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San Sigismondo, quarant’ore di adorazione in sostituzione della consueta apertura del chiostro, sospesa a causa del Covid

Con l’arrivo a Cremona, 13 anni fa, presso San Sigismondo, della comunità claustrale domenicana, sono divenute tradizionali due aperture annue del complesso monastico solitamente soggetto alla clausura per consentire ai turisti, ai cultori d’arte, agli amici e simpatizzanti di visitare da vicino il coro ligneo monastico intarsiato da Domenico e Gabriele Capra, il chiostro con il portale intagliato da Paolo e Giuseppe Sacca, il refettorio con l’affresco dell’ultima cena dipinto da Tommaso Aleni e, sulla volta del soffitto, l’Apocalisse di Giovan Battista Natali. Lo scorso 1° maggio la pandemia ha reso impossibile la consueta apertura. Considerata la permanenza di detta precarietà la monache hanno ritenuto poco prudente anche realizzare la tradizionale apertura della terza domenica di settembre.

In questo contesto la comunità monastica ha però pensato a un appuntamento alternativo, in sostituzione alla visita degli ambienti claustrali. Nel pieno rispetto delle norme sanitarie, per evitare contagi, sarà possibile sostare nella chiesa di San Sigismondo per prolungati momenti di preghiera. Pertanto, al centro dell’attenzione, non saranno i dipinti, le opere d’arte, le tele o gli affreschi, ma l’Eucaristia, il sommo bene della Chiesa, fonte di comunione per chi vive di qua e di là della grata claustrale.

«Giovedì 17, venerdì 18 e sabato 19 settembre – spiegano al riguardo dalla comunità monastica – saranno tre giorni dedicati all’adorazione eucaristica durante i quali sarà possibile fermarsi in preghiera, adorando con fede viva la presenza invisibile, ma reale e benefica, di Gesù nei segni sacramentali. Potremo ricordare i nostri cari defunti, specialmente quelli dei mesi scorsi; affidare all’Onnipotente i numerosi ammalati tuttora in ospedale o nelle nostre case; parlare al Signore delle gioie e delle speranze, delle preoccupazioni e delle ansie delle nostre famiglie; allargare il cuore e la mente ai problemi della Chiesa e del mondo intero. Potremo soprattutto ascoltare il Vivente che vuole ripeterci la Sua Parola di vita e dare senso al nostro tempo che vediamo trascorre veloce».

«Forse qualcuno sorriderà di questa nostra iniziativa: sostituire una visita d’arte con una visita prolungata a Gesù nell’Eucaristia – proseguono le claustrali -. Noi monache lo riteniamo molto bello e significativo in risposta a una ricorrente domanda che ci viene rivolta da chi visita il Monastero: “Che cosa avete voi in monastero per esserci un’atmosfera tanto diversa da dove viviamo noi fuori?”. La presenza di Gesù sotto le specie eucaristiche è il vero segreto che anima la nostra abitazione. Quest’anno, chi lo vorrà, potrà condividere questo spirituale segreto con noi per tre giorni».

Le monache si alterneranno nell’adorazione in una ininterrotta preghiera, mentre i fedeli potranno unirsi nei momenti a loro possibili nelle varie ore del giorno, tenendo presente la celebrazione quotidiana della Messa alle ore 7 e dei Vespri alle ore 18 (orario feriale) che concluderà ogni giornata.

Domenica 20 settembre, le monache e i fedeli ricorderanno insieme – secondo l’orario festivo cioè Messa delle 11 e Vespri delle 17 (orario festivo) – l’anniversario della dedicazione della chiesa di San Sigismondo, fatta il 15 settembre del 1600 dall’allora vescovo di Cremona, mons. Cesare Speciano; dedicazione che ha reso San Sigismondo non solo un apprezzato scrigno di arte, ma una casa di preghiera, dimora di Dio tra le nostre case.

Locandina con gli orari




Fra Andrea Codignola ordinato sacerdote a San Sigismondo (FOTO)

Una festa lungamente attesa e condivisa con misura e sincera gratitudine. Sono i tratti che descrivono l’Ordinazione presbiterale di fra Andrea Maria Codignola, giovane diacono cremonese dell’Ordine dei Frati Predicatori, nel caldo pomeriggio di sabato 11 luglio a Cremona.

La Chiesa monastica di San Sigismondo, che ospita la Comunità claustrale femminile Domenicana, alle 17,30 si è affollata al massimo della capienza consentita. Tanti volti di giovani amici e di famigliari hanno sopportato con pazienza la fatica della mascherina. Presenti tutte le monache, generose di sguardi materni per il candidato al sacerdozio lungamente e silenziosamente sostenuto, nella preghiera, in questi anni di formazione. Accanto all’ordinando anche i giovani amici e compagni dello Studentato teologico domenicano di Bologna, con il Priore Provinciale Padre Fausto Arici e il Padre Maestro Massimo Mancini.

