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La lettera pastorale “Al cuore della nostra città” consegnata dal Vescovo ai candidati sindaco di Cremona

Nel pomeriggio di lunedì 13 maggio il vescovo Antonio Napolioni ha accolto nel palazzo vescovile i candidati sindaco per la città di Cremona. A ciascuno il vescovo ha consegnato la lettera pastorale “Al cuore della nostra città”, scritta in occasione del 4° Centenario del Santuario lauretano di Cremona.

Proprio alle prossime elezioni guarda infatti il capitolo cinque del documenti – “Di casa in casa” – in cui il Vescovo, ricordando che nel 1625 la Vergine Lauretana di Sant’Abbondio fu proclamata patrona e protettrice della città di Cremona, scrive che “celebrare questa Santa Casa significa dunque ripensare anche alla nostra città, dove Maria ha insegnato ai cremonesi la virtù dell’accoglienza e lo stile della solidarietà”. E ancora, in un successivo passaggio: “Non dimentico che queste settimane ci preparano alle elezioni amministrative ed europee. Un duplice esercizio di democrazia da non disertare, anzi da onorare con vero senso di responsabilità, come raccomando innanzitutto ai cattolici. È evidente a tutti che la nostra vita si gioca nell’orizzonte di grandi sfide globali e geopolitiche che impongono posture di dialogo, scelte di pace, stili e prassi di nonviolenza. Nello stesso tempo, il rinnovo dell’Amministrazione comunale e la scelta di un nuovo Sindaco impegnano a un confronto schietto e costruttivo sul presente e il futuro della nostra città, imparando tutti il metodo del dialogo e della concertazione per la ricerca e costruzione del bene comune. Ciò esige sin dalla campagna elettorale rispetto reciproco più che faziosità, per non attentare all’unità e alla concordia della comunità cittadina, affidata alla cura di ciascuno e non solo di S. Omobono”. Un invito che il Vescovo ha voluto personalmente esprimere ai candidati sindaco in un incontro cordiale e schietto.

Aprendo il 4° Centenario del Santuario lauretano di Cremona, lo scorso 2 maggio nella chiesa di Sant’Abbondio, monsignor Napolioni aveva già avuto modo di consegnare la lettera pastorale al sindaco Gianluca Galimberti, affidandola idealmente anche all’intera comunità civile, nella consapevolezza che “la Santa Casa – come si legge ancora nel quinto capitolo – può ispirare tutti a un impegno perché chiunque si senta ‘di casa in città’, lavorando per il superamento di ogni forma di emarginazione, valorizzando le diversità in percorsi di integrazione e crescente corresponsabilità, assicurando sicurezza senza impedire la necessaria promozione umana e sociale dei più svantaggiati o degli ultimi arrivati“. Aspetti che il Vescovo ha voluto richiamare ai candidati sindaco nel momento di confronto di cui l’incontro del 13 maggio a palazzo vescovile – che ha visto anche la presenza dell’incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, Eugenio Bignardi, e di don Pietro Samarini, vicario zonale della Zona pastorale 3 formata dalle parrocchie del Comune di Cremona – è stato preziosa occasione.




La Diocesi si prepara alla Settimana Sociale. Nerozzi: «Un’esperienza di popolo»

Domenica 12 maggio si è tenuto a Cremona, presso il Centro pastorale diocesano, l’incontro “Verso Trieste: il cammino diocesano verso la 50ª Settima sociale”.

Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato scientifico delle Settimane sociali, ha presentato il tema della Settimana sociale in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio: “Al cuore della democrazia: partecipare tra storia e futuro”.

«La settimana sociale è al servizio del territorio, è al servizio delle diocesi. È un momento per fare sintesi per poi ritornare a lavorare», ha introdotto Nerozzi. E ha poi proseguito: «Vorremmo che fosse una esperienza di popolo e non solo di menti e di deleghe. Per questo è una settimana sociale aperta a tutti».

Per la prima volta, nella storia recente della Settimana sociale, infatti, la partecipazione all’evento di Trieste non sarà riservata ai soli delegati. Potranno partecipare tutti coloro che lo desiderano, secondo modalità diverse. I delegati e le delegate parteciperanno agli incontri e ai laboratori loro riservati mentre, associazioni, gruppi, famiglie e singoli potranno iscriversi e partecipare come visitatori e partecipare a tutti gli eventi pubblici che si terranno nelle vie di Trieste.

Il comitato Scientifico e Organizzatore propone di riflettere sullo stato di salute della nostra democrazia dal punto di vista della partecipazione attiva dei cittadini e di elaborare proposte concrete. Importante il ruolo del confronto e dialogo, anche con la presenza dei “Cantieri del Cammino solidale”, innovativa esperienza di ascolto, confronto e analisi della realtà.

Protagonisti saranno gli interpreti di tante “Buone pratiche”, anche la diocesi di Cremona porterà la sua esperienza a Trieste, presentando il progetto delle Comunità energetiche rinnovabili, illustrato durante la serata al Centro pastorale da Pierluigi Lazzarini.

A moderare l’incontro Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro.

Presente il Vescovo Antonio Napolioni che ha sottolineato: «Abbiamo bisogno di lungimiranza disinteressata, che metta al centro il bene comune, il bene vero, il bene che è per tutti se parte dagli ultimi, se si sperimenta il guadagno di essere comunità».




Il Santuario di Ariadello si tinge di festa per la sagra e il 13 maggio Messa con il vescovo Napolioni

La tradizione si ripete, ma non stanca … anzi! I soresinesi, infatti, si apprestano a “traslocare” ad Ariadello per l’amata sagra della Beata Vergine, manifestazione che prende il nome proprio dal Santuario di Ariadello che le è stato dedicato. Il perché di tanta fortuna per la sagra fuori paese si spiega solo con l’affezione a una tradizione che si è sviluppata nel tempo e nasce dalla devozione di una ricca e nobile famiglia che costruì l’imponente santuario a ricordo di un miracolo avvenuto in quel luogo campestre nel lontano XVII secolo.

Nei tre giorni di festa, religione e folklore si mescolano, gli aromi dell’incenso e delle candele si confondono con quelli delle griglie e dei cestini da pic-nic delle famiglie che, con ampi plaid a quadrettoni, mangiano sui prati attigui al santuario. La storia tramandata oralmente e poi trascritta, per raccontare le antiche tradizioni, vuole che la Madonna sia apparsa a una giovinetta di nobile famiglia in visita alla Madonna del Portico, in località Ariadello. La giovinetta, sordomuta dalla nascita, indicando la Madonna, parlò a sua madre e le disse: “Vedi, mamma, la Madonna di Ariadello”. Dal giorno del miracolo, tra lotte con il clero che combatteva forme di superstizione e continue espressioni di fede da parte dei soresinesi, generose offerte si assommarono nelle casse del progetto per la costruzione del santuario e, finalmente, il 30 maggio 1666, la chiesa fu benedetta da don Orazio Molossi, allora parroco di Soresina. Non molto è cambiato da quella lontana data: la devozione per la Madonna, la voglia di ritrovarsi nel santuario per una visita e un ricordo, forse anche per un “miracolo”, e poi il gioco e lo stare uniti insieme all’aria aperta e alle stelle restano i motivi che portano i soresinesi ad Ariadello.

Da un lato la partecipazione, dall’altro l’organizzazione (affidata alla Parrocchia attraverso i volontari di San Siro, i ragazzi dell’oratorio e tanti volontari estemporanei che prestano la loro opera nei giorni clou della sagra) per garantire l’apertura del Santuario, le celebrazioni e offrire anche un punto “ristoro” ben attrezzato.

Per i giorni di sagra non mancheranno attrazioni per bambini, giostre, autoscontri e angoli della fortuna, oltre a bancarelle tipiche per una fiera, dolciumi, fette di cocco, bibite ghiacciate, gadget, occhiali da sole, morbidi peluche e palloni pronti per essere acquistati per passare un pomeriggio giocando.

Il giorno della Madonna (domenica 12 maggio) si celebreranno al santuario quattro Messe: alle ore 7, alle 9, 11 e alle 17; e alle ore 16 l’ora mariana.

Lunedì 13 maggio, invece, sarà presente il vescovo Antonio Napolioni per la celebrazione della Messa solenne delle 18, cui seguirà, alle 19, l’affidamento alla Vergine Maria e la benedizione dei bambini da zero a 6 anni; alle 19.15 il Vescovo incontrerà i bambini dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Il Santuario di Ariadello è già protagonista del mese mariano a partire dal 6 maggio con la recita del Rosario tutte le sere alle 20.45 per invocare la pace nel mondo; il 10 maggio alle 17 Messa in suffragio dei defunti dell’Azione Cattolica; l’11 maggio adorazione eucaristica dopo il Rosario; martedì 14 maggio Messa per i benefattori del Santuario.

Infine, lunedì 27 maggio pellegrinaggio notturno ad Ariadello con partenza alle 20.15 dalla chiesa di San Siro: alle 21.15, Messa e affidamento della comunità alla Vergine Maria.

In occasione della sagra di Ariadello, sarà promossa l’iniziativa “La luce di Maria”. Nei giorni della festa della Beata Vergine di Ariadello, presso il Santuario, sarà possibile acquistare un cero da accendere nella notte tra il 12 e il 13 maggio sulla propria finestra di casa, per unire la propria casa alla casa di Maria e invocare la sua protezione su ciascuna famiglia e su tutta la comunità soresinese.

 

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“Fascismo, Guerra e Resistenza. La testimonianza di don Primo Mazzolari” nel convegno del 14 maggio a Cremona

“Fascismo, Guerra e Resistenza. La testimonianza di don Primo Mazzolari” è il convegno in programma nel pomeriggio di martedì 14 maggio, alle 16 presso il Centro pastorale diocesano di Cremona (via S. Antonio del Fuoco 9/A) per iniziativa di Cisl-Asse del Po e dell’Associazione nazionale partigiani cristiani di Cremona, con l’adesione di Acli Cremona e della Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Cremona.

Il tema del convegno sarà sviluppato con l’approfondimento a cura del prof. Franco Verdi, presidente Anpc Cremona.

La relazione sarà preceduta da un intervento di Eugenio Bignardi, incaricato diocesano della Pastorale sociale e del lavoro, e sarà seguita da una comunicazione di Bruno Tagliati, presidente provinciale Acli. Concluderà il segretario generale Ust Cisl Asse del Po di Cremona e Mantova, Dino Perboni.

L’incontro è aperto a tutti gli interessati.




Il vescovo ai cresimandi e cresimati: «Adesso tocca a voi!»

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Cinquecento lucette che illuminano sorrisi, sguardi di gioia e piccole mani. E poi un boato di urla di festa, dopo l’adorazione eucaristica tra momenti di silenzio e canti, «perché avevate voglia di tirare fuori, con la voce, voi stessi dal vostro cuore». Nel tardo pomeriggio di sabato 11 maggio si è così svolto a Cremona l’annuale incontro diocesano dei cresimandi e cresimati, ospitato quest’anno a Sant’Agostino, tra preghiera e divertimento, con il vescovo Antonio Napolioni e i tanti ragazzini e ragazzine provenienti da tutta la diocesi accompagnati dai rispettivi catechisti, sacerdoti e qualche genitore. Un appuntamento ormai consueto per consentire al vescovo di incontrare e condividere un’occasione importante anche con le comunità che non hanno potuto vedere la sua presenza per i Sacramenti. Eterogenea l’assemblea, formata dai ragazzi delle medie che competano quest’anno la vecchia scansione organizzativa degli anni dell’iniziazione cristiana, e i bambini di quinta elementare, anno in cui da quest’anno tutte le parrocchie della diocesi sono invitate a vivere il conferimento della Cresima e della Prima comunione.

Animato dai volontari della Federazione Oratori Cremonesi, insieme alle “guide” don Francesco Fontana, suor Valentina Campana e don Valerio Lazzari, con le musiche e le voci del coro Effatà di Calcio, i giovani partecipanti disseminati per una chiesa gremita in ogni parte hanno ascoltato e riflettuto sulla pagina del Vangelo dei due discepoli di Emmaus.

All’inizio dell’incontro i ragazzi hanno preparato dei cartelloni con il nome del proprio oratorio e paese e le firme di ogni ragazza e ragazza, che poi è stato scambiato con gli altri gruppi con un invito a conoscersi e darsi magari un appuntamento per condividere la propria esperienza.

Poi tutti i partecipanti sono stati invitata a rispondere per iscritto ad alcune domande personali segnate sui foglietti della celebrazioni. E non è mancata neppure una domanda per il vescovo: come riconoscere Gesù nella propria vita? E monsignor Napolioni pensando anche ai tanti volti incontrati nella sua esperienza, ha evidenziato «tre sorgenti, che non ho più mollato: il Vangelo, l’Eucarestia, la comunità. Gesù lo incontro così! Tutti i giorni rischio di confondermi e spegnermi. Ma quando apro il Vangelo, celebro l’Eucarestia e vivo con la comunità Lui mi riprende per mano e riempie di speranza».

Poi il silenzio e l’adorazione eucaristica, guidata da suor Valentina Campana, in un atmosfera di raccoglimento aiutata dal sottofondo musicale.

Quindi, il diacono don Valerio Lazzari ha proclamato il brano evangelico dei discepoli di Emmaus, filo conduttore di tutto l’appuntamento.

«Fissiamo con i nostri occhi l’Eucarestia che vi dice “adesso tocca a noi” – ha detto il vescovo nella breve riflessione –. Quegli undici partirono e non si sono più fermati, perché hanno consegnato il Vangelo, la buona notizia, a tutti quelli che camminano nel tempo. Gesù ci manda e ci accompagna in una vita così: non pigra, al balcone, sul divano ma in cammino, in missione, amore di salvezza e pace. Ognuno dica il suo piccolo, grande sì a questa chiamata».

Dopo l’adorazione eucaristica e la benedizione finale del vescovo, il grande gruppo si è lasciato andare ad un grande urlo collettivo. «Come ha ricordato anche il Papa bisogna fare chiasso – ha aggiunto Napolioni –, però avete visto quanto è bello farlo tutti insieme, sia silenzio che festa». E sulle note del canto finale “Resta qui con noi”, l’entusiasmo dei ragazzi si è accesso, insieme alle lucine che i volontari delle FOCr hanno consegnato a ciascuno. Per un finale vissuto in un’atmosfera di intensa gioia e partecipazione.

L’incontro è quindi proseguito in oratorio dove, dopo la cena al sacco, i ragazzi sono stati coinvolti in un momento di animazione da Manuel Carboni, educatore e formatore di Alghero, che tramite giochi e attività ha aiutato a riflettere sui doni dello Spirito Santo: doni che ciascuno riceve ed è chiamato a sua volta a vivere facendosi se stesso dono per gli altri.




Deceduto il presidente dell’Associazione Corallo Luigi Bardelli

Si è spento nella notte tra sabato 11 e domenica 12 maggio 2024 a Pistoia, all’età di 88 anni, Luigi Bardelli, figura storica della radiotelevisione locale, del giornalismo e dell’associazionismo, presidente dell’Associazione Corallo, la realtà (cui fa parte anche TeleRadio Cremona Cittanova) che riunisce le emittenti radiotelevisive cattoliche, membro del Comitato esecutivo di Aeranti-Corallo. I funerali nel pomeriggio di lunedì 13 maggio nella chiesa di San Francesco a Pistoia.

Nato nel 1936 a Pistoia, laureato in pedagogia, negli anni della giovinezza Bardelli si è distinto per il suo impegno educativo nelle file della Gioventù Cattolica diocesana di cui divenne presidente. Direttore e fondatore di varie testate giornalistiche, fondatore nel 1976 di TVL Pistoia, è stato un pioniere della televisione locale.

«La sua emittente – ricorda l’edizione straordinaria del periodico di Aeranti-Corallo – è divenuta punto di riferimento per l’informazione e la cultura in Toscana. La sua passione per la comunicazione era alimentata anche dal suo desiderio di dare voce agli ultimi. Oltre al suo impegno nel giornalismo, Bardelli si è dedicato con dedizione al mondo del terzo settore. Ha ricoperto la carica di presidente della sezione AIAS di Pistoia, contribuendo alla creazione di strutture all’avanguardia per l’assistenza e la riabilitazione di persone con disabilità; la sua sensibilità verso i più fragili lo ha portato a creare la Fondazione Maria Assunta in Cielo (MAIC), una onlus per offrire supporto e servizi a persone con disabilità e alle loro famiglie. Profondamente credente, Bardelli ha sempre tradotto la sua fede in azioni concrete, ispirate ai principi di pace, solidarietà e giustizia sociale; oltre che di Corallo, è stato presidente della CERC, la Conférence Européenne des Radios Chrétiennes. Aeranti-Corallo esprime il suo profondo cordoglio, in particolare alla moglie Franca, ai figli Maria Chiara, Giovanni e Paola e ai nipoti. Luigi Bardelli lascia un vuoto incolmabile nel mondo dell’emittenza radiotelevisiva locale. La sua figura resterà impressa nella memoria di tutti coloro che lo hanno conosciuto e apprezzato, anche per la sua generosa tenacia e per la profonda umanità»

«Luigi è stato un grande architetto d’informazione e comunicazione», così Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, ricorda Luigi Bardelli. «Ho incontrato Luigi per la prima volta nel 1998, ne rimasi colpito dal modo con cui affrontava e si districava in tutta la complessità dell’emittenza radiotelevisiva locale. In quegli anni di forte rinnovamento televisivo, ha testimoniato l’importanza di una presenza di senso nelle tante antenne che disegnavano la geografia italiana. Con quella stessa competenza – prosegue Corrado – ha attraversato i decenni, leggendo e interpretando al meglio gli sviluppi tecnologici. È stato senza dubbio un uomo di grande progettualità, sempre vissuta alla radice della fede, di cui ha dato testimonianza anche nell’altro suo impegno verso i più fragili».

Bardelli è morto nella Domenica dell’Ascensione, solennità in cui la Chiesa celebra la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: «È più che una casualità – sottolinea il direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali –; è la sintesi di tutta la sua esistenza vissuta nel mondo della comunicazione per portare la parola buona del Vangelo. Lo ricordava proprio un anno fa durante l’assemblea del Corallo che lo ha riconfermato presidente dell’associazione. Diceva: le nostre emittenti hanno raccolto il testimone dalle campane, richiamando quanti hanno l’orecchio teso alla Parola di Dio e, in questa chiamata, rendendo protagonisti i territori. Sono parole che suonano come un testamento per quanti continueranno la sua opera». In Luigi, conclude Corrado, «abbiamo toccato con mano il senso della progettualità, ovvero quella capacità che spinge a guardare, con creatività, oltre le contingenze del momento. Da qui sono nate nel 1976 l’emittente TVL Pistoia e nel 1989 la Fondazione Maria Assunta in Cielo (Maic) per le persone con disabilità e le loro famiglie. Una grande eredità che certamente ispirerà quanti seguiranno il suo tracciato nei diversi percorsi aperti durante la sua esistenza».

«Mi unisco alla preghiera e al ricordo del vescovo e della diocesi di Pistoia per la scomparsa di Luigi Bardelli – il messaggio del card. Giuseppe Betori –. La lunga conoscenza e la collaborazione con Bardelli risalgono ai tempi del mio incarico in Cei. Cattolico coerente, la sua fede sincera ne ha sempre ispirato le azioni e le tante opere: il lavoro di giornalista, la fondazione di Tvl Pistoia, ma soprattutto il servizio speso con il cuore per le persone più fragili, gli ammalati, i disabili e le loro famiglie». E l’arcivescovo di Firenze aggiunge: «La sua testimonianza di fede, le capacità di buon comunicatore, e l’impegno nel sociale, hanno lasciato tanti segni che sono certo ispireranno e guideranno chi ne raccoglierà l’eredità nei vari ambiti».




La giustizia è questione di tutti

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“Esecuzione penale esterna: opportunità da conoscere e da vivere”. Questo il titolo del convegno che si è tenuto nella mattinata di sabato 11 maggio al Centro pastorale diocesano di Cremona. Una mattina per approfondire il tema della giustizia, intrecciato con quello della cura. L’evento, organizzato da Caritas Cremonese e moderato dal direttore don Pierluigi Codazzi, ha visto gli interventi di Ivo Lizzola, professore di Pedagogia sociale e Pedagogia della marginalità, del conflitto e della mediazione all’Università di Bergamo, Antonella Salvan, direttrice dell’Ufficio esecuzione penale esterna di Mantova e Cremona, e Roberto Piazzalunga, coordinatore Équipe Giustizia della Caritas diocesana di Bergamo.

«Un mattino di studio e di condivisione di un tema delicato», lo ha definito il direttore di Caritas Cremonese, organizzato per capire se, nelle situazioni in cui scende in campo la giustizia,
«anche la comunità ha una parte di responsabilità, senza nulla togliere a quella individuale, ma soprattutto se essa è coinvolta nel percorso di ripresa».

Dopo un breve momento di preghiera, guidato da suor Mariagrazia Girola, ha preso la parola il professor Ivo Lizzola, secondo cui «la comunità non può togliersi di torno e delegare». Di fronte a un’offesa essa ha una responsabilità seria, verso chi offende e verso chi viene offeso. Una denuncia alla presunzione di essere nel giusto, perché «la giustizia si fa tra uomini e donne non innocenti. I giusti e i puri operano una giustizia terribile nei confronti degli ingiusti e degli impuri». E le ingiustizie sono situazioni che ogni persona affronta costantemente. A tal proposito ha sottolineato: «È solo una questione di posizionamento di fronte alle fragilità e alle ferite che uno porta dentro». Fare giustizia significa dare un’altra possibilità. «Significa ri-tessere relazioni diverse in cui le persone giochino di sé qualcosa di diverso – ha aggiunto Lizzola –. La giustizia ha bisogno di nuovi inizi». «Altrimenti le pene rimangono individuali, macerano risentimento e delusione, operano corrosioni pericolose nelle persone e nelle relazioni». E per garantire nuovi inizi e nuove vite, «teniamo attivi luoghi e momenti riflessivi».

 

L’intervento di Ivo Lizzola

 

Tra gli interventi, anche i saluti di Rossella Padula, direttrice della Casa circondariale di Cremona, e Ornella Bellezza, Garante provinciale dei diritti delle persone private della libertà personale. La direttrice Padula ha voluto ringraziare il vescovo Napolioni per aver dedicato la Quaresima a questo tema [leggi il bilancio dell’iniziativa], don Codazzi, per la realizzazione dell’evento e per l’impegno di Caritas, insieme anche a tutti i presenti, che ha invitato a focalizzare l’attenzione e la cura sulle «persone che hanno ferito», perché «sono persone ferite». Ornella Bellezza ha invece spiegato il suo ruolo di garante, fatto di una continua mediazione finalizzata al conseguimento dei medesimi obiettivi: «Non è un mandato di vigilanza, ma di ascolto, mediazione e proposizione per il futuro».

Antonella Salvan ha quindi parlato di «giustizia di comunità», soffermandosi poi sulla storia e sui numeri dell’Uepe: «Siamo arrivati, negli ultimi 20 anni, a una visione triadica della giustizia, in cui i protagonisti sono il reo, la vittima e la comunità». Una strada, quella dell’esecuzione penale esterna che vede attualmente in Italia, tra misure alternative, soluzioni sostitutive e messe alla prova, 82546 misure in corso. A Cremona-Mantova nel 2023, anno in cui è stato attivato l’Ufficio, esse coinvolgono il 48% dei detenuti.

Ma come si fa a fare giustizia di comunità? «Si devono costruire percorsi individuali che hanno bisogno di fare il salto – ha evidenziato Salvan –. Si parte da quella persona per fare poi un lavoro corale». «Non si può più pensare alla giustizia come mero rispetto delle regole, seppur importanti». Ha quindi concluso: «La distinzione tra bianco e nero, tra bene e male, è solo nella nostra testa. C’è del bene e del male in ogni persona».

 

L’intervento di Antonella Salvan

 

Achiudere l’iniziativa l’intervento di Roberto Piazzalunga, che, partendo dall’esperienza bergamasca, ha spiegato l’operato di Caritas. Un operato che non è fatto solo di aiuti e di carità, ma che si basa su tre cardini: la consapevolezza, la sensibilizzazione e la progettualità. E, per fare giustizia, così come per fare carità, «è fondamentale che tutte le parti siano corresponsabili».

 

L’interventi di Roberto Piazzalunga

 

Al termine dell’evento, don Pier Codazzi ha presentato la sottoscrizione, da parte di Caritas Cremonese, di una convenzione che le permette di mettere concretamente in atto i percorsi di messa alla prova, «per essere davvero comunità risorsa». [leggi qui]




L’uomo nell’era degli algoritmi. Appassionante intervento di padre Benanti su etica e IA

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«La legge algoritmica ha bisogno di una forma di etica: l’algoretica, perché l’algoritmo non è conoscibile, universale e generale». Una considerazione alla quale padre Paolo Benanti è arrivato al termine del suo denso e lucido intervento, pensato per celebrare a Cremona la Giornata mondiale per le comunicazioni sociali, venerdì presso il Campus Santa Monica dell’Università Cattolica.

Dov’è il sapiente? Intelligenze artificiali tra algoritmi e libertà era il titolo dell’appuntamento promosso dall’Ufficio comunicazioni della Diocesi di Cremona e dall’Università Cattolica con il mensile Riflessi Magazine, a conclusione del ciclo di conferenze che il Centro pastorale della Cattolica di Cremona, insieme al corso di laurea magistrale in Imprenditoria e innovazione digitale, hanno promosso per offrire un approfondimento sul tema delle Intelligenze Artificiali da più prospettive.

Gremito da una platea eterogenea che andava dagli studenti universitari, alle autorità civili, militari e religiose, ai rappresentanti del mondo della comunicazione e dell’imprenditoria, il chiostro ha tenuto il fiato sospeso per poco più di un’ora davanti a una riflessione sulle IA che ha spaziato da concetti di fisica, a quelli di matematica, filosofia ed etica. La serata, presentata dal coordinatore della redazione di Riflessi Magazine Filippo Gilardi, è stata introdotta da don Maurizio Compiani assistente del Campus per il quale «l’IA apre una nuova comprensione del mondo», della sua complessità «ridefinendo le concezioni di base della cultura occidentale» e portando gli uomini di oggi, come san Paolo davanti alla cultura ellenistica, a domandarsi: «Chi è il sapiente?».

Scegliendo un approccio etico, Benanti, uno dei massimi esperti di IA in Italia e nel mondo, è partito con una serie di esempi per dimostrare che «il software ha il potere di definire la realtà» perché la fruibilità degli oggetti è sempre più spesso decisa da chi li programma.

Partendo dagli anni Cinquanta con Claude Shannon e Norbert Wiener, i padri della cibernetica, il francescano ha indagato le radici storiche dell’interazione tra uomo e macchina tramite lo scambio di informazioni. Oggi «l’Intelligenza Artificiale è quel modo di programmare per cui l’uomo fornisce i fini e la macchina sceglie i mezzi per compierli». E questo pone un problema di libertà che già Wiener aveva intuito e che il filosofo tedesco Heidegger nel 1967 aveva teorizzato individuando due problematiche: «Se posso controllare la realtà, che cosa mi interessa capirla?» e «se si pongono uomo e macchina sullo stesso livello, chi controlla chi?».

La tecnologia nel frattempo è evoluta con la nascita del transistor e dei computer centralizzati. Il movimento Hippy del 1970, arrivato anche nella Silicon Valley, ha contribuito a «sgretolare il potere computazionale del computer e distribuirlo a tutti» facendo nascere così il personal computer. Solo nel 2010 arriva sul mercato lo smartphone che «è potenza computazionale che sta sempre con noi».

Di fatto il rapporto tra uomo e macchine intelligenti è evoluto anche grazie a eventi storici come la Primavera araba o la pandemia che ha «ingoiato alcuni processi fisici» trasformando le relazioni interpersonali, che per diversi mesi sono state più digitali che reali.

A questo punto del discorso si sono intrecciate le questioni dell’identità dell’uomo, delle sue emozioni e del rischio che la macchina possa influenzarne comportamenti e scelte. Sulla scorta di Jhon Rawls, Benanti nota come servirebbe una legge «conoscibile, universale e generale». Ma l’algoritmo non può essere nessuna di queste cose: «Non è conoscibile, non è universale perché profila e non è generale perché obbedisce solo al padrone del server». Dunque «la pseudo legge algoritmica – ha continuato Benanti –, perché non vada contro quello spazio pubblico che abbiamo conquistato con il sacrificio, ha bisogno di essere addomesticata, ha bisogno di quella forma di etica che noi chiamiamo algoretica». Tante dunque le domande aperte a cui l’uomo è chiamato rispondere.

E a proposito di domande sul palco, a fine intervento, sono saliti quattro giovani universitari che hanno interpellato Benanti su come l’IA influenzerà le discipline oggetto dei loro studi e le professioni future. Paradossalmente, secondo l’esperto, saranno più a rischio di sostituzione da parte delle macchine i lavori «relativi ai compiti cognitivi più alti», quelli meglio pagati e oggi svolti dalla classe media. Tante altre le suggestioni che hanno spaziato dalla creatività all’estetica per toccare il delicato tema della cura degli altri.

A suggellare la serata il breve saluto di Annamaria Fellegara, preside della facoltà di Economia e Giurisprudenza del Campus della Cattolica di Cremona, che ha definito l’intervento del francescano perfettamente in linea con «le lezioni americane di Calvino per la leggerezza, la rapidità e l’esattezza». La professoressa ha chiuso sottolineando «la complessità del fenomeno dell’IA che ci confronta con i nostri limiti e con il desiderio di non perdere la fiducia nelle nuove generazioni e per l’essere umano che continua ad appassionarci».




Festa al Santuario della Misericordia, il Vescovo: «Manca l’acqua e Gesù si offre come sorgente che disseta»

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«Eppure se voglio consolarmi per un giorno e dimenticare gli affanni della vita, devo tornare a Castelleone la mattina dell’11 maggio e pregare che il tempo sia bello e muovere alle 9 con la processione dal paese, dalla bellissima Parrocchiale restaurata, mentre la Torre rovescia il rombo fragoroso  e festante di tutte le sue nove campane, e vicino al Viale le campanelle della Trinità stornellano, e a destra a quelle di San Giuseppe rispondono, e più giù a sinistra quelle di S. Rocco associano anch’esse la loro voce e il loro tenue canto  a una così tripudiante e  gaudiosa festa di cuori».

Anche se rimandano a un tempo lontano le parole di mons. Andrea Cugini, sacerdote originario di Castelleone, possono spiegare perché da oltre 500 anni, ogni 11 maggio, giorno anniversario delle apparizioni della Madonna a Domenica Zanenga, avvenute a Castelleone nel 1511, la comunità castelleonese si reca in pellegrinaggio al Santuario dedicato a Maria. La Fiera di maggio, la fiera Madonna della Misericordia conserva per i castelleonesi, anche nel vorticoso mutare di tempi e di costumi, un momento fondamentale dell’anno, l’occasione per rinnovare la propria  speranza in Maria.

Anche quest’anno, dopo un momento di preghiera in Chiesa parrocchiale, guidato dal vescovo mons. Antonio Napolioni, la processione dei fedeli, aperta dalla preziosa  croce astile della fine del  XV secolo, è partita dal centro della città verso la chiesa mariana. Davvero numerosa la partecipazione di fedeli alla processione, forse favorita anche dalla giornata di sabato e da un maggio finalmente primaverile.

Dopo la processione è iniziata la celebrazione della Messa solenne delle 11, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni, con la partecipazione di numerosi sacerdoti originari di Castelleone o che hanno prestato il loro ministero in questa comunità.

 

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All’inizio della Messa il sindaco Pietro Fiori, a nome dell’intera cittadinanza, ha offerto il cero alla Madonna e il vescovo  ha colto l’occasione per ringraziare tutti i sindaci presenti  ricordando  il servizio che svolgono per le loro comunità.

La lettura delle nozze di Cana dal Vangelo di Giovanni ha guidato l’omelia del vescovo, il quale ha voluto aggiornare la parabola cambiando l’affermazione di Maria a Gesù, in “non hanno più acqua”. Di vino ce n’è tanto, infatti, rappresenta la festa, mentre l’acqua rappresenta la vita. Fare festa è un desiderio, legittimo, di spensieratezza, di vacanza, di festa ce n’è tanta, ma spesso la festa non è la gioia. E che manchi l’acqua e non il vino lo si vede in tanti segnali, come nei tanti sguardi tristi dei ragazzi, anche di quelli che devono ricevere la Cresima. I ragazzi stanno male perché sono soli, non conoscono il senso della vita. Il vino non disseta, ubriaca, e dunque c’è la ricerca di vita vera. Inoltre, ha continuato mons. Napolioni, noi che abbiamo tutto impediamo ai poveri di accedere all’acqua. Maria ci invita ad accorgersi di quello che sta accadendo in ogni cuore, in ogni relazione, “fate quello che mio figlio vi dirà, vi darà”. Gesù si offre come sorgente di acqua che disseta. Con l’acqua del battesimo, dono di grazia che è accessibile a chiunque, Cristo si immerge nella nostra umanità e la rigenera. La misericordia è l’unica via per la comunione e la pace.

Prima della benedizione, il parroco di Castelleone, don Giambattista Piacentini, ha ringraziato il vescovo Antonio per la sua presenza e la sua parola, chiedendo a Maria di essere sempre dispensatrice di quell’acqua capace di saziare la sete di tante persone che hanno bisogno di sostegno e di speranza. Il vescovo Antonio Napolioni dopo la preghiera a Maria, Madre della Misericordia, ha definito Castelleone un po’ speciale per questa fonte di acqua, invitando i castelleonesi a  continuare a essere speciali nell’essere misericordiosi gli uni verso  gli altri.

 

 

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Madonna della Misericordia, l’11 maggio il ricordo delle Apparizioni con la Messa del Vescovo

Per la comunità di Castelleone e per quelle dei paesi vicini il mese di maggio, da oltre cinquecento anni, riveste un ruolo particolare e importante. Infatti è il mese dedicato a onorare la madre di Gesù con le feste anniversarie delle apparizioni di Maria, Madre di Misericordia, alla veggente Domenica Zanenga avvenute a Castelleone nei giorni 11,12, 13 e 14 maggio del 1511, chiedendo che si digiunasse per alcuni giorni, che si facesse penitenza dei peccati, che si pregasse Dio, chiedendo perdono del male compiuto, che si rispettasse il riposo festivo e che si costruisse una chiesa chiamandola S. Maria della Misericordia.

Per prepararsi al 513° anniversario delle apparizioni della Madonna della Misericordia, ricorrenza che cadrà sabato 11 maggio, si stanno svolgendo diverse manifestazioni religiose: giovedì 2 maggio è iniziata la novena mattutina e serale con la celebrazione della Messa e con la recita quotidiana del Rosario alle 16.30, così come sono iniziati i pellegrinaggi delle comunità circostanti.

Anche quest’anno, per coinvolgere in modo attivo i bambini e i ragazzi nelle celebrazioni dell’anniversario delle apparizioni e nella devozione a Maria, ogni gruppo catecumenale si preparerà per l’11 maggio con una precisa e costante modalità: ritrovo al Santuario, alle 19, preparazione della Messa con attività di racconto sulle apparizioni e sul santuario, cena al sacco e poi un tempo di gioco e ricreazione, concludendo alle 21 con la partecipazione alla Messa della Novena.

La processione che nel mattino di sabato 11 maggio, partendo dalla chiesa parrocchiale di Castelleone, dopo un momento di preghiera, guidata dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, raggiungerà il Santuario, segnerà il culmine delle feste anniversarie. Nella chiesa voluta da Maria, segno fedele di affidamento alla Vergine, il vescovo presiederà la Messa solenne delle ore 11 (trasmessa in diretta tv su Cremona 2 e in streaming sui canali web e social della Diocesi), mentre nel pomeriggio si terranno il Rosario, i Vespri, la benedizione eucaristica e la Messa solenne delle 19, celebrata dal parroco di Castelleone, don Giambattista Piacentini.

Le celebrazioni anniversarie continueranno anche nei giorni successivi: domenica 12 maggio, alle 16, “Merenda con Gesù e Maria” per bambini fino a 6 anni; alle 17.30 Messa con gli anniversari di matrimonio. Lunedì 13 maggio, nel pomeriggio, alle 17.30, si celebrerà Messa di consolazione per anziani e ammalati. Martedì 14 maggio, alle 16.15, preghiera con bambini e ragazzi; mentre, alle 21, si svolgerà la celebrazione conclusiva con processione da piazza Fondulo al Santuario con canto del Te Deum.

Per tutto il mese di maggio, inoltre, si reciterà il Rosario nei quartieri e nelle frazioni di Castelleone.

 

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