo giorno riscalda».

La riflessione del vescovo Napolioni

Accanto al Vescovo erano presenti il cappellano del monastero don Daniele Piazzi, il delegato episcopale per la Vita consacrata don Giulio Brambilla, oltre al cerimoniere vescovile don Flavio Meani.

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A San Sigismondo il ricordo del Vescovo per il primo martire e il magistrato Livatino presto beato (FOTO e AUDIO)

Nella soleggiata mattina di sabato 26 dicembre il vescovo Antonio Napolioni si è recato presso il monastero di clausura di San Sigismondo, a Cremona, per celebrare la Messa della festività di Santo Stefano con le monache domenicane e i fedeli presenti: l’Eucarestia è stata concelebrata dal cappellano don Daniele Piazzi e dal segretario e cerimoniere vescovile don Flavio Meani.

La memoria del primo martire è stata l’occasione per ricordare l’annuncio della prossima beatificazione del magistrato Rosario Livatino, ucciso dalla mafia “in odio alla fede” nel 1990. «La nostra testimonianza non deve essere caratterizzata dal vittimismo, ma da una perseveranza gioiosa», ha voluto rimarcare il vescovo Napolioni, che ha poi proseguito sottolineando come «in questi tempi difficili il futuro del nostro tempo è accessibile se avremo perseveranza alla realtà, prestando attenzione all’aspetto sociale delle nostre comunità, perché non possiamo stare bene uno per volta. Come ci ricorda il Papa, un’economia come quella nella quale abbiamo sguazzato negli ultimi decenni ha causato molto ferite e creando molti poveri a vantaggio di pochi che se ne sono approfittati». L’augurio del Vescovo è stato quindi quello di seguire l’esempio di santo Stefano, come quello del magistrato Livatino: «Affidiamoci a Gesù e facciamo la nostra parte».

Al termine della celebrazione monsignor Napolioni si è fermato per salutare le suore claustrali domenicane cogliendo l’occasione per scambiare gli auguri di Natale.

Nel giorno dell’Epifania il Vescovo tornerà a S. Sigismondo per presiedere i Secondi Vespri della solennità, come ormai è tradizione da diversi anni, in occasione dell’anniversario della posa della clausura papale.

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A Bozzolo l’ultimo saluto a don Giuseppe Giussani

Nella nebbiosa mattina di lunedì 14 dicembre, a Bozzolo, si è tenuto il funerale di don Giuseppe Giussani, in una chiesa parrocchiale ricolma dell’affetto di alcune delle tante persone che hanno conosciuto il prete cremonese deceduto l’11 dicembre scorso all’età di 85 anni. La esequie sono state presiedute dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, e concelebrate dal vescovo emerito mons. Dante Lafranconi, dal vicario generale don Massimo Calvi insieme a diversi altri sacerdoti.

Photogallery della celebrazione

Nelle parole del Vescovo durante l’omelia il ricordo di don Giuseppe è stato semplice e genuino: «È stato – ha ricordato monsignor Napolioni – un umile e autentico credente, la cui fede è stata distillata in varie situazioni nelle comunità che ha servito e ulteriormente negli anni della sofferenza come agnello muto preparato per la Pasqua eterna».

Proseguendo il Vescovo ha voluto poi sottolineare come: «Oggi abbiamo bisogno di una visione, una strada. E perciò abbiamo sempre bisogno di profeti, coloro che ascoltano la parola del Signore e sanno discernere cos’è che porta frutto. Quando i profeti compiono questa missione in genere sono rifiutati perché chiedono un cambiamento e ci scomodano dalle nostre comode sicurezze, ma don Giuseppe più che un grande profeta è stato cultore di un profeta come don Primo Mazzolari e un innamorato della visione evangelica in cui rispondendo “sì” al Signore ha riconosciuto il bisogno di maestri concreti, coraggiosi e liberi che ci aiutassero a guardare avanti».