Naturalmente in prima fila il papà Orazio e la mamma Nicoletta, con tutta la famiglia di fra Andrea Maria.

L’Eucaristia ed i riti di Ordinazione sono stati presieduti dal vescovo di Cremona Antonio Napolioni. Alla concelebrazione solenne hanno partecipato, oltre a vari Padri Domenicani  prevenienti da vari Conventi italiani, il vescovo Emerito mons. Dante Lafranconi, alcuni dei docenti dello Studio Teologico bolognese, il Vicario episcopale per la Pastorale don Maccagni, l’Amministratore parrocchiale della parrocchia della Cattedrale don Bandirali – parrocchia d’origine  del nuovo presbitero, i formatori del Seminario e diversi sacerdoti diocesani. Il servizio liturgico è stato condiviso tra giovani studenti domenicani e seminaristi cremonesi.

Il canto liturgico guidato da don Graziano Ghisolfi ha accompagnato la preghiera comunitaria, in una celebrazione sobria e solenne. Il Vescovo ha personalmente scelto i brani della Liturgia della Parola, per cercare di coglierne la fisionomia del servizio di un sacerdote alla Chiesa: essere “profeta”, cioè portavoce del mistero rivelato soprattutto attraverso il proprio stile di vita; “maestro” e annunciatore della verità, ruolo che in special modo si incarna nella vocazione domenicana alla predicazione; “pastore” che sperimenta anche con dolore la fatica di adeguare la propria esistenza ed il proprio servizio al modello dell’unico vero Pastore, il Cristo.

Ascolta l’audio dell’omelia

Dopo la presentazione dell’eletto al Sacramento dell’Ordine ed il commento di mons. Napolioni, fra Andrea Maria ha pubblicamente accolto gli impegni che la Chiesa gli affida come presbitero, cooperatore del ministero del Vescovo, annunciatore, celebrante dei Sacramenti della fede, consacrato alla preghiera e all’offerta della propria vita per la salvezza degli altri. A tanto coraggiose dichiarazioni la Chiesa ha voluto associare l’intercessione dei Santi, lungamente invocata nel momento della prostrazione a terra del candidato, segno di una incondizionata resa alla Grazia che Dio solo può donare ad un prete.

Alla preghiera di consacrazione e dopo l’imposizione delle mani del vescovo sul capo del novello presbitero, il segno che invoca la discesa della Spirito Santo è stato ripetuto da tutti i presbiteri presenti. E fra Andrea Maria ha quindi accolto i paramenti che indosserà celebrando la Messa, il pane ed il vino che consacrerà, l’unzione del  Crisma sulle mani – olio misto a profumo – che segna indelebilmente la sua appartenenza a Cristo.

La Liturgia eucaristica lo ha visto al fianco dei due Vescovi all’altare, per la prima volta come concelebrante. E acconto a loro anche nella distribuzione della Comunione tra le file distanziate dell’Assemblea.

Al termine della partecipata celebrazione, il Priore Provinciale dei Domenicani ha voluto ringraziare il Vescovo Napolioni e la comunità delle Suore di Clausura per la calda accoglienza e la premura loro sempre riservata, e anche il novello sacerdote ha voluto brevemente ringraziare quanti lo hanno accompagnato sino a questa significativa tappa del suo personale cammino di risposta al Signore.

Per padre Andrea Maria Codignola la permanenza a Cremona continuerà sino alla fine del mese di luglio. Per il futuro si prospetta il perfezionamento  della formazione presso lo Studio Teologico di Friburgo, in Svizzera.

 

FOTOGALLERY DELLA CELEBRAZIONE

La Prima Messa

Domenica 12 luglio padre Andrea Maria Codignola ha celebrato la sua “Prima Messa” in Cattedrale alle ore 11. Di seguito il video della celebrazione.

 

 

 

Profilo biografico

Classe 1992, Andrea Codignola (oggi fra Andrea Maria Codignola) è originario della parrocchia della Cattedrale di Cremona.

È all’ombra del Torrazzo, infatti, che è cresciuto e si è formato. Dopo il diploma al liceo scientifico Vida, presso il Seminario di Cremona, ha iniziato il percorso vocazionale presso la Provincia dei Domenicani del nord Italia facendo un anno di “aspirantato” (con una serie di incontri in alcuni week-end per approfondire la propria vocazione e la scelta domenicana). Poi un anno di “prenoviziato” a Bergamo (risiedendo qualche mese in uno dei conventi della Provincia) ricevendo quindi l’abito nell’anno di noviziato e facendo poi la professione semplice a Bologna.

