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Terza Pagina: il giornale online del liceo Vida diventa realtà

Il panorama informativo di Cremona si arricchisce di una nuova giovane presenza: “Terza Pagina”. Una realtà che si può definire “scuola di giornalismo” essendo nata nella scia di un’attività didattica realizzata all’interno del Vida, il liceo che ha sede presso il Seminario diocesano, con la redazione interamente formata da studenti. Dopo la delibera che lo scorso 7 maggio ne ha decretato la registrazione ufficiale in Tribunale, lunedì 24 maggio è stato il giorno della prima pubblicazione online e della presentazione ufficiale.

www.terzapagina.org

E i protagonisti, nell’incontro svoltosi lunedì pomeriggio in Seminario, sono stati proprio loro. I giornalisti in erba, con la voglia di informarsi, approfondire, raccontare attraverso la scrittura e i mezzi tecnologici entrati ormai integralmente a far parte di una professione che non è più solo scrittura. Venti ragazzi che iniziano questa esperienza dopo tanto di colloquio cui davvero in tanti hanno partecipato.

Insieme a loro la preside Roberta Balzarini e Patrizio Pavesi, insegnante e giornalista professionista cui è stato affidato il progetto anche nella veste di direttore responsabile. È stato lui a spiegare da dove si è partiti e dove si vorrebbe arrivare. Senza alcuna concorrenza alle testate locali, anzi nell’auspicio di poter instaurare fattive collaborazioni. In sala c’erano, infatti, anche i direttori delle Testate locali, la rappresentanza istituzionale e scolastica e naturalmente le famiglie dei ragazzi.

Il blog della scuola prende così la forma di un vero e proprio giornale online, con periodicità settimanale. Si occuperà di tematiche legate al mondo studentesco e giovanile, di arte, storia e letteratura, ma anche di argomenti “da grandi”, approcciati però da adolescenti e per adolescenti. L’obiettivo è quello di trovare la chiave per avvicinare i più giovani alla lettura e alle notizie, ma soprattutto di formare i cittadini di domani.

Anche dai momenti difficili possono nascere cose buone, ha evidenziato la preside Balzarini ricordando come proprio durante il lockdown abbia preso piede il progetto. Concretizzatosi con la registrazione della testata in Tribunale, offrendo così ai suoi collaboratori la possibilità di intraprendere il percorso per diventare giornalista pubblicista. Un percorso fatto di formazione e di esperienze, di confronto con i diversi media, di conoscenza di professionisti affermati e di acquisizione di competenze tecniche (scrittura e impaginazione, videoripresa e montaggio, fotografia).

La redazione del nuovo giornale è la più giovane d’Italia, con un’età media di 17 anni e mezzo. È composta da 20 giovani collaboratori selezionati tra i ragazzi di terze, quarte e quinte del liceo Vida, con l’auspicio da parte dell’editore di poter ampliare in futuro la platea di aspiranti giornalisti anche ad altri ragazzi di tutte le scuole della città.

La direzione del giornale è affidata a Patrizio Pavesi: cremonese, giornalista professionista, una lunga esperienza tra testate locali e nazionali, tra cui Studio Aperto, GazzettaTV, Gazzetta dello Sport, Studio1, Sportitalia ed Eurosport.

 

Al liceo Vida nasce “Terza Pagina”, il primo giornale in Italia ideato e realizzato da una redazione di under 18

 

 




Giornata delle comunicazioni: domenica alle 19.30 speciale di Riflessi Tv

In occasione della 55esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, domenica 16 maggio alle 19.30 sui canali web e social di Riflessi Magazine e della Diocesi di Cremona, così come in tv su Cremona1, andrà in onda una trasmissione speciale dedicata al tema della comunicazione, dal titolo “Vieni e vedi”, richiamando il titolo del messaggio del Papa per la Giornata.

La trasmissione, realizzata da Riflessi in collaborazione con l’Ufficio diocesano delle Comunicazioni sociali, sarà condotta da Filippo Gilardi. Ospiti in studio tre giornalisti: Francesco Ognibene, caporedattore del quotidiano Avvenire, Stefania Mattioli, capo ufficio stampa dell’Ospedale di Cremona, e Riccardo Mancabelli, incaricato diocesano per le Comunicazioni sociali. Insieme dialogheranno sul ruolo del giornalismo e della comunicazione oggi, a partire dagli stimoli offerti dal Papa, rispetto a una comunicazione fatta “incontrando le persone dove e come sono”. Un invito cioè a consumare le suole delle scarpe, per non correre il rischio di fare un’informazione appiattita, preconfezionata, autoreferenziale e incapace di intercettare la verità delle cose o la vita concreta delle persone.

