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«Sui temi della vita tanti silenzi in parrocchia»

Domenica 3 febbraio ricorre la celebrazione della Giornata Nazionale per la Vita. Pubblichiamo la riflessione del dott. Paolo Emiliani, presidente del Movimento per la Vita di Cremona.

Chi, come me, ha partecipato alle grandi manifestazioni del passato in difesa della vita umana, non può non riconoscere anche nella nostra comunità una certa rassegnazione di fronte ad un diffuso sentimento individualista ed alla crescente egemonia della «cultura dello scarto». L’entusiasmo contagioso della campagna referendaria per l’abrogazione della legge 194 (inizio anni 80), l’intelligente sensibilizzazione per l’astensionismo ragionevole in occasione del referendum per l’abrogazione della legge 40 (anni 90), la mobilitazione a sostegno delle diverse proposte di legge di iniziativa popolare ideate dal Movimento per la Vita fino alle più recenti contestazioni circa le possibili derive eutanasiche contenute nel testo di legge sul «fine vita», sono percepiti in larga parte della popolazione locale come storia passata, esperienze entusiasmanti ma inattuali. Dobbiamo quindi augurarci iniziative politiche eclatanti sulla frontiera dei nuovi «diritti» (eutanasia, suicidio assistito, utero in affitto, selezione eugenetica finalizzata magari a società «Down free») per suscitare nuovo interesse e vigorose iniziative a tutela del diritto umano più elementare, cioè la tutela del concepito non ancora nato? La questione aborto rimane drammaticamente aperta, generosamente fronteggiata dalla straordinaria opera di persone ed associazioni (Centri di aiuto alla vita, consultorio Ucipem, case di accoglienza, Caritas) che, pur in ristrettezza di mezzi adeguati, si offrono come aiuto e compagnia alle mamme tentate dall’interruzione della propria gravidanza.
In particolare l’azione dello sportello Cav dell’ospedale di Cremona (affiancato, speriamo a breve, da uno analogo all’interno dell’Ospedale Oglio–Po), è diventata tanto più provvidenziale quanto più è cresciuta la consapevolezza che nessun aiuto è precluso, nemmeno nell’imminenza dell’atto abortivo. Dovremmo avere maggiore conoscenza, anche fra noi, delle non poche risorse che la comunità mette a disposizione! Ma ancora di più occorre maturare la certezza che l’aborto non è scelta inevitabile e che la società nel suo insieme può e deve (come peraltro previsto anche dalla stessa legge 194) adoperarsi per rimuovere le cause che lo inducono. Fra queste quella culturale, cioè la negazione della dignità umana già tutta presente nel figlio concepito e la conseguente negazione del suo diritto a nascere, rappresenta un terreno di confronto e di riflessione ancora di primaria attualità.
Troverei quindi appropriato che le catechesi nelle nostre parrocchie non eludessero questo tema, talvolta marginalizzato. Così come il percorso educativo rivolto ai giovani non dovrebbe esimersi dal giudicare la pericolosa banalizzazione della sessualità conseguente anche alla disponibilità di pillole contrabbandate come «contraccettivi di emergenza» il cui consumo, anche nel nostro territorio, è in progressivo aumento soprattutto tra le minorenni. Senza colpevolizzare i protagonisti di tali atti non possiamo abdicare ad un corretto uso della ragione per dimostrare un dato di realtà elementare: ogni vita ha in sé la propria giustificazione. Il Movimento per la Vita, nel confermare tutta la propria stima al magistero autorevole della Chiesa, si rende disponibile, come sempre, ad aiutare le comuniità nella comprensione delle più stringenti questioni bioetiche e biogiuridiche.




Una nuova guida per conoscere la Cattedrale

Una nuova piccola grande guida per la nostra Cattedrale. Sono gli stessi curatori a presentare il volume “il Duomo di Cremona” Durante l’evento organizzato presso la Camera di Commercio. 

Alla presenza del vescovo Antonio Napolioni e del parroco della cattedrale monsignor Alberto Franzini, gli storici dell’arte Francesco Frangi e Marco Tanzi illustrano così l’idea è il progetto di questo volume agile e scritto con un linguaggio moderno e innovativo da giovani studenti di storia dell’arte per recuperare e Far conoscere ai Cremonesi (ma non soltanto) quello che lo stesso monsignor Franzini ha ricordato essere come il simbolo della storia e dell’identità della città e della diocesi di Cremona, che pure rappresenta uno dei più importanti monumenti religiosi e artistici di tutto il Nord Italia per la ricchezza dei suoi tesori.

Un patrimonio che come sottolinea anche l’introduzione del libro mostra lo straordinario sviluppo della ricerca artistica e dell’espressione della fede nel corso dei secoli fin dal medioevo fino ai capolavori del ciclo di affreschi cinquecenteschi e ancora fino a giungere in epoche più recenti.

Uno scrigno di capolavori raccontati attraverso le fotografie di Marco Ranzani e i testi di Secondo Brugnoli, Andrea Fenocchio e Jessica Ferrari, Che sotto la guida dei due esperti curatori hanno dato forma a questa preziosa edizione pubblicata da Officina Libri.

LA SCHEDA DEL LIBRO

«Tra le grandi cattedrali romaniche padane – si legge nella presentazione della guida -, quella dedicata a Santa Maria Assunta a Cremona è una delle più ricche di testimonianze figurative alte e stratificate, che improntano il lento passare dei secoli di segni di particolare rilievo. I nomi dei più grandi maestri, in prima persona o nell’accezione medioevale di bottega, si susseguono fitti: Wiligelmo, Antelami, l’eccelso Marco Romano, i campionesi, arricchiscono la facciata con opere grandiose e suberbe, aristocratiche e terragne. Nell’interno poi, il ciclo di affreschi nella navata maggiore con le Storie della Vergine e di Cristo squaderna come in nessun altro luogo i sintomi dell’incalzante rinnovamento in atto nella pittura italiana del primo Cinquecento, dal classicismo senza errori di Boccaccio Boccaccino alle inquietudini eccentriche e ponentine di Altobello Melone e di Gianfrancesco Bembo, del bresciano Romanino e del friulano Pordenone, cui spetta il gran finale con la clamorosa e baluginante Crocifissione della controfacciata. Accanto a questi due poli, la facciata e la navata, si aggregano capolavori di tutti i secoli, pittura, scultura, oreficeria. Cicli tardogotici nelle volte delle navatelle, che rimandano al gusto delle miniature e dei Tacuina sanitatis; la grande croce d’argento quattrocentesca; alcune tra le sculture più importanti ed espressive del Rinascimento in Lombardia; gli affreschi e le tele dei Campi, i massimi esponenti della scuola pittorica cremonese del Cinquecento, tra Maniera e natura; dipinti e sculture sei e settecenteschi, dai Procaccini a Genovesino, dal Bertesi al Borroni»

I CURATORI

Francesco Frangi

È professore associato di Storia dell’arte moderna e Museologia all’Università degli Studi di Pavia (sede di Cremona). È uno dei maggiori esperti del Cinquecento e del Seicento lombardo. Oltre che su problemi più strettamente filologici, i suoi studi si sono indirizzati anche verso il rapporto tra la produzione figurativa e il contesto storico culturale coevo. Su questo versante si collocano le ricerche dedicate alle raffigurazioni di popolani di Giacomo Ceruti e quindi quelle riguardanti l’iconografia di San Carlo (Tra «vero ritratto» e fervore devozionale, «Studia Borromaica», nr. 25, 2011) e i rapporti tra cultura devozionale e pittura sacra di primo Cinquecento nell’Italia settentrionale, con particolare riferimento alla vicenda di Lorenzo Lotto (Come «li pastori semplici et puri», in Lorenzo Lotto. La Natività, catalogo della mostra al Museo Diocesano di Milano, Silvana, Cinisello Balsamo 2009). Tra le sue ultime monografie, Daniele Crespi. La giovinezza ritrovata (Scalpendi, Milano 2012).

Marco Tanzi

Nato a Cremona nel 1956, è professore ordinario di Storia dell’arte moderna e Fenomenologia degli stili all’Università del Salento. Si occupa prevalentemente della cultura figurativa settentrionale del Quattrocento e del Cinquecento, e del Rinascimento in terra d’Otranto. Numerose le sue curatele di mostre, le schede, i contributi, i saggi per cataloghi, con frequenti incursioni nell’arte contemporanea: tra le più recenti, Fabrizio Merisi, pesci fasciati, frammenti di luce, cuciture e reliquie (Antichità Mascarini, Cremona 2015), Selezione di Antichi Maestri (Galleria Mascarini, Cremona 2016).

 




Centinaia di donne ai Centri di Aiuto alla Vita di Cremona e Casalmaggiore

Nella città di Cremona i centri di aiuto alla vita sono due, ma si muovono come un unico organismo: all’ospedale, al settimo piano, lo stesso dei reparti di ostetricia e ginecologia, i volontari accolgono i dubbi delle mamme nei giorni in cui c’è l’accettazione per possibili pratiche abortive; in via Milano, vicino al Seminario, c’è spazio per il centro d’ascolto e per raccogliere tutto il materiale che serve per accompagnare la crescita dei bimbi nei loro primi tre anni di vita: pannolini, omogeneizzati, vestiti, passeggini…

«Nel percorso di accompagnamento 0–36 mesi – spiega Paolo Reggiani, presidente del Cav – seguiamo attualmente circa 300 situazioni, anche attraverso la rete del progetto Gemma e di un progetto nostro che abbiamo intitolato alla fondatrice Lina Ghisolfi. Ogni anno circa 100 famiglie si rivolgono a noi per un sostegno in situazioni di difficoltà materiale o psicologica». Un numero che negli anni è diminuito notevolmente, anche per l’impatto degli aborti farmaceutici che purtroppo portano donne e ragazze anche giovanissime fuori dal raggio d’azione dei Cav: «Le pillole non sono vendibili alle minorenni, ma è facile intuire che anche una ragazzina con un’amica di poco più grande possa accedere al farmaco, senza avere però la possibilità di qualcuno che spieghi loro ciò a cui stanno andando incontro».
Il numero che meglio di tutti però rappresenta il cuore dell’impegno quotidiano dei volontari è quello delle vite salvate: anche quest’anno 8 bimbi sono salvati dalla prospettiva di una interruzione di gravidanza. «Sembrano numeri limitati – commenta Reggiani – ma nella sostanza il vero obiettivo del nostro operato. E questo ci porta una carica di entusiasmo per il proseguo della nostra attività, proprio grazie alla affermazione del valore della vita che non si misura solamente con dei numeri».

Dal Cav di Casalmaggiore, invece, nel 2018, sono passate 40 donne decise a portare avanti una gravidanza anche se in condizioni di forte disagio. Le braccia dei 13 volontari (soprattutto donne) si spalancano e accompagnano alla vita. Ma anche dentro la vita. Perché quando il bisogno è di altra natura la sede di via Mazzini non chiude le porte. Per questo il numero di famiglie che ha ricevuto supporto dal Cav è anche superiore: circa 100 famiglie sono state ascoltate, aiutate, sostenute, accompagnate. «Perché la vita è sempre un bene – dicono quelli del Centro – soprattutto quella più indifesa». Lo è quella di un bimbo che deve ancora venire alla luce, quella della madre che lo custodisce dentro di sé mentre fuori deve già fare i conti con difficoltà economiche e fragilità psicologiche e personali legate anche agli ambienti in cui vive. Così alle porte del Cav bussano donne sole, abbandonate dal partner o dalla famiglia di orgine, giovani coinvolte in relazioni anomale o irregolari, cittadine immigrate senza assistenza sanitaria, famiglie senza lavoro o monoparentali con redditi insufficienti al mantenimento di un figlio, persone con difficoltà intellettive, donne vittime di maltrattamenti e violenze. Tutte trovano la comprensione e l’accoglienza dei volontari che attraverso la rete solidale cresciuta attorno al Centro offrono aiuti materiali (quest’anno sono stati distribuiti 140 pacchi di indumenti, alimenti per la prima infanzia, pannolini, carrozzelle, lettini…) ma anche un affiancamento specifico attraverso la collaborazione di consulente etico e di specialisti (medici, legali, assistenti sociali, picologi…) raggiunti attraverso i consultori Ucipem di Viadana e di Cremona.




Quattro profughi eritrei in arrivo attraverso i corridoi umanitari

Il furgone della Caritas cremonese arriverà a Fiumicino il 31 gennaio. Un operatore e un interprete accoglieranno in aeroporto quattro richiedenti asilo in arrivo dall’Etiopia nell’ambito del progetto protetto «Rifugiato a casa mia. Corridoi umanitari», nato grazie all’intesa tra Conferenza episcopale italiana, comunità Sant’Egidio e Governo Italiano per un’esperienza di immigrazione legale e sicura dal paese africano.

Dal novembre 2017 sono 327 i profughi arrivati in Italia dai campi dell’Etiopia e quello del 31 gennaio sarà il primo arrivo del 2019 e per la prima volta la Caritas cremonese vede accolta la sua richiesta di adesione al progetto. Un progetto che continua sul territorio: ai quattro eritrei – tutti uomini tra i 20 e i 40 anni – sarà assegnato un appartamento e un accompagnamento di volontari che li seguiranno nell’apprendimento della lingua, nelle pratiche burocratiche e sanitarie e nel percorso di integrazione. In fuga da miseria.

Corridoi umanitari: cosa sono e come funzionano

«Quarant’anni. Eritreo. Uomo solo». Teklebraham è il più anziano dei quattro eritrei che arriveranno a Cremona attraverso il corridoio umanitario dall’Etiopia. È in fuga dall’Eritrea come gli altri tre giovani uomini che sbarcheranno con lui a Fiumicino giovedì. Scappano dalla povertà e dalla leva obbligatoria «che laggiù – spiega don Antonio Pezzetti, direttore di Caritas Cremonese – diventa un impegno a vita». E lo stipendio governativo non basta a mantenere una famiglia.

I disertori finiscono in carcere e forzati all’addestramento. Dal campo militare di Sawa sono passati Idris, 30 anni, di etnia Afar (una minoranza perseguitata), e Miliyon, 24 anni e parenti in Germania, che vorrebbe raggiungere. «Vorrebbe – si legge ancora nella scheda di presentazione – l’opportunità di un lavoro per mantenere la famiglia». Circa cinquecento eritrei al giorno varcano il confine per cercare una via di fuga (gli stessi che il progetto