Mons. Napolioni prendendo spunto dalle letture ha voluto poi esporre due accostamenti: «Come nella Bibbia Balaam contempla le tende di Israele, credo che anche don Giuseppe abbia custodito questo sguardo contemplativo e non trionfalistico: le tende, le famiglie, le comunità, i paesi, i luoghi della vita sono l’unico popolo di Dio e questo l’ha accumunato a don Primo sapendo mettere al primo posto gli altri, la gente, tutti, senza distinzioni e anzi con il cruccio e il desiderio di raggiungere quelli che si sono allontanati, quelli che potremmo noi aver allontanato perché siano belle anche le loro tende e perché sia bello tornare nella tenda di Dio sempre aperta».

Dal passo evangelico, invece, parte il secondo accostamento: «È il più esperto di umanità perché si è incarnato e ha preso su di sé il peccato per redimerci, quindi la Chiesa non può essere da meno: dalla vita semplice di don Giuseppe questo è il secondo dono che ricordiamo, quello di un rapporto con l’autorità talvolta difficile perché c’è da fare i conti con quello che viene da Dio e dagli uomini, una fedeltà a Dio e all’uomo che non faccia sconti né alle esigenze del cielo né ai doveri che abbiamo sulla terra come cristiani santamente strabici con un occhio al mistero di Dio e uno ai poveri».

Al termine della celebrazione eucaristica, dopo l’aspersione con l’acqua santa, in ricordo del battesimo, e con il fumo dell’incenso in attesa della risurrezione dei morti, la salma è stata portata fuori dalla chiesa dove c’è stato l’ultimo saluto del Vescovo, dei confratelli presbiteri e dei fedeli presenti. Quindi il feretro è stato trasferito a Cremona, città natale di don Giuseppe, per la tumulazione nel cimitero cittadino.

 

Profilo di don Giuseppe Giussani

Nato a Cremona il 28 settembre 1935, originario della parrocchia di Sant’Ilario, è stato ordinato sacerdote il 27 maggio 1961.

Ha iniziato il proprio ministero come vicario a Bozzolo dove è tornato nel 1970 dopo una parentesi di tre anni a Cremona, in qualità di vicario di S. Agostino.

Nel 1974 la nomina a parroco di Scandolara Ripa d’Oglio. Nel 1983 il trasferimento a Rivarolo Mantovano come cappellano della casa di riposo.

Nel 1995 è diventato parroco di Brugnolo, comunità nella quale ha continuato a prestare servizio dal 2006 come parroco in solido dell’unità pastorale di Rivarolo del Re, Brugnolo e Villanova. Incarico che ha lasciato nel 2012.

Da segnalare anche il suo impegno all’interno della Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo, di cui è stato presidente dal 1992 al 2009 e per la quale ha curato con grande passione la risistemazione totale degli archivi.

Nella mattinata di venerdì 11 dicembre il decesso presso la “Domus Pasotelli” di Bozzolo dove era ricoverato da tempo.

 

La Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo ricorda don Giuseppe Giussani

Il professor Giorgio Vecchio ricorda don Giussani

 




A Stagno Lombardo l’ingresso di don Vei (AUDIO e FOTO)

Nel pomeriggio di domenica 11 ottobre don Pierluigi Vei ha fatto il suo ingresso come nuovo parroco di Stagno Lombardo e Brancere. L’insediamento è avvenuto durante l’Eucarestia presieduta dal vescovo Antonio Napolioni nella chiesa parrocchiale dei Ss. Nazario e Celso, a Stagno.

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Nonostante la giornata piovosa l’accoglienza dei parrocchiani è stata molto calorosa. Accompagnato dal vescovo Napolioni e dal vicario zonale don Antonio Pezzetti, don Vei ha fatto il suo ingresso in chiesa fermandosi davanti all’altare per ricevere, prima dell’inizio della celebrazione, il saluto del sindaco Roberto Mariani, che gli ha rivolto il benvenuto a nome della comunità civile e dell’Amministrazione comunale, di cui ha assicurato la vicinanza e la collaborazione nella condivisione del servizio alla comunità.

