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Sagra di Ariadello, il Vescovo: «Non c’è nessuno che non può ricevere il perdono e non essere ammesso alla festa»

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Si è svolta al meglio la sagra di Ariadello riservando agli organizzatori, tutti volontari, la ricompensa più attesa: la soddisfazione dei tanti partecipanti alle varie iniziative, religiose e di aggregazione, che per tradizione di svolgono la seconda domenica di maggio e nei giorni immediatamente precedenti e successivi.

Addobbato con i colori della Madonna, il bianco e l’azzurro, il santuario ha accolto migliaia di visitatori, alcuni giunti a piedi, in pellegrinaggio, fino alla chiesetta campestre. Anche tutte le celebrazioni – le Messe e l’Ora mariana – sono state molto partecipate. La chiesa, sempre aperta anche in notturna per tutta la durata della festa, non è mai stata sguarnita. Tutti i visitatori hanno fatto tappa per un saluto alla Madonna del Portico in segno di devozione alla Madre per eccellenza, la Madonna del miracolo e delle intercessioni rappresentate dagli ex voto esposti sulla controfacciata del santuario. In tanti si sono mossi a piedi, come in pellegrinaggio verso il Santuario, come una storia che ritorna: Ariadello, infatti, è capacità di ripetersi, di anno in anno, sempre con rinnovato entusiasmo di fede e partecipazione.

Domenica 12 maggio, giornata che da sempre unisce strettamente sacro e profano, religione e folklore, il santuario è stato affollato da famiglie, bambini, ragazzi, anziani che hanno partecipato alle Messe e all’Ora mariana, giocato nel parco adiacente il Santuario, passeggiato tra i banchi di dolciumi, fatto su e giù dalle giostre, raggiunto il punto ristoro allestito dai volontari.

Lunedì 13 maggio, ultimo giorno di festa, è intervenuto il vescovo Antonio Napolioni che ha presieduto la Messa delle 18, animata dal Coro Psallentes. 

Nell’omelia il Vescovo ha sottolineato il bisogno di speranza, di fronte all’immagine della festa che sta per fallire presa a prestito dal brano evangelico, metafora anche della società di oggi, che ha tutto eppure non ha speranza e si dà alla morte. Non è mancata una riflessione su Maria, madre della speranza perché madre di Gesù: lei che indica Gesù, unica fonte di vera speranza, venuto al mondo conoscendo la natura umana e che ha scelto una sconfitta per ridare speranza a tutti gli sconfitti: Lui, che non aveva peccato, ha preso su di sé il peccato del mondo perché il peccatore non pensasse di non poter ricevere il perdono, di non essere ammesso alla festa. La gioia di credere in Lui – ha sottolineato il Vescovo – deve prevalere sulle difficoltà e diventare contagiosa, così da essere pellegrini di speranza, ha detto richiamando lo slogan del Giubileo 2025.

 

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Al termine monsignor Napolioni ha impartito una speciale benedizione ai bambini sul sagrato della chiesa e incontrato i ragazzi che riceveranno per la prima volta il sacramento della Cresima e della Comunione.

Il Vescovo si è poi fermato per un momento conviviale. Una chiusura in bellezza che ha premiato tutti i volontari coinvolta per la perfetta riuscita della sagra.

 

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“Fascismo, Guerra e Resistenza. La testimonianza di don Primo Mazzolari” nel convegno del 14 maggio a Cremona

“Fascismo, Guerra e Resistenza. La testimonianza di don Primo Mazzolari” è il convegno in programma nel pomeriggio di martedì 14 maggio, alle 16 presso il Centro pastorale diocesano di Cremona (via S. Antonio del Fuoco 9/A) per iniziativa di Cisl-Asse del Po e dell’Associazione nazionale partigiani cristiani di Cremona, con l’adesione di Acli Cremona e della Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Cremona.

Il tema del convegno sarà sviluppato con l’approfondimento a cura del prof. Franco Verdi, presidente Anpc Cremona.

La relazione sarà preceduta da un intervento di Eugenio Bignardi, incaricato diocesano della Pastorale sociale e del lavoro, e sarà seguita da una comunicazione di Bruno Tagliati, presidente provinciale Acli. Concluderà il segretario generale Ust Cisl Asse del Po di Cremona e Mantova, Dino Perboni.

L’incontro è aperto a tutti gli interessati.




La lettera pastorale “Al cuore della nostra città” consegnata dal Vescovo ai candidati sindaco di Cremona

Nel pomeriggio di lunedì 13 maggio il vescovo Antonio Napolioni ha accolto nel palazzo vescovile i candidati sindaco per la città di Cremona. A ciascuno il vescovo ha consegnato la lettera pastorale “Al cuore della nostra città”, scritta in occasione del 4° Centenario del Santuario lauretano di Cremona.

