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A Cremona l’incontro con il nuovo Sovrintendente Gabriele Barucca sul patrimonio artistico

Da sinistra: don Gaiardi, mons. Napolioni, Barucca, Galimberti, Virgilio, Pagliarini e Carletti

Tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico del territorio al centro dell’incontro svoltosi nella mattinata di lunedì 18 settembre presso il Palazzo Comunale di Cremona. Presente anche il vescovo Antonio Napolioni che, insieme a don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali ecclesiastici, ha preso parte all’incontro sul patrimonio artistico con Gabriele Barucca, dall’estate scorsa responsabile della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova. All’incontro ha preso parte naturalmente anche il sindaco Gianluca Galimberti affiancato dall’assessore al Territorio e al Patrimonio Andrea Virgilio.

Un incontro importante e costruttivo nel corso del quale tutti hanno manifestato la volontà di collaborare rispetto ai diversi temi riguardanti la tutela, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio cremonese.

Confermato, durante il confronto, l’impegno ad affrontare le diverse questioni attraverso un metodo condiviso, sia rispetto alle istanze che arrivano dal pubblico, sia rispetto alle istanze provenienti dal privato, continuando a coltivare interlocuzioni e sinergie nell’ottica di una Sovrintendenza sovraterritoriale, con particolare attenzione al rapporto con Mantova.

L’incontro è stato occasione anche per analizzare come gli interventi urbanistici si inseriscano dentro le prospettive di sviluppo e di rilancio della città e per condividere l’importanza della Sovrintendenza in questo percorso, l’attenzione nei confronti del territorio cremonese e la massima intesa tra le diverse istituzioni coinvolte.

Gabriele Barucca, insediatosi a Mantova nel luglio scorso, proviene dalla Sovrintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche, dove era responsabile dell’area patrimonio artistico e dell’ufficio mostre (ha cominciato la carriera nel 1986 ed è diventato funzionario nel 1999). Storico dell’arte, ha al suo attivo l’organizzazione di numerose mostre sull’arte rinascimentale.

Per il Comune di Cremona hanno partecipato all’incontro anche Marco Pagliarini, direttore del Settore Lavori Pubblici, e Ruggero Carletti, dirigente del Settore Progettazione, Rigenerazione Urbana e Manutenzione.




In piazza Stradivari una serata “giovane” di festa e ascolti

Il sabato sera è stato tutto per i giovani il 16 settembre in piazza Stradivari, a Cremona, nel contesto del Sinodo diocesano dei giovani. Una festa tra musica, testimonianze e spazi di ascolto oltre che per un aperitivo, con al centro il protagonismo dei giovani stessi.

“Sinodo sotto le stelle” il titolo della serata, anche se di stelle nel cielo proprio non se ne vedevano a causa del maltempo che comunque, evitata la pioggia, non ha rovinato l’evento, nonostante le temperature non più estive.

Al centro della piazza una suggestiva scenografia: una comoda poltrona rappresentava la camera di un giovane. Richiamando l’invito di Papa Francesco a scendere dal divano, tutt’attorno erano state posizionate alcune porte, aperte sul mondo attraverso alcune tematiche: scelte, lavoro, affetti, dolore, spendere, viaggio, arte. Otto tematiche visivamente approfondite da fotografie. L’installazione, curata dalla Federazione Oratori Cremonesi, è stata ideata in sinergia con i giovani delle associazioni ecclesiali del territorio: Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Scout e Unitalsi.

Poco distante il palco, posizionato all’imbocco di via Baldesio (per andare in piazza del Comune), sul quale, nel corso della serata, sono saliti alcuni gruppi musicali: la band Gli Habanero, il Coro della gioventù alpina e il Grande coro giovani della Diocesi.

All’imbocco di via Lombardini (quella che porta in pizza della Pace) era allestito, invece, uno spazio informativo sul Sinodo e di ascolto: i giovani che passavano per il centro, infatti, hanno potuto lasciare propri commenti e desideri sulle schede predisposte (ve ne era una anche per gli adulti) attraverso una video-intervista.

Accanto, sotto un grande gonfiabile colorato, l’area aperitivo, a cura dalla comunità dei ragazzi di Cortatano (Caritas), offerti a tutti i passanti.

Durante la serata anche alcuni interventi di testimonianza, a cominciare da quello di Valerio Lazzari, Mariella Pellegrini e Michele Gardani, che hanno raccontato la loro esperienza di servizio nell’Unitalsi.

Sul palco anche il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, che ha invitato i giovani a coltivare il senso della speranza a partire da una foto del 1991 che lo vedeva protagonista, insieme ad alcuni amici, alla Gmg di Częstochowa, in Polonia. Nelle sue parole anche l’auspicio che i giovani possano prendersi cura della loro città, con scelte che inevitabilmente hanno una ricaduta politica. Il tema della gratuità e dello spendersi sino al dono della vita è stato quindi richiamato guardando alle figure di Falcone e Borsellino.

Una foto d’epoca è stato lo spunto anche per l’intervento conclusivo del vescovo Napolioni: un giovanissimo Antonio scout a 17 anni, alle prese con un fuoco da campo che non faceva bollire l’acqua. Stimolato dalle domande di Giovanni Mazzolari, che ha condotto la serata, il Vescovo ha ribadito le ragioni del Sinodo che vede la Chiesa impegnata nell’ascoltare, attraverso i giovani e le loro istanze, la voce del Signore. Un segno di speranza destinato a diventare vita nel cantiere che è la comunità cristiana, senza ricette pronte, ma con il desiderio di guardare sempre avanti.