Anche per questo la puntata di Riflessi Tv presenterà diversi contributi di realtà che si muovono in questa direzione. È il caso di un progetto di alternanza scuola-lavoro elaborato dal liceo Vida di Cremona, dove i ragazzi si confrontano con il giornalismo televisivo, ma anche della realizzazione, nella stessa scuola, di un blog realizzato interamente dagli studenti. E ancora della radio che sta nascendo in una realtà oratoriana del territorio, Radio del Rey. Spazio anche al racconto in presa diretta di cosa abbia voluto dire per l’Ospedale di Cremona “narrare” la pandemia essendo nell’occhio del ciclone.

Tutti esempi che ben si inseriscono nel messaggio di Papa Francesco: giornalismo e informazione richiedono infatti il coraggio e la capacità di muoversi, il desiderio di vedere. «Da più di duemila anni – scrive il Papa – è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana». D’altronde «nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona». Per ogni «espressione comunicativa» che voglia essere onesta, il Santo Padre suggerisce dunque l’invito a «venire e vedere» alla galassia comunicativa di oggi, dai giornali al web, ma anche nella «predicazione ordinaria della Chiesa» come nella «comunicazione politica o sociale». «Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero», chiosa il Papa.

 

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“Andare laddove nessuno va”, l’invito del Papa nel messaggio per la 55ª Giornata mondiale comunicazioni sociali




Per le Giornate FAI di Primavera apre a Cremona Casa Ferraroni

Dopo un lungo periodo di restrizioni riaprono i luoghi della cultura e con essi tornano le Giornate FAI di Primavera per sensibilizzare i cittadini alla bellezza e alla conoscenza del patrimonio culturale. Tra i luoghi aperti a Cremona il 15 e 16 maggio, oltre al Teatro Ponchielli e a Palazzo Fodri, sarà visitabile per la prima volta Casa Ferraroni, piccola e inedita curiosità neoclassica in via Gerolamo da Cremona 49, immobile dell’Opera Sant’Omobono. Costituita da tre salette con una straordinaria decorazione pittorica, ricca di vedute, sculture dipinte e grottesche è riferita a Giuseppe Manfredini, forse in collaborazione con Francesco Ferrari. Si tratta di una grande occasione colta dalla Delegazione FAI di Cremona che consentirà ai visitatori di poter scoprire un tassello davvero interessante della tradizione pittorica cremonese a cavallo tra Sette e Ottocento.

Le visite si svolgeranno sabato 15 e domenica 16 maggio dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17.30) con accesso consentito esclusivamente su prenotazione, che si potrà effettuare a partire dal 6 maggio 2021 sul sito www.giornatefai.it. La partecipazione all’evento si svolgerà nel pieno rispetto delle norme anti-contagio e vedrà il coinvolgimento della Protezione civile per garantire la sicurezza ed evitare assembramenti. Per qualsiasi informazione scrivere a cremona@delegazionefai.fondoambiente.it oppure chiamare il 3791656134 (dal lunedì al venerdì dalle 13.30 alle 15.30).

La storia di Casa Ferraroni è ancora tutta da scrivere. L’unica fonte che ne documenta l’esistenza, almeno in base alle ricerche attuali, è costituita dalle pagine di Lidia Azzolini nel volume dedicato ai palazzi nobiliari cremonesi dell’Ottocento. Da questo contributo si evince che il 30 giugno 1792 i fratelli Antonio, Manfredo e Pergentino Puerari acquistarono il palazzo da Giobatta Ferraroni e ne rimasero i proprietari fino al 1818, quando fu ceduto a Evangelista Rosani e, poco dopo, alle sorelle Antonia e Maddalena Barnieri, spose dei fratelli Antonio e Francesco Porro. Agli inizi del Novecento si saldò il legame tra la proprietà e il Capitolo della Cattedrale nella figura di Marco de Dionigi, canonico della Cattedrale dal 1926 al 1953. L’immobile attualmente è di proprietà dell’Opera di religione Sant’Omobono, riconosciuta come personalità giuridica nel 1966.

La decorazione del salone d’onore del piccolo appartamento è una delle meno note ma più convincenti interpretazioni della cultura figurativa neoclassica cremonese, assegnata a Giuseppe Manfredini, forse in collaborazione con Francesco Ferrari. Le pareti sono scandite da nicchie in cui sono inserite sculture dipinte che riprendono la statuaria antica, alternate a riquadri con grottesche e vedute di paesaggi. Scorci architettonici, motivi ornamentali geometrici e rovine caratterizzano la decorazione del soffitto, mentre nelle salette adiacenti si ritrovano cortei con putti e sfondamenti prospettici seminascosti da veli e trasparenze che rimandano inequivocabilmente alle soluzioni adottate da Manfredini in palazzo Manna agli inizi dell’Ottocento.




All’Istituto superiore di Scienze religiose “S. Agostino” è tempo di iscrizioni (video)

Sono aperte le iscrizioni per l’anno accademico 2021/22 all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “S. Agostino”, l’ente ecclesiastico gestito dalle diocesi di Cremona, Crema, Lodi, Pavia e Vigevano adibito alla formazione dei laici in campo teologico. Le iscrizioni chiuderanno il 15 settembre mentre le lezioni partiranno dal 30 settembre.