Saluto del sindaco di Stagno Lombardo

La celebrazione eucaristica si è aperta con la lettura del decreto di nomina di don Pierluigi Vei a nuovo parroco delle parrocchie “Ss. Nazario e Celso” in Stagno Lombardo e “Ascensione di Nostro Signore” di Brancere, dove succede a don Giuseppe Galbignani, nominato parroco di Acquanegra Cremonese e Fengo.

A caratterizzare la prima parte della solenne Eucaristia sono stati i riti propri dell’insediamento: l’aspersione dell’assemblea e l’incensazione della mensa eucaristica.

È stata poi una rappresentante della parrocchia a dare voce alla comunità: «Le chiediamo di aiutarci ad aumentare la nostra fede, di guidarci nell’ascolto della Parola, di favorire il dialogo tra fratelli e di insegnarci a vedere il bisogno nel volto del nostro prossimo», ha detto rivolgendosi al nuovo parroco, prima del «Benvenuto tra noi don Pedro, la nostra comunità possa essere per lei fonte di gioia e di speranza».

Saluto del rappresentante della comunità parrocchiale

Il saluto è stato accompagnato da alcuni doni: una casula mariana unita al servizio per la mensa, un’offerta in denaro per i bisogni della parrocchia e un quadro con scorci del paesaggio locale. Inoltre non è mancato un gesto di solidarietà con i più bisognosi, attraverso un’offerta per la Borsa di sant’Omobono.

Dopo la liturgia della Parola è stato il Vescovo, nell’omelia, a proporre una riflessione alla comunità in festa, partendo dal racconto evangelico: «Se le nozze sono le nostre, noi possiamo anche non avere il vestito ma il cuore deve essere pronto, dobbiamo essere felici e lasciarci coinvolgere dall’incontro con lo Sposo perché la festa è la vita insieme a Lui», ha esordito monsignor Napolioni. E ancora: «Questa è la storia dell’umanità, della Chiesa, di tutti noi. Accanto a questa storia arriva il parroco, vecchio o nuovo. Loro fanno diverse cose, alcune belle alcune meno: la prima cosa che fanno è andare a chiamare gli ospiti per le nozze». Da qui quindi l’augurio per don Pedro, come è amichevolmente chiamato don Pierluigi: «Non fermarti ai buoni parrocchiani e vai avanti perché l’abito nuziale è nascosto nell’animo di ciascuno».

Per concludere il Vescovo ha affidato a don Pedro un invito preso dal Vangelo: «Nel Vangelo c’è un messaggio un po’ nascosto che voglio affidarti: stai vicino a ciascuno perché abbia l’abito su misura, aiuta ciascuno a scoprire il suo posto nella comunità, la sua vocazione, a sentire che Gesù ha dato la vita per tutti e per ciascuno».

Omelia del vescovo Napolioni

Prima della benedizione finale è stato lo stesso don Vei a prendere la parola per il saluto alle nuove comunità: «Sono a vostra disposizione per questo incarico senza riserve e non abbiate scrupolo di disturbarmi: spero che in poco tempo voi possiate sentirvi di casa nella mia e io nelle vostre – ha detto il nuovo parroco –. Chiamatemi per cercare insieme risposte di fede nei momenti di burrasca». E ha concluso poi: «A tutti e ciascuno il mio più cordiale e fraterno abbraccio, che purtroppo non possiamo darci fisicamente, e con quale rammarico. E domani si incomincia, subito!».

Saluto del nuovo parroco

Al termine della celebrazione i fedeli si sono ritrovati insieme a don Pedro per un rinfresco organizzato dalla comunità parrocchiale.

 

Scheda biografica di don Pierluigi Vei

Don Pierluigi Vei, classe 1954, nato a Castelnuovo Bocca d’Adda (Lo) e cresciuto a Bordolano, è stato ordinato sacerdote il 7 aprile 1980.