Proprio alle prossime elezioni guarda infatti il capitolo cinque del documenti – “Di casa in casa” – in cui il Vescovo, ricordando che nel 1625 la Vergine Lauretana di Sant’Abbondio fu proclamata patrona e protettrice della città di Cremona, scrive che “celebrare questa Santa Casa significa dunque ripensare anche alla nostra città, dove Maria ha insegnato ai cremonesi la virtù dell’accoglienza e lo stile della solidarietà”. E ancora, in un successivo passaggio: “Non dimentico che queste settimane ci preparano alle elezioni amministrative ed europee. Un duplice esercizio di democrazia da non disertare, anzi da onorare con vero senso di responsabilità, come raccomando innanzitutto ai cattolici. È evidente a tutti che la nostra vita si gioca nell’orizzonte di grandi sfide globali e geopolitiche che impongono posture di dialogo, scelte di pace, stili e prassi di nonviolenza. Nello stesso tempo, il rinnovo dell’Amministrazione comunale e la scelta di un nuovo Sindaco impegnano a un confronto schietto e costruttivo sul presente e il futuro della nostra città, imparando tutti il metodo del dialogo e della concertazione per la ricerca e costruzione del bene comune. Ciò esige sin dalla campagna elettorale rispetto reciproco più che faziosità, per non attentare all’unità e alla concordia della comunità cittadina, affidata alla cura di ciascuno e non solo di S. Omobono”. Un invito che il Vescovo ha voluto personalmente esprimere ai candidati sindaco in un incontro cordiale e schietto.

Aprendo il 4° Centenario del Santuario lauretano di Cremona, lo scorso 2 maggio nella chiesa di Sant’Abbondio, monsignor Napolioni aveva già avuto modo di consegnare la lettera pastorale al sindaco Gianluca Galimberti, affidandola idealmente anche all’intera comunità civile, nella consapevolezza che “la Santa Casa – come si legge ancora nel quinto capitolo – può ispirare tutti a un impegno perché chiunque si senta ‘di casa in città’, lavorando per il superamento di ogni forma di emarginazione, valorizzando le diversità in percorsi di integrazione e crescente corresponsabilità, assicurando sicurezza senza impedire la necessaria promozione umana e sociale dei più svantaggiati o degli ultimi arrivati“. Aspetti che il Vescovo ha voluto richiamare ai candidati sindaco nel momento di confronto di cui l’incontro del 13 maggio a palazzo vescovile – che ha visto anche la presenza dell’incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, Eugenio Bignardi, e di don Pietro Samarini, vicario zonale della Zona pastorale 3 formata dalle parrocchie del Comune di Cremona – è stato preziosa occasione.




La Diocesi si prepara alla Settimana Sociale. Nerozzi: «Un’esperienza di popolo»

Domenica 12 maggio si è tenuto a Cremona, presso il Centro pastorale diocesano, l’incontro “Verso Trieste: il cammino diocesano verso la 50ª Settima sociale”.

Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato scientifico delle Settimane sociali, ha presentato il tema della Settimana sociale in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio: “Al cuore della democrazia: partecipare tra storia e futuro”.

«La settimana sociale è al servizio del territorio, è al servizio delle diocesi. È un momento per fare sintesi per poi ritornare a lavorare», ha introdotto Nerozzi. E ha poi proseguito: «Vorremmo che fosse una esperienza di popolo e non solo di menti e di deleghe. Per questo è una settimana sociale aperta a tutti».

Per la prima volta, nella storia recente della Settimana sociale, infatti, la partecipazione all’evento di Trieste non sarà riservata ai soli delegati. Potranno partecipare tutti coloro che lo desiderano, secondo modalità diverse. I delegati e le delegate parteciperanno agli incontri e ai laboratori loro riservati mentre, associazioni, gruppi, famiglie e singoli potranno iscriversi e partecipare come visitatori e partecipare a tutti gli eventi pubblici che si terranno nelle vie di Trieste.

Il comitato Scientifico e Organizzatore propone di riflettere sullo stato di salute della nostra democrazia dal punto di vista della partecipazione attiva dei cittadini e di elaborare proposte concrete. Importante il ruolo del confronto e dialogo, anche con la presenza dei “Cantieri del Cammino solidale”, innovativa esperienza di ascolto, confronto e analisi della realtà.

Protagonisti saranno gli interpreti di tante “Buone pratiche”, anche la diocesi di Cremona porterà la sua esperienza a Trieste, presentando il progetto delle Comunità energetiche rinnovabili, illustrato durante la serata al Centro pastorale da Pierluigi Lazzarini.

A moderare l’incontro Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro.