Il “Sinodo sotto le stelle” è stato uno degli ultimi appuntamenti della fase di ascolto del Sinodo che martedì 19 settembre vedrà darsi appuntamento i giovani lavoratori per un momento di riflessione e confronto [leggi per saperne di più]. Poi, da novembre, sarà la volta degli incontri nelle zone pastorali, cui seguiranno le assemblee sinodali all’inizio del 2018.

Photogallery

 




Nel fine settimana torna in tv il “Giorno del Signore” con uno speciale su Taizè

Riprende questo fine settimana, dopo la pausa estiva, il “Giorno del Signore”, la rubrica televisiva della diocesi di Cremona curata da TRC. Nelle prime due puntate di settembre, in una veste un po’ straordinaria, l’attenzione sarà focalizzata su alcune tematiche particolari. Si inizia guardando al Sinodo dei giovani, nel cui contesto lo scorso agosto un gruppo di giovani, insieme al vescovo Antonio Napolioni, ha vissuto a Taizé una settimana di spiritualità.

 

La trasmissione potrà essere seguita in tv nelle seguenti modalità:

  • Cremona1 (canale 211 del digitale terrestre, streaming su www.cremona1.it): sabato alle 8.00, alle 11.30 e alle 20.30; domenica alle 12.30 al termine della Messa dalla Cattedrale di Cremona.
  • Studio1 (canale 80 del digitale terrestre): sabato sera alle 20.30.
  • TelePace (canale 187 del digitale terrestre, Sky canale 515, streaming su www.telepace.it): venerdì pomeriggio alle 14.05 e la sera alle 20; sabato alle 2.10; domenica alle 5.45.

 

L’archivio con tutte le puntate, che è possibile rivedere in podcast e scaricare, nell’apposita sezione in home page del nostro Portale diocesano (link diretto www.diocesidicremona.it/blog/s-videogallery) o sulla pagina YouTube di TRC (link diretto www.youtube.com/user/Teleradiocremona/videos).

 




Education enthusiasts: per “trasmettere una vita capace di futuro”. Oggi la giornata diocesana della scuola

Di seguito pubblichiamo la nota – dal titolo Education enthusiasts: per “trasmettere una vita capace di futuro” – stilata, all’inizio dell’anno scolastico 2017/2018, da don Giovanni Tonani, incaricato diocesano per la Pastorale scolastica.

 

«L’insegnare è più proprio della vita contemplativa che di quella attiva», proprio nel cuore dell’anno scolastico che si è appena aperto, gli insegnanti saranno sollecitati, dalla nostra Chiesa Cremonese, a riflettere su questa provocazione di S. Tommaso d’Aquino. Insegnare prima di tutto non è trasmettere nozioni, ma è condividere quello che si ha nel cuore, quell’entusiasmo, quella gioia, quella “pienezza” che non possono essere tenuti per sé, ma condivisi. Insegnare non è, dunque, un’azione meccanica, un ripetere, anno dopo anno, le stesse cose, ma insegnare è accompagnare, seguire, guardare negli occhi, ad uno, ad uno, i propri studenti e cercare, non senza fatica, di farli crescere, nonostante tutto. Nonostante il rifiuto, la chiusura, le provocazioni.

 

Insegnanti entusiasti

All’inizio di questo anno scolastico la Chiesa che è in Cremona, guarda con particolare attenzione gli insegnanti, guarda a loro come una grande risorsa: “education enthusiasts”, entusiasti dell’educazione, perché la “buona scuola”, le “buone pratiche” partono solo ed unicamente dall’essere entusiasti. Chi lo è non si trascina, non segue la corrente, non è cupo o critico, non vede nero, chi è entusiasta dell’educare e dell’educazione, diventa coinvolgente, un “ciclone” positivo capace di contagiare. Per entusiasmare le giovani generazioni che vivono la scuola, per farle crescere, certamente non bastano le buone intenzioni, l’entusiasmo, ma nemmeno bastano le tecniche pedagogiche o le procedure. Tutte queste cose devono essere messe assieme, armonizzate e rese vive, capaci di affrontare anche quei momenti di scoraggiamento, di fallimento, quei momenti in cui si è tentati di ragionare solo attraverso voti, note disciplinari o fredda burocrazia. San Giovanni Bosco lo ricordava ai suoi salesiani, ma lo ricorda anche a noi oggi: «Non agitazione nell’animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; … Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore.».

Queste parole sembrano poco adatte al mondo della scuola, forse troppo spirituali, campate per aria: S. Tommaso parlava di “vita contemplativa”, ora S. Giovanni Bosco di “cosa del cuore”; sono stati due grandi educatori, due grandi insegnanti! Hanno compreso che per far crescere le giovani generazioni è necessario partire dalle relazioni, dal rispetto, dalla loro vita, dal loro vissuto e per far questo lo strumento più adatto è proprio il cuore. Papa Francesco ci ricorda: «… A questo processo di crescita umana tutti gli educatori sono chiamati a collaborare con la loro professionalità e con la ricchezza di umanità di cui sono portatori, per aiutare i giovani ad essere costruttori di un mondo più solidale e pacifico.», e continua «… il vero educatore è come un padre e una madre che trasmette una vita capace di futuro. Per avere questa tempra occorre mettersi in ascolto dei giovani … L’educazione, poi, ha in comune con la speranza la stessa “stoffa” del rischio. La speranza non è un superficiale ottimismo, nemmeno la capacità di guardare alle cose benevolmente, ma anzitutto è un saper rischiare nel modo giusto, proprio come l’educazione.»(09-02-2017).