Nominato vicario della parrocchia della Cattedrale, nel 1985 ha iniziato la sua esperienza come “fidei donum”. Anzitutto in Brasile, per dieci anni parroco nella diocesi di Tocantinopolis e poi per altri quattro in quella di Mogi das Cruzes. Dal 1999 al 2002 ha frequentato a Madrid un Master in Scienze delle Religioni, partendo quindi per un’esperienza di studio e convivenza in Paesi islamici, prima a Il Cairo (Egitto) con i Comboniani, poi in Siria con i Francescani della Custodia di Terra Santa. Nel 2012 il ritorno in Brasile a servizio di una parrocchia vacante nella diocesi di Sao Luis de Montes Belos, allora guidata dal vescovo cremonese mons. Carmelo Scampa.

Nel 2015 il rientro in diocesi con l’incarico di collaboratore parrocchiale dell’unità pastorale di Scandolara Ripa d’Oglio, Grontardo e Levata. Dal 2018 era parroco in solido dell’unità pastorale Cafarnao comprendente le comunità di Vescovato, Ca’ de’ Stefani, Pescarolo, Pieve Terzagni, Gabbioneta e Binanuova. Ora il Vescovo gli ha affidato le parrocchie di Stagno Lombardo e Brancere.

 

Messaggio del nuovo parroco sul sito parrocchiale 

Cari parrocchiani di Stagno Lombardo e Brancere,

stiamo iniziando insieme un tratto di strada ed è per me motivo di gioia percorrerlo con voi e al vostro servizio per questi anni a venire.
Voglio esprimere la mia gratitudine al Vescovo, per avermi fraternamente costretto/convinto a non cercare missioni lontane destinandomi a voi; e a don Giuseppe per l’eredità di lavoro e di buoni rapporti che mi lascia. Non si comincia mai da zero nella “vigna del Signore”, si lavora in sequenza e si mettono in gioco “i talenti” che ognuno di noi ha ricevuto, diversi l’uno dall’altro ma complementari nelle sapienti mani di Dio che ad ognuno di noi assegna l’ora più propria per metter mano all’opera.

Ci conosceremo cammin facendo e, pur con tutte le restrizioni imposte dalle misure sanitarie, è mia intenzione iniziare da subito.
Non ho altri “programmi” in testa per il momento. Li penseremo e li realizzeremo insieme.

La parrocchia è una famiglia che insieme cammina e cresce, coinvolgendo tutte le sue forze vive nell’unico intento di servire e diffondere il vangelo, senza etichette, senza ostentazioni, evitando, come la peggiore delle disgrazie, divisioni e contrapposizioni.

Ci è chiesto di essere lievito, luce e sale in una società sempre più distante dai valori del vangelo e sempre più refrattaria alla dimensione spirituale.

Un ambiente “inquinato” i cui  tossici effetti si ripercuotono sulla famiglia, sull’educazione dei figli, sulle scelte di vita dei giovani, sulle nostre stesse comunità parrocchiali.

Sono queste le sfide che dobbiamo affrontare insieme, uniti nel collaborare, entusiasti nel testimoniare, motivati nel proporre.
Sappiatemi a vostra disposizione e non fatevi scrupolo di venire a trovarmi; chiamatemi quando riterrete che la “parola del sacerdote” possa esservi di qualche aiuto, chiedetemi aiuto per leggere (o imparare a leggere) insieme la Parola di Dio o per cercare insieme risposte di fede nei momenti di burrasca.

Sarà per me un motivo di vanto (l’unico vanto che ambisco!) e un privilegio poter essere guida di “cammini spirituali” personalizzati che aiutino ognuno a realizzare al meglio la sua “vocazione” cristiana.