È, infatti, nel convento patriarcale di San Domenico, dove sono conservate le spoglie mortali del fondatore, che fra Codignola ha frequentato i tre anni di filosofia, conseguendo il baccellierato in Filosofia, continuando poi con altri tre anni di studi teologici.

Un percorso che lo ha portato, nel settembre del 2018, a emettere a Bologna la professione solenne nei Dominicani, l’Ordine dei frati predicatori.

Il 5 ottobre 2019 nella Cattedrale di Cremona l’ordinazione diaconale, per l’imposizione delle mani del vescovo Antonio Napolioni che, sabato 11 giugno, l’ha ordinato sacerdote nella chiesa monastica di San Sigismondo, a Cremona.




La Figlie di Maria Ausiliatrice in lutto per la scomparsa di suor Maria Camperi, originaria di Covo

Il 12 giugno, mentre era ricoverata in una struttura riabilitativa di Cuasso al Monte, in provincia di Varese, il Signore ha chiamato a sé la salesiana suor Maria Camperi, 95 anni il prossimo 17 settembre, religiosa dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice orignaria di Covo. Professa a Bosto di Varese il 6 agosto 1946, apparteneva alla comunità “Suor L. Oreglia” di Varese appartenente all’Ispettoria Lombarda “Sacra Famiglia”.

Una lunga e intensa vita quella di suor Maria: ultima di sette figli, rimase presto orfana di mamma morta a motivo del tifo; lei pure contrasse la malattia e, ormai in fin di vita, il papà e i fratelli si rivolsero all’intercessione della Madonna di Caravaggio e ottennero la sua guarigione. Dopo la scuola dell’obbligo, imparò l’arte del cucito dalla sorella maggiore, che si era presa cura di lei e, dalle Suore di Maria Bambina, il ricamo e la pittura. Più tardi trovò lavoro come operaia analista in chimica a Cusano Milanino, dove fu ospite del convitto gestito dalle Figlie di Maria Ausiliatrice e l’esempio di una suora la orientò alla vita religiosa. Al di là delle mediazioni umane, però, suor Maria visse nella consapevolezza che la sua vera accompagnatrice fu sempre la Madonna che non solo la guarì dalla malattia, ma la volle fra le sue Figlie.

Iniziò il cammino formativo nel gennaio 1944 a S. Ambrogio (Varese); nell’agosto dello stesso anno passò in Noviziato a Bosto di Varese dove nel 1946 emise i primi voti; visse questo tempo con serenità ma anche nella lotta interiore poiché sentiva molto la mancanza della famiglia. Dopo la professione fu avviata agli studi e nel 1948 acquisì l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole del Grado preparatorio presso la Scuola di Milano–Bonvesin, dove rimase per altri quattro anni come maestra d’asilo. Nel 1953 conseguì anche il Diploma di taglio e cucito. In seguito, per quasi un cinquantennio, la troviamo impegnata, pur con incarichi diversi, con i piccoli della scuola dell’infanzia, a cui si sono associati altri impegni quali la scuola serale di taglio e cucito, l’oratorio, la catechesi, il teatro in diverse case dell’Ispettoria: dal 1952 al 1971 nelle case di Lodi, Metanopoli, Milano-Bonvesin; dal 1971 al 1980 fu responsabile della Scuola Materna Comunale di Cusano Milanino; poi per un sessennio fu nuovamente a Milano-Bonvesin come insegnante di tirocinio. Dal 1986 al 1992 fu direttrice nella casa di Arese “L. Vicuña”; seguì un sessennio in cui, con sede in Milano-Bonvesin prima e a Milano-Via Bergognone poi, svolse l’Insegnamento di Tirocinio nella Scuola Magistrale di Bonvesin; dal 1998 al 2004 fu direttrice della casa di Zoverallo di Verbania.

Nel 2004, per sopraggiunti limiti di età e per problemi di salute, lasciò la scuola per dedicarsi a lavori comunitari a Cinisello “Gesù Adolescente”, poi a Cinisello “M. Mazzarello”; nel 2015 passò a Melzo dove diede ancora il suo contributo in aiuti vari, ma nell’anno successivo si rese necessario il passaggio alla Comunità di Varese “Sr L. Oreglia” per offrirle le cure adeguate all’età e alla salute.