Rischiare sui nostri ragazzi è dar loro fiducia, ma è anche investire sul futuro, che è soprattutto loro. E, allora, rischiamo e investiamo sull’educazione, sulla scuola, sui nostri ragazzi! Facciamoci mettere in gioco da loro, dalle loro provocazioni, dalle loro intemperanze, dai loro entusiasmi, dalla loro semplicità, dal loro muto grido di aiuto, direi anche dal loro volerci bene (a modo loro).

 

Sinodo dei Giovani

Anche la nostra Chiesa Cremonese ha voluto mettersi “in ascolto” con il “Sinodo dei Giovani” che proprio in questo anno scolastico entrerà nel vivo della sua celebrazione. Un Sinodo che non tocca in modo tangente la scuola, ma che si fa provocare anche da essa, perché vuole mettersi in ascolto, che si è fatta mettere in gioco anche dai giovani che sono nella scuola, quegli stessi giovani che vivono la notte, la parrocchia, lo sport, i movimenti, gli oratori, i pub, le piazzette, il rischio  … Un Sinodo, un momento di ascolto  che diventa anche strumento prezioso per la scuola, la quale può scoprire un profilo di giovane che potrebbe sorprendere, un profilo nuovo, nuove risorse, come anche nuove sfide.

 

Studenti responsabili

In questi giorni molti ragazzi iniziano una nuova esperienza di scuola: chi muove i primi passi nella scuola dell’infanzia, chi nella primaria, chi nella secondaria: una tappa importante della propria vita! Una tappa che non si dimenticherà con facilità. Nuove amicizie si stringeranno, a volte per sempre, si incontreranno maestri e professori che segneranno indelebilmente tanti aspetti del carattere, della personalità, dello stile, della vita (dalla professione agli interessi personali, dalla fede alle scelte politiche).

Chi non si ricorda del proprio maestro (e, tante volte del proprio bidello)? C’è una responsabilità educativa, come anche una responsabilità da parte dei ragazzi. L’educatore deve entusiasmare, ma lo studente deve farsi entusiasmare, deve farsi portare con fiducia, con quella speranza che Papa Francesco non vuole sia “superficiale ottimismo”, ma “un saper rischiare nel modo giusto”. Saper rischiare riguardo alle proprie responsabilità, riguardo ai propri impegni, allo studio, come anche alle consegne date. Chi cerca di fare il meno possibile non cresce, rimane li dov’è, forse diventerà un “esperto copiatore”, si farà trascinare dalla corrente, ma poi? Il futuro che cosa gli chiederà? Il tempo di oggi, spesso, insegna a trasgredire le regole, a fare il meno possibile, a dribblare i propri doveri. Ma crescere richiede sforzo, impegno, rischio, sapere che  non è perdita di tempo, ma garanzia per il proprio futuro. La scuola dovrebbe educare a far questo: diventerà “buona” quando richiederà a tutti coloro che la vivono quella fatica, bella e sana, che educa, che entusiasma, che vede gli obiettivi non irraggiungibili o inutili, ma importanti.

Studenti responsabili non sono (solo) “i primi della classe”, ma sono tutti coloro che vivono la scuola contribuendo attivamente alla sua costruzione, in tanti modi.

 

Per una “Buona” Scuola

“Buona” sarà la scuola dove si lavora, dove si ha a cuore l’altro.

“Buona” sarà la scuola dove la pluralità (di idee, di lingue, di culture, di religioni, …) non farà paura, non sarà occasione di conflitto o di emarginazione, ma di confronto, di ricchezza, di incontro.

“Buona” sarà la scuola dove il dialogo tra maestri ed alunni, sarà educativo, cioè aiuterà far crescere, non solo i ragazzi, ma anche gli insegnanti, perché anche quest’ultimi hanno ancora bisogno di imparare.

“Buona” sarà la scuola entusiasta di essere scuola, agenzia educativa, cuore pulsante della società.

“Buona” sarà la scuola che educa a valori morali fermi e indiscutibili, che, infondo, forma ad essere (o diventare) cittadini responsabili, ma ancora di più profondi uomini di fede. Ricordava Mario Lodi: «Sono stato in una classe poco tempo fa, ho chiesto ai bambini cosa sognassero di fare, uno mi ha risposto ‘il miliardario’, ovviamente in euro, ‘”così mi compro due belle ragazze e due macchine”. Gli altri ne hanno fatto subito un leader. Nel  “mi compro”c’è un’idea di mondo. Se vogliamo una speranza come scuola dobbiamo inventarci un sistema per fermare questo mercato. …».(Famiglia Cristiana del 23-11-2008)

 

Con questi pensieri e con l’affetto e la simpatia, la Chiesa cremonese accompagna l’inizio del nuovo anno scolastico, con la convinzione che sia sempre e ancora una preziosa opportunità, di cui tutti possono godere e di cui tutti sono responsabili.

don Giovanni Tonani
Incaricato Ufficio di Pastorale Scolastica
della Diocesi di Cremona




Preti in uscita: l’invito del Vescovo per la giornata nei borghi medioevali del Piacentino

Proseguono, anche all’inizio del nuovo anno pastorale, gli appuntamenti mensili di fraternità sacerdotale con il vescovo Antonio. Il prossimo appuntamento è in programma per martedì 10 ottobre con la visita ai borghi medioevali del Piacentino: Vigolo Marchese, Castell’Arquato e Vigoleno.

L’invito ai sacerdoti arriva direttamente dal vescovo Napolioni. Di seguito il testo della sua lettera indirizzata ai preti.