A presto, dunque, e un grazie anticipato per la vostra cordiale accoglienza,

don Pedro




Ad Acquanegra Cremonese l’ingresso di don Giuseppe Galbignani (AUDIO e FOTO)

Nella soleggiata mattina di domenica 4 ottobre si è celebrato l’ingresso di don Giuseppe Galbignani come nuovo parroco di Acquanegra Cremonese e Fengo con l’Eucarestia presieduta dal vescovo di Cremona nella chiesa parrocchiale dei Ss. Cosma e Damiano.

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Il nuovo parroco ha fatto il suo arrivo sul sagrato della chiesa parrocchiale di Acquanegra Cremonese accompagnato da mons. Napolioni, da don Marco Leggio e il compagno di Messa don Antonio Facchinetti, alla presenza dei familiari e diversi parrocchiani della comunità di Stagno Lombardo, che ha servito come parroco per sedici anni.

Ad accoglierlo, prima dell’ingresso in chiesa, il sindaco di Acquanegra, Oreste Bricchi, che gli ha rivolto il benvenuto a nome della comunità civile e dell’Amministrazione comunale, di cui ha assicurato la vicinanza e la collaborazione nella condivisione del servizio alla comunità.

Saluto del sindaco di Acquanegra Cremonese

Dopo l’ingresso, accompagnato dalla corale parrocchiale, la celebrazione eucaristica si è aperta con la lettura del decreto di nomina di don Giuseppe Galbignani a nuovo parroco delle parrocchie dei “Ss. Cosma e Damiano” in Acquanegra Cremonese e “S. Alessandro martire” in Fengo, dove succede a don Giovanni Nava, nominato assistente religioso presso l’Azienda Cremona Solidale.

È stata poi una rappresentante della parrocchia a dare voce alla comunità in un «caloroso benvenuto nel giorno in cui la Chiesa ricorda san Francesco d’Assisi, possa il santo proteggerla e aiutarla nella missione pastorale». Nel messaggio letto davanti all’assemblea è stata espressa la gratitudine al vescovo per la nomina e a don Giuseppe per aver accettato l’incarico: «sappiamo della sua attenzione alle persone, alla cultura e a tutto quello che è necessario alla comunità – ha detto rivolgendosi al nuovo parroco –. Ci auguriamo un cammino ricco e fecondo insieme».

Saluto del rappresentante della comunità parrocchiale

Il saluto si è accompagnato ad alcuni doni: una casula e un servizio da Messa affinché la missione di pastore possa accompagnare il nuovo cammino.

La solenne Eucaristia presieduta dal Vescovo è proseguita quindi con i riti propri dell’insediamento: l’aspersione dell’assemblea e l’incensazione della mensa eucaristica.

Dopo la liturgia della Parola, il Vescovo nell’omelia ha proposto una riflessione alle comunità in festa: «Diciamo subito che non esiste la comunità perfetta e non esiste il prete perfetto – ha esordito monsignor Napolioni – l’incontro vero tra uomini e donne sulla terra è l’incontro tra persone imperfette: se aspettiamo di essere perfetti ci facciamo del male, se invece accogliamo i limiti nostri anche la vigna che sembra più sterile porterà frutto».

E poi ancora: «in questo periodo ci sentiamo un po’ nel deserto, un luogo minaccioso ma anche dell’incontro intimo e del perdono. Ma chi ha l’ultima parola? Con tutto quello che è successo è necessario ripartire dal cuore».

L’invito che il vescovo ha rivolto a don Giuseppe e alla comunità – con un richiamo alla lettura del Vangelo proposta dalla liturgia domenicale – è che «tutti noi siamo un riflesso di Gesù, genitori e figli, laici e parroci e al nuovo parroco voglio dire che è necessario un atto di volontà: cantare non noi stessi ma il nostro rapporto con Gesù, lo sguardo che ha sul nostro popolo perché noi siamo solo portavoci, servi inutili».