Presente il Vescovo Antonio Napolioni che ha sottolineato: «Abbiamo bisogno di lungimiranza disinteressata, che metta al centro il bene comune, il bene vero, il bene che è per tutti se parte dagli ultimi, se si sperimenta il guadagno di essere comunità».




Il Santuario di Ariadello si tinge di festa per la sagra e il 13 maggio Messa con il vescovo Napolioni

La tradizione si ripete, ma non stanca … anzi! I soresinesi, infatti, si apprestano a “traslocare” ad Ariadello per l’amata sagra della Beata Vergine, manifestazione che prende il nome proprio dal Santuario di Ariadello che le è stato dedicato. Il perché di tanta fortuna per la sagra fuori paese si spiega solo con l’affezione a una tradizione che si è sviluppata nel tempo e nasce dalla devozione di una ricca e nobile famiglia che costruì l’imponente santuario a ricordo di un miracolo avvenuto in quel luogo campestre nel lontano XVII secolo.

Nei tre giorni di festa, religione e folklore si mescolano, gli aromi dell’incenso e delle candele si confondono con quelli delle griglie e dei cestini da pic-nic delle famiglie che, con ampi plaid a quadrettoni, mangiano sui prati attigui al santuario. La storia tramandata oralmente e poi trascritta, per raccontare le antiche tradizioni, vuole che la Madonna sia apparsa a una giovinetta di nobile famiglia in visita alla Madonna del Portico, in località Ariadello. La giovinetta, sordomuta dalla nascita, indicando la Madonna, parlò a sua madre e le disse: “Vedi, mamma, la Madonna di Ariadello”. Dal giorno del miracolo, tra lotte con il clero che combatteva forme di superstizione e continue espressioni di fede da parte dei soresinesi, generose offerte si assommarono nelle casse del progetto per la costruzione del santuario e, finalmente, il 30 maggio 1666, la chiesa fu benedetta da don Orazio Molossi, allora parroco di Soresina. Non molto è cambiato da quella lontana data: la devozione per la Madonna, la voglia di ritrovarsi nel santuario per una visita e un ricordo, forse anche per un “miracolo”, e poi il gioco e lo stare uniti insieme all’aria aperta e alle stelle restano i motivi che portano i soresinesi ad Ariadello.

Da un lato la partecipazione, dall’altro l’organizzazione (affidata alla Parrocchia attraverso i volontari di San Siro, i ragazzi dell’oratorio e tanti volontari estemporanei che prestano la loro opera nei giorni clou della sagra) per garantire l’apertura del Santuario, le celebrazioni e offrire anche un punto “ristoro” ben attrezzato.

Per i giorni di sagra non mancheranno attrazioni per bambini, giostre, autoscontri e angoli della fortuna, oltre a bancarelle tipiche per una fiera, dolciumi, fette di cocco, bibite ghiacciate, gadget, occhiali da sole, morbidi peluche e palloni pronti per essere acquistati per passare un pomeriggio giocando.

Il giorno della Madonna (domenica 12 maggio) si celebreranno al santuario quattro Messe: alle ore 7, alle 9, 11 e alle 17; e alle ore 16 l’ora mariana.

Lunedì 13 maggio, invece, sarà presente il vescovo Antonio Napolioni per la celebrazione della Messa solenne delle 18, cui seguirà, alle 19, l’affidamento alla Vergine Maria e la benedizione dei bambini da zero a 6 anni; alle 19.15 il Vescovo incontrerà i bambini dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Il Santuario di Ariadello è già protagonista del mese mariano a partire dal 6 maggio con la recita del Rosario tutte le sere alle 20.45 per invocare la pace nel mondo; il 10 maggio alle 17 Messa in suffragio dei defunti dell’Azione Cattolica; l’11 maggio adorazione eucaristica dopo il Rosario; martedì 14 maggio Messa per i benefattori del Santuario.

Infine, lunedì 27 maggio pellegrinaggio notturno ad Ariadello con partenza alle 20.15 dalla chiesa di San Siro: alle 21.15, Messa e affidamento della comunità alla Vergine Maria.

In occasione della sagra di Ariadello, sarà promossa l’iniziativa “La luce di Maria”. Nei giorni della festa della Beata Vergine di Ariadello, presso il Santuario, sarà possibile acquistare un cero da accendere nella notte tra il 12 e il 13 maggio sulla propria finestra di casa, per unire la propria casa alla casa di Maria e invocare la sua protezione su ciascuna famiglia e su tutta la comunità soresinese.

 

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Deceduto il presidente dell’Associazione Corallo Luigi Bardelli

Si è spento nella notte tra sabato 11 e domenica 12 maggio 2024 a Pistoia, all’età di 88 anni, Luigi Bardelli, figura storica della radiotelevisione locale, del giornalismo e dell’associazionismo, presidente dell’Associazione Corallo, la realtà (cui fa parte anche TeleRadio Cremona Cittanova) che riunisce le emittenti radiotelevisive cattoliche, membro del Comitato esecutivo di Aeranti-Corallo. I funerali nel pomeriggio di lunedì 13 maggio nella chiesa di San Francesco a Pistoia.

