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Crescere insieme con “il bello dello sport”

 

“Mens sana in corpore sano”. Un detto latino sempre attuale, che richiama a una dimensione umana particolare, ovvero quella dell’attività fisica, sportiva. Molto spesso la si pensa legata quasi esclusivamente al mondo dei giovani, bambini e ragazzi, o dei professionisti. A ricordarne il valore autentico e profondo sono stati gli ospiti della nuova puntata di Chiesa di Casa, il talk settimanale di approfondimento della diocesi di Cremona, interamente dedicata allo sport.

«È certamente un impegno – ha spiegato Veronica Signorini, triatleta e nutrizionista – ma porta un valore aggiunto. Incentiva alla costanza, alla dedizione; aiuta ad organizzarsi e a fare ordine nella propria vita, a qualsiasi livello venga praticato».

L’attenzione all’impegno che lo sport porta con sé è certamente una questione fondante per qualsiasi disciplina. La dedizione che richiede è seria, soprattutto quando si hanno degli obiettivi. Da questa considerazione è nato, qualche anno fa, il libro Se aveste fede come un calciatore, di don Marco D’Agostino, rettore del Seminario di Cremona. L’idea dopo un incontro: «Osservando la grande motivazione che ho sempre visto in Alessandro Bastoni, che è stato mio alunno, ho notato alcuni parallelismi tra l’esperienza sportiva e quella di fede: la passione che lui ha sempre dimostrato, insieme al suo impegno, era sostenuta da una motivazione e un richiamo molto forti. Questi aspetti non sono particolarmente dissimili da alcuni aspetti della vita cristiana».

E sulla stessa lunghezza d’onda si è articolata anche la riflessione di Andrea Devicenzi, atleta paralimpico – celebre per le sue imprese in giro per il mondo –, coach e formatore. «La pratica sportiva prevede un cammino costante, ma fatto di piccoli passi, come la fede. Non si può pretendere di avere tutto subito, perché serve cura, attenzione, disponibilità ad accogliere imprevisti e fatiche. Ed è il cammino stesso a migliorare la performance e la vita dell’atleta, non semplicemente il raggiungimento dell’obiettivo».

Secondo gli ospiti di Chiesa di Casa, dunque, la vera essenza dello sport non risiede nel traguardo. Per Veronica Signorini, anzi, «quello di assolutizzare il fine è un rischio concreto. Penso soprattutto al mio lavoro da nutrizionista: c’è chi si fa prendere dalla smania del peso, dimenticando che quel valore in sé non conta nulla. Dietro a quella cifra c’è un insieme di cose che, invece, fa la differenza».

Il richiamo, dunque, è a uno sguardo più ampio, capace di cogliere il legame stretto tra attività sportiva, cura del corpo e vita. «Ho la fortuna di fare sport da quando ero piccolo – ha raccontato Devicenzi – e sono convinto che questo mi renda, giorno dopo giorno, un uomo, un marito e un padre migliore, perché mi dà la forza di affrontare i problemi, mi spinge a conoscermi meglio e mi stimola a cercare la parte migliore di me».

In questo senso, don Marco D’Agostino ha concluso con un appello al mondo adulto: «I nostri ragazzi hanno bisogno di vedere che ci interessiamo a loro, che la scuola ha a cuore, oltre alla didattica, anche lo sport che praticano. In questo modo capiranno che non si vivono vite diverse in base alla situazione, ma che tutti noi siamo chiamati a essere persone intese nella loro totalità, pur abitando realtà differenti».




Oltre 300 adolescenti partiti all’alba per il pellegrinaggio a Roma e l’incontro con papa Francesco

Sono oltre 300 i ragazzi e le ragazze che all’alba del 1° aprile sono partiti in treno alla volta di Roma, per l’ormai tradizionale pellegrinaggio organizzato dalla Federazione oratori cremonesi e dedicato ai gruppi di terza media a conclusione della Mistagogia. Un viaggio di tre giorni, fino al 3 aprile, tra la spiritualità e le bellezze della Capitale che si concluderà partecipando all’udienza generale in Piazza San Pietro.

«L’obiettivo pastorale è quello di una proposta coinvolgente per ragazzi e ragazze che terminano il loro percorso di Mistagogia – spiega don Francesco Fontana, presidente della Federazione oratori cremonesi –, che non è una conclusione, ma segna l’introduzione in un nuovo percorso, quello dedicato agli adolescenti».

Una significativa occasione, dunque, per i giovanissimi della Diocesi, che, accompagnati da parroci, vicari, catechisti ed educatori, saranno coinvolti tra tappe, visite culturali, momenti di preghiera e naturalmente l’incontro con Papa Francesco, seguendo un percorso preparato per loro e ispirato al titolo del pellegrinaggio: «Noi, germogli di fede».

