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Festa di San Domenico al monastero di San Sigismondo

Ricorre l’8 di agosto la memoria liturgica di San Domenico di Guzman, fondatore dell’Ordine dei Predicatori. La ricorrenza viene celebrata con particolare solennità dal monastero delle monache claustrali domenicane di San Sigismondo a CremonaDopo la Messa mattutina delle 7 presieduta da un frate cappuccino del convento di via Brescia, a ricordo del legame di amicizia che ha legato in vita i santi Francesco e Domenico e che perdura nei rispettivi due Ordini da oltre otto secoli, nel pomeriggio alle 18 il canto dei Vespri nella memoria del Fondatore.

La Chiesa fa memoria l’8 agosto di san Domenico di Guzman, il fondatore dell’Ordine dei Frati predicatori, vissuto tra il XII e il XIII secolo, e sepolto a Bologna, dove morì nel 1221.  Nato nel 1170 a Caleruega, in Castiglia, da Felice di Guzmán e di Giovanna d’Aza, dopo una prima educazione ricevuta da uno zio arciprete, sui 14 anni fu inviato a Palencia dove frequentò corsi regolari di arti liberali e di teologia, per un decennio.

Destinato al sacerdozio fin dall’infanzia

Fra Philipp Wagner, tedescorettore della Basilica romana di Santa Sabina all’Aventino, sede della Curia generalizia dell’Ordine, racconta che il giovane Domenico “sembrava fosse destinato a farsi prete già fin dall’infanzia”. Terminati gli studi, a 24 anni entrò tra i canonici regolari della cattedrale di Osma e fu ordinato sacerdote. Le esperienze di vita regolare, di liturgia corale e di contemplazione perfezionarono la sua formazione.

In viaggio verso la Danimarca col vescovo Diego

La sua vita ebbe una svolta nel 1203, quando il vescovo Diego di Acebes, inviato in missione diplomatica in Danimarca dal re Alfonso VIII di Castiglia per scortare una principessa promessa sposa di un principe spagnolo, gli chiese di accompagnarlo. Durante il viaggio, entrambi vennero a contatto con due grandi pericoli per la cristianità di allora: il movimento ereticale dei Càtari (Albigesi), diffusosi soprattutto nella Francia meridionale, e la forte pressione delle popolazioni pagane dell’Europa nordorientale, tra cui quella dei Cumani le cui scorrerie avevano terrorizzato la Germania settentrionale.

La conversione dell’oste càtaro a Tolosa

A Tolosa, ricorda fra Wagner, “Domenico fa la conoscenza degli eretici. Lui e il vescovo alloggiano in un albergo il cui oste è un càtaro e Domenico discute per con lui per tutta la notte sulla vera fede. Perché vedeva l’emergenza della gente della Francia del Sud che seguiva in grande schiera l’eresia, vedeva anche le mancanze della Chiesa ufficiale, le ricchezze e anche le parole vuote che a volte non corrispondevano più alla verità del Vangelo, e voleva trovare la via giusta per convertire gli eretici, rinunciando alle armi e usando la parola e la forza del Vangelo”.

San Domenico non aveva paura del dialogo

“Vedo che noi oggi siamo un po’ timidi – commenta il rettore della basilica di Santa Sabina affidata nel 1219 all’Ordine dei Frati Predicatori da Papa Onorio III  – quando non osiamo più dialogare. Abbiamo paura, mentre Domenico non aveva paura, perché credeva veramente che il mondo è nelle mani di Dio, e se noi credessimo con la stessa forza che non può succedere niente perché il mondo è già salvato, è già nelle mani di Dio, forse anche noi potremmo aprirci di più al dialogo con tutti coloro che non condividono la nostra fede e seguono le “eresie” di oggi”.

Papa Onorio III approva l’Ordine nel 1216

Nel 1216 san Domenico chiedeva l’approvazione ufficiale a Papa Onorio III e questa approvazione viene considerata come la fondazione dell’ordine dei Predicatori. “San Domenico  – sottolinea fra Wagner – voleva fondare proprio un ordine per la predicazione e la salvezza delle anime, e questa era ed è oggi la meta dell’ordine”.