 

Cari Confratelli Sacerdoti,

vi ricordo che la prossima giornata dei “Preti in uscita” si terrà il prossimo martedì 10 ottobre.

Il programma, in allegato, prevede la visita dei borghi, delle chiese e dei castelli medioevali piacentini di Vigolo Marchese, Castell’Arquato e Vigoleno.

Invito ciascuno, liberamente, a partecipare a questa sosta di fraternità, accessibile a tutti (non sono necessari gli scarponi…), che ravviso come ulteriore occasione di condivisione, distensione, cordialità.

Nei prossimi mesi proporremo altre iniziative di carattere spirituale e culturale, sempre nell’ambito delle giornate dei “Preti in uscita”, come da calendario e di cui daremo puntuale comunicazione.

Confidando nella vostra presenza, vi benedico.

+ Antonio

 

Il programma della giornata del 10 ottobre




Unitalsi, concluso il pellegrinaggio a Lourdes guidato da mons. Napolioni

Giovedì 14 settembre è stato l’ultimo giorno di permanenza a Lourdes per il gruppo cremonese che ha aderito al pellegrinaggio regionale promosso dall’Unitalsi e guidato dal vescovo Antonio Napolioni. Una giornata di cielo nuvoloso iniziata con la consueta Messa del personale delle ore 6.15, sempre molto partecipata da quanti non erano in servizio in quel momento. Proseguendo, la mattina si è aperta alle ore 8.30 con la celebrazione eucaristica di fine pellegrinaggio presieduta dal vescovo Antonio insieme a tutti i sacerdoti unitalsiani presenti nei quattro giorni a Lourdes.

 

Nella ricorrenza dell’Esaltazione della Croce, mons. Napolioni ha iniziato l’omelia con una domanda: «Che dire alla fine di questo peĺlegrinaggio? È come  la mattina di Pentecoste, quando i  discepoli si sentirono trafiggere il cuore. Anche noi alla fine di questo pellegrinaggio dobbiamo dire che cosa ha trafitto il nostro cuore: la preghiera, il silenzio? Dopo tanti giorni dedicati alla Mamma arriva la festa della Santa Croce, esaltare la croce sembra assurdo, è uno strumento di tortura dei più maledetti, ma i cristiani ne hanno fatto uno strumento di speranza, anche se le croci sono: sofferenza, dolore, morti». E ha proseguito: «Domani sarà la festa di Maria Addolorata, che ci precede sempre nelle nostre case e nelle nostre comunità. Come una madre si prende cura dei suoi figli, la mamma celeste si prende cura della Chiesa, di “quest’ospedale da campo” come dice papa Francesco. In questo pellegrinaggio in cui non sappiamo chi più ha dato o ha ricevuto – lo sanno bene i giovani attraverso i racconti dei malati, del loro sorriso – diventiamo una Chiesa che ha cura dei sofferenti e allora veramente la Croce è esaltata, perché Gesù ha cura di tutti i più deboli, i più fragili, con l’Amore».

Dopo l’omelia si sono ricordati gli anniversari di consacrazione religiosa, di ordinazione (tra cui i 15 anni di sacerdozio di don Maurizio Lucini, assistente cremonese) e di matrimonio (tra cui una coppia di volontari cremonesi: i 40 anni di Fernanda e Giuseppe).

Alla fine della celebrazione l’assemblea è andata in processione con i celebranti portando i ceri e accendendoli nel nuovo luogo destinato alle candele votive in Prateria.

A seguire, sotto una pioggia battente il gruppo cremonese si è spostato nella grande tenda poco più distante per la cerimonia di accoglienza dei “primini” (volontari al primo anno di pellegrinaggio) e di coloro che erano al secondo anno di servizio a Lourdes, per sottolineare la loro scelta di tornare. Tra loro diversi i giovani (e non) cremonesi. Il vescovo Antonio ha benedetto i segni donati loro: una candela e un rosario.

Ultimo impegno prima della partenza è stata la recita del Rosario: parte dei pellegrini nella chiesa di Santa Bernadette; mentre per altri, tra i quali la sottosezione Unitalsi di Cremona presso la struttura albergo Salus Infirmorum con il vescovo Napolioni. Nella recita delle Ave Maria sono stati coinvolti alcuni ospiti di Fondazione Sospiro e alcuni giovani in servizio.

Dopo la preghiera gli ultimi acquisti, i saluti, la cena e in viaggio per il ritorno nelle proprie case o strutture.

 

Il racconto dell’esperienza di Lourdes
nelle parole di Guglielmo Tarcisio Paluschi intervistato dal Vescovo

 

 Photogallery completa dell’intero pellegrinaggio

 

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Il ricordo del vescovo Assi a 25 anni dalla morte

Il 16 settembre 1992 moriva il vescovo Enrico Assi, indimenticato vescovo di Cremona dal 1983 al 1992, anno della sua morte. A venticinque anni di distanza lo vogliamo ricordare con il contributo scritto da don Irvano Maglia, oggi parroco di S. Agata e S. Ilario in Cremona, che dal 1983 al 1990 ne fu il segretario. Mons. Assi fu un uomo estremamente concreto e laborioso, artefice della costruzione della Casa dell’Accoglienza e del Centro pastorale diocesano, avviò il Sinodo diocesano, visitò le allora tredici zone pastorali, scrisse un importante documento sugli oratori che ha segnato un’epoca, promosse la cooperazione con alcune Chiese in terra di missione, inaugurò la radio diocesana e, non da ultimo, fu il gioioso artefice della storica visita di Giovanni Paolo II in diocesi nel giugno 1992.