Suor Maria è stata una persona entusiasta che ha vissuto con gioia nella vigna del Signore, dedicando tutte le sue energie nella missione fra i piccoli e meno piccoli. Signorile e dotata di senso di bellezza, era molto dignitosa nella persona e curava con senso estetico l’ambiente in cui operava. Vivace, attiva, di carattere deciso, a volte imponeva le sue vedute nell’organizzazione educativo-didattica; tuttavia ha saputo coltivare relazioni significative con le superiore di cui ha goduto la fiducia, con le sorelle con cui ha vissuto una bella fraternità, con i laici che l’hanno sostenuta nel suo donarsi generoso senza attendersi ricompense. Il suo scritto datato 8 dicembre 2011 e intitolato “Pensieri ultimi”, è un canto di gratitudine: nella rilettura della sua vita si sente colma di riconoscenza al Signore: “Mi ha chiamata, voluta nonostante la mia povertà e la debole natura: grazie, Signore! Ti sei messo dentro Tu con il tuo Amore ed hai lavorato in profondità. Mi hai tracciato la strada, faticosa sì ma sicura, per realizzare il tuo piano di salvezza per me e per i giovani a cui ho portato la tua parola”.




50 anni fa rinasceva l’Ordo virginum: unite a Cristo e vicine alle persone

Lodare e ringraziare il Signore, riflettere insieme, arricchirsi attraverso lo scambio di esperienze, testimoniare alla Chiesa e al mondo la bellezza della propria vocazione ed essere confermate in essa dal Successore di Pietro. C’era tutto questo tra gli obiettivi del 4° Incontro internazionale a cui erano invitate le appartenenti all’Ordo virginum. Si doveva tenere a Roma dal 28 al 31 maggio e l’evento era stato promosso dalla Congregazione per la vita consacrata, per solennizzare la rinascita di questa forma di consacrazione, avvenuta 50 anni fa. Tutto rimandato ad altra data, ma non l’attenzione e la preghiera per questa speciale forma di consacrazione, dal 2013 presente anche in Diocesi di Cremona.

Un Ordine già presente nelle prime comunità cristiane

Era il 31 maggio 1970, quando su mandato di Paolo VI, la Sacra Congregazione per il Culto Divino promulgava il nuovo Rito della Consacrazione delle vergini, facendo rifiorire l’antico Ordine delle vergini, testimoniato nelle comunità cristiane fin dai tempi apostolici. Una vocazione cresciuta nel tempo, tanto che dal 1970 ad oggi sono circa 5.000 le consacrate presenti in tutti i continenti. Le donne che ricevono questa consacrazione restano radicate nella diocesi in cui vivono, nella quale hanno maturato la loro scelta e dove hanno compiuto il loro percorso formativo.

Una vocazione immersa nel mondo a fianco degli ultimi

La vita delle consacrate dell’Ordo, non ha nessun segno esterno, se non un anello consegnato durante il rito di consacrazione, che indica l’alleanza sponsale con Cristo, e vuole esprimere l’amore e la fedeltà di Dio verso l’umanità. Un amore concreto, con i piedi per terra, radicato nel contesto storico e nel territorio, vissuto nella prossimità con gli altri. In particolare le consacrate condividono, secondo le proprie possibilità e i propri talenti, la predilezione della Chiesa per i poveri, i sofferenti, gli emarginati. Si sostengono economicamente con il proprio lavoro e lo vivono come collaborazione all’opera creatrice e redentrice di Dio, impegnandosi a raggiungere un alto livello di professionalità. Sono presenti in tutti gli ambiti della vita, dalla sanità alla politica, dalla socialità all’insegnamento e al giornalismo. Molte le infermiere e il personale medico che in questi mesi hanno lavorato duramente accanto ai malati di coronavirus.

La presenza in Italia e in Diocesi

In Italia le donne dell’Ordo sono circa 700, presenti in gran parte delle diocesi italiane. A Cremona l’Ordo virginum è nato nel 2013, con la consacrazione di Mirella e Marinella, cui potrebbe aggiungersi presto anche Alessandra che ha intrapreso il cammino di formazione in vista della consacrazione. Con l’accompagnamento del delegato episcopale per la Vita consacrata, don Giulio Brambilla, alcuni altri sacerdoti e in comunione con il Vescovo, cercano, nella semplicità della vita quotidiana, di crescere nella sequela del Signore, nell’amore per le proprie comunità parrocchiali e per la Chiesa che è in Cremona, nel servizio in esse e per esse.




Suor Ambrogia Locatelli spegne 101 candeline per dire che la Vita non muore

Di storie belle in questi tempi se ne sentono tante. Ve ne raccontiamo una anche noi. Capita che sei nata nel 1919, proprio l’11 maggio. E quindi, l’11 maggio del 2020 di anni ne porti a compimento 101. Già questo basterebbe per essere un personaggio, per essere degna di un giornale o di un sito. Varcare la soglia del secolo di vita non è scontato. Ma suor Ambrogia Locatelli oggi ha un altro motivo per cui cantare il suo Magnificat: è tra i tanti che hanno superato il Covid-19 e lo hanno vinto.