Nato nel 1936 a Pistoia, laureato in pedagogia, negli anni della giovinezza Bardelli si è distinto per il suo impegno educativo nelle file della Gioventù Cattolica diocesana di cui divenne presidente. Direttore e fondatore di varie testate giornalistiche, fondatore nel 1976 di TVL Pistoia, è stato un pioniere della televisione locale.

«La sua emittente – ricorda l’edizione straordinaria del periodico di Aeranti-Corallo – è divenuta punto di riferimento per l’informazione e la cultura in Toscana. La sua passione per la comunicazione era alimentata anche dal suo desiderio di dare voce agli ultimi. Oltre al suo impegno nel giornalismo, Bardelli si è dedicato con dedizione al mondo del terzo settore. Ha ricoperto la carica di presidente della sezione AIAS di Pistoia, contribuendo alla creazione di strutture all’avanguardia per l’assistenza e la riabilitazione di persone con disabilità; la sua sensibilità verso i più fragili lo ha portato a creare la Fondazione Maria Assunta in Cielo (MAIC), una onlus per offrire supporto e servizi a persone con disabilità e alle loro famiglie. Profondamente credente, Bardelli ha sempre tradotto la sua fede in azioni concrete, ispirate ai principi di pace, solidarietà e giustizia sociale; oltre che di Corallo, è stato presidente della CERC, la Conférence Européenne des Radios Chrétiennes. Aeranti-Corallo esprime il suo profondo cordoglio, in particolare alla moglie Franca, ai figli Maria Chiara, Giovanni e Paola e ai nipoti. Luigi Bardelli lascia un vuoto incolmabile nel mondo dell’emittenza radiotelevisiva locale. La sua figura resterà impressa nella memoria di tutti coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato, anche per la sua generosa tenacia e per la profonda umanità»

«Luigi è stato un grande architetto d’informazione e comunicazione», così Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, ricorda Luigi Bardelli. «Ho incontrato Luigi per la prima volta nel 1998, ne rimasi colpito dal modo con cui affrontava e si districava in tutta la complessità dell’emittenza radiotelevisiva locale. In quegli anni di forte rinnovamento televisivo, ha testimoniato l’importanza di una presenza di senso nelle tante antenne che disegnavano la geografia italiana. Con quella stessa competenza – prosegue Corrado – ha attraversato i decenni, leggendo e interpretando al meglio gli sviluppi tecnologici. È stato senza dubbio un uomo di grande progettualità, sempre vissuta alla radice della fede, di cui ha dato testimonianza anche nell’altro suo impegno verso i più fragili».

Bardelli è morto nella Domenica dell’Ascensione, solennità in cui la Chiesa celebra la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: «È più che una casualità – sottolinea il direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali –; è la sintesi di tutta la sua esistenza vissuta nel mondo della comunicazione per portare la parola buona del Vangelo. Lo ricordava proprio un anno fa durante l’assemblea del Corallo che lo ha riconfermato presidente dell’associazione. Diceva: le nostre emittenti hanno raccolto il testimone dalle campane, richiamando quanti hanno l’orecchio teso alla Parola di Dio e, in questa chiamata, rendendo protagonisti i territori. Sono parole che suonano come un testamento per quanti continueranno la sua opera». In Luigi, conclude Corrado, «abbiamo toccato con mano il senso della progettualità, ovvero quella capacità che spinge a guardare, con creatività, oltre le contingenze del momento. Da qui sono nate nel 1976 l’emittente TVL Pistoia e nel 1989 la Fondazione Maria Assunta in Cielo (Maic) per le persone con disabilità e le loro famiglie. Una grande eredità che certamente ispirerà quanti seguiranno il suo tracciato nei diversi percorsi aperti durante la sua esistenza».

«Mi unisco alla preghiera e al ricordo del vescovo e della diocesi di Pistoia per la scomparsa di Luigi Bardelli – il messaggio del card. Giuseppe Betori –. La lunga conoscenza e la collaborazione con Bardelli risalgono ai tempi del mio incarico in Cei. Cattolico coerente, la sua fede sincera ne ha sempre ispirato le azioni e le tante opere: il lavoro di giornalista, la fondazione di Tvl Pistoia, ma soprattutto il servizio speso con il cuore per le persone più fragili, gli ammalati, i disabili e le loro famiglie». E l’arcivescovo di Firenze aggiunge: «La sua testimonianza di fede, le capacità di buon comunicatore, e l’impegno nel sociale, hanno lasciato tanti segni che sono certo ispireranno e guideranno chi ne raccoglierà l’eredità nei vari ambiti».