 

Già in altre occasioni si è sottolineato il peso specifico del suo magistero, così come la prossimità pastorale manifestata nella cura delle Visite a tutte le parrocchie della diocesi. Magistero e cura pastorale si completavano nella testimonianza delle opere diocesane, che sono tutt’oggi, dopo venticinque anni, alla ribalta delle cronache oltre che preziose per la loro provvidenzialità, se pur bisognose di taratura ai nuovi contesti sociali e pastorali: Casa dell’accoglienza, Centro pastorale diocesano, mezzi diocesani della comunicazione sociale, Centro di spiritualità presso il Santuario di Caravaggio, progettazione delle chiese nuove in periferia di Cremona.

Di mons. Assi si può, oggi, recuperare un altro aspetto del suo patrimonio pastorale: sotto la sua guida la Diocesi imparò la necessità di una metodologia pastorale, soprattutto relativamente alla costituzione e al metodo di lavoro degli organismi ecclesiali di partecipazione, parrocchiali, zonali e diocesani.

Ridotte da 13 a 11 le zone pastorali della diocesi per l’esigenza di aggregare in forma utile le risorse umane proprie dei territori, egli si impegnò nella promozione del laicato proposta dal Concilio Vaticano II. Era ormai tempo di tradurre in metodo il principio teologico della corresponsabilità ecclesiale di ogni fedele in forza del battesimo. La proposta del vescovo Assi sul tema è sintetizzata nella relazione che egli fece ai membri dei Consigli pastorali diocesani nel corso del Convegno diocesano del settembre 1983, a due anni dal suo ingresso in diocesi, dal titolo: “La vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo” (Atti del Convegno pastorali diocesano, 1985). 

La riflessione diocesana s’inseriva in quella più ampia del Convegno nazionale del giugno dello stesso anno svoltosi a Loreto, dal titolo “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”. Così come la relazione del Vescovo si metteva in continuità con la prolusione di più ampio respiro sul tema del laicato fatta dal card. Carlo Maria Martini nella relazione introduttiva al Convegno diocesano: “Occorre ricordare che il valore cristiano della laicità […] definisce un modo di essere di tutta la Chiesa per la redenzione e il riscatto di tutta la realtà umana […] e  quelli che chiamiamo comunemente laici, cioè che vivono la professionalità del servizio sociale, culturale, civile, nell’ambito del lavoro. Questo emerge, in particolare rilievo, ma senza esser loro esclusivo e senza che essi siano esclusi da quella ricerca di contemplazione e dalla partecipazione al servizio e all’edificazione della Chiesa”. Il card. Martini e il vescovo Assi partivano dalla riflessione conciliare sul laicato e entrambi offrivano tracce per mettere in atto la corresponsabilità ecclesiale.

I consigli pastorali apparivano agli occhi del Vescovo l’ambito in cui manifestare e vivere questa corresponsabilità. A suo giudizio i Consigli pastorali sono sempre “rappresentativi” di tutte le componenti del popolo di Dio: pastori, consacrati e laici. Sono punto di incontro tra la missione del parroco e la missione di competenza di laici e consacrati. Non sono luoghi dove il laicato consiglia e il clero decide. Questa concezione dualistica è da superare in uno sforzo comune per maturare insieme, e quindi per decidere insieme. Inoltre i Consigli pastorali svolgono la loro azione in due direzioni: una applicativa e una creativa.

L’applicativa: ricerca comune delle forme più efficaci per attuare il programma pastorale, adattandone le linee alla situazione territoriale e alla condizione socio-religiosa della popolazione.

La creativa: ricerca di legittime iniziative richiesta da esigenze locali, compresi pronunciamenti o voce di protesta per fatti verificatesi che hanno relazione con la fede e il costume morale dei fedeli.

Da quegli stimoli del Vescovo scaturì un’azione di accompagnamento delle comunità per la costituzione e l’azione dei Consigli pastorali, da parte delle strutture diocesane. Oggi possiamo affermare che si sono fatti dei passi nella direzione della corresponsabilità, ma rimane il dubbio se questo sia frutto di consapevolezza ecclesiale di pastori, consacrati e laici, oppure i maggiori spazi per l’esercizio della corresponsabilità non siano da attribuire alla diminuzione progressiva del numero dei preti e quindi al loro più limitato potere di occupazione e controllo delle dimensioni della vita comunitaria.

don Irvano Maglia

 

Profilo del vescovo Assi

Nella chiesa di Milano – Mons. Enrico Assi nasce a Vimercate il 19 luglio 1919 da Natale e Carolina Galbiati. Entrato giovanissimo nel Seminario arcivescovile di Milano è ordinato sacerdote il 29 maggio 1943 dal beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster. Impegnato nella sua città nei momenti difficili della guerra, partecipa alla Resistenza svolgendo un’opera di formazione religiosa, sociale e politica. È arrestato due volte dai fascisti e rinchiuso nel carcere di Monza. Nel 1943 consegue la licenza in Teologia e inizia l’insegnamento della lingua latina e greca nel Seminario minore di Seveso fino al 1956. Nel 1952 consegue la laurea in lettere classiche all’Università Cattolica ed è nominato assistente diocesano della Gioventù femminile di Azione Cattolica.