Queste le tappe del pellegrinaggio che il portale diocesano racconterà giorno per giorno, anche con un’agenda social che scandirà tutti i momenti del viaggio attraverso il profilo Instagram ufficiale della Diocesi di Cremona, con dirette, stories e post in tempo reale, seguendo l’hashtag #germoglidifede:

Lunedì 1 aprile: arrivo previsto per le 13.30 circa, pranzo al sacco e sistemazione negli alloggi. Nel pomeriggio il ritrovo alla basilica di S. Maria in Ara Coeli per la celebrazione eucaristica di apertura del pellegrinaggio. Dopo cena, poi, serata di giochi con l’itinerante “Caccia alla Focr” fra Trinità dei Monti, piazza Navona, Pantheon e Campidoglio

Martedì 2 aprile: visita della città con itinerario culturale e spirituale tra Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano e il Colosseo. Chiuderà la giornata, alle 18.00 la Messa nella basilica di S. Maria in Trastevere.

Mercoledì 3 aprile: È il giorno dell’udienza papale in Piazza San Pietro. La mattinata si chiderà con la professione di fede di tutti i giovani i pellegrini. Pranzo libero e partenza nel pomeriggio, per rientrare in diocesi a tarda sera.




In una Pasqua senza tregua, l’invito del vescovo Napolioni a «Fare Pasqua senza tregua!»

Una giornata di festa, nonostante il tempo uggioso e ventoso, con il cielo coperto dalle nubi di pioggia. Una giornata di felicità, malgrado il clima di guerra. Si è gioiosi perché si festeggia un nuovo inizio: «celebrare la Pasqua significa ricevere l’onnipotenza dell’amore che tutto rigenera», ha detto il vescovo Antonio Napolioni nell’introdurre la Messa Pontificale di Pasqua presieduta nella Cattedrale di Cremona nella mattinata di domenica 31 marzo. Insieme a lui hanno concelebrato i canonici del Capitolo con gli studenti di Teologia del Seminario diocesano che hanno prestato servizio all’altare.

Una domenica nella quale si invita a guardare al futuro e non più al passato; perché «le cose di prima sono passate e ne sono nate di nuove», come ha ricordato il Salmo nella Veglia di Pasqua. Si spiega così la visita nel mattino di monsignor Napolioni alla Casa circondariale di Cremona per la Messa di Pasqua concludendo idealmente l’inizia diocesana di carità per la Quaresima – “Dare speranza alla giustizia” – dedicata proprio al carcere di Cremona che al pranzo di Pasqua potrà contare anche sulla generosità di tanti che hanno voluto donare alcuni dolci pasquali alle persone detenute.

Lo stesso spirito con cui si è vissuta l’indulgenza plenaria concessa al termine della solenne celebrazione in Cattedrale e il rito dell’aspersione che ha aperto la celebrazione: «un nuovo inizio – ha affermato il vescovo – di cui il mondo intero ha bisogno. A cominciare da noi credenti».

L’energia di ricominciare a vivere si esprime con la musica e la lode: ecco, dunque, il ritorno dell’Alleluia già intonato nella Veglia notturna, il Gloria e i canti accompagnati dal maestro Fausto Caporali all’organo Mascuoni e dalla tromba di Giovanni Grandi, insieme al Coro della Cattedrale diretto da don Graziano Ghisolfi. «Siamo grati ai nostri musicisti e ai nostri cantori – ha detto il Vescovo nell’omelia – e immaginiamo quanta altra bellezza in queste ore si stia sprigionando nella liturgia cristiana, dalla più solenne alla più semplice, con quell’Alleluia instancabile che vogliamo vinca i rumori di guerra e metta a tacere le nostre passioni violente».

Eppure, nonostante risuoni l’annuncio della Risurrezione dal Vangelo di Giovanni, «le nostre speranze di vivere una Pasqua di pace non si sono realizzate», ha aggiunto subito dopo il Vescovo. «Abbiamo fatto una “Pasqua senza tregua”: senza rispetto per i luoghi santi per le memorie dei cristiani, per il Ramadan dei fratelli musulmani, per lo Shabbat in cui i figli di Israele hanno imparato a condividere il riposo stesso di Dio». Questo cupo denominatore è la guerra. «Quando c’è la guerra si giustifica tutto, si dimentica tutto, si è accecati. C’è un odio e una violenza senza tregua. Ma non nascondiamo che anche nelle nostre vite personali e familiari questa Pasqua può essere stata senza tregua – ha continuato deciso il vescovo –. Le malattie non vanno in vacanza; le croci che si portano nel silenzio, magari nel giorno della festa, si sentono di più; certe solitudini o certe separazioni, la tristezza non può essere cancellata da uno squillo di tromba per quanto entusiasmante».

E allora quale risposta scaturisce dal celebrare la morte e risurrezione del Signore Gesù? Che cosa significa recarci anche noi alla tomba vuota e sentire l’invito a farci testimoni della sua risurrezione? La risposta è altrettanto netta: «È fare Pasqua senza tregua!» afferma con forza monsignor Napolioni. «Quello che sembrava un fallimento, per noi cristiani diventa un compito! Pasqua non è questo giorno, questo pranzo o questo pontificale. Pasqua e l’agire incessante di Dio dentro la miseria umana per rigenerare vita, amore e speranza!» Questo straordinario evento e appello «è il metodo di Dio e di coloro che credono in lui. Davvero ce la faremo insieme a lui se faremo Pasqua tutti i giorni». Quel sentimento di rinnovamento, «la possibilità di rigenerare il tempo, i cammini, le relazioni attingendo tutte le volte che vogliamo a quel mistero di corpo e di sangue che è il Cristo vivente tra noi», è prima di tutto «un cambiamento del cuore e della prospettiva interiore».