Il vescovo ai cresimandi e cresimati: «Adesso tocca a voi!»

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Cinquecento lucette che illuminano sorrisi, sguardi di gioia e piccole mani. E poi un boato di urla di festa, dopo l’adorazione eucaristica tra momenti di silenzio e canti, «perché avevate voglia di tirare fuori, con la voce, voi stessi dal vostro cuore». Nel tardo pomeriggio di sabato 11 maggio si è così svolto a Cremona l’annuale incontro diocesano dei cresimandi e cresimati, ospitato quest’anno a Sant’Agostino, tra preghiera e divertimento, con il vescovo Antonio Napolioni e i tanti ragazzini e ragazzine provenienti da tutta la diocesi accompagnati dai rispettivi catechisti, sacerdoti e qualche genitore. Un appuntamento ormai consueto per consentire al vescovo di incontrare e condividere un’occasione importante anche con le comunità che non hanno potuto vedere la sua presenza per i Sacramenti. Eterogenea l’assemblea, formata dai ragazzi delle medie che competano quest’anno la vecchia scansione organizzativa degli anni dell’iniziazione cristiana, e i bambini di quinta elementare, anno in cui da quest’anno tutte le parrocchie della diocesi sono invitate a vivere il conferimento della Cresima e della Prima comunione.

Animato dai volontari della Federazione Oratori Cremonesi, insieme alle “guide” don Francesco Fontana, suor Valentina Campana e don Valerio Lazzari, con le musiche e le voci del coro Effatà di Calcio, i giovani partecipanti disseminati per una chiesa gremita in ogni parte hanno ascoltato e riflettuto sulla pagina del Vangelo dei due discepoli di Emmaus.

All’inizio dell’incontro i ragazzi hanno preparato dei cartelloni con il nome del proprio oratorio e paese e le firme di ogni ragazza e ragazza, che poi è stato scambiato con gli altri gruppi con un invito a conoscersi e darsi magari un appuntamento per condividere la propria esperienza.

Poi tutti i partecipanti sono stati invitata a rispondere per iscritto ad alcune domande personali segnate sui foglietti della celebrazioni. E non è mancata neppure una domanda per il vescovo: come riconoscere Gesù nella propria vita? E monsignor Napolioni pensando anche ai tanti volti incontrati nella sua esperienza, ha evidenziato «tre sorgenti, che non ho più mollato: il Vangelo, l’Eucarestia, la comunità. Gesù lo incontro così! Tutti i giorni rischio di confondermi e spegnermi. Ma quando apro il Vangelo, celebro l’Eucarestia e vivo con la comunità Lui mi riprende per mano e riempie di speranza».

Poi il silenzio e l’adorazione eucaristica, guidata da suor Valentina Campana, in un atmosfera di raccoglimento aiutata dal sottofondo musicale.

Quindi, il diacono don Valerio Lazzari ha proclamato il brano evangelico dei discepoli di Emmaus, filo conduttore di tutto l’appuntamento.

«Fissiamo con i nostri occhi l’Eucarestia che vi dice “adesso tocca a noi” – ha detto il vescovo nella breve riflessione –. Quegli undici partirono e non si sono più fermati, perché hanno consegnato il Vangelo, la buona notizia, a tutti quelli che camminano nel tempo. Gesù ci manda e ci accompagna in una vita così: non pigra, al balcone, sul divano ma in cammino, in missione, amore di salvezza e pace. Ognuno dica il suo piccolo, grande sì a questa chiamata».

Dopo l’adorazione eucaristica e la benedizione finale del vescovo, il grande gruppo si è lasciato andare ad un grande urlo collettivo. «Come ha ricordato anche il Papa bisogna fare chiasso – ha aggiunto Napolioni –, però avete visto quanto è bello farlo tutti insieme, sia silenzio che festa». E sulle note del canto finale “Resta qui con noi”, l’entusiasmo dei ragazzi si è accesso, insieme alle lucine che i volontari delle FOCr hanno consegnato a ciascuno. Per un finale vissuto in un’atmosfera di intensa gioia e partecipazione.

L’incontro è quindi proseguito in oratorio dove, dopo la cena al sacco, i ragazzi sono stati coinvolti in un momento di animazione da Manuel Carboni, educatore e formatore di Alghero, che tramite giochi e attività ha aiutato a riflettere sui doni dello Spirito Santo: doni che ciascuno riceve ed è chiamato a sua volta a vivere facendosi se stesso dono per gli altri.




Emozione e lancio del “tocco” nel futuro: festa di laurea per 144 laureati in Cattolica

La festa di laurea al Campus Santa Monica di Cremona dell’Università Cattolica ha trasformato il risultato personale di ogni studente nel risultato di una comunità.