Omelia del vescovo Napolioni

Prima della benedizione finale è stato poi lo stesso don Galbignani a prendere la parola per il saluto alle nuove comunità. «Oggi è un giorno diverso da tutti gli altri – ha detto il nuovo parroco – oggi la mia vita non cambia ma prosegue, e inizia una nuova tappa della mia vita sacerdotale: mi rendo conto che non c’è nulla di ciò che noi possiamo fare che aggiunga alla provvidente attività salvifica che viene da Dio, dalla quale non manca niente ma per la quale ci impegniamo». . E ha concluso: «Mi rivolgo a san Francesco in questo anno così travagliato. Gli chiedo di proteggerci e di sostenere chi porta nel cuore le stimmate della sofferenza».

Saluto del nuovo parroco

Al termine della celebrazione, dopo la benedizione finale del vescovo Antonio, sotto il sole della limpida mattinata don Giuseppe si è intrattenuto sul sagrato della chiesa parrocchiale con gli amici e i parrocchiani, prima del rinfresco organizzato dalla comunità parrocchiale.

 

Scheda biografica di don Giuseppe Galbignani

Don Giuseppe Galbignani, classe 1958, originario di San Martino in Beliseto, è stato ordinato sacerdote 18 giugno 1988. Dopo essere stato vicario a Vailate (1988-1995) e Bozzolo (1995-1997), è stato nominato parroco di Cignone e, contemporaneamente, ricoprendo l’incarico di segretario dell’Ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiastici. Dal 2004 era parroco di Stagno Lombardo e dal 2017 amministratore parrocchiale di Brancere.

 

Messaggio del nuovo parroco sul bollettino parrocchiale 

Carissimi parrocchiani di Acquanegra e di Fengo.

Il cammino del mio sacerdozio ministeriale continua con voi. Nell’obbedienza alla volontà del Vescovo, ma soprattutto al servizio alla Chiesa per la quale ho scelto di seguire questa vocazione. Mi accingo ad essere al vostro fianco per un altro tratto della mia vita da prete. Cammineremo insieme, come cristiani, sulle tracce che il Vangelo imprime nel nostro cuore, e sulle parole a volte silenziose e misteriose che Dio pronuncia alla nostra anima e alla nostra volontà, e cercheremo di essere insieme discepoli di un Maestro che ha sempre qualcosa in più da insegnarci, rispetto a quanto possa passare attraverso le parole di noi suoi ministri e discepoli, così terreni e così umani.

Lascio la Parrocchia di Stagno Lombardo dopo 16 anni, e non posso nascondervi che mi costa, sia per il tessuto di rapporti umani che si crea con gli anni, sia per le gioie e i dolori condivisi con la comunità e con le persone, che hanno contribuito a far crescere e talora a mettere alla prova me stesso e la mia fede. Provvidenza e grazia che ci seguono e ci fanno sentire accuditi. Ora insieme continueremo a godere dei doni del Signore, ad ascoltare insieme la Parola del Padre e ad ascoltarci reciprocamente. Non voglio partire con grandi progetti o iniziative travolgenti, non vi prometto grandi imprese né sconvolgimenti della vita pastorale. Tanto più che stiamo ancora vivendo un periodo in cui il distanziamento e le regole da rispettare potrebbero condizionare la nostra libertà di azione. Quello che invece spero di mettere in pratica e ottenere da voi è imparare a conoscerci, a stimarci a vicenda, a mettere a frutto le doti e i carismi di ogni persona e di ogni età. Ci impegneremo, nel modo più naturale e spontaneo, a volerci bene. Mi propongo, piano piano, di sentirvi parte della mia vita, come io desidero essere parte della vostra, nel comune sguardo verso Chi dà un senso a tutto il nostro vivere.

La Grazia dei Sacramenti, innanzitutto dell’Eucaristia, che passa attraverso le povere mani del prete, sia la forza e la gioia di tutti noi. Il Signore Gesù ci guidi, Maria Santissima ci protegga.

don Giuseppe




A San Camillo giornata del ricordo con il vescovo Napolioni

Nella mattina di venerdì 2 ottobre presso la cappella della casa di cura San Camillo di Cremona si è celebrata la giornata del ricordo, nella memoria di quanti sono morti a causa del Covid-19 nella prima fase della pandemia.