È risultata positiva a inizio aprile, come altre sue consorelle Adoratrici del SS. Sacramento della comunità di Santa Maria, la casa di riposo dell’Istituto in cui risiede, a Rivolta d’Adda. Anche lei allora è stata sottoposta alle cure e alle attenzioni che la dottoressa, le suore e il personale tutto le hanno profuso. Proprio tre giorni fa il tampone ha dato esito negativo: il virus è stato sconfitto.

Nata a Lissone (MB) e cresciuta a Nosadello, frazione di Pandino (CR), dove suo padre gestiva un’azienda vinicola, suor Ambrogia è entrata in convento nel 1937, emettendo i voti nel 1940.

Ciò che significa che ha vissuto ben 80 anni di consacrazione al Signore. Un traguardo assolutamente straordinario, per età e fedeltà.

Ha passato la sua vita tra i bambini, dalla Sicilia alla Lombardia. In diocesi di Cremona suor Ambrogia ha servito le comunità di Pessina Cremonese, Azzanello, Torre Picenardi, Cappella Picenardi, Agnadello, e Cremona presso La Pace.

Dal 2010 si trova a Rivolta d’Adda, prima a Casa Madre e ora a Santa Maria.

Nelle scuole materne e a servizio nelle parrocchie, ha fatto della sua vita un essere-per-gli-altri. Oggi a festeggiarla è tutta la comunità di Santa Maria, insieme alle consorelle Adoratrici sparse in tutto il mondo. Dal cielo scende su di lei la benedizione del fondatore, san Francesco Spinelli, che era morto da soli sette anni quando suor Ambrogia venne alla luce.

Il Coronavirus, nemico latente e per questo infido e minaccioso, in suor Ambrogia non ha potuto dire l’ultima parola. La vita ha vinto! E lei, sorridente e un poco sorniona, ripete, con la naturalezza che è propria di chi ha vissuto abbandonata all’amore, il suo semplice “grazie!”.

Paola Rizzi

 

https://www.diocesidicremona.it/suore-adoratrici-la-superiora-generale-in-visita-a-casa-santa-maria-28-04-2020.html

Alle soglie dei 100 anni si è spenta suor Alfredina Zambelli (Adoratrici)




Le Suore della Beata Vergine festeggiano i 410 anni del loro Istituto

Il 6 maggio 2020 ricorre un anniversario particolare per le suore della Beata Vergine che celebra i 410 anni dalla sua fondazione. Condividiamo il pensiero della Comunità dell’Istituto religioso fondato da Madre Lucia Perotti in vista di questa data importante che giunge in questo periodo così difficile e faticoso, in modo particolare per chi ha nell’impegno educativo e formativo dei giovani il cuore del proprio carisma.

Festeggiare la data del 6 maggio è per noi motivo di grande gioia, vivere l’anniversario dei 410 anni di fondazione è insieme letizia e ringraziamento. La data, di vera importanza, porta con sé ricordi di avvenimenti, di fatti e soprattutto di persone che hanno segnato i giorni di questa lunga storia.

Oggi tocca a noi scriverla nella quotidianità degli eventi che stiamo oggi vivendo. Eventi che ci hanno colto di sorpresa, e lasciato nell’incredulità, cui è seguita la presa di coscienza del limite personale di fronte a quanto stava accadendo. Abbiamo così riscoperto la nostra dimensione umana. Siamo creature fragili, esposte al pericolo, all’incertezza, alla paura, bisognose di altri per esistere, per sentirci vive, per tessere relazioni e continuare la missione che Dio ci ha affidato. Abbiamo bisogno di Dio e Lucia Perotti ci ha insegnato ad amarlo con gioia.
La condivisione della stessa storia, nutrita dalla Parola e dalla Eucarestia, ci costituisce corpo e ci proietta nel futuro. La tradizione genera futuro in quanto ne custodisce i semi. Il nostro domani è in Dio e nelle nostre mani, ma si rende necessario progettare insieme, comunicarci le nostre paure ma anche i nostri tentativi di andare oltre l’orizzonte chiuso del presente per esplorare strade aperte dalla vita, oltre questi ultimi tempi segnati da tanta sofferenza.
Gli ostacoli sono numerosi: occorre procedere insieme mettendo in campo ognuno il proprio carisma.

Insieme per rispondere ai nuovi tempi che ci interpellano e per i quali predisporre un’intuizione educativa che ci veda tutte coinvolte.