Sono stati 144 gli studenti delle facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali e di Economia e Giurisprudenza che hanno lanciato il “tocco” verso il cielo. Di questi, 57 sono cremonesi, ma il senso della giornata è volato oltre il luogo fisico in cui ci si trovava, il campus cremonese dell’ateneo, che proprio quest’anno festeggia i suoi 40 anni di vita.

In un pomeriggio dove l’emozione si legge nitida negli occhi dei ragazzi, sono le parole del vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, a ricollegarsi alla vicina festa di Pentecoste e a ricordare la frase tratta dagli Atti degli Apostoli: “I vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno sogni”. «È una frase che invita a fare del nostro incontro un cantiere intergenerazionale di futuro, di speranza, di studio, ricerca e formazione, convivialità nelle differenze» afferma il vescovo, che rivolto a chi ascolta lancia un messaggio che è anche un augurio: «Possiate voi giovani essere profeti, siate coloro che guardano lontano e non si fanno rubare i sogni».

Davanti al palco, i laureati, le loro famiglie e gli amici sono fra loro vicini e in ascolto attento. Giungono allora come naturali le parole di Marco Trevisan, preside della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, dalle quali emerge il senso di appartenenza, che non teme lo scorrere del tempo, di chi ha studiato in Università Cattolica. «Il senso di questa festa – dice infatti Trevisan – è per me il senso di unità e di appartenenza che distingue chi ha frequentato il nostro ateneo, un legame che non viene meno neppure quando gli studi sono terminati». Sembra di cogliere l’eco di questa affermazione nel racconto che fanno subito dopo le due neolaureate Giuditta Farina e Margherita Mozzillo: «Ognuno di noi ha preso o prenderà la sua strada – dicono – ma qualsiasi cosa faremo, quello che abbiamo imparato e vissuto qui, in questo campus, resterà parte di noi».

Anna Maria Fellegara, preside della facoltà di Economia e Giurisprudenza, ricorda che quarant’anni, quelli del campus di Cremona, sono «un periodo di tempo lungo», ma la preside ricorda anche che non si misura la forza di un ateneo dal tempo trascorso dalla sua fondazione, bensì dalle persone che è stata capace di non perdere per strada e di condurre verso il loro traguardo, facendole crescere nel binomio composto da responsabilità e libertà, fondamentale per ogni adulto». «Se traduco questi quarant’anni nei visi e nei volti delle persone passate attraverso la nostra università – dice – vedo idealmente una ramificazione e una rete di cittadini attivi che hanno innervato il nostro tessuto sociale. Non solo quello cremonese, hanno dato un contribuito a migliorare il nostro Paese».

Sono state poi Matilde Mineri e Ilaria Ghidini, laureate della facoltà di Economia e Giurisprudenza, a raccontare la loro esperienza in Cattolica, capace di prepararle per le future sfide professionali, dicono, ma anche come persone.

Dopo il saluto di Gianluca Galimberti, sindaco di Cremona, uno per uno i 144 laureati hanno ricevuto il diploma dalle mani dei presidi di facoltà, prima che sull’erba, davanti alle lettere “Unicatt”, il “tocco” volasse alto, con la speranza nel cuore di ognuno che voli tanto in alto dove abitano i loro sogni.


Di seguito i 57 laureati residenti a Cremona.

Laurea magistrale in Agricultural and food economics:

Beatrice Santini

Laurea magistrale in Food processing: Innovation and Tradition:

Margherita Bottaioli, Vittorio Federici, Chiara Mussio, Federica Valenti, Giacomo Zapparoli.

Laurea magistrale in Innovazione e imprenditorialità digitale:

Valentina Benelli, Matteo Borghesi Alquati, Niccolò Cassanelli, Raffaele De Cesare, Giacomo Maria Gambazzi

Laurea triennale in Economia aziendale:

Virginia Alquati, Lorenzo Arena, Emanuele Ascolese, Giorgia Paola Bandera, Beatrice Bellini, Roberto Bonetti, Paolo Bottaioli, Luca Calcina, Aurora Cavalieri, Riccardo Cocchetti, Filippo Dizioli, Alessandro Federici, Giovanni Franchetti, Giacomo Gagliardi, Alessia Galbignani, Filippo Gatti, Alessio Ghidetti, Alesia Ghiggi, Alice Ghinaglia, Nadia Khodari, Zinedine Lahrace, Marcello Lava, Claudio lozza, Valentina Maffoni, Luca Manfredi, Matilde Mineri, Nicole Montella, Veronica Pollastri, Luca Radi, Alessia Raffaelli, Luca Scaini, Francesco Scaramuzza, Gherardo Cesare Siliprandi, Manuel Andrea Stoian.