Nel 1958, dopo solo 15 anni di presbiterato, la nomina prima a vicario adiutore e poi a parroco di San Nicolò in Lecco. Una scelta fatta direttamente dall’arcivescovo Montini che intuisce le straordinarie capacità pastorali di questo prete. Tra le prime scelte del giovane sacerdote c’è quella di riscattare la proprietà del settimanale “Il Resegone”, nato in ambito ecclesiale e poi finito in mano a privati. Non si risparmia neanche per la ristrutturazione dell’oratorio, della scuola materna, della chiesa prepositurale. Nel 1971 l’arcivescovo Colombo lo nomina vicario episcopale per la zona di Lecco (la terza della vastissima diocesi ambrosiana). Il 6 gennaio 1976, nella basilica di San Nicolò, riceve l’ordinazione episcopale ed è nominato vicario episcopale per la Curia e successivamente pro-vicario generale.

Pastore a Cremona – Eletto vescovo della Chiesa di Cremona, fa il suo ingresso in diocesi il 19 giugno 1983. È lo stesso cardinale Martini ad accompagnarlo e a presentarlo ai fedeli stipati in Cattedrale: «Ora io lo presento a voi carissimi amici e fedeli di Cremona – afferma il Porporato -, lo presento a voi come padre e fratello. Padre della fede, della saggezza, della esperienza, della affidabilità, della sicurezza dei principi. Fratello nella semplicità, nella servizievolezza, nella bontà accogliente».

L’11 ottobre 1986 il vescovo Assi inizia la visita pastorale alle parrocchie, dopo aver fatto tappa, l’anno precedente, nelle tredici zone pastorali. Tre gli scopi indicati dal presule: proclamare la necessità di una evangelizzazione integrale, attenta ai problemi dell’uomo, comprensiva della promozione umana e sollecita dell’inculturazione della fede; promuovere la comunione ecclesiale; annunciare la verità congiunta alla carità.

Il 12 novembre 1988 il vescovo Enrico inaugura la Casa dell’Accoglienza, da lui fortemente voluta, centro propulsore di carità per tutta la diocesi. Il 14 maggio 1989, giorno di Pentecoste, in Cattedrale, annuncia ufficialmente l’indizione del Sinodo diocesano, la cui celebrazione è prevista per il 1992. Il precedente sinodo della Chiesa cremonese era stato radunato dal vescovo Cazzani nel 1951.

Il 26 maggio 1989, nella festa dell’Apparizione, il vescovo Enrico benedice il nuovo Centro di spiritualità eretto presso il Santuario di Caravaggio, mentre il 12 novembre 1990 è la volta del Centro pastorale diocesano “Maria Sedes Sapientiae”, cuore vivo degli impegni della Chiesa cremonese per la formazione di un laicato maturo e responsabile.

Tra i momenti più alti dell’episcopato di mons. Assi si annovera senza dubbio la visita di Giovanni Paolo II alla diocesi, dal 19 al 21 giugno 1992. Nell’ultima giornata di permanenza del Santo Padre, presso il santuario di Caravaggio, padre Francesco Spinelli, fondatore delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento di Rivolta d’Adda, è proclamato beato.

La malattia e la morte – Proprio al termine della visita papale mons. Assi comincia ad avere importanti problemi cardiocircolatori che impongono diversi ricoveri prima a Cremona e poi a Gravedona. Aggravatosi nella notte tra lunedì 14 e martedì 15 settembre 1992, subisce un arresto cardiaco e successivamente entra in coma la notte successiva. Mercoledì 16 è trasportato, con l’ambulanza, dall’ospedale di Gravedona nel suo palazzo a Cremona. Vi giunge vivo intorno alle 10. Poco dopo, verso le 10.30, mentre il vicario generale pronuncia le preghiere della raccomandazione dell’anima, il Vescovo rende l’anima a Dio.

I funerali, presieduti dal cardinale Martini, sono celebrati nella mattinata di sabato 19 settembre nella Cattedrale di Cremona. L’arcivescovo di Milano nell’omelia ricorda il suo tenero amore a Maria (Il suo motto episcopale era “Mater mea, fiducia mea”), la sua dedizione senza misura alla Chiesa, il suo eroismo nell’accettare e vivere la malattia. Il feretro è tumulato nella cripta della Cattedrale di Cremona.




Istituito dal Vescovo il Tribunale per il processo di beatificazione di don Mazzolari

Con decreto dell’8 settembre scorso, il vescovo Antonio Napolioni ha ufficialmente introdotto la Causa di canonizzazione di don Primo Mazzolari ordinando che si apra il processo sulla vita, le virtù e la fama di santità del servo di Dio. Al fine di garantire la puntuale e attenta istruzione della Causa di beatificazione ha quindi nomino giudice delegato e istruttore don Paolo Carraro, promotore di giustizia mons. Mario Marchesi e notaio attuario don Giuseppe Pezzani.

I tre membri del Tribunale, accettati gli incarichi, presteranno giuramento la sera di lunedì 18 settembre nella Cattedrale di Cremona nell’ambito della celebrazione diocesana di inizio anno pastorale e nella quale sarà ufficialmente avviato il processo diocesano di beatificazione di don Mazzolari.

Il testo del decreto

 

 

Intervista al giudice delegato

Per approfondire il ruolo del Tribunale diocesano di canonizzazione abbiamo posto alcune domande al giudice delegato e istruttore appena nominato.

Don Carraro, iniziamo guardando al cosiddetto “Servo di Dio”: che cos’ha di speciale? «Un Servo di Dio è colui che ha vissuto una vita esemplare partecipando alla santità che Dio dona a ciascun battezzato. È uno che ha preso sul serio il Vangelo e  l’invito di Cristo a «imparare da Lui ad essere mite ed umile di cuore» e ci è riuscito. Possiamo dire che il Servo di Dio è un esempio che Dio offre per essere alla e nella sua sequela».