Fare “Pasqua senza tregua”, allora, è «mettere mano al cambiamento con pazienza, coraggio, umiltà, con lo Spirito Santo che ci viene donato con la comunità che ci circonda». Insomma, «il nostro destino è la trasfigurazione della vita». E ancora: «Ciò che è iniziato in noi è la fioritura dell’amore, è la possibilità di lasciare una traccia che non venga lapidata, ma venga valorizzata da coloro che hanno incontrato un briciolo d’amore nella nostra esistenza». Da qui la grande sfida, il compito dei cristiani: «se il mondo ci ha fatto fare una “Pasqua senza tregua”, faremo noi “Pasqua senza tregua” – ha affermato ancora il vescovo –, senza smettere di credere, di sperare, di amare, di ricominciare a cercare le cose di lassù e a farci plasmare dallo spirito del Signore ad andare incontro gli uni agli altri, a ricominciare relazioni di pace, partendo da chi ci sta accanto».

L’augurio pasquale di monsignor Napolioni, in definitiva, è quello di benedire il Signore anche in questo tempo, «perché egli ci è fedele, egli è misericordioso, egli è creativo e ci coinvolge in questa sua nuova creazione. Facciamolo con obbedienza, fiducia ed entusiasmo infantile innocente e disarmato e disarmante. E allora la pace verrà; a caro prezzo, come è avvenuto per Cristo Gesù, ma verrà».

La Messa si è conclusa con l’indulgenza plenaria annessa alla solenne Benedizione apostolica.

 

Il video integrale della celebrazione

 

 

«Siamo fatti per lodare Dio»: nella Veglia di Pasqua l’Alleluia diventa colonna sonora della vita

Colombe per la casa circondariale dalla Quaresima di Carità: «Non dimentichiamoci di chi vivrà la Pasqua da solo»

Gli auguri del Vescovo per la Pasqua: «Passioni da far morire e risorgere»




Nelle Veglia di Pasqua otto catecumeni riceveranno i Sacramenti

Otto catecumeni adulti saranno accolti in occasione della Pasqua nella famiglia della Chiesa cremonese. Come ogni anno, infatti, la Veglia presieduta dal vescovo in Cattedrale sarà occasione per il conferimento dei sacramenti di Battesimo, Cresima e Prima Comunione a uomini e donne che entreranno  così a far parte della comunità cristiana. Due donne e sei uomini con origini e storie differenti, da approfondire per valorizzare e mettere in luce un percorso di conversione culminato questa Pasqua.

Armanda Hoti è nata in Albania e da sette anni vive a Casalbellotto, frazione di Casalmaggiore. Appartenente a una famiglia musulmana non praticante, ha iniziato il suo approccio alla fede cristiana grazie alla conoscenza di persone di fede che, in Italia, le hanno offerto sostegno nei momenti del bisogno, accendendo in lei la voglia di approfondire il proprio cammino spirituale. Nella lettera che Armanda ha scritto al vescovo Napolioni in vista dei sacramenti ha scritto: «Grazie a queste amicizie i miei tre figli sono stati introdotti alla dottrina cattolica e hanno ricevuto i sacramenti. Anche io avrei il desiderio di essere battezzata, per far parte della comunità cristiana».

Un’altra storia peculiare è quella di Saturday Ehais Uwafiokun, classe 1987, e Iredia Agho, nata nel 1996, coniugi nigeriani giunti in Italia otto anni fa, ora residenti a Brignano Gera d’Adda, nella Bergamasca. Il loro desiderio di appartenenza alla Chiesa è nato dopo gli incontri al centro d’ascolto Caritas, luogo per loro inizialmente di un aiuto materiale e presto anche di un significativo supporto spirituale. Entrambi di appartenenza pentecostale, hanno rivissuto ieri il Battesimo con rito cattolico, in vista del sacramento del Matrimonio, atteso da tempo.

Uno sguardo al futuro che si evince anche dalla storia di Pasquale Sibona, di origini casertane e residente ad Antegnate, nella Bergamasca. Cresciuto nel contesto della Chiesa evangelica, ha vissuto in giovane età un progressivo allontanamento dalla vita spirituale. «Ho poi conosciuto la mia compagna, che è cattolica – ha raccontato –. Con lei mi sono riavvicinato alla Chiesa e con lei vivo il desiderio di un futuro matrimonio». In questo cammino di discernimento è risultata importante anche la figura del proprio parroco, don Angelo Maffioletti, che lo ha affiancato in questo percorso.