Laurea triennale in Scienze e tecnologie alimentari:

Sara Camozzi, Alessandro Cicogna, Morgan Cima, Marta Gerevini, Paolo Ghiggi, Elisa Ginelli, Daniel Mondoni, Arianna Passeri, Lorenzo Romani, Matteo Scolari, Giada Tenca, Michele Venturelli.




Festa al Santuario della Misericordia, il Vescovo: «Manca l’acqua e Gesù si offre come sorgente che disseta»

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«Eppure se voglio consolarmi per un giorno e dimenticare gli affanni della vita, devo tornare a Castelleone la mattina dell’11 maggio e pregare che il tempo sia bello e muovere alle 9 con la processione dal paese, dalla bellissima Parrocchiale restaurata, mentre la Torre rovescia il rombo fragoroso  e festante di tutte le sue nove campane, e vicino al Viale le campanelle della Trinità stornellano, e a destra a quelle di San Giuseppe rispondono, e più giù a sinistra quelle di S. Rocco associano anch’esse la loro voce e il loro tenue canto  a una così tripudiante e  gaudiosa festa di cuori».

Anche se rimandano a un tempo lontano le parole di mons. Andrea Cugini, sacerdote originario di Castelleone, possono spiegare perché da oltre 500 anni, ogni 11 maggio, giorno anniversario delle apparizioni della Madonna a Domenica Zanenga, avvenute a Castelleone nel 1511, la comunità castelleonese si reca in pellegrinaggio al Santuario dedicato a Maria. La Fiera di maggio, la fiera Madonna della Misericordia conserva per i castelleonesi, anche nel vorticoso mutare di tempi e di costumi, un momento fondamentale dell’anno, l’occasione per rinnovare la propria  speranza in Maria.

Anche quest’anno, dopo un momento di preghiera in Chiesa parrocchiale, guidato dal vescovo mons. Antonio Napolioni, la processione dei fedeli, aperta dalla preziosa  croce astile della fine del  XV secolo, è partita dal centro della città verso la chiesa mariana. Davvero numerosa la partecipazione di fedeli alla processione, forse favorita anche dalla giornata di sabato e da un maggio finalmente primaverile.

Dopo la processione è iniziata la celebrazione della Messa solenne delle 11, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni, con la partecipazione di numerosi sacerdoti originari di Castelleone o che hanno prestato il loro ministero in questa comunità.

 

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All’inizio della Messa il sindaco Pietro Fiori, a nome dell’intera cittadinanza, ha offerto il cero alla Madonna e il vescovo  ha colto l’occasione per ringraziare tutti i sindaci presenti  ricordando  il servizio che svolgono per le loro comunità.

La lettura delle nozze di Cana dal Vangelo di Giovanni ha guidato l’omelia del vescovo, il quale ha voluto aggiornare la parabola cambiando l’affermazione di Maria a Gesù, in “non hanno più acqua”. Di vino ce n’è tanto, infatti, rappresenta la festa, mentre l’acqua rappresenta la vita. Fare festa è un desiderio, legittimo, di spensieratezza, di vacanza, di festa ce n’è tanta, ma spesso la festa non è la gioia. E che manchi l’acqua e non il vino lo si vede in tanti segnali, come nei tanti sguardi tristi dei ragazzi, anche di quelli che devono ricevere la Cresima. I ragazzi stanno male perché sono soli, non conoscono il senso della vita. Il vino non disseta, ubriaca, e dunque c’è la ricerca di vita vera. Inoltre, ha continuato mons. Napolioni, noi che abbiamo tutto impediamo ai poveri di accedere all’acqua. Maria ci invita ad accorgersi di quello che sta accadendo in ogni cuore, in ogni relazione, “fate quello che mio figlio vi dirà, vi darà”. Gesù si offre come sorgente di acqua che disseta. Con l’acqua del battesimo, dono di grazia che è accessibile a chiunque, Cristo si immerge nella nostra umanità e la rigenera. La misericordia è l’unica via per la comunione e la pace.

Prima della benedizione, il parroco di Castelleone, don Giambattista Piacentini, ha ringraziato il vescovo Antonio per la sua presenza e la sua parola, chiedendo a Maria di essere sempre dispensatrice di quell’acqua capace di saziare la sete di tante persone che hanno bisogno di sostegno e di speranza. Il vescovo Antonio Napolioni dopo la preghiera a Maria, Madre della Misericordia, ha definito Castelleone un po’ speciale per questa fonte di acqua, invitando i castelleonesi a  continuare a essere speciali nell’essere misericordiosi gli uni verso  gli altri.