Il grande sviluppo iniziale dell’Ordine

Dopo l’approvazione l’ordine si sviluppo velocemente. Furono fondati conventi in quasi tutta l’Europa, e san Domenico viaggiava da un convento all’altro per promuovere la predicazione, la vita comunitaria e per accompagnare la sua fondazione. Nel 1220 e nel 1221 Domenico presiedette a Bologna i primi due Capitoli Generali destinati a redigere la Magna Charta dell’ordine, in cui ne vengono precisati gli elementi fondamentali. Sono predicazione, studio, povertà mendicante, vita comune, legislazione, distribuzione geografica e spedizioni missionarie. In particolare lo studio doveva esercitasi “di giorno e di notte”, “in casa e in viaggio”, come mezzo ascetico e in vista di una più efficace predicazione.

La morte a Bologna, la canonizzazione a Rieti

Nel 1221 Domenico si trovava a Bologna, e lì si spense. Papa Gregorio IX successore di Onorio III, lo proclamò santo il 3 luglio 1234 a Rieti. Dal 1267 le reliquie del santo sono venerate a Bologna nella basilica a lui dedicata. L’ arca che le contiene, scolpita da Niccolò Pisano, si è arricchita nel corso dei secoli di splendide aggiunte di importanti artisti.

La spiritualità domenicana parte dall’ascolto

“Fa parte della spiritualità di San Domenico – ci spiega fra Wagner – per primo ascoltare: innanzitutto la voce di Dio, nella preghiera e nella contemplazione. E poi ascoltare le necessità del tempo. Domenico ha ascoltato l’oste, ha ascoltato i suoi problemi, e non ha dato risposte prima di ascoltare”.

La predicazione, per la prima volta alle genti del Medioevo

Tutta la spiritualità dell’ordine è fondata sul Vangelo, inteso come la buona novella del Dio incarnato. Il terzo fondamento della spiritualità domenicana, ci spiega ancora il rettore della Basilica di Santa Sabina all’Aventino, è la predicazione. “Dobbiamo considerare che nel medioevo la gente normale non ascoltava quasi mai una predica, perché solo i vescovi predicavano, forse gli abati. Però nei piccoli paesi i parroci non predicavano mai. Per questo la gente non aveva nessuna idea di cosa fosse il Vangelo”.

Connettere la Parola alla situazione dell’uomo di oggi

“Oggi credo che ogni passo che si possa fare per avvicinare le persone al Vangelo o per avvicinare il Vangelo alle persone riguarda la spiritualità domenicana”. Dall’ascolto della parola di Dio, delle necessità del tempo e dei problemi degli uomini, attraverso il Vangelo, come fondamento di tutto, fino alla predicazione, per trasmettere ciò che ho ascoltato, da Dio nella contemplazione, dal suo Vangelo, e di connetterlo con la situazione degli uomini di oggi. Questa è la spiritualità dei domenicani, ci dice ancora fra Philipp. “Noi cerchiamo fino ai giorni nostri di trasmettere ciò che noi abbiamo ricevuto nella contemplazione, nell’ascolto, agli uomini, rispettando il mondo di oggi e le domande degli uomini di oggi”.

Contempla, guarda, ascolta e predica

“Per questo san Tommaso d’Aquino poteva dire: contemplari et contemplata alis tradere. Cioè, contempla, guarda e ascolta, e poi ciò che hai ricevuto nella contemplazione devi dare agli altri”. I domenicani sono predicatori un po’ in tutti gli ambiti, sia come insegnanti nelle scuole, ma soprattutto nelle università o nelle facoltà di teologia, e nelle materie legate, come filosofia, sociologia e psicologia, che mettono l’uomo al centro della loro ricerca. Sia nelle parrocchie, sia negli altri ambiti della pastorale. “Anche qui a Santa Sabina – conclude il rettore – i domenicani offrono un servizio di ascolto e di incontro per fare delle chiese veramente dei luoghi di dialogo, nelle quali le persone possono incontrare Dio, incontrare un religioso, o incontrare se stessi, e vivere la Chiesa non come un museo ma come un luogo spirituale e religioso”.

(VaticanNews)