Hanno ricevuto i sacramenti anche altri quattro giovani d’origine nigeriana, tutti della comunità africana anglofona che a Cremona fa riferimento alla parrocchia di San Bernardo. A far loro da padrino è stato, infatti, don Patsilver Okah, sacerdote nigeriano che in diocesi ricopre l’incarico di cappellano della comunità africana anglofona. Si tratta del 34enne David Obinna Nwankwo, Iyere Miracle Aimoshor di 30 anni, Stanley Airiohuodion di 32 anni ancora da compiere e del 29enne Osariemen Omorogieva. La loro è una storia di speranza nata dopo momenti critici e sofferenze. Insieme sono arrivati a Bari dopo aver attraversato il Mediterraneo su una piccola barca nel dicembre 2021. Erano partiti dalla Libia, dopo un paio di anni di permanenza vivendo sulla propria pelle la tragedia di chi deve migrare dal proprio Paese. Sono arrivati a Cremona nel 2022, acconti presso la Casa dell’accoglienza. «Li ho seguiti come un fratello, guida e padre spirituale in questi due anni – racconta don Okah –. Ora vogliono dare tutto a Dio, riconoscenti della sua bontà verso di loro. E sono grati anche allo Stato italiano che ha dato loro l’opportunità di sognare un futuro migliore». E prosegue: «Alla domanda “perché diventate cristiani?” mi hanno risposto che mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio. Il Battesimo ci unisce in modo straordinario a Gesù, tanto da condividere la sua morte e risurrezione».




Gli auguri del Vescovo per la Pasqua: «Passioni da far morire e risorgere»

Di seguito pubblichiamo il messaggio che il vescovo Antonio Napolioni rivolge in occasione delle Pasqua attraverso i mezzi di comunicazione.

 

La Settimana Santa, la Pasqua, ripropone come al rallentatore le ore della passione, l’evento della morte e il mistero della risurrezione di Gesù. I cristiani attingono a questa fonte inesauribile senso e forza per una vita illuminata dalla fede, proiettata nella speranza, spesa nella carità. E gli altri, la gente, l’umanità, cosa possono fare della Pasqua?

Tutti gli uomini e le donne hanno passioni, desideri, sentimenti che spingono in direzioni diverse. A meno che non siano già piombati nella depressione che annichilisce, nell’indifferenza che congela, nella solitudine che estrania anche da se stessi.

La primavera è tempo di risveglio delle passioni, non solo giovanili, ma non sempre in direzione della vita, talvolta sono pressioni negative, pulsioni di morte.

Se il Figlio di Dio, Gesù, attraversa la passione, per affrontare la morte, e farne evento di salvezza con la risurrezione, questo stesso itinerario si offre a tutti, per non restare prigionieri di passioni indecifrabili o peggio dell’impassibilità.

La chiamata rivolta a ciascuno è quella di ascoltare fino in fondo le proprie passioni, farne un discernimento umile e sapiente, magari con l’aiuto di qualche fratello o sorella più avanti nel cammino dell’autenticità interiore. E riconoscere così le passioni da far morire e quelle da far risorgere.

Urge far morire, o almeno convertire, le passioni distruttive, seduttive, possessive e ossessive, che ammalano noi e intossicano di violenza (fisica o morale) le nostre relazioni.

Urge sopire le passioni di guerra e far risorgere la passione per la pace, che è armonia e dialogo, non fuga dalla realtà in illusori e traditori paradisi artificiali.

Può risorgere la passione per il bene, quello di tutti, senza il quale nemmeno il mio è vero bene. Risorga la passione per la bellezza umile, riconoscibile nei piccoli e negli emarginati in cui Cristo muore e risorge ogni giorno, a sfidare le nostre cecità.

Deve morire la passione smodata (e indotta) per le cose e risorgere la passione rispettosa per ogni incontro umano, dono gratuito e sorprendente da accogliere con stupore, come la tomba vuota del mattino di Pasqua.

Se Dio stesso, appassionato di compassione per le sue creature sbandate e smarrite, sa morire e risorgere per riaprire la storia a salvezza e compimento, perché non allearci con Lui e con tutti coloro che si fidano di Lui, per fare Pasqua così, purificando tutte le nostre passioni?

È la chance di questo tempo, difficile ma propizio per un sussulto di dignità. È l’auguro e l’impegno che la comunità cristiana vuole condividere con tutti. Buona Pasqua.

+Antonio Napolioni
Vescovo di Cremona




I riti della Settimana Santa al via con la Messa delle Palme domenica alle 10.30 dalla chiesa di S. Maria Maddalena

Con la Domenica delle Palme si aprono ufficialmente i riti della Settimana Santa. Le principali celebrazioni nella Cattedrale di Cremona saranno presiedute dal vescovo Antonio Napolioni. Per chi non avrà la possibilità di recarsi in chiesa, le celebrazioni saranno fruibili anche in diretta televisiva su Cremona1 (canale 19) e in diretta streaming sui canali web e social della Diocesi (www.diocesidicremona.it, pagina Facebook e canale Youtube ufficiali).

Domenica 24 marzo la Messa delle Palme inizierà alle 10.30 nella chiesa di S. Maria Maddalena, in via Realdo Colombo, dove avrà luogo la benedizione dei rami di palma e di olivo. Quindi, in processione, percorrendo via Aporti e via Sicardo, i fedeli raggiungeranno la Cattedrale. L’intera celebrazione potrà essere seguita in diretta tv e streaming a partire dalle 10.30.