Che cos’è la “fama di santità”? «La fama di santità è quell’esemplarità che, pur a distanza di tempo, è presente nel popolo di Dio, per cui il popolo percepisce e avverte che quella persona è speciale, emana nella sua vita e nelle sue parole qualcosa che fa sentire in lui la presenza di Dio. È come se si percepisse Dio in quella persona e, dopo averla incontrata o conosciuta, soprattutto se è già morta, ci si sentisse spinti a diventare più buoni e generosi. Inoltre, quella persona ispira: si sente che si possono affidare a lui le proprie preoccupazioni e i problemi come pure i desideri e che lei si farà compagno di preghiera per queste cose presso Dio».

Come nasce questo concetto? «Questa è la cosa più bella e misteriosa: nasce spontaneamente; nasce «dal basso», come moto e iniziativa del popolo di Dio. Di fronte ad esso la Chiesa gerarchica, quando ne riconosce il valore soprannaturale, si «inchina», perché quando la fama si diffonde, si percepisce che non sono solo gli uomini a diffonderla, ma è lo stesso Spirito di Dio».

Che cos’è il Tribunale diocesano di canonizzazione? «È quella commissione costituita dal Vescovo dove è vissuto e morto il candidato. È formata da almeno due sacerdoti, intorno ai quali ruotano tante altre persone coinvolte nell’incarico che il Vescovo ha affidato ai due sacerdoti. Essi devono raccogliere da una parte tutto il materiale che riguarda il candidato: documenti o scritti di lui o su di lui e dall’altra parte interrogare un numero sufficiente di persone che possano attestare con certezza che quella persona è veramente circondata da fama di santità e che ha vissuto veramente in maniera conforme al Vangelo, anzi ha vissuto in un modo talmente bello e intenso il Vangelo da superare la media delle persone. Il Tribunale, quindi, si fa aiutare da esperti di teologia, censori teologi e da storici specializzati periti storici, in modo tale da ricostruire nel modo più completo possibile la vita, il pensiero, lo stile, la spiritualità del candidato alla beatificazione. È un compito di cui i due sacerdoti devono rispondere davanti a Dio e alla Chiesa».

Chi porta avanti le indagini? «Si tratta di una commissione formata da almeno due sacerdoti: il primo responsabile è detto giudice delegato e istruttore, perché agisce a nome dello stesso Vescovo e ne condiziona, conseguentemente, le scelte: il Vescovo esprimerà il suo giudizio sulla base di quello che gli riferisce il suo delegato. Perché non sia il solo a portare il peso di questa gravosa responsabilità gli è posto accanto l’altro sacerdote, detto promotore di giustizia, che, come si evince dal titolo, ha il compito si garantire che si cerchi sempre e solo la verità: un po’ assomiglia anche a quello che nella fase romana si chiama promotore della fede, una sorta di avvocato generale, tradizionalmente noto come avvocato del diavolo. Ha il compito di non tralasciare nulla, facendo luce su ogni aspetto della vita del candidato, compreso ciò che potrebbe essere sfavorevole alla causa. Il Promotore così controlla, sollecita, consiglia il Giudice delegato. Insieme essi sanno di dover servire la verità ed essa sola. A garanzia della serietà dell’inchiesta e che si è obbedito a tutte le norme dettate dalla Santa Sede per quanto riguarda le beatificazioni, tutti gli atti che si compiono devono essere convalidati dalla firma di un notaio ecclesiastico, nominato specificamente dal Vescovo per ogni Inchiesta. Egli può non essere sacerdote, e può essere anche una donna».

Negli atti riguardanti le beatificazioni si parla di causa, tribunale, indagini, testimoni, prove… potremmo dire che si tratta di un vero e proprio processo? «In effetti la procedura è molto simile a quella di un processo, con la differenza che qui non si cercano le prove della colpevolezza o dell’innocenza di una persona, ma le prove del fatto che egli o ella ha vissuto santamente. È un processo che porta allo stupore: percepisci Dio che agisce nel cuore e nella vita di una persona».

Perché la beatificazione avviene in diocesi e poi la eventuale canonizzazione in Vaticano? «È stato Papa Benedetto XVI a decidere che ciò avvenga. Egli ha sempre sostenuto e detto, anche quando era prefetto della Congregazione della fede, che occorre valorizzare di più l’importanza dei Vescovi e delle Chiese locali. Inoltre egli era convinto che facendo le beatificazioni e le canonizzazioni a Roma si perdesse di vista la differenza tra i due momenti, a scapito della canonizzazione, che sembrava un poco una ripetizione della beatificazione. Il Papa vuole ricordare che il Beato è un esempio sorto da e per una Chiesa locale, mentre il Santo è offerto da Dio come esempio per tutta la Chiesa diffusa su tutta la terra».

E questo che cosa significa per il servo di Dio don Mazzolari? «Questo allora significa che don Primo è uno dei frutti della Chiesa cremonese, si è santificato qui e ci è offerto come esempio nella diocesi dove lo abbiamo conosciuto ed amato. Se la sua fama si diffonderà per tutto il mondo o se i miracoli che egli ci otterrà lo renderanno ancora più meritevole di esempio e di sollecitazione, potrà essere giustamente offerto alla preghiera di tutti i cristiani: sarà allora santo. La differenza, in fondo, è qui. Si comincia dal luogo dove un Servo di Dio è nato e conosciuto perché arrivi ad essere dono per tutti. Ce lo auguriamo».