Secondo la pedagogia della Fondatrice, Madre Lucia Perotti, il carisma delle Suore della Beata Vergine si identifica nell’amore preferenziale ai giovani, per formarli nella coscienza e nella mente, per prepararli con impegno sereno alla vita e accompagnarli in una maturazione umana corretta e adeguata al contesto socio-culturale in cui vivono. Queste finalità sono dinamiche e complesse e chiamano ad interagire le famiglie e tutte le persone coinvolte nella vita e nell’educazione dei ragazzi.

Chiediamo allo Spirito di illuminarci in questa fase di ripresa superando le difficoltà così come ha guidato M. Lucia Perotti alla quale ci affidiamo.

Questo anniversario perciò ci invita a proseguire il cammino mai interrotto in questi quattro secoli, con la guida di un’educatrice d’eccezione: la Beata Vergine Maria.

Lucia Perotti, donna di grande carità e di spiccato intuito educativo, continui ad assicurarci la sua protezione per essere significative presenze nella società di oggi.




Alle soglie dei 100 anni si è spenta suor Alfredina Zambelli (Adoratrici)

Avrebbe compiuto 100 anni il prossimo 11 giugno suor Alfredina Zambelli, religiosa dell’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda, deceduta nella serata di sabato 9 maggio presso Casa Santa Maria, la casa di riposo delle Adoratrici a Rivolta d’Adda. Nelle settimane precedenti era risultata positiva al Covid, ma proprio il giorno prima della morte il tampone aveva dato esito negativo. Tutti la ricordiamo gioiosa presenza dell’Istituto fondato da san Spinelli in tutte le comunità dove ha vissuto. Sempre sorridente e con una parola affettuosa per ciascuno.

Classe 1920, aveva lasciato Pandino nel 1940 per entrare nella Casa madre delle Adoratrici di Rivolta d’Adda. Nel 1942 avevo emesso i voti.

È morta attorniata dalle consorelle, emettendo l’ultimo respiro, silenziosa, senza far rumore. Lei che di rumore ne aveva fatto tanto nella sua lunga vita vissuta per 78 anni da consacrata. Una persona di una carica vitale straordinaria, allegra sempre, vivace oltremodo, creativa e capace di costruire relazioni con tutti.

Non c’era categoria di persone che non entrasse nel suo cuore: vicinissima ai bambini con quel suo modo gioioso di affrontare e vedere le cose; aperta e sincera con gli adulti, capace sempre di far vedere il lato bello della realtà; attenta fino alla fine ai malati, agli anziani, ai sofferenti. Ne sanno qualcosa gli anziani della casa di riposo Brunenghi di Castelleone, dove ha vissuto gli ultimi 14 anni della sua missione. Non li “lasciava in pace”, e se qualcuno stava male, lo andava a visitare più volte al giorno. Lei che di anni a volte ne aveva più di loro.

Memoria storica dell’Istituto, fino al giorno prima della sua morte la sua testa portava impressi nomi, volti, ricordi, particolari di tante sorelle e di tanti eventi della storia delle Adoratrici che solo lei ricordava… Come quando raccontava che nel 1932 era venuta a Rivolta con le sue suore di Pandino in bicicletta. C’era la solenne inaugurazione della statua di padre Spinelli che si trova nel chiostro di Casa Madre per del cinquantesimo di fondazione dell’Istituto. Lei c’era! E in quell’occasione si tenne una processione dalla chiesa parrocchiale. Lei e le sue amiche, per vedere meglio, si erano arrampicate sulle inferriate dell’osteria che si trovava nei pressi di Casa Madre!

 

Ha affrontato la sua malattia con una forza invidiabile. Era risultata positiva al Covid-19, ma proprio il giorno prima della sua morte il tampone aveva dato esito negativo. Lo aveva vinto! Ma ormai le forze mancavano e il respiro che man mano veniva meno era solo il pretesto per ripetere: “Per le vocazioni, per i sacerdoti” e “Va bene così”. Solo sottovoce, quasi per non voler farlo pesare, a volte le scappava un “È dura la strada del Calvario” e poi un suo sorrisetto, come a voler prendersi gioco della sofferenza e della morte. E alla domanda: “Suor Alfredina, hai paura di morire?”, la sua riposta è stata: “Paura?!?! Ma si vive per questo, per morire, per andare dallo Sposo, per vivere per sempre”. “Sei contenta?”. “Molto! Grazie di tutto a tutti!”.