All’inizio della Messa il superiore camilliano, padre Virginio Bebber, ha ricordato con un lungo elenco le molte persone che sono decedute, tra i quali i molti parenti dei dipendenti della casa di cura e in special modo chi era parte della famiglia della clinica di San Camillo: il dottor Leonardo Marchi, direttore sanitario della struttura, padre Francesco Avi, chirurgo camilliano missionario in Taiwan e in Kenya e fratel Antonio Pintabona, zelante sagrestano della cappella della clinica, molto conosciuto in città.

Durante l’omelia il vescovo Napolioni, ricordando le parole di un seminarista conosciuto in passato, ha sottolineato che, «se anche bisogna cercare di rimarginare le ferite del corpo, non bisogna lasciar rimarginare le ferite dell’anima, perché a volte pur di non soffrire noi facciamo soffrire gli altri e creiamo delle ferite sociali». Il vescovo ha sottolineato come «un medico, un religioso, un parente riesce a dare pace e sicurezza: non solo quella della guarigione fisica, ma anche quella di non rimanere solo. E nei mesi scorsi purtroppo è anche successo questo».

L’auspicio e augurio finale per tutta la comunità camilliana e i presenti è stato quello di «essere chiamati a prenderci cura gli uni gli altri da vivi, e con i nostri fratelli defunti» e che «la memoria dei nostri cari sia d’aiuto anche per noi: una luce come l’aurora per quanti ogni giorno al risveglio dicono di sì al proprio dovere con umiltà e coraggio. Se non si deve rimarginare la ferita del cuore, si rimargineranno tante ferite sociali e la traccia di coloro che ci hanno lasciato sarà luminosa per sempre».

Al termine della celebrazione eucaristica è stata inaugurata e benedetta dal Vescovo una sala polivalente intitolata al dottor Leonardo Marchini. Padre Bebber ha brevemente spiegato come questa sala è proprio quanto desiderato dal medico defunto: «un luogo dove il personale potrà trovarsi per la formazione e per tante altre attività». La targa in memoria del direttore sanitario è quindi stata svelata dalla moglie e dalle figlie.

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Il vescovo emerito Lafranconi a La Pace per una messa in ricordo dei defunti del Covid

Nella mattina di sabato 12 settembre presso il giardino della casa di riposo “Giovanni e Luciana Arvedi” di Cremona, si è celebrata una Messa suffragio delle vittime del coronavirus e come segno di riconoscenza per tutte le persone che si sono prodigate al servizio degli ospiti della struttura nel corso della pandemia.


La celebrazione – animata dal Coro Polifonico Cremonese, diretto dal maestro Federico Mantovani –  è stata presieduta dal vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi.

Durante l’omelia il vescovo emerito, riprendendo le parole del Vangelo, ha voluto sottolineare come: «l’immagine dell’albero che porta frutti buoni è immagine del bene che lasciamo in eredità e che non si consuma mentre la casa fondata nella roccia, che è immagine di Dio, è l’immagine della nostra vita che si fonda nella fiducia del Signore».

Infine l’augurio di mons. Lafranconi affinché: «noi cristiani possiamo diventare testimoni dell’eterno».

La celebrazione eucaristica, alla quale hanno partecipato molti ospiti della struttura, tra cui alcuni sacerdoti, è stata l’occasione per fare memoria di quanto è accaduto negli scorsi mesi e in particolare ricordare le persone “che se ne sono andate” in un modo che nessuno avrebbe mai voluto, rendendo drammatico il distacco.

La celebrazione ha voluto fare eco a quanto detto da papa Francesco il 31 maggio scorso: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi” e vuole quindi porsi come un invito alla speranza e alla fiducia nel futuro per tutta la comunità.

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