 

«Scriveva Hans Urs von Balthasar che i santi costituiscono il commento più importante del Vangelo, […]. Lo scrittore francese Jean Guitton li descriveva “come i colori dello spettro in rapporto alla luce”, perché con tonalità e accentuazioni proprie ognuno di loro riflette la luce della santità di Dio. La santità non è un lusso, non è un privilegio per pochi, un traguardo impossibile per un uomo normale; essa, in realtà, è il destino comune di tutti gli uomini chiamati ad essere figli di Dio, la vocazione universale di tutti i battezzati. La santità è offerta a tutti; naturalmente non tutti i santi sono uguali: sono infatti, come ho detto, lo spettro della luce divina. E non necessariamente è grande santo colui che possiede carismi straordinari. Ce ne sono infatti moltissimi i cui nomi sono noti soltanto a Dio, perché sulla terra hanno condotto un’esistenza apparentemente normalissima. E proprio questi santi “normali” sono i santi abitualmente voluti da Dio. […]. Bernanos […] nota che “ogni vita di santo è come una nuova fioritura di primavera”. Che ciò avvenga anche per noi! Lasciamoci per questo attrarre dal soprannaturale fascino della santità!»

     (Benedetto XVI Catechesi del mercoledì 20 agosto 2008)




Lettera del Vicario generale alla Diocesi per l’apertura dell’anno pastorale

La sera di lunedì 18 settembre, alle 21, in Cattedrale, il vescovo Antonio Napolioni presiederà la celebrazione di apertura del nuovo anno pastorale, durante la quale si aprirà il processo diocesano per la beatificazione di don Primo Mazzolari. In una lettera indirizzata a tutte le comunità della diocesi e ai sacerdoti, il vicario generale, don massimo Calvi, ricorda l’importante appuntamento, cui tutti sono invitati.

Di seguito il testo integrale della lettera:

 

Ai rev.di Presbiteri e alle Comunità della Diocesi

Come già lo scorso anno, il nostro Vescovo convoca i presbiteri, i consacrati, gli operatori pastorali e tutti i fedeli della diocesi per il Convegno con il quale, in un clima di preghiera e di fraterno ascolto della Parola del Signore, daremo inizio al nuovo anno pastorale.

L’appuntamento è per

lunedì 18 settembre, alle ore 21.00, in Cattedrale.

Sarà l’occasione perché, nello spirito di fraterna condivisione, le nostre comunità, strette intorno al Vescovo, si dispongano ad iniziare insieme un nuovo cammino, quest’anno particolarmente orientato alla riscoperta della dimensione missionaria della vita cristiana alla luce del discorso missionario del Vangelo di Matteo. Ci sarà di aiuto lo strumento delle linee pastorali “Un mondo di Vangelo” che indicano il cammino ecclesiale che insieme vogliamo intraprendere e consolidare nell’anno pastorale che si apre. Il testo sarà distribuito a tutti i presenti.

Il Convegno pastorale di quest’anno sarà ulteriormente caratterizzato da due momenti ecclesialmente importanti e solenni: l’apertura ufficiale del processo di beatificazione del Servo di Dio don Primo Mazzolari e l’avvio della fase assembleare del Sinodo dei giovani.

In attesa di vederci in questa importante convocazione dell’intera diocesi, saluto tutti e ciascuno con fraterna cordialità.

Don Massimo Calvi
Vicario generale

Il testo in formato .pdf

 




A Lourdes una parentesi di Sinodo con l’incontro tra il Vescovo e i giovani unitalsiani

Una splendida giornata di sole ha accolto, mercoledì 13 settembre, il terzo giorno del pellegrinaggio unitalsiano a Lourdes, iniziato con il consueto appuntamento della Santa Messa del personale alle 6.15, presieduta dall’assistente spirituale don Maurizio Lucini. Alle ore 9.30 la celebrazione della Messa internazionale nella Basilica sotterranea San Pio X, partecipata oltre che dal pellegrinaggio Unitalsi anche da tantissimi fedeli di varie nazioni e presieduta dal vescovo Antonio.

«Nazioni numerose diverranno il popolo del Signore: queste parole del profeta Zaccaria diventano realtà, da tempo a Lourdes, e oggi anche in questa nostra liturgia. Siamo così diversi, ma così uniti. Perché Maria, madre di Gesù e madre nostra, ci fa ancora udire il suo Magnificat», queste le parole iniziali dell’omelia di mons. Napolioni.

L’omelia del vescovo Napolioni

La mattinata si è conclusa con la foto di tutto il gruppo lombardo dell’Unitalsi che, nel pomeriggio, ha partecipato alla processione eucaristica partendo dall’altare della Prateria in corteo verso la Basilica sotterranea, tanta gente ha accolto il Santissimo, in preghiera vocale e nel silenzio.

E per concludere la giornata in questa ultima sera di permanenza a Lourdes si è organizzata una festa con  gli ammalati, ogni sottosezione nel proprio piano di servizio, mentre i giovani hanno incontrato il vescovo in un momento di preghiera con la Via Crucis serale e poi in condivisione di fronte alla Grotta, al di la del Gave.

Nell’incontro “informale” in Prateria il Vescovo ha chiesto ai giovani presenti proposte “grida” su come coinvolgere coetanei in questa esperienza di servizio a Lourdes, domandando anche come è stato per loro essere qui, il tutto pensando al Sinodo dei giovani indetto da Papa Francesco e in piccolo nella Diocesi di Cremona.

Insieme poi sono andati in cammino verso la Grotta dove, sciolto il ritrovo, ognuno ha potuto sostare pregando in silenzio.

Il video-racconto della terza giornata a Lourdes
con l’assistente diocesano Unitalsi don Maurizio Lucini

 

Il programma completo del pellegrinaggio

 

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