Il sito ufficiale dell’Issr Sant’Agostino

L’Istituto si presenta anzitutto come una “scuola”: è una denominazione questa che piace poco, perché la parola rimanda a ricordi non sempre positivi della nostra esperienza individuale e collettiva, magari contrassegnati da fatica, insofferenza, noia. È meglio allora qualificarlo come “casa” dove ci si incontra come persone che desiderano crescere nella propria formazione culturale, condividere gli interessi di studio soprattutto di carattere biblico-teologico, confrontarsi sulle prospettive di evangelizzazione dentro comunità ecclesiali diversificate dislocate nello stesso territorio, peraltro molto omogeneo. Un luogo di fraternità, quindi, dove i legami di amicizia si intrecciano in nome della passione per la fede, all’insegna dell’impegno concreto e feriale per il Vangelo.

La scelta di accedere e frequentare i Corsi dell’Istituto è sorretta da almeno una triplice motivazione: la cura e il consolidamento della propria fede, l’approfondimento di conoscenze religiose di base per chi desidera operare a vario titolo in ambito ecclesiale e l’acquisizione di competenze fondamentali per svolgere il delicato servizio educativo nell’insegnamento della religione Cattolica.

È bello sapere che sono sempre più numerose le persone che desiderano diventare studenti dell’Istituto per accrescere il proprio patrimonio di conoscenze culturali e religiose, magari approfittando del fatto che, col passare degli anni, si contraggono gli impegni in famiglia per i figli ormai grandi, la professione bene avviata non richiede più dedizione assoluta e così gli interessi di esplorazione del sapere si dilatano.

In aumento risultano anche le persone che si sentono interpellate a irrobustire la propria preparazione di base per meglio servire le comunità cristiane di appartenenza, parrocchiali o diocesane, in servizi ecclesiali di indubbio valore, quali: la promozione educativa delle giovani generazioni – dai bambini ai ragazzi, ai giovani adulti incamminati verso la costituzione di nuove famiglie -; l’impegno testimoniale dell’annuncio e della catechesi; la sollecitudine pastorale dei malati, degli anziani, degli emarginati; il disbrigo di attività amministrative, ecc.

Rimane stabile ma nutrita la compagine di chi desidera attrezzarsi opportunamente per entrare nella scuola, di ogni ordine e grado, come docente qualificato per l’insegnamento della Religione Cattolica.

L’avventura della fede in Gesù Cristo, e ancor più della sequela al suo Vangelo, non è mai conclusa una volta per sempre: si realizza costantemente e progressivamente, attraverso processi di sviluppo e di approfondimento, ordinari e straordinari. E questo è uno, non certo irrilevante.

È di innegabile importanza, infatti, coltivare oggigiorno la formazione umana, improntata alla filosofia nelle sue varie branche (storia della filosofia antica, moderna, contemporanea; antropologia filosofica e culturale; etica filosofica), come anche ispirata alle scienze umane della pedagogia, della psicologia, della sociologia. Entusiasmante per chiunque è poi l’approdo alle S. Scritture cui sono dedicati tanti corsi di studio (Introduzione all’A.T. e N.T., Esegesi del Pentateuco, dei Profeti e degli Scritti, dei Vangeli Sinottici, degli Atti degli Apostoli, della Letteratura Giovannea e Paolina, ecc.).

Anche l’ambito teologico è ben organizzato e articolato nelle proposte di Teologia Fondamentale, Mistero di Dio, Antropologia teologica, Ecclesiologia e Mariologia, Escatologia, Teleologia Contemporanea, Teologia Morale Fondamentale, Teologia sessuale e matrimoniale, Bioetica, Teologia Sociale, Teologia Sirituale, Liturgia, Teologia dei Sacramenti, Teologia dell’ecumenismo e delle confessioni cristiane (Protestantesimo e l’Ortodossia), Teologia del dialogo interreligioso e studio dell’Ebraismo, dell’Islàm, delle Religioni orientali.

Infine, i percorsi di metodologia della ricerca e delle tesi di laurea, di storia ecclesiastica (antica, moderna e contemporanea e patrologia), di diritto canonico, di catechetica, di comunicazioni sociali e media education, di Teoria della scuola e didattica dell’IRC. Infine, l’accertamento della conoscenza base di due lingue straniere moderne, una per ciascun ciclo di studi.