 

 

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La giustizia è questione di tutti

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“Esecuzione penale esterna: opportunità da conoscere e da vivere”. Questo il titolo del convegno che si è tenuto nella mattinata di sabato 11 maggio al Centro pastorale diocesano di Cremona. Una mattina per approfondire il tema della giustizia, intrecciato con quello della cura. L’evento, organizzato da Caritas Cremonese e moderato dal direttore don Pierluigi Codazzi, ha visto gli interventi di Ivo Lizzola, professore di Pedagogia sociale e Pedagogia della marginalità, del conflitto e della mediazione all’Università di Bergamo, Antonella Salvan, direttrice dell’Ufficio esecuzione penale esterna di Mantova e Cremona, e Roberto Piazzalunga, coordinatore Équipe Giustizia della Caritas diocesana di Bergamo.

«Un mattino di studio e di condivisione di un tema delicato», lo ha definito il direttore di Caritas Cremonese, organizzato per capire se, nelle situazioni in cui scende in campo la giustizia,
«anche la comunità ha una parte di responsabilità, senza nulla togliere a quella individuale, ma soprattutto se essa è coinvolta nel percorso di ripresa».

Dopo un breve momento di preghiera, guidato da suor Mariagrazia Girola, ha preso la parola il professor Ivo Lizzola, secondo cui «la comunità non può togliersi di torno e delegare». Di fronte a un’offesa essa ha una responsabilità seria, verso chi offende e verso chi viene offeso. Una denuncia alla presunzione di essere nel giusto, perché «la giustizia si fa tra uomini e donne non innocenti. I giusti e i puri operano una giustizia terribile nei confronti degli ingiusti e degli impuri». E le ingiustizie sono situazioni che ogni persona affronta costantemente. A tal proposito ha sottolineato: «È solo una questione di posizionamento di fronte alle fragilità e alle ferite che uno porta dentro». Fare giustizia significa dare un’altra possibilità. «Significa ri-tessere relazioni diverse in cui le persone giochino di sé qualcosa di diverso – ha aggiunto Lizzola –. La giustizia ha bisogno di nuovi inizi». «Altrimenti le pene rimangono individuali, macerano risentimento e delusione, operano corrosioni pericolose nelle persone e nelle relazioni». E per garantire nuovi inizi e nuove vite, «teniamo attivi luoghi e momenti riflessivi».

 

L’intervento di Ivo Lizzola

 

Tra gli interventi, anche i saluti di Rossella Padula, direttrice della Casa circondariale di Cremona, e Ornella Bellezza, Garante provinciale dei diritti delle persone private della libertà personale. La direttrice Padula ha voluto ringraziare il vescovo Napolioni per aver dedicato la Quaresima a questo tema [leggi il bilancio dell’iniziativa], don Codazzi, per la realizzazione dell’evento e per l’impegno di Caritas, insieme anche a tutti i presenti, che ha invitato a focalizzare l’attenzione e la cura sulle «persone che hanno ferito», perché «sono persone ferite». Ornella Bellezza ha invece spiegato il suo ruolo di garante, fatto di una continua mediazione finalizzata al conseguimento dei medesimi obiettivi: «Non è un mandato di vigilanza, ma di ascolto, mediazione e proposizione per il futuro».

Antonella Salvan ha quindi parlato di «giustizia di comunità», soffermandosi poi sulla storia e sui numeri dell’Uepe: «Siamo arrivati, negli ultimi 20 anni, a una visione triadica della giustizia, in cui i protagonisti sono il reo, la vittima e la comunità». Una strada, quella dell’esecuzione penale esterna che vede attualmente in Italia, tra misure alternative, soluzioni sostitutive e messe alla prova, 82546 misure in corso. A Cremona-Mantova nel 2023, anno in cui è stato attivato l’Ufficio, esse coinvolgono il 48% dei detenuti.

Ma come si fa a fare giustizia di comunità? «Si devono costruire percorsi individuali che hanno bisogno di fare il salto – ha evidenziato Salvan –. Si parte da quella persona per fare poi un lavoro corale». «Non si può più pensare alla giustizia come mero rispetto delle regole, seppur importanti». Ha quindi concluso: «La distinzione tra bianco e nero, tra bene e male, è solo nella nostra testa. C’è del bene e del male in ogni persona».

 

L’intervento di Antonella Salvan

 

Achiudere l’iniziativa l’intervento di Roberto Piazzalunga, che, partendo dall’esperienza bergamasca, ha spiegato l’operato di Caritas. Un operato che non è fatto solo di aiuti e di carità, ma che si basa su tre cardini: la consapevolezza, la sensibilizzazione e la progettualità. E, per fare giustizia, così come per fare carità, «è fondamentale che tutte le parti siano corresponsabili».

 

L’interventi di Roberto Piazzalunga

 

Al termine dell’evento, don Pier Codazzi ha presentato la sottoscrizione, da parte di Caritas Cremonese, di una convenzione che le permette di mettere concretamente in atto i percorsi di messa alla prova, «per essere davvero comunità risorsa». [leggi qui]