Intorno all’opera/7 – Il Risorto

Ricollocati solo per una settimana alla fine di febbraio del 2020, periodo peggiore non poteva esserci: è stato come tornare indietro di 500 anni, alla notte di Santo Stefano del 1519, quando, a Raffaello ancora vivo – ma sarebbe morto pochi mesi dopo a soli 37 anni – vennero appesi alle pareti della Cappella Sistina i primi sette arazzi realizzati a Bruxelles dalla bottega del tessitore Pieter van Aelst su cartoni del pittore urbinate.

Il colpo d’occhio è davvero magnifico, ed è pienamente riuscito l’intento della ricostruzione storica voluta dalla direzione dei Musei Vaticani per celebrare il quinto centenario della morte di Raffaello Sanzio, nato ad Urbino nel 1483 e morto a Roma il 6 aprile 1520, nel giorno del Venerdì santo, per una febbre improvvisa.

Entrare in Sistina è godere di questa bellezza, perché, come disse Paris de Grassis (il cerimoniere di Leone X all’epoca in cui furono appesi per la prima volta gli arazzi): “A universale giudizio non esiste niente di più bello al mondo che la Cappella Sistina ornata anche degli arazzi, oltre che di tutto il resto”.

Un allestimento che Raffaello non ammirò al completo, ma nemmeno noi a causa del contesto drammatico che stiamo vivendo.

Tra i diversi arazzi scegliamo quello di Pietro invitato dal Risorto a pascere il suo gregge. Perché? Perché c’è il Risorto.

don Gianluca Gaiardi
incaricato diocesano per i Beni culturali




Deceduto a Parma padre Sandro Parmiggiani, saveriano originario del Viadanese

Si è spento nella serata di domenica 5 aprile, in conseguenza di una trombosi, padre Sandro Parmiggiani, missionario saveriano originario del Viadanese e figura nota in diocesi e a Cremona, dove a lungo ha risieduto presso la struttura di via Bonomelli. Aveva 84 anni ed era da tempo malato. Il decesso nella casa madre dei Saveriani di Parma, dove risiedeva dal novembre 2014.

Era nativo di Casaletto di Viadana, anche se la “sua” parrocchia era Salina, località dove risiedono i parenti, dove ancora ogni tanto tornava per celebrar Messa e dove sarà tumulato mercoledì 8 aprile. Aveva collaborato assiduamente anche con il compianto don Dante Leonardi e le comunità parrocchiali di San Matteo e Sabbioni.

Dopo un periodo di formazione presso il Seminario vescovile di Cremona, Parmiggiani aveva sentito la chiamata delle missioni e aveva proseguito gli studi teologici negli istituti della congregazione fondata da monsignor Conforti. Nel 1961, a Parma, i voti perpetui e l’ordinazione sacerdotale; quindi la partenza per il Pakistan Orientale (l’attuale Bangladesh).

Gravi motivi di salute ne imposero il rientro in Italia già nel 1965. Il cruccio di non poter restare in prima linea tra i più poveri è stato per padre Sandro una continua fonte di sofferenza; ciò nonostante, il religioso mantovano non ha mai smesso di fare la sua parte per le missioni: vice maestro dei novizi e direttore spirituale nel Regno Unito, insegnante a Piacenza, prefetto del Collegio internazionale a Roma.

Dal 1983 al 2013 padre Parmiggiani ha risieduto presso la casa dei Saveriani di Cremona, in via Bonomelli, impegnandosi come formatore, economo, animatore missionario, sostituto rettore, ministro. Significativa anche la sua presenza in Cattedrale come confessore.

Con la chiusura della casa di Cremona, il religioso si era trasferito dapprima a Brescia e quindi definitivamente nella casa madre, dove da ultimo era in cura.

Don Floriano Danini, collaboratore parrocchiale a Viadana, ha vissuto con padre Sandro gli anni del Seminario: «Lo ricordo come un amico: sincero, simpatico, burlone. Aveva una grande voglia di vivere il seguito di Cristo come un’avventura piena di rischio e di sorprese. La missione è stata il contenitore di ogni suo sogno. Ha fatto tanto bene».

Questo inizio 2020 è stato particolarmente tragico per i Saveriani della Casa madre: nelle settimane scorse erano deceduti ben quindici religiosi (su una cinquantina di residenti) a causa verosimilmente dell’epidemia di Covid-19. A Parma risiedono i missionari anziani, definitivamente rientrati dopo una vita donata nei Paesi del mondo: «A un certo punto – ha raccontato nei giorni scorsi il superiore regionale, padre Rosario Giannattasio, contattato telefonicamente dai giornali – abbiamo dovuto chiuderci dentro, senza contatti con l’esterno, nemmeno con il personale. Siamo rimasti soli, con il cibo che arriva da un carrello-ascensore, assistiti da un solo medico, un ex missionario in Bangladesh che ha ricevuto istruzioni dall’Azienda sanitaria. Non ci è stato fatto il tampone; ma a chi sta male manca l’ossigeno: cosa volete che sia? Mangiamo a due metri l’uno dall’altro. Preghiamo. Ci ammaliamo e moriamo». Una situazione dolorosa che anche padre Sandro ha vissuto sino all’ultimo.