Un curriculum certamente impegnativo ma interessante e stimolante sotto ogni aspetto: al centro rimane comunque la persona, nel suo valore singolare, nelle sue peculiarità specifiche, dentro l’orizzonte umano e culturale più ampio della comunità di appartenenza, civile e religiosa.

don Antonio Facchinetti
Direttore degli Studi




Vieni e vedi: per un giornalismo che si fa incontro. Il talk di Riflessi nella Giornata della Comunicazione (VIDEO)

“Vieni e vedi”, l’esortazione tratta dal  messaggio del Papa per la 55esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali (celebrata domenica 16 maggio), ha fornito titolo e argomenti per la nuova puntata di “Riflessi Magazine On air”, condotta da Filippo Gilardi. Ospiti in studio e in collegamento il caporedattore della redazione centrale di Avvenire, Francesco Ognibene, la responsabile delle comunicazioni dell’ASST Cremona Stefania Mattioli e l’incaricato dell’Ufficio comunicazioni della Diocesi di Cremona Riccardo Mancabelli.

In un anno tanto insolito e drammatico quale quello contrassegnato dalla pandemia, tra angosce, paure e confusioni, si innalza l’invito di Papa Francesco: comunicare incontrando le persone, come e dove sono. Lo spunto di questa esortazione è nato durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, rendendo evidente per ciascun operatore della comunicazione la necessità di “ritrovare la realtà lì dove è; – come ha spiegato Ognibene – una realtà imprevedibile si è imposta e ci ha spiazzato, fungendo da invito a trarre una lezione per la nostra professione. Il Papa vuole chiederci di tornare a rispettare la verità, farci incontrare le persone, essere interessati a loro e alle loro storie, di non raccontare solamente quanto ho capito ma quanto emerge dalla relazione immediata”.

Tra le immagini più significative di un anno estremamente complesso spiccano quelle della Settimana Santa del 2020: “Il vescovo Antonio solo, senza fedeli, in una Cattedrale deserta: un impatto terribile – ha ricordato Riccardo Mancabelli – così come le immagini provenienti dall’Ospedale di Cremona” finite anche sulla ribalta nazionale. “Il nostro ufficio stampa si è trovato improvvisamente in prima linea, – ha ricordato Stefania Mattioli – ci siamo trovati dentro l’emergenza che ha colpito il mondo” con il compito di testimoniare quanto stava accadendo “con notizie vere, costruttive e positive”.

Un periodo emergenziale, insomma, dal quale è emersa la necessità di responsabilità nel raccontare, non solo da parte dei professionisti del settore, ma anche di tutti coloro che, quotidianamente, affollano i canali social del web. “La responsabilità deve esserci in tutti. La verifica e la responsabilità dovere di ogni professionista, va richiesta anche da tutti”.

Proprio in questa linea di responsabilità ed educazione alla comunicazione, si innestano le positive esperienze dei ragazzi del Liceo Vida di Cremona, – impegnati in un laboratorio giornalistico che ha portato alla nascita del periodico “Terza pagina” – e dei giovani parrocchiani di Rivarolo del Re che hanno dato vita alla web “Radio del rey”: due strumenti per introdurre al giornalismo e alla comunicazione le più giovani generazioni e che sono stati  presentati nel corso della puntata.

“Si  sottovaluta la fame di informazione dei ragazzi – ha precisato Ognibene, riferendosi al mondo giovanile –. Hanno un desiderio genuino di capire e – nonostante la pioggia di “fake news” -,sono meno incantabili dall’apparenza e non risultano ancora sopraffatti da altre logiche”.

Cosa resterà di quest’anno tanto particolare? “Innanzitutto un auspicio – è la risposta di Ognibene – abbiamo visto una serie di cose buone che inevitabilmente rimarranno dentro di noi, resteranno le relazioni risanate: abbiamo capito che si sono delle fonti degne di fiducia e dalla relazione personale nasce sempre qualcosa di buono”.

“Andate e vedete – ha concluso Mancabelli – va ricostruita una comunicazione fatta di incontri, perché interessa la persona, interessano le sue relazioni”.




Domenica 9 maggio torna la salita ai matronei

Con la riapertura di musei e monumenti torna a Cremona anche un appuntamento artistico molto apprezzato per la scoperta della Cattedrale da un punto di vista “inedito”. Nel pomeriggio di domenica 9 maggio, dalle 14.30 alle 16.30, sarà nuovamente possibile possibile accedere ai matronei grazie alla proposto dell’associazione CrArT: una serie di incontri dedicati alla figura e all’arte di Boccaccio Boccaccino, una delle firme pittoriche del grande ciclo della navata centrale del Duomo, inseriti nel programma “Il Cinquecento a Cremona” e intitolati “Facit Bocacinus. Salita ai Matronei”.

La salita al matroneo sud permetterà di accedere a un particolare luogo della Cattedrale, solitamente chiuso al pubblico, che diventa punto strategico per osservare “dritto negli occhi” il programma iconografico e lo stile che contraddistingue Boccaccino nell’impresa artistica della Cattedrale di Cremona nei primi decenni del Cinquecento.

Non sarà questa l’unica occasione: le visite sono previste nelle date del 9 e 30 maggio e poi 13 e 27 giugno, sempre dalle 14.30 alle 16.30 con quattro turni per ogni data: partenze alle 14.30, 15.10, 15.50 e 16.30, per gruppi di venti persone al massimo.

