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Il 19 aprile in Seminario la festa annuale dell’Associazione Familiari del Clero

Torna, come ogni anno, la tradizionale festa annuale dell’Associazione Familiari del Clero, fissata per il prossimo mercoledì 19 aprile presso il Seminario di via Milano 5, a Cremona. L’appuntamento, oltre a prevedere i momenti di preghiera e di riflessione propri di ogni incontro mensile, è occasione per ricordare i familiari dei sacerdoti che festeggiano il venticinquesimo anniversario della loro ordinazione sacerdotale.

Una pergamena ed una piccola icona saranno il segno di un grazie ben più grande che l’Associazione vuole esprimere, quest’anno, ai signori Mario e Maria, genitori di don Claudio Rubagotti, unico sacerdote cremonese ordinato venticinque anni fa.

L’incontro avrà inizio alle ore 9.30 con l’accoglienza.

Nella mattinata son poi previste: la recita delle Lodi, la meditazione guidata dall’assistente don Giorgio Ceruti e la celebrazione della Messa, nella quale sarà vivo il ricordo per don Claudio e i suoi familiari.

Dopo il pranzo una pausa festosa, per chiudere poi con la recita del Santo Rosario.

La giornata si concluderà alle ore 15.30.




Don Primo e la Costituzione: al centro la persona

Una posizione “originale e significativa” fu quella assunta da don Primo Mazzolari in occasione della elaborazione della Carta costituzionale: il giudizio è di Matteo Truffelli, storico dell’Università di Parma e presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana, intervenuto sabato 8 aprile al convegno intitolato “Don Primo Mazzolari, l’Assemblea costituente e la Costituzione repubblicana”, promosso dalla Fondazione di Bozzolo e svoltosi nella sala civica comunale. Una mattinata di riflessione nel 70° della Costituzione, cui i cattolici portarono, come noto, un contributo di grande rilievo.

Il convegno si è aperto con i saluti di Cinzia Nolli, sindaco di Bozzolo, e di don Bruno Bignami, presidente della Fondazione don Primo Mazzolari; quindi una introduzione ai lavori da parte di Giorgio Vecchio, anch’egli docente a Parma e presidente del Comitato scientifico della Fondazione. Poi le due relazioni: “La chiesa, il mondo cattolico e la Costituzione”, presentata da Francesco Malgeri dell’Università La Sapienza di Roma; “Don Primo Mazzolari e la Costituzione”, di Matteo Truffelli.

Malgeri ha ricostruito il quadro storico in cui si inserisce l’elaborazione della Carta – con un mondo cattolico impegnato a elaborare progetti ancora in piena epoca bellica e sotto il regime fascista –, per poi passare in rassegna il dibattito che attraversa gerarchia e laicato nel momento in cui, dopo la Liberazione, si insedia e comincia a operare l’Assemblea costituente, fino all’entrata in vigore del testo fondamentale della Repubblica, il 1° gennaio 1948. “Ci fu – ha spiegato Malgeri – un costante richiamo alla centralità e al valore della persona”, attorno al quale, per i cattolici di vario orientamento e provenienza, “si doveva modellare l’intero edificio costituzionale”. Tra gli esponenti di spicco di questo dibattito citati dal professor Malgeri, figurano – solo per citarne alcuni – De Gasperi, Gonella, Mortati, La Pira, Dossetti, Moro, Gui, Vanoni, Saraceno. “In loro appariva prioritaria la necessità di trasfondere lo spirito cristiano nella vita politica e sociale”; l’intento non era però quello di “cristianizzare lo Stato”.

Altrettanto ricca la relazione del professor Truffelli, il quale ha osservato – in continuità con Malgeri – come don Mazzolari, nei suoi discorsi e scritti, “insisteva sul carattere cristiano della Carta”, sempre nel senso della centralità della persona, della convivenza civile, della giustizia sociale, del primato degli ultimi, della pace, “senza mai assumere un taglio confessionale”, che non gli era proprio. Mazzolari peraltro seguiva e partecipava a suo modo al dibattito attorno alla Costituzione che si andava delineando nell’immediato dopoguerra, senza mai farne un tema di primaria rilevanza, “nel senso che egli appariva più direttamente interessato ai processi di ricostruzione spirituale, culturale e sociale del Paese, prima che alla forma istituzionale” della nuova Italia e ai “diritti sanciti solo sulla carta”.

Mazzolari – e qui sta l’originalità dell’approccio dell’arciprete di Bozzolo – non assegnava alla Costituzione “il compito di rigenerare dall’alto la società italiana”; egli la intendeva piuttosto come il quadro giuridico, uno “strumento”, un “argine” uno entro il quale “elaborare e concretizzare quelle riforme politiche e sociali”, “tempestive ed efficaci” di cui il Paese e gli italiani avevano assoluta urgenza. Truffelli ha d’altro canto sottolineato che “nel pensiero mazzolariano” successivo all’entrata in vigore della Carta, i suoi discorsi politici, gli articoli, persino le omelie “sono intessuti dei valori costituzionali” che “figurano alla base della sua azione” di uomo e di sacerdote.

Gianni Borsa

Photogallery dell’incontro

 

GLI ALTRI APPUNTAMENTO DELLA FONDAZIONE MAZZOLARI

Messa – 23 aprile

Cuore delle celebrazioni sarà la commemorazione liturgica di domenica 23 aprile a Bozzolo, nella chiesa parrocchiale di san Pietro, sede dell’appassionata predicazione di don Mazzolari e oggi custode della sua tomba. A presiedere la Messa delle 17 sarà il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città di Castello. Al suo fianco il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, il parroco don Giovanni Maccalli e il presidente della Fondazione Mazzolari don Bruno Bignami. In questa occasione sarà posta sulla tomba di don Mazzolari la rosa d’argento che Papa Francesco ha donato lo scorso gennaio.

 

Trasmissione – 25 aprile

Il 25 aprile Tv2000 (canale 28 del digitale terrestre), nell’ambito del programma pomeridiano “Siamo Noi”, che tratterà il tema della Resistenza cattolica durante la Liberazione, dedicherà spazio anche alla figura del parroco di Bozzolo.

 

Hong Kong – 21 maggio

Domenica 21 maggio, a Hong Kong, alla presenza del card. John Tong, si terrà la presentazione ufficiale della traduzione in lingua cinese del libro “Tu non uccidere” di Mazzolari, uno dei manifesti più importanti del pacifismo cattolico del Novecento. La traduzione è stata completata in collaborazione con padre Gianni Criveller, teologo del PIME, e con la Commissione “Giustizia e Pace” della diocesi di Hong Kong. Presenzieranno all’evento don Bruno Bignami, presidente della Fondazione don Mazzolari, e don Maurizio Ghilardi, direttore dell’Ufficio Missionario diocesano.

 

Fondazione – rinnovo cariche

Recentemente è avvenuto il rinnovo delle cariche interne del Consiglio di amministrazione della Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo, per il triennio 2017-2019, a norma di statuto. Riconfermato presidente don Bruno Bignami, docente di Teologia morale, parroco di Picenengo e alla guida della Fondazione dal 2010.

Altre conferme sono state quelle della vicepresidenza, affidata al parroco di Bozzolo don Gianni Macalli e del segretario, nella persona di Giancarlo Ghidorsi. Avvicendamenti importanti, invece, sono stati quelli in ambito amministrativo: dopo 32 anni di generoso impegno come amministratore, Carlo Bettoni è passato al Collegio dei Probiviri, mentre sono entrati in Consiglio Francesco Melegoni e Marino Freddi.

Anche il Comitato scientifico è stato confermato, con la presidenza affidata al prof. Giorgio Vecchio, ordinario di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Parma.




Alla Fondazione di Bozzolo il busto di don Mazzolari opera di Lucindo Franchini

Nelle scorse settimane le sorelle Franca e Palma Franchini, originarie di Bozzolo, hanno donato alla Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo un pregevole ed artistico busto in terracotta che riproduce il viso del celebre “parroco” di cui è in corso il processo di beatificazione. L’opera è stata modellata alla fine degli anni ’50 dal padre, Lucindo Franchini, artista noto a Bozzolo e nel circondario.

L’opera è stata consegnata al segretario della Fondazione, Giancarlo Ghidorsi, a seguito dell’intervento del dott. Francesco Melegoni.

Il busto, di pregevole valore artistico, è stato subito esposto nella sala dell’archivio della Fondazione, che può essere visitata in qualsiasi momento.

Proprio nei giorni scorsi la sede della Fondazione Mazzolari di via Castello 15 è stata individuata come soggetto per la realizzazione, in autunno, del Premio Biennale di Pittura “Città di Bozzolo”, voluto negli anni ’50 per iniziativa di don Primo.

Da segnalare, inoltre, il ritrovamento, lo scorso autunno a Cicognara (MN), di un quadro raffigurante don Primo Mazzolari in età giovanile, ad opera della famiglia del dott. Ernesto Torchio.




Sinodo, gara di ascolto all’Università Cattolica

Ha assunto quest’anno un significato del tutto particolare il tradizionale incontro tra il Vescovo e gli studenti della sede cremonese dell’Università Cattolica del S. Cuore. Solitamente promosso nel contesto della Pasqua e della Giornata dell’Università Cattolica (che si celebrerà il prossimo 30 aprile con la 93a edizione sul tema “Studiare il mondo è già cambiarlo“), quest’anno è stato collocato, invece, all’interno della fase preparatoria del Sinodo diocesano dei giovani.

L’appuntamento è stato nella mattinata di giovedì 6 aprile presso l’aula magna di palazzo Ghisalberti. A fare gli onori di casa l’assistente spirituale di Facoltà, il cremonese don Maurizio Compiani.

Quindi a introdurre l’incontro – dal titolo “In ascolto del futuro” – è stato Khawrin Waheedullah, un giovane afgano che presso l’ateneo cremonese sta frequentando la SMEA, l’Alta Scuola di Management ed Economia agro-alimentare. Il suo intervento, in lingua inglese, tradotto in tempo reale dal prof. Daniele Rama, ha presentato una vicenda personale fortemente legata al tema della speranza. Nato in un campo profughi del Pakistan, mentre frequentava la scuola primaria sotto una tenda, senza né banchi né sedie, mai si sarebbe immaginato di ritrovarsi un giorno in Europa per frequentare un master universitario a Cremona, in aule con lavagne multimediali e in tasca un telefono cellulare. «Ho speranza per un futuro di luce», ha detto richiamando i sacrifici del padre che gli hanno permesso di essere quello che ora è. Non vuole essere considerato un eroe, conscio che nel proprio Paese tutti stanno soffrendo per affrontare la quotidianità. La speranza è che tanti suoi giovani connazionali possano avere le stesse sue opportunità, nella consapevolezza che «non è solo questione di trasmettere conoscenze, ma idee e capacità innovative».

Ha quindi preso la parola l’incaricato diocesano per la Pastorale giovanile, don Paolo Arienti, che ha richiamato le motivazioni del Sinodo e le direttici portanti, offrendo qualche ulteriore stimolo di riflessione sulla condizione giovanile a partire in particolare dai dati del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo.

Microfono dunque al vescovo Napolioni che, sceso dal palco dei relatori, ha voluto colloquiare con i giovani stando in mezzo a loro. Perché la sua non è stata una relazione frontale, ma un incontro di relazione. Parola d’ordine: ascolto. «Una gara di ascolto», come ha voluto precisare lui stesso.

Dopo una breve introduzione, il Vescovo ha invitato i presenti a confrontarsi, a piccoli gruppi, sui temi che più stanno a cuore o interpellano, preparando domande da porgli. È quindi iniziato il dibattito vero e proprio.

A rompere il ghiaccio è stato Marco, guardando al rapporto – che a volte diventa contrapposizione – tra una Chiesa «vecchia» e una Chiesa «nuova». Il riferimento, naturalmente, ai cambiamenti introdotti da Papa Francesco, anche se mons. Napolioni ha voluto focalizzare sul Concilio Vaticano II la vera rivoluzione che la Chiesa sta vivendo ancora oggi. Nella consapevolezza che i termini «vecchio» e «nuovo» non possono essere solo una questione di età anagrafica, ma di cuore. Secondo il Vescovo, per evitare ogni frattura è necessario imparare a camminare insieme, seguendo in particolare le tre vie individuate da Papa Paolo VI: la via spirituale della coscienza, quella morale del rinnovamento e quella apostolica del dialogo.

Il confronto è poi proseguito guardando all’apporto della donna nel mondo e nella Chiesa, alla chiamata vocazionale di ciascuno e al passaggio da giovani ad adulti, segnato da cinque fattori: la conclusione degli studi, l’inizio di un lavoro, l’utonomia abitativa, una scelta affettiva definitiva (intesa anche in senso vocazionale) e la generatività (nel senso più generale di dare qualcosa della propria vita agli altri).

Lo stimolo offerto da Alberto, invece, è stato occasione per interrogarsi sul perché non sempre vi sia un contatto tra i giovani e la Chiesa. «I primi che cercano la vita, la seconda che dice di avere il Signore della vita. Il terreno d’incontro – ha affermato il Vescovo – è la vita tutta!». Iniziando dai momenti più difficili. Ma nella consapevolezza che i giovani non possano essere considerati solo «consumatori», ma occorre instaurare relazioni autentiche e reciproche tra generazioni, pur senza confondere i rispettivi ruoli.

Il confronto ha coinvolto i giovani presenti, pur un po’ restii ad aprirsi a fondo, come ha evidenziato anche Matteo, auspicando l’apertura di sempre nuovi punti. Proprio in questo senso il Sinodo diocesano ha previsto molteplici modalità di ascolto dei giovani, anche attraverso la possibilità di una semplice e-mail (sinododeigiovani@focr.it) per indicare idee, suggerimenti o provocazioni.

Ad aiutare gli studenti della Cattolica di Cremona a rimanere sempre aggiornati, anche un totem esplicativo del Sinodo posizionato all’interno dell’ateneo, con il materiale illustrativo sulla proposta portata avanti dalla Pastorale giovanile diocesana.

Photogallery

 

Il Sinodo diocesano dei giovani

Il Dies Academicus alla Cattolica di Cremona




Napolioni: «È bello qui perché siete fragili, ma veri»

È sempre una festa l’incontro del vescovo Napolioni con il variegato mondo carcerario, un piccolo universo nel quale si confrontano ogni giorno detenuti, agenti di polizia penitenziaria, educatori, volontari, cappellani. In questa vera e propria “periferia esistenziale” la Chiesa cremonese c’è, con generosità e competenza, attraverso l’opera degli assistenti spirituali, don Graziano Ghisolfi e don Roberto Musa, e della Caritas cremonese presente con un operatore, Marco Ruggeri che è anche diacono permanente. Accanto alla cappellania tanti volontari: come i membri di Comunione e Liberazione che animano le liturgie o gli incontri di catechesi o i volontari della san Vincenzo diocesana che da quattro anni insegnano ai detenuti a coltivare l’orto: ve ne sono già una trentina gestiti autonomamente dai detenuti oltre che uno spazio comune per l’intera Casa Circondariale che comprende anche una serra. C’è poi la Cooperativa Nazareth capitanata da don Pier Codazzi che da alcuni mesi ha impiantato in una cucina dismessa del penitenziario un laboratorio di trasformazione agroalimentare: in pratica cinque detenuti producono conserve di ortaggi provenienti da agricoltura sociale e biologica. Verdura coltivata nel comune di Persico Dosimo attraverso il lavoro di agricoltori “nostrani” e di migranti e con l’impiego di persone disabili.

Tutte queste persone, che ogni giorno si impegnano a rendere meno dura e più costruttiva la detenzione, hanno accolto nel pomeriggio di giovedì 6 aprile mons. Napolioni che nel grande teatro del plesso di via Palosca ha presieduto l’Eucaristia. In prima fila naturalmente la direttrice, dottoressa Gabriella Lusi, con il comandante della polizia penitenziaria Maria Teresa Filippone, alcuni agenti e diversi educatori. Sull’altare il cappellano don Musa, l’ex assistente spirituale don Felice Bosio, il direttore della Caritas cremonese don Antonio Pezzetti, don Pier Codazzi e il diacono Ruggeri. L’altro cappellano, don Ghisolfi, ha diretto il piccolo coro formato da detenuti e volontari che ha animato la liturgia, semplice, ma assai sentita.

Subito dopo il saluto liturgico, Rosario, un giovane carcerato ha dato il benvenuto a mons. Napolioni: «Siamo davvero felici di rivederla e siamo fieri ed orgogliosi di essere la comunità diocesana che ha la gioia di essere da Lei visitata con maggiore frequenza». «L’incontro con Gesù – ha proseguito il giovane – significa sperimentare la straordinaria opportunità di sentirsi al centro del cuore di qualcuno, non iscritti d’ufficio e a tempo indeterminato ad una categoria di disagio, non esclusi, non dimenticati. Lo sguardo di Gesù restituisce alle persone la dignità della propria unicità, pur con i propri errori, peccati e fallimenti». Rosario pur con un tono affabile non ha nascosto qualche amarezza: «Quella penitenziaria – ha concluso – è un’istituzione forzatamente complessa, ma uno dei suoi punti critici è una burocrazia lenta e macchinosa, capace di logorare anche la pazienza di un santo e incapace di leggere le storie e i bisogni delle persone».

Nell’omelia mons. Napolioni ha ricordato quanto la storia del rapporto tra l’uomo e Dio sia stata particolarmente travagliata: «Il Signore stipula con Abramo un’alleanza, ma la promessa non si realizza magicamente, occorre anche il concorso dell’uomo, la sua libera adesione al progetto divino. Il Signore, infatti, non si sostituisce: all’uomo, non può continuare ad imboccarlo per tutta la vita come se fosse un lattante».

Se la storia rivela il ruolo attivo dell’uomo, al contempo mostra anche l’infinita pazienza di Dio: «Egli si mette continuamente al nostro fianco, non ci toglie gli ostacoli o le responsabilità, ma ci viene incontro per parlarci e risvegliarci».

Il presule ha poi ricordato la recente visita del Papa nel carcere di San Vittore: «Quando i detenuti gli hanno chiesto come riesca a sopportare la fatica di tanti incontri, Francesco ha dato una risposta disarmante: “Piango”! Egli cioè si lascia aprire il cuore dalle sofferenze altrui, ma anche dall’amore del Signore. Il suo è il potere della compassione più profonda».

Infine un invito alla speranza alla luce della Pasqua ormai imminente: «Cristo ci viene a prendere là dove non sappiamo chi siamo, laddove ci sentiamo o siamo realmente perduti». Quindi l’invito ad accogliere tutte le sofferenze del mondo, soprattutto quelle dei bambini di Siria trucidati con il gas, e a non nascondersi di fronte a Dio: «Mi piace venire qui – ha concluso – perché siete persone che non si nascondono. Siete fragili, ma veri».

Omelia di mons. Napolioni

Durante la liturgia si è quindi pregato per quanti in carcere si sono tolti la vita e perché l’istituzione penitenziaria miri sempre più al reinserimento sociale di chi ha sbagliato.

Prima della benedizione conclusiva la direttrice Lusi ha voluto ringraziare il vescovo attraverso un breve discorso per niente di circostanza: «Attraverso le sue parole, il suo sguardo, i suoi gesti noi oggi abbiamo incontrato l’amore. Ne abbiamo bisogno! Abbiamo bisogno di riscoprire i sentimenti, anche qui, in carcere! Le regole sono importanti e devono essere rispettate, ma occorre anche coltivare il cuore». La dottoressa Lusi, da sempre impegnata a far sì che il carcere si apra sempre di più alla città, ha voluto ringraziare tutti gli operatori – amministrativi, agenti, educatori, volontari, cappellani – per il loro quotidiano impegno  a favore del recupero dei detenuti: «Anche quando vi puniamo – ha puntualizzato la direttrice – lo facciamo con uno spirito educativo».

Intervento della dottoressa Lusi

Dopo aver consegnato a ciascun detenuto un piccolo ricordino mariano, mons. Napolioni ha benedetto due “sanguigne” di grandi dimensioni, dono dell’artista Adriano Rossoni e posizionate nella cappellina del penitenziario. Il primo rappresenta il buon pastore che libera la pecora perduta dai rovi in cui si è impigliata e nel contempo abbraccia dei migranti naufraghi in fin di vita; il secondo rappresenta l’abbraccio tra il Padre misericordioso e il figliol prodigo: il Padre ha le sembianze di padre Jacques Hamel, il sacerdote francese trucidato da un fondamentalista islamico nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray il 26 luglio 2016.

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Visite guidate alla chiesa di San Pietro, a Gera di Pizzighettone

A partire dal mese aprile le guide volontarie della Parrocchia di Pizzighettone effettueranno il servizio di visita guidata anche presso la chiesa di San Pietro, situata in Gera, sulla sponda destra dell’Adda.

La chiesa, la cui costruzione risale al XVIII secolo, ha un aspetto singolare: è completamente rivestita di mosaici sfavillanti, che riproducono angeli, personaggi dell’Antico Testamento e numerosi episodi della vita della Vergine. Dedicata a S. Pietro, la chiesa è stata, infatti, insignita del titolo di santuario mariano nel 1956.

L’opulenza della decorazione esterna prelude al fastoso interno, illuminato da lampadari in cristallo di Boemia che esaltano il rilucere dell’oro dei mosaici dai vividi colori. Il pavimento, le balaustre, l’altare maggiore  sono in preziosi marmi policromi.

Le visite guidate, a offerta libera, si effettuano da aprile a ottobre (esclusi luglio e agosto) ogni ultima domenica del mese, dalle 15.30 alle 17. Per gruppi si possono concordare altri giorni e orari telefonando al 329-0922046.




Il vescovo Napolioni intervistato da Mondo Padano

In un’intervista pubblicata dal settimanale Mondo Padano, nell’edizione di venerdì 7 aprile, mons. Antonio Napolioni guarda alle sfide della Diocesi, dal Sinodo dei giovani alla riorganizzazione delle parrocchie, allargando un sguardo anche oltre i confini territoriali. Dialogando con il giornalista Filippo Gilardi, il vescovo Antonio riflette in particolare su quali strade la Chiesa cremonese deve imboccare per il prossimo futuro

Vi proponiamo l’inizio dell’intervista pubblicata sul settimale cremonese in edicola sino a giovedì 13 aprile.

 

Cremona ha ormai imparato a conoscere il vescovo Antonio. In poco più di un anno monsignor Napolioni ha costruito una vasta rete di legami all’interno delle comunità di fedeli, ma anche all’esterno della Chiesa, proponendo sempre il suo stile giovanile e cordiale, dimostrandosi però fermo nelle scelte di cambiamento che stanno caratterizzando il suo ministero. Che – si augura lui stesso – «durerà molto a lungo».

Lo scorso 30 gennaio monsignor Napolioni ha festeggiato il suo primo anno da vescovo di Cremona. «Ma ancora c’è chi mi chiama don Antonio – sorride -. Certo, la vita da parroco era diversa».

In che cosa è cambiata?

«Mi capita di passare giornate dentro il palazzo vescovile per incontrare sacerdoti e laici. Diciamo che prevale la dimensione dell’ascolto. A volte le tante riunioni potrebbero sembrare “partite a chiacchiere” ma in realtà è una necessità per non agire d’impulso o in modo presuntuoso. Mi aiuta a coltivare le relazioni».

Più volte però nei suoi interventi invita la comunità ad uscire, ad andare incontro. In questo si riconosce un suo stile.

«Cerco sempre di muovermi nella diocesi. All’inizio erano soprattutto incontri tradizionali, poi sono aumentate le opportunità di incontri informali… Qualche volta busso alle parrocchie senza dare troppo preavviso. Non per controllarle, ma per conoscere le comunità nella loro dimensione quotidiana. Mi piace discutere e ascoltare: lo faccio con i giovani, con i consigli pastorali, con il mondo della sofferenza. In questi luoghi non vado solo per portare Cristo, ma innanzitutto per cercarlo».

Che cosa la fa sentire a casa?

«La cordialità delle persone, il feeling umano e cristiano che ho sentito subito con tutti, anche con i responsabili delle istituzioni: siamo tutti più piccoli delle responsabilità che abbiamo e questo ci fa sentire vicini. C’è la bellezza artistica della città che favorisce la qualità dei rapporti e a Cremona poi ritrovo la cultura e i modelli di vita tipici del mondo agricolo in cui sono cresciuto nelle Marche, fatto di semplicità e concretezza».

Che cosa le manca?

«La montagna. Per questo con la bella stagione una volta al mese cerco di trovare il tempo per una passeggiata con qualche sacerdote. Le gambe vanno fatte funzionare». […]




Il Vescovo al Cambonino: «Riaccendiamo le grandi passioni della vita»

È un forte invito a riaccendere le grandi passioni della vita – in particolare quelle per il futuro, la giustizia e la pace – quello espresso dal vescovo Antonio Napolioni al Cambonino in occasione delle Messa in memoria di padre Silvio Pasquali, sacerdote cremonese che, diventato missionario del Pime, in India fondò la congregazione delle Suore Catechiste di S. Anna.

La celebrazione si è svolta nel pomeriggio di mercoledì 5 aprile presso la cascina “Cambonino vecchio”, nell’omonimo quartiere di Cremona, visto che proprio qui nacque il 5 aprile 1864.

La Messa è stata officiata all’interno della piccola chiesetta della cascina, l’oratorio intitolato alla Beata Vergine di Caravaggio, gremito in ogni sua parte, tanto che in diversi hanno dovuto prendere posto all’esterno.

Presenti naturalmente le quattro religiose della Congregazione delle Suore Catechiste di S. Anna presenti in diocesi e impegnate nel servizio a Cremona presso la Casa dell’Accoglienza e la Casa della Speranza.

Per questo tra i concelebranti c’era anche il vicedirettore della Caritas, don Antonio Pezzetti, insieme al diacono permanente Cesare Galantini (collaboratore dell’Ufficio Caritas). E ancora don Anton Jicmon, don Flavio Meani e il parroco del Cambonino don Alberto Martinelli.

A guidare la riflessione del Vescovo il versetto al Vangelo: “Beati coloro che custodiscono la Parola di Dio con cuore integro e buono e producono frutto con perseveranza”.

Dal termine “beati” non solo il riferimento alla causa di beatificazione in corso, ma prima di tutto il profilo di un «prete contento, anche se talvolta affaticato, come tutti coloro che si danno da fare davvero».

Beato perché custode delle Parola, che padre Pasquali ha ascoltato, riconosciuto, portato dentro di sé, pregato, e accolto davvero e mettendola in pratica come Maria, ha sottolineato il Vescovo.

Quindi un chiaro invito: «Riaccendiamo, grazie al Vangelo e alla testimonianza dei Santi, le grandi passioni della vita: la passione per il futuro, per la giustizia e la pace. Non lasciamo il mondo in mano a chi si fa prendere il cuore dalla violenza e dall’egoismo!».

Nelle parole di mons. Napolioni anche il grazie alle Suore Catechiste di S. Anna, con il loro carisma di servizio nell’educazione religiosa e nell’aiuto dei poveri. «Vi ringraziamo perché lo fate anche qui!», ha affermato il Vescovo.

Infine lo sguardo a padre Pasquali e alla chiamata alla santità che non esclude nessuno: «Siamo figli – ha concluso il Vescovo – dello stesso Dio, che ci rende capaci di vivere la nostra vocazione alla santità come lui».

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Sacra rappresentazione al Cambonino

Nell’ambito di questo anniversario, sabato 8 aprile alle 17.30 “Cambonino Ensamble” proporrà la “Sacra rappresentazione di S. Francesco – Come convertì i tre ladroni” (1546?). L’evento si colloca all’interno della terza edizione del “Microfestival di Teatro e Musica Antica”, nato nel 2015 e sostenuto da Comune di Cremona, Circolo ACLI Padre Silvio Pasquali e Auser Insieme all’Università Popolare della LiberEtà, con direttore artistico Roberto Cascio.

La Sacra Rappresentazione era una forma popolare di educazione spirituale diffusa ed espressa attraverso le storie delle grandi figure di santi, di personaggi o di importanti e fondamentali episodi della tradizione biblica e del Nuovo testamento, scritte con linguaggio semplice e diretto. Le Sacre Rappresentazioni ben si prestano alla descrizione del mondo contadino, un mondo che più di altri si ripete o muta molto lentamente, e per questo in parte ancora attuale.

Al recitato si aggiunge una parte cantata e/o strumentale affinché la persuasione del testo sia più efficace. Si tratta di storie brevi e agili che, pur non perdendo di vista il fine moralistico, sanno essere anche ironiche e divertenti.

Le storie delle Sacre Rappresentazioni messe in scena al Cambonino provengono da una antologia di rappresentazioni e commedie sacre e spirituali raccolte in tre libri stampati a Firenze nella prima metà del XVI secolo. Sono state narrate le storie di Santa Caterina, dell’incredulità di San Tommaso, di Santa Rita da Cascia e delle commoventi lettere che suor Celeste, cioè Virginia Galilei, scriveva al padre Galileo. Si è voluto raccontare anche di Biagio Contadino, in forma di Recital dedicato al mondo animale e agreste, con musiche di autori del repertorio frottolistico, genere che, a inizio ‘500, ebbe larga diffusione nelle aree padane.

 

Silvio Pasquali, missionario del Pime in India

Padre Silvio Pasquali è nato a Cremona, nella cascina Cambonino, il 5 aprile 1864. Battezzato nella chiesa di Picenengo, è cresciuto nella parrocchia cittadina di Sant’Abbondio.

Dopo l’ordinazione sacerdotale tra il clero diocesano e alcuni anni di ministero a Cremona, divenne missionario del Pime. L’8 ottobre 1897 raggiunse l’Andhra Pradesh, stato centrale dell’India.

Nel 1914 a Mattanpally fondò la congregazione delle Suore Catechiste di S. Anna, raccogliendo attorno a sé sette ragazze disposte a collaborare soprattutto nell’educazione cattolica dei ragazzi. Nel 1999 l’Ordine divenne di diritto pontificio e nel 2007 sono state erette due province.

Oggi le suore Catechiste di Sant’Anna – oltre 400 tra India, Tanzania e Italia – gestiscono una settantina di scuole, diversi collegi e case di accoglienza. Sinora oltre 45.000 studenti hanno frequentato i loro istituti di formazione.

In Italia esse sono presenti a Cremona (presso la Casa del’Accoglienza e la Casa della Speranza), Roseto degli Abruzzi (dove si occupano della scuola materna parrocchiale) e Cermenate (dove collaborano alla pastorale ordinaria).

Il 14 agosto 2013 ha avuto inizio l’iter per la beatificazione di padre Pasquali. Il 3 dicembre 2014 è stato ufficializzato il nulla osta da parte della Congregazione per le Cause dei Santi per l’iter di beatificazione. Il 25 aprile 2015, ad Eluru, nello stato dell’Andhra Pradesh (in India), dove si trova la tomba del missionario cremonese, con una solenne celebrazione eucaristica padre Pasquali è stato dichiarato ufficialmente “Servo di Dio”.




Oggi a cascina Cambonino il ricordo di padre Pasquali

Messa del vescovo Antonio Napolioni alla cascina “Cambonino vecchio”, nel quartiere Cambonino di Cremona, nel pomeriggio di mercoledì 5 aprile. La celebrazione nel ricordo del cremonese padre Silvio Pasquali (missionario del Pime che in India fondò la congregazione delle Suore Catechiste di S. Anna), che qui nacque il 5 aprile 1864.

La celebrazione avrà luogo alle 18 all’interno della cascina, dal 1978 “Museo della Civiltà Contadina”, nell’oratorio dedicato alla Beata Vergine di Caravaggio. La piccola chiesa a base circolare è un vero e proprio gioiello risalente al XIX secolo.

Nell’ambito di questo anniversario, sabato 8 aprile alle 17.30 “Cambonino Ensamble” proporrà la “Sacra rappresentazione di S. Francesco – Come convertì i tre ladroni” (1546?). L’evento si colloca all’interno della terza edizione del “Microfestival di Teatro e Musica Antica”, nato nel 2015 e sostenuto da Comune di Cremona, Circolo ACLI Padre Silvio Pasquali e Auser Insieme all’Università Popolare della LiberEtà, con direttore artistico Roberto Cascio.

La Sacra Rappresentazione era una forma popolare di educazione spirituale diffusa ed espressa attraverso le storie delle grandi figure di santi, di personaggi o di importanti e fondamentali episodi della tradizione biblica e del Nuovo testamento, scritte con linguaggio semplice e diretto. Le Sacre Rappresentazioni ben si prestano alla descrizione del mondo contadino, un mondo che più di altri si ripete o muta molto lentamente, e per questo in parte ancora attuale.

Al recitato si aggiunge una parte cantata e/o strumentale affinché la persuasione del testo sia più efficace. Si tratta di storie brevi e agili che, pur non perdendo di vista il fine moralistico, sanno essere anche ironiche e divertenti.

Le storie delle Sacre Rappresentazioni messe in scena al Cambonino provengono da una antologia di rappresentazioni e commedie sacre e spirituali raccolte in tre libri stampati a Firenze nella prima metà del XVI secolo. Sono state narrate le storie di Santa Caterina, dell’incredulità di San Tommaso, di Santa Rita da Cascia e delle commoventi lettere che suor Celeste, cioè Virginia Galilei, scriveva al padre Galileo. Si è voluto raccontare anche di Biagio Contadino, in forma di Recital dedicato al mondo animale e agreste, con musiche di autori del repertorio frottolistico, genere che, a inizio ‘500, ebbe larga diffusione nelle aree padane.

 

Silvio Pasquali, missionario del Pime in India

Padre Silvio Pasquali è nato a Cremona, nella cascina Cambonino, il 5 aprile 1864. Battezzato nella chiesa di Picenengo, è cresciuto nella parrocchia cittadina di Sant’Abbondio.

Dopo l’ordinazione sacerdotale tra il clero diocesano e alcuni anni di ministero a Cremona, divenne missionario del Pime. L’8 ottobre 1897 raggiunse l’Andhra Pradesh, stato centrale dell’India.

Nel 1914 a Mattanpally fondò la congregazione delle Suore Catechiste di S. Anna, raccogliendo attorno a sé sette ragazze disposte a collaborare soprattutto nell’educazione cattolica dei ragazzi. Nel 1999 l’Ordine divenne di diritto pontificio e nel 2007 sono state erette due province.

Oggi le suore Catechiste di Sant’Anna – oltre 400 tra India, Tanzania e Italia – gestiscono una settantina di scuole, diversi collegi e case di accoglienza. Sinora oltre 45.000 studenti hanno frequentato i loro istituti di formazione.

In Italia esse sono presenti a Cremona (presso la Casa del’Accoglienza e la Casa della Speranza), Roseto degli Abruzzi (dove si occupano della scuola materna parrocchiale) e Cermenate (dove collaborano alla pastorale ordinaria).

Il 14 agosto 2013 ha avuto inizio l’iter per la beatificazione di padre Pasquali. Il 3 dicembre 2014 è stato ufficializzato il nulla osta da parte della Congregazione per le Cause dei Santi per l’iter di beatificazione. Il 25 aprile 2015, ad Eluru, nello stato dell’Andhra Pradesh (in India), dove si trova la tomba del missionario cremonese, con una solenne celebrazione eucaristica padre Pasquali è stato dichiarato ufficialmente “Servo di Dio”.




Giovedì la visita pasquale del Vescovo in carcere

Nel pomeriggio di giovedì 6 aprile il vescovo Antonio Napolioni sarà in vista alla Casa circondariale di Cremona per il consueto momento in preparazione alla Pasqua. Il Presule, che sarà accolto dalla direttrice Maria Grazia Lusi, alle 15.30 nel teatro del penitenziario, presiederà l’Eucaristia per i detenuti e gli operatori, alla presenza anche dei volontari che prestano servizio all’interno della struttura di Ca’ del Ferro.

Accanto a mons. Napolioni ci saranno i cappellani don Roberto Musa e don Graziano Ghisolfi (che dirigerà il coro del carcere), oltre a don Antonio Pezzetti, direttore della Caritas diocesana, da tempo impegnata in carcere, in particolare attraverso un proprio operatore: il diacono permanente Marco Ruggeri.

Proprio della Caritas, in vista della Pasqua, arriva un appello alla vicinanza e alla solidarietà a quanti sono reclusi. In particolare attraverso due modalità: la raccolta di dolci pasquali e l’adesione alle “adozioni di misericordia”.

 

Le colombe della solidarietà

La presenza del Vescovo in carcere sarà come sempre l’occasione per portare la vicinanza e l’affetto della Chiesa cremonese a quanti sono detenuti e, insieme a loro, a quanti operano in questo difficile contesto, tra questi in particolare gli agenti della polizia penitenziaria.

In questo senso si colloca anche l’ormai tradizionale raccolta di colombe promossa dalla Caritas diocesana, che per Pasqua farà avere una colomba per ogni cella. Un’iniziativa di solidarietà alla quale l’intera cittadinanza è stata invitata a partecipare.

Ogni anno, infatti, a Pasqua e a Natale la Caritas rivolge un appello a tutte le parrocchie e alle persone di buona volontà perché anche a chi è costretto a vivere le feste lontano dalla propria famiglia e in una situazione di forte disagio non manchi un segno di speranza, appunto attraverso il regalo dei dolci tipici di queste feste.

L’iniziativa, portata avanti ormai da alcuni anni grazie soprattutto al passaparola tra amici, in passato ha riscosso una adesione così forte da consentire di offrire il piccolo regalo anche agli ospiti delle strutture Caritas e ad alcune delle famiglie in difficoltà seguite dal Centro d’Ascolto, in particolare quelle con bambini piccoli che non si sarebbero potute permettere questo acquisto.

Quanti volessero offrire il proprio contributo possono far pervenire le colombe presso gli Uffici Caritas di via Stenico.

 

Le adozioni di misericordia

Altro fronte di attenzione al carcere di Cremona è attraverso l’iniziativa, lanciata lo scorso Avvento sulla scia del Giubileo indetto da Papa Francesco, delle cosiddette “adozioni di misericordia”.

Da sempre valvola di sfogo delle grandi carceri milanesi sovraffollate, nella struttura penitenziaria cremonese circa il 25% dei detenuti vive in situazione di grave povertà ed emarginazione. Quando manca il supporto familiare, o comunque anche la famiglia d’origine vive momenti di difficoltà, anche le spese per le telefonate al proprio legale o ai cari, così come i necessari acquisti di indumenti o generi di prima necessità risultano complicati.

Con questa consapevolezza, a chiusura del Giubileo della Misericordia, è stata lanciata l’iniziativa delle “adozioni di misericordia”, vere e proprie “adozioni a distanza” di uno dei detenuti in situazione di povertà assoluta del carcere cittadino.

Attualmente sono una ventina le adozioni garantite mensilmente, in particolare da gruppi parrocchiali e associazioni, ma anche singoli benefattori, che mensilmente offrono una donazione di 20 euro. I soggetti più bisognosi di aiuto sono stati individuati dalla Caritas in sinergia con i cappellani, anche su segnalazione della stessa amministrazione penitenziaria.

Per informazioni e adesioni è possibile contattare Caritas Cremonese (tel. e fax 0372-35063, e-mail caritas@diocesidicremona.it).