Giovedì mattina è in programma la Messa del Crisma (in diretta solo streaming), concelebrata da tutti i presbiteri della diocesi che nell’occasione rinnoveranno le promesse sacerdotali. La processione d’ingresso inizierà da palazzo vescovile alle 9.30. Pertanto i sacerdoti sono invitati a ritrovarsi per tempo presso gli ambienti della Curia, al piano terra, portando il proprio camice personale e la stola bianca. I sacerdoti che ricordano uno speciale anniversario si ritroveranno nella sacrestia delle Messe (di fronte a quel­la dei canonici) dove troveranno la casula a loro disposizione: occorre portare, invece, il camice personale.
Durante la celebrazione saranno benedetti gli oli santi e saranno ricordati gli anniversari di ordinazione: il 70° mons. Mario Barbieri; il 65° don Goffredo Crema; il 60° don Giuseppe Bettoni, don Francesco Castellini e don Mario Marinoni insieme anche al vescovo emerito Dante Lafranconi; il 50° don Gianni Cavagnoli, don Antonio Censori, don Ettore Dominoni, don Francesco Ferrari, don Emilio Garattini, mons. Luigi Nozza, mons. Valerio Tanchio, don Eugenio Trezzi, don Giuliano Valiati, don Gianfranco Vitali; il 25° don Antonio Allevi, don Paolo Arienti e don Gianpaolo Civa.
Non mancherà poi un ricordo dei presbiteri defunti nell’ultimo anno: don Giancarlo Bosio, don Emilio Bini, don Gianfranco Castelli, don Bernardino Orlandelli, don Giuseppe Bressani, don Romeo Cavedo, mons. Angelo Staffieri, don Virginio Morselli, don Pierluigi Pizzamiglio.
Al termine della celebrazione sacerdoti e diaconi sono invitati a ritrovarsi in Seminario per il pranzo comunitario (comunicando la propria presenza entro il 26 marzo al centralino della Curia: tel. 0372-495011).

Alle 18 del Giovedì Santo (28 marzo) il vescovo presiederà in Cattedrale la Messa in Coena Domini (diretta tv e streaming) con il tradizionale gesto della lavanda dei piedi a un gruppo di neocatecumeni. Al termine della Messa il Santissimo Sacramento sarà portato nella Cappella della Riposizione, dove in serata proseguirà la preghiera di singoli e gruppi.

La giornata del Venerdì Santo (29 marzo) si aprirà per il vescovo con la liturgia delle Ore presieduta alle 8.45 in Cattedrale insieme ai canonici del Capitolo. Alle 18 ci sarà quindi l’azione liturgica della Passione e Morte del Signore (diretta tv e streaming), caratterizzata dalla lettura dialogata della Passione e dall’adorazione della Croce.

Nella serata del Venerdì Santo, alle 21, per le vie del centro si svolgerà la tradizionale processione cittadina della Sacra Spina (diretta tv e streaming).

Anche il Sabato Santo (30 marzo) inizierà per il vescovo Napolioni con la liturgia delle Ore alle 8.45 in Cattedrale, in attesa della solenne veglia di Pasqua nella quale saranno conferiti i sacramenti dell’iniziazione cristiana a otto catecumeni adulti. La veglia (diretta tv e streaming) inizierà alle 21.30 nel cortile del palazzo vescovile con la benedizione del fuoco.

Il giorno di Pasqua alle 9 il vescovo Napolioni celebrerà l’Eucaristia nella casa circondariale di Cremona; quindi alle 11 in Cattedrale presiederà la solenne Messa Pontificale del giorno di Pasqua (diretta tv e streaming) al termine della quale impartirà la benedizione apostolica con annessa indulgenza plenaria. Nel pomeriggio, infine, il vescovo sarà al Santuario di Caravaggio per la Messa delle 16.




Il Vescovo alla processione della Sacra Spina: «Il mistero dell’amore è infinitamente più grande del mistero del male»

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Cristo piegato su se stesso, nel Getsemani, un angelo che lo consola. E sullo sfondo, quasi invisibili, le sagome di coloro che, con torce e bastoni, vogliono catturarlo. È questa l’immagine che il vescovo Antonio Napolioni ha voluto riprendere durante la sua riflessione in occasione della tradizionale processione del Venerdì Santo. Parlando del “Cristo nell’orto degli Ulivi”, opera di Battistello Caracciolo, custodita nel Museo diocesano, il vescovo ha sottolineato come «la scena dipinta in secondo piano sembra portare alla luce un momento di odio. Ma non bisogna dimenticare che in primo piano c’è il volto del Signore, insieme all’angelo che Dio gli ha messo accanto. Questo ci ricorda che il mistero dell’amore è infinitamente più grande del mistero del male».

L’omelia del vescovo

Mons. Napolioni ha guidato, accompagnato dal vescovo emerito Dante Lafranconi, la tradizionale Via Crucis per le vie della città di Cremona. Insieme ai sacerdoti della città e a tanti fedeli, che non hanno voluto mancare a questo tradizionale appuntamento del Venerdì Santo. Presente anche il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, con la autorità cittadine che hanno chiudo il corteo con il gonfalone della città.