Per partecipare è necessario iscriversi scrivendo a info@crart.it (con data e turno scelto, nome e cognome dei partecipanti) oppure sul sito www.incremona.it. Per tutta la durata della visita sarà necessario indossare la mascherina e mantenere il distanziamento, con igienizzazione delle mani. Il costo di adesione è di 12 euro (10 euro per gli associati CrArT o Cremona Sotterranea).

Ulteriori informazioni scrivendo a info@crart.it o telefonando al 338.8071208.




Perché in fondo non basta un «Clic». Online la nuova edizione di Riflessi (VIDEO)

È online la nuova edizione di Riflessi Magazine, il mensile digitale diocesano che propone come titolo della sua ventesima uscita “Clic”.

«È un po’ come se fosse la colonna sonora del nostro tempo» – si legge nell’introduzione ad un numero che si muove tutto proprio sul filo del tempo. «Un clic: un attimo che non dura nulla ma che resta per sempre; il presente assoluto che diventa – nell’istante stesso in cui nasce – il primo ricordo del passato; un movimento impercettibile che lascia una traccia ineliminabile».

E allora cos’è il clic? Ci si chiede iniziando a sfogliare le storie, le interviste e le riflessioni di Riflessi. E la risposta, pagina dopo pagina, assume forma diverse e persino inattese: «Il ritmo ossessivo della rivoluzione digitale, velocità che diventa frenesia, congestione di informazioni superflue… il ticchettio del meccanismo di un orologio analogico, un cinturino che si chiude, uno zaino che si apre.
Non è solo il suono del digitale (o non lo è più), ma è rimasto il simbolo del cambiamento. Di qualcosa che scatta: c’è solo un prima da conoscere e qualche volta da salvare, e un dopo da scoprire, immaginare, costruire.
Ecco perché  è il suono del nostro tempo. Non dell’età postmoderna. È proprio il suono del nostro oggi: di questo maggio 2021. Di adesso. Del tempo delle zone a colori e dei coprifuoco, della campagna vaccinale e delle tabelle dei dati epidemiologici che ormai accompagnano le nostre colazioni come fossero le previsioni del tempo…».

I clic della rivoluzione digitale che ha cambiato le vite di tutti, dunque, i clic della macchina fotografica e delle tecnologie che salvano la vita permettendo a mani e occhi esperti di esplorare il nostro corpo. Ma i, suono di un clic è anche più profondo e avvolgente: «È un clic quello che cerchiamo. Una chiave che gira, un tappo che salta, un attimo che è trascorso e – così piccolo, rapido, disattento – ha già cambiato il mondo in cui viviamo.
L’otturatore della macchina fotografica che cattura un bacio o la stanchezza di un’infermiera piegata dalla fatica, un’opera d’arte senza materia, i codici binari che avvolgono i nostri figli e quelli che daranno loro lavoro, la macchina che ci legge nel corpo per salvarci la vita, il ritorno in campo, un film tutto in un frame…
Clic… e ci ritroviamo così, uno di fronte all’altro a guardarci negli occhi come non pensavamo più di saper fare. Il tempo si ferma. E qualcosa scatta. Ma è dentro. Finché una lacrima bagna l’occhio. Non fa rumore, non ha misura. Ha già cambiato tutto».

 




Speciale Giorno del Signore: ripartire dal lavoro per una nuova stagione economica (VIDEO)

Il lavoro come “ripartenza” a conclusione del travagliato periodo della pandemia. Un “lavoro che cambia”, si reinventa, si riscopre in nuove modalità di azione – in parte dettate dalle difficili contingenze del momento – ma che necessariamente non deve smarrire l’attenzione alla persona e alla comunità. Se ne è parlato nella puntata speciale del “Giorno del Signore”, la rubrica diocesana andata in onda in occasione della giornata del Primo Maggio. Condotta dal direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali, Riccardo Mancabelli, ha visto la partecipazione di esperti e la raccolta di alcune preziose testimonianze dal territorio.

“Non è pensabile una vita a prescindere dal lavoro – è l’appello introduttivo del vescovo Antonio Napolioni –occorre sollecitare l’attenzione alla dignità e alla possibilità di lavoro per tutti”, anche  e sopratutto in una situazione non facile come quella attuale.

I dati non sembrano infatti lasciare spazio all’ottimismo. Oltre 456.000 sono stati i posti di lavoro persi in Italia nel corso del 2020: una  cifra pesante, originata in massima parte dalla emergenza sanitaria, all’interno della quale si inserisce – come ha evidenziato la professoressa Chiara Mussida, docente di Politica economica presso la Facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza-Cremona – una perdita “particolarmente marcata per le categorie più deboli, come la componente femminile e i lavoratori a tempo determinato”. Le donne si sono inoltre ritrovate a fare i conti con la difficoltosa conciliazione con i tempi della quotidianità, con figli in didattica a distanza e la compartecipazione alle faccende famigliari.

Un milione di persone del nostro Paese può inoltre considerarsi povera, cioè non in grado di soddisfare i bisogni primari della quotidianità: un dato che non può che suscitare preoccupazione. Numerosi sono infine gli “scartati”, coloro cioè che per la particolarmente fragile situazione occupazionale di partenza si sono trovate “non tutelate da forme di intervento pubblico e che devono essere inserite nel panorama occupazionale”, come precisato da don Bruno Bignami, sacerdote cremonese a capo dell’Ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro, che ha sollecitato “uno sguardo sul futuro partendo proprio da queste categorie di individui, da reinserire dentro nuove prospettive di lavoro”.

Nonostante una situazione in apparenza poco rosea, numerosi sono tuttavia gli spunti di ottimismo e rinascita che si presentano nei tempi attuali, partendo innanzitutto dalla riscoperta della componente comunitaria del lavoro. “È forte il senso di comunità in quest’angolo di Lombardia, più che in altre zone della regione – è la considerazione di Guido Lombardi, direttore di Cremona1 e Cremona oggi –: si è capito che da soli non si va da nessuna parte e questo può essere il punto da cui ripartire”. Va quindi riformulato l’approccio con il lavoro, “abitare una nuova stagione economica e sociale”, nella quale la comunità e un più consapevole utilizzo della tecnologia siano in grado di ridisegnare nuove prospettive occupazionali e sociali.

“In questi mesi abbiamo utilizzato tecnologie, prima poco utilizzate, che hanno consentito di annullare le distanze e creato opportunità per proseguire nel lavoro e nelle relazioni – è la constatazione del giornalista economico – occorre quindi investire nella digitalizzazione”, con l’impegno di utilizzare queste nuove risorse in modo consapevole e responsabile.

La tecnologia, unita alla condivisione e alla solidarietà, è inoltre in grado di creare opportunità di inclusione e valorizzazione dell’individuo, come insegna l’esperienza della cooperativa sociale “Il calabrone”, una attività positiva e propositiva,  importante testimonianza del territorio.

A tutto ciò va aggiunto il coraggio per una nuova sfida: “Va creata una nuova cultura di impresa – considera don Bignami – una concezione diversa rispetto al passato: il lavoro va concepito non come una stagione ma come esperienza continuativa di una intera vita” . Una vera e propria rivoluzione che non deve tuttavia perdere di vista la persona, la famiglia e la componente sociale del lavoro, sempre finalizzato allo sviluppo della comunità e dell’individuo.

La trasmissione, introdotta dall’incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, Eugenio Bignardi, si è sviluppata anche grazie agli stimoli offerti dal presidente regionale delle Acli Martino Troncatti, il segreteraio generale della Cisl Asse del Po Cremona-Mantova Dino Perboni e il presidente di Confcooperative Cremona Tiziano Fusar Poli.

In chiusura il racconto di un’esperienza di riscatto nata grazie al contributo della “Borsa di sant’Omobono”, lo strumento di sostegno messa in campo dalla Diocesi di Cremona per chi ha perso il lavoro in questo periodo.

 

Il Vescovo: «O il lavoro dà dignità o non è lavoro» (VIDEO e FOTO)

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Don Bignami: “Ci stanno a cuore i lavoratori”

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Primo Maggio, edizione speciale del Giorno del Signore sul tema del lavoro

Nell’anno che Papa Francesco ha voluto dedicare a san Giuseppe lavoratore, la festa del Primo maggio assume un significato particolare e profondo, non soltanto spirituale nella memoria del padre terreno di Gesù, ma anche di grande attualità nell’epoca in cui il mondo di lavoro soffre le conseguenze sociali ed economiche della pandemia e si prepara a un futuro segnato dalla sfida del cambiamento. E sarà proprio questa la prospettiva della riflessione proposta nella puntata speciale del Giorno del Signore, la rubrica settimanale sulla vita della Chiesa cremonese, dedicata nell’occasione proprio ai temi del lavoro. La trasmissione, intitolata «Il lavoro che cambia», è promossa dall’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro e realizzata dal centro televisivo diocesano.

Andrà in onda sabato sera alle 20.30 in prima visione su Cremona1, TelePace, il portale internet e i social (facebook e youtube) della diocesi (replica televisiva su Cremona 1 domenica 2 maggio alle 12.20). Ospiti di Riccardo Mancabelli, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali, saranno il direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per i problemi sociali e il lavoro, il sacerdote cremonese don Bruno Bignami, la professoressa Chiara Mussida della facoltà di Economia dell’Università Cattolica, e Guido Lombardi, giornalista economico e direttore di Cremona1 e CremonaOggi, che commenteranno lo scenario attuale e si interrogheranno su ciò che accadrà già a partire dai prossimi mesi.

Dopo l’introduzione con l’incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, Eugenio Bignardi, a stimolare la discussione saranno alcuni interventi che riporteranno racconti diretti di aziende, professionisti, rappresentanti di associazioni di categoria impegnati, a diverso titolo e con differenti punti di vista, sul fronte dell’impiego. Tra loro il presidente regionale delle Acli Martino Troncatti, il direttore della Cisl Asse del Po Cremona-Mantova Dino Perboni, il presidente di Confcooperative Cremona Tiziano Fusar Poli ed Enzo Zerbini della Cooperativa sociale «Il Calabrone» di Cremona. Non mancherà, naturalmente, neppure un contributo da parte del vescovo Antonio Napolioni. Da ultimo il racconto di un’esperienza di riscatto nata grazie al contributo della “Borsa di sant’Omobono”, lo strumento di sostegno messa in campo dalla Diocesi di Cremona per chi ha perso il lavoro in questo periodo.

«Dobbiamo prendere coscienza della realtà in cui viviamo sapendo che anche nell’immediato futuro saranno in tanti a perdere l’impiego», precisa Eugenio Bignardi. «Il tema – continua, anticipando le tematiche al centro della trasmissione – è quello di un mondo del lavoro in continua evoluzione. E noi dobbiamo essere attenti e preparati ad affrontare questi cambiamenti (tecnologici, di divario sociale, che penalizzano i più deboli come donne e giovani). Il numero di disoccupati è cresciuto tantissimo quest’ultimo anno e la maggior parte delle persone toccate dalla crisi è di sesso femminile. Dobbiamo tutelare le donne, le madri, perché vengano accolte come una risorsa e non come un problema. Anche i giovani, nonostante le lauree o le competenze, faticano a essere assunti. Come comunità cristiana vogliamo impegnarci per sostenere e avviare un cambiamento positivo in questo senso. Non abbiamo ricette pronte, ma un cammino da fare per trovare risorse e coordinarsi».

 

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Agnadello rilegge una pagina di storia e devozione mariana riscoprendo padre Marcellino

Non perde di interesse la figura di padre Marcellino d’Agnadello, al secolo Vincenzo Moroni. Lo dimostra una delle recenti pubblicazioni della Pro loco di Agnadello, a cura dalla presidente Pierina Bolzoni e di un altro agnadellese, monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio. Si tratta della nuova edizione, arricchita da diversi contributi biografici e storici, dell’operetta di padre Marcellino d’Agnadello, di uno tra i grandi nomi agnadellesi che hanno illustrato il piccolo paese della Gera d’Adda tra il XIX e il XX secolo.

Un uomo, frate cappuccino, prete diocesano, oggetto di studio e – quasi – di venerazione da parte dei compaesani e non solo, perché si può dire che il nome di padre Marcellino è ricordato in spezzoni di storia ecclesiale e civile in Italia e anche oltreoceano, particolarmente in Brasile.

La pubblicazione della Pro loco agnadellese ripropone il lavoro di padre Marcellino edito nel 1871: “Cenno storico sulla Madonna della Vittoria, traslata del sec. XVIII dal territorio di Agnadello a quello della Costa Cremasca”. Lo scritto di padre Marcellino era dedicato “alla Gran Vergine Maria Santissima” e sottoscritto dal “Vostro povero Figlio P. Marcellino d’Agnadello Oblato di S. Francesco”.

Il testo parte dalla “descrizione di quell’insigne fatto d’arme” che fu la battaglia di Agnadello (o, come alcuni dicono, “di Gera d’Adda”) del 14 maggio 1509 tra l’esercito di Luigi XII re di Francia e della Lega di Cambrai contro quello della Repubblica di Venezia. A memoria dell’ottenuta vittoria, il re francese fece “edificare una cappella, onorandola col nome di Santa Maria della Vittoria”, per venerare la Vergine e ricordare i soldati morti nella battaglia.

Le vicissitudini politiche e storiche e – come scriveva l’autore – “il tempo, che tutto logora” portarono la chiesetta alla rovina. “Pensò Maria in allora a salvare la sua gloriosa Effige”, esultava padre Marcellino: monsignor Agostino Premoli, cremasco vescovo di Concordia nel Friuli e proprietario della cascina detta Costa Cremasca, attigua al luogo della rovinata cappella, decise di far costruire su terreno di sua proprietà, e nel territorio ecclesiasticamente cremasco di Cascine Gandini-Palazzo Pignano, una nuova chiesa per dar continuità alla devozione mariana.

Padre Marcellino, nel suo scritto, ricordava come i secoli videro alterne vicende di attenzione finché, nel 1871, lui stesso (ma egli non si nomina in quest’intervento) ravvivava il culto sia nella chiesa cremasca sia nel riedificare e rinnovare il memoriale della storica battaglia nel territorio di Agnadello, dove sorgeva la primitiva chiesetta voluta da Luigi XII.

I restauri della chiesa della Costa Cremasca furono inaugurati il 16 giugno 1871, per festeggiare (come ricordava esplicitamente lo stesso padre Marcellino) il venticinquesimo di elezione al Pontificato di papa Pio IX.

L’Autore chiudeva il suo “Cenno storico” con un auspicio: “or s’apre il cuore alla più bella e viva speranza che la devozione al presente ridestatasi per la Immagine miracolosa di Maria della Vittoria, lungi dal venir meno, andrà anzi ognora crescendo, e il suo piccolo Santuario acquisterà sempre più rinomanza e splendore”. I tempi, come sempre e come già avevano dimostrato allo stesso padre Moroni riguardo alla sorte della Cappella del re di Francia, furono alterni rispetto al suo auspicio.

Oggi la devozione religiosa e di memoria storica è ravvivata assai sul terreno agnadellese della “Cappellina dei Morti della Vittoria”, anche grazie all’impegno della Parrocchia (fin dagli anni ’70 del secolo scorso e dall’opera dell’allora parroco don Luigi Possenti) e, negli ultimi anni, dall’iniziativa della Pro loco di ricordare con manifestazioni in costume l’anniversario della battaglia di Agnadello.

L’operetta del padre Marcellino richiamava, in appendice, “grazie distinte ottenute da Maria Ss. invocata sotto il titolo di Madonna della Vittoria”, riportandone sette tra quelle più notevoli.

Al lettore gustare tutto lo scritto ottocentesco.

È da ricordare che padre Marcellino e la “Madonna della Vittoria” sono un binomio che sempre accende il cuore e l’interesse degli agnadellesi e che, negli anni, ha avuto una significativa diffusione grazie a diverse, seppure minori ma non per questo secondarie, pubblicazioni delle quali l’attuale non è che l’ultimo tassello.

L’agile volumetto raccoglie – oltre agli interventi di saluto e presentazione delle diverse autorità locali – alcuni studi sulla figura di padre Marcellino Moroni da Agnadello stesi nel tempo da monsignor Perego; riprende parte di un interessante articolo su “La vera storia della demolizione di San Domenico” (il grandioso complesso conventuale domenicano che si trovava dove attualmente sorgono i giardini pubblici di piazza Roma nel centro storico di Cremona), storia nella quale il nostro padre Marcellino ebbe parte, come giornalista direttore del periodico cattolico “La Buona Famiglia”, per evitare lo scempio della demolizione, parte per la quale subì anche un processo dal quale uscì “condannato a un mese di carcere e 100 franchi di ammenda”.

La storia locale e la figura, presentate nel lavoro curato da Pierina Bolzoni e monsignor Perego, sono piccolo ma importante punto anche per tutta una diocesi, quella cremonese. Infatti, come già accennato, padre Marcellino ha avuto un ruolo particolare anche nella storia cittadina di Cremona, oltre che di servizio in svariati luoghi della stessa diocesi, dopo il rientro dal Brasile, e sempre a favore di quelli che oggi si ama definire “gli ultimi” e “gli scartati” dalla società.

La pubblicazione ha, da parte dei curatori, una doppia dedica, anch’essa “agnadellese”: “alla Sciora Rina Ercoli per la devozione, l’amore e la cura che ha dedicato alla Cappella dei Morti della Vittoria; a Maurizio Vertua per l’amore e la cura che durante la sua vita ha dedicato agli ultimi attraverso la Caritas diocesana e parrocchiale”.

Il “Quaderno”, edito grazie al contributo del Comune di Agnadello, della Bcc di Caravaggio-Adda e Cremasco e di Laura Feltrinelli Gnecchi, è in vendita a 10 euro. Il ricavato servirà alla Pro loco stessa per finanziare le proprie attività. Chi fosse interessato ad avere il volumetto può scrivere a prolocoagnadello@libero.it.

Giandomenico Pandini

 

Padre Marcellino d’Agnadello

Padre Marcellino Moroni da Agnadello è stato una figura che si può ben definire insigne non solo per la storia locale di un piccolo paese, ma anche per un non secondario apporto alla storia della Chiesa del XIX secolo con il suo impegno, profuso “all’ombra” dei grandi “vescovi degli emigranti” Scalabrini di Piacenza e Bonomelli di Cremona, a favore degli italiani in America e specialmente in Brasile. Tant’è che, in una delle città brasiliane dove il padre Moroni operò, gli fu eretto un monumento alla memoria.

Padre Marcellino (Vincenzo, al Battesimo) Moroni “ebbe i natali” il 27 novembre 1827, in una “modesta casa” di Agnadello nella via che ora porta il suo nome, e morì “il 13 aprile del 1908, alle ore 17, nella casa parrocchiale di S. Bernardo (allora tra i “sobborghi” di Cremona), confortato dal viatico amministrato dal parroco e amico agnadellese don Carlo Piola”. Il vescovo Bonomelli, alla notizia della morte del religioso, scrisse: “È morto un santo!”.

Nel 1927 (centenario della nascita), la salma di padre Marcellino fu traslata dal cimitero di Cremona a quello di Agnadello.