La casa di cura San Camillo piange fratel Antonio Pintabona

La comunità religiosa camilliana della casa di cura S. Camillo di Cremona, in via Mantova, piange per la scomparsa di fratel Antonio Pintabona, volto noto a tutti coloro che frequentano la clinica e soprattutto la sua cappella, essendo stato per trent’anni “attento e diligente servitore all’altare del Signore e fedele custode della  sua casa”, come ricordano i confratelli nell’annuncio funebre, ringraziandolo anche per “il tuo servizio quale missionario in Africa e nella tua affettuosa vicinanza  ai malati”.

Classe 1947, originario di Randazzo (CT), paese ai piedi dell’Etna in diocesi di Acireale, dove sono presenti e operano i Ministri degli Infermi.

Frequenta la scuole fino alle Medie Inferiori. Solo in età giovanile prende contatto con i figli di san Camillo e fa il suo ingresso nella formazione in Provincia Siculo Napoletana. La sua base scolastica gli permette di ottenere il solo titolo di infermiere generico, ma è quanto basta perché egli possa esercitare il servizio che più sente consono, quello della cura corporale dei malati.

Dopo il noviziato, è fra i primi camilliani – insieme a padre Cisternino – ad aprire la missione africana del Benin, dove trascorre il periodo della professione temporanea dei voti, rinnovati per diversi anni. L’intervento di un consultore, che lo vede all’opera mentre a Casoria assiste un confratello malato e ne rimane ammirato, fa sì che trasmigri alla Provincia Lombardo Veneta, però con la ripresa ex novo di tutto il percorso formativo, che lui accetta umilmente e con impegno.

Il 20 settembre 1981 inizia come postulante nella comunità della casa di cura S. Camillo di Cremona. Il 3 settembre 1983  entra in noviziato a Capriate S. Gervasio (BG) e il 2 settembre 1984 fa la professione religiosa dei voti temporanei (da rinnovarsi anno per anno) e viene inserito nella comunità di Predappio (FO) dove sono assistiti ex degenti degli Istituti psichiatrici. Alla scadenza dei tre anni, per scrupolo personale, preferisce chiedere un ulteriore anno di voti temporanei “a scopo di perfezionare la propria scelta”.

In quegli anni nell’istituto si sta portando avanti la priorità di dare anche ai candidati “fratelli” una buona infarinatura teologica. Per questo Antonino viene iscritto al triennio del corso diocesano come uditore.

Finalmente, il 18 dicembre 1988 con la professione perpetua, entra definitivamente nell’Ordine come fratello laico.

Nell’estate 1989 viene trasferito alla clinica S. Camillo di Cremona, il suo primo luogo di esperienza nella realtà nord-italiana. Nella comunità di via Mantova gli è affidato l’incarico che forse più di ogni altro lo gratifica, quello di accudire la cappella della casa di cura e di seguirne le funzioni, nel luogo che custodisce le spoglie del beato Enrico Rebuschini, molto amato dalla cittadinanza. Con il suo approccio simpatico, spontaneo, fratel Antonino (più conosciuto come fratel Antonio) ha modo di farsi conoscere e amare da molte persone.

Nelle scorse settimane la pandemia del Coronavirus che si propaga nel Cremonese investe anche la casa di cura: fratel Antonino non ne è stato risparmiato e dagli inizi di marzo è ricoverato in reparto; il peggioramento non previsto lo porta alla morte la mattina del 7 aprile, assistito dai confratelli.

Scherzoso, brioso, anima dei momenti conviviali in comunità, fratel Antonio non faceva nulla per mascherare le proprie origini siciliane, di cui andava fiero, mostrando nel carattere alcune esternazioni che gli avevano procurato qualche fraterna osservazione al tempo della formazione, dove peraltro sempre si sottolineava la sua generosità e concretezza nell’assistenza agli anziani o ai malati. Con poche basi scolastiche, il suo tallone d’Achille era lo studio, che gli rendeva ostico l’approfondimento della Teologia – prevaleva la forma devozionale e la passione delle immaginette – e la preghiera personale (mentre era ligio a quella comunitaria). In lui prevaleva un certa chiacchiera casareccia, ma simpatica. Comunque sempre risoluto nelle sue decisioni.

Ora i santi e i beati, compreso il beato Enrico Rebuschini, non ha più bisogno di vederli nelle sue innumerevoli raccolte di immaginette.