Un rito caratterizzato dalla preghiera e dalla devozione, accompagnato dal canto e dalle meditazioni del testo “Popolo mio, che cosa ti ho fatto?” della Conferenza Episcopale Italiana.

Quello del Venerdì Santo è dunque un cammino condiviso dall’intera comunità che, secondo Napolioni, «è il momento e il luogo in cui ritroviamo la nostra identità. In questa notte di sofferenza siamo chiamati a entrare nella storia da credenti, da figli e fratelli».

Nel giorno in cui la Chiesa ricorda i momenti più difficili e sofferti della vita umana del Figlio, non è mancato, da parte del vescovo, un messaggio di speranza. «Oggi diciamo: “Abbi pietà di noi”. È il succo della preghiera di stanotte. Queste parole ci ricordano che siamo miseri, ma non per questo esclusi dalla misericordia. Anzi, la Pasqua è la forza che può far lievitare la nostra storia».

Mons. Napolioni, ancora una volta in questa Pasqua, ha infine voluto richiamare l’attenzione sulle situazioni di sofferenza e dolore che molte persone stanno affrontando. Il vescovo ha infatti fatto sue le parole scritte da Papa Francesco che, con l’invocazione, per quattordici volte, del nome di Gesù, ha voluto pregare “per quanti nel mondo soffrono persecuzioni e patiscono il dramma della guerra”.

La celebrazione è terminata con la solenne benedizione dell’assemblea da parte del vescovo, nell’attesa di ritrovarsi, nella notte del Sabato Santo, per la celebrazione della Veglia di Pasqua.

 

Il video completo della celebrazione




Il vescovo nell’azione liturgica del Venerdì Santo: «L’unicità del “Passio” illumini e metta ordine nelle nostre passioni»

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Da antica tradizione – ricorda la guida in Cattedrale– dal Giovedì santo fino alla solenne Veglia di Pasqua la Chiesa non celebra l’Eucaristia.

Nella sera del Venerdì l’assemblea dei cristiani si radunano intorno alla Parola di Dio per ricordare la Passione e morte di Gesù. La lettura della Parola di Dio, l’adorazione della croce, la comunione Eucaristica sono i tre momenti che scandiscono l’azione liturgica del venerdì Santo in Cattedrale.

I fedeli in ginocchio accolgono la processione di ingresso del vescovo Napolioni, accompagnato dal vescovo emerito Lafranconi,  dai canonici del Capitolo e dal diacono Valerio Lazzari. «È il silenzio dell’Uomo che conosce il suo peccato e la sua miseria –  che si prepara a riconoscere le meraviglie delle opere di Dio». La celebrazione si apre con il Vescovo  prostrato con il volto a terra davanti all’altare.

Quindi la prima parte della celebrazione, con la proclamazione di brani dal libro di Isaia e dalla Lettera agli Ebrei prima della lettura Passione secondo Giovanni. «Il Passio» come viene chiamato nella tradizione latina questo decisivo brano evangelico. «Non “il racconto della Passione” – ha invitato riflettere il vescovo aprendo la sua omelia – perché sono tanti i racconti, tante le passioni, le sofferenze nella storia», mentre è unica la passione di Cristo « Passio perché la sua unicità illumini, trasfiguri e metta ordine nelle nostre passioni», ha aggiunto. «E quanto è necessario, questo Vangelo, il più impensabile, scandaloso; il cuore del Vangelo, il cuore stesso di Dio che si spacca per noi nel  sacrificio del Figlio su questa croce che spicca ovunque, perché non la dimentichiamo mai».

 

L’omelia del vescovo Napolioni

Nella sua riflessione monsignor Napolioni ha guidato lo sguardo dei fedeli verso gli affreschi del grande ciclo pittorico della Cattedrale: «Non sono solo affreschi – ha osservato – sono finestre, perché ciò che è raffigurato avviene anche fuori. E continua ad avvenire: quanti delitti di stato, quante pene capitali, quanto sfogo di violenza, quanto uso blasfemo del nome di Dio per generare odio e morte… Eppure quanta presenza nascosta dello Spirito del Signore negli umili e nei semplici: quanto amore, cura, tenerezza che permettono alle ferite di essere rimarginate e alla vita di rifiorire».

Questo il cuore della Passione di Gesù, ricordato nel silenzio vivo del Venerdì: «Ci sono passioni distruttive, seduttive, ossessive, egoistiche da combattere e far morire in noi». Ma – ha sottolineato il vescovo –  ci sono anche «passioni da far risorgere e diffondere: la passione per il bene, per la vita, per i piccoli, per il futuro. Nel Passio – ha quindi concluso – c’è tanta morte, ma c’è tanta più vita. Questa sera mettiamo le nostre piccole passioni nelle sue mani, perché le rimpasti con il suo sangue e con l’acqua che sgorga dal suo costato, e faccia di noi il suo Corpo »

Quel corpo che, appeso alla croce che fa il suo ingresso dal centro della Cattedrale per essere venerata dal suo popolo in preghiera. Per tre volte il vescovo la solleva chiamando, secondo al liturgia, alla adorazione: «Ecco legno della croce, al quale fu appeso il Cristo salvatore del mondo».

È lui il primo a baciare il crocifisso, seguito dai concelebranti e da tutti i fedeli in silenziosa processione.

L’azione liturgica del Venerdì Santo, durante la quale si sono raccolte offerte per il sostegno alle comunità cattoliche della terra Santa, è poi proseguita con la distribuzione del Pane Eucaristico consacrato durante la Messa del Giovedì Santo e riposto nell’altare dell’Adorazione, prima dell’uscita silenziosa dalla Cattedrale, da cui partirà in serata (alle 21.00) la processione cittadina con la reliquia della Sacra Spina guidata dal vescovo Napolioni e trasmessa in diretta streaming sui canali web e social della Diocesi di Cremona e in tv su Cremona 1.

 

Il video integrale della Azione Liturgica




La Messa nella Cena del Signore: «Gesù si consegna, per riportarci al Padre».

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«Gesù, sapendo che era giunta la sua ora, ha assaporato il tradimento e l’ha trasformato in dono; e a quel punto si cena. La consegna di sé diventa nutriente, riempie il cuore di pace perché permette di sperimentare una nuova comunione che ci fa sentire già nel cuore di Dio». Le parole del vescovo Antonio Napolioni, nell’omelia della Santa Messa della Cena del Signore presieduta in Cattedrale, hanno arricchito «l’apertura gloriosa» del primo grande momento del Triduo Pasquale.


I tre giorni che porteranno alla Pasqua di Resurrezione sono introdotti dalla «sera del tradimento, dell’agonia e del suo consegnarsi totalmente al Padre e agli uomini: non c’è un amore più grande, ed è tutto per noi» ha detto il vescovo.
La celebrazione, concelebrata dal vescovo emerito mons. Dante Lanfranconi e dai canonici del Capitolo, ha visto anche la partecipazione di dodici ragazzi e ragazze del cammino neocatecumenale per il tradizionale segno della lavanda dei piedi. «Non è un gesto poetico», ha sottolineato il vescovo, bensì è un’umile azione con il quale ci si offre al prossimo, ci si consegna ai fratelli «per ritrovarsi nella pienezza della pace».

È proprio sul verbo “consegnare” che monsignor Napolioni ha posto l’accento nella sua omelia dopo la lettura del vangelo di Giovanni. «Gesù non viene solo tradito, non è solo la notte in cui uno dei discepoli commette il suo peccato. E come capitano in tante vicende umane, anche Gesù fa esperienza della inaffidabilità degli amici, talvolta persino dei parenti, e viene tradito». Con un riferimento alla lingua latina, il vescovo accosta al verbo “tradire” il latino tradere, “consegnare”: «Allora qui il significato si allarga enormemente». Gesù allora non è soltanto un personaggio passivo, che subisce gli eventi: «Gesù si consegna: è lui protagonista» di questo percorso di salvezza che lo vede consegnato a diverse mani: da quelle di Giuda a quelle di Ponzio Pilato. «Quanti uomini, piccoli e poveri vengono fatti oggetto di uno scaricabarile di responsabilità di violenze; c’è tutto un sistema nella società e nel mondo di ogni tempo – ha osservato mons. Napolioni – basato sul tradimento e sul consegnare a qualcun altro la propria vita non in libertà ma in schiavitù». Perciò il significato ultimo di questa azione di Gesù è ancora più profondo. «”Prendetene e mangiatene tutti”: consegna se stesso in un rito perenne a noi discepoli»; quel gesto al quale, ammonisce Napolioni, «noi ancora oggi compiamo col rischio di farci l’abitudine, di usarlo».

L’omelia del vescovo

 

Con l’ultima Cena e il tradimento di Giuda, dunque, «Gesù si consegna alla storia e all’umanità, si fa dono «fino alla fine». Non solo. «È davvero il Figlio di Dio onnipotente eppure, sapendo che il suo cammino è ritornare al Padre, si riconsegna al Padre portando con sé tutti noi. È venuto a consegnarsi per riconsegnare l’umanità dispersa alla comunione col Padre».
In definitiva, la comunione di Cristo con i discepoli prima della sua passione, agonia e morte, «non è solo una scenetta di intimità e di amorevolezza, non è solo un testamento di un condannato a morte, ma è la rivelazione del piano di Dio e il compiersi della sua opera» ha detto Napolioni.
E cosa può dire questo brano del Vangelo a questi tempi? «Mentre dico queste parole penso con delicatezza, ma anche con realismo, a ciò che accade nel mondo dove ci sono ostaggi, prigionieri, vittime, progetti di sterminio, guerre che non solo devono impaurirci perché potrebbero avvicinarsi ma devono scandalizzarci perché sono disumane, sono il contrario di questo consegnarsi». L’invito che dal Vangelo il vescovo condivide con i fedeli e la comunità tutta della Chiesa cremonese, allora, è quello di «cambiare mentalità: non quella della conquista, del comprare o conquistare» bensì del consegnarsi, perché «lui ha reso possibile questo dono in maniera fruttuosa come nuova logica di amore e di salvezza».
E allora, prosegue monsignor Napolioni, «immagino l’agonia, la lotta interiore di chi fa fatica a consegnarsi non solo negli scenari mondiali ma nei letti di dolore; in chi fa fatica a consegnarsi a una persona da cui è stato tradito e che invece avrebbe bisogno proprio di quel perdono non ingenuo ma lungimirante. L’unica via per non cadere nella trappola del buttar via tutto alla prima difficoltà è riconsegnarsi poter ricominciare meglio di prima, su una base più profonda, un rapporto coniugale, un rapporto di amicizia…».

In ginocchio il vescovo ha lavato, asciugato e baciato i piedi ai giovani neocatecumenali, «non un gesto poetico, ma un gesto che deve com-muoverci, muoverci dentro , insieme a cambiamento, a presa di posizione».
Quindi la celebrazione, animata dal Coro della Cattedrale di Cremona, è proseguita con altri due momenti significativi: il suono esteso delle campane e delle voci all’annuncio del Gloria iniziale, prima del loro silenzio come contemplazione dei credenti fino alla domenica di Pasqua, e il momento di adorazione conclusivo. Il trasporto dell’Eucarestia nella cappella del Santissimo Sacramento e lo scioglimento raccolto dell’assemblea hanno infine suggerito il mistero di questa notte «colma di amore quanto di dolore; una notte di obbedienza ma di altissima libertà».

 

Il video completo della celebrazione

 




Il Vescovo nella Domenica delle Palme: «Come pellegrini, nella nostra terra chiamata a diventare Santa»

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«Oggi non possiamo recarci in pellegrinaggio in Terra Santa, ma siamo chiamati a vivere qui, come pellegrini, nella nostra terra che è chiamata a diventare Santa. Per questo dico ai bambini e ragazzi presenti di scatenarsi, di partecipare alla gioia del popolo che accoglie Gesù».

È questo il grande invito che mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, ha rivolto ai fedeli durante la commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, celebrato nella Domenica delle Palme.

La Messa che ha aperto la Settimana Santa è iniziata nella chiesa di S. Maria Maddalena, dell’Unità Pastorale S. Omobono, di Cremona. «Quelli che ci aspettano – ha commentano il vescovo – sono giorni bellissimi, che ci condurranno verso la Resurrezione, ovvero la fonte di quella grazia e pace a cui tutti noi dobbiamo guardare per seguire Gesù fino in fondo, dicendo no alla guerra e sì all’amore fraterno».

Come da tradizione, mons. Napolioni ha benedetto i rami d’ulivo e di palma dei presenti, prima di dare il via alla processione verso la Cattedrale. Il cammino verso il Duomo, poi, è stato accompagnato dalla preghiera e dal canto, guidato dalla corale dell’Unità Pastorale, alla quale si è unito il coro diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi.

Insieme a mons. Napolioni, il vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, i Canonici del Capitolo, i sacerdoti e i ministranti dell’Unità Pastorale, e i molti fedeli che hanno preso parte alla celebrazione.

Momento centrale della Messa è stata la lettura del vangelo della Passione di Gesù, nella versione di Marco. Proprio su alcuni aspetti del brano si è focalizzata la riflessione del vescovo, aperta da una domanda decisiva per vivere i giorni che ci attendono: «Come stiamo entrando in questa Settimana Santa?». Nella sua riflessione il vescovo ha portato lo sguardo «fatto per la pace» ma attraversato da «tante ragioni di paura e di tristezza».

Non è dunque mancato, da parte di mons. Napolioni, un nuovo riferimento alla realtà attuale. Riprendendo il vangelo di Marco che racconta dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme ha infatti evidenziato il ruolo della folla che grida “Osanna”. «Anche ai nostri giorni accade. Lo si fa per una squadra, per un cantante. Poi c’è chi, invece, celebra un dittatore, e osanna male; c’è chi cerca salvezza dove invece viene data la morte». Ma anche in questo nostro tempo Gesù offre ancora a tutti l’esempio di Colui che entra nella Pasqua «nella maniera necessaria e possibile anche a noi: Lui osanna il Padre nel profondo del cuore con la sua obbedienza d’amore, con la sua libertà crocifissa, ma proprio per questo eterna. Se ognuno di noi si tira indietro nell’indifferenza e nella paura – ha quindi concluso – noi consegniamo ancora di più il mondo al male. Invece con Gesù siamo chiamati a rigenerare il nostro “Eccomi!, entro con te nella Pasqua per fare esperienza della vita più forte della morte».

 

L’omelia del vescovo Napolioni

Lo sguardo è dunque rivolto al prosieguo della Settimana Santa, con i particolari e caratteristici riti che la contraddistinguono. Giovedì alle 9.30 ci sarà la tradizionale Messa Crismale con il presbiterio diocesano; al pomeriggio, alle 18, la celebrazione “In Coena Domini” presieduta da mons. Napolioni.

Il giorno seguente sarà l’azione liturgica delle 18 a commemorare la morte del Signore; ad essa farà seguito, in serata, la via Crucis cittadina con la reliquia della Sacra Spina.

La Veglia del sabato, invece, avrà inizio alle 21.30 nel cortile del palazzo vescovile, mentre la solenne Messa di Pasqua sarà celebrata dal vescovo domenica mattina alle 11.

 

Il video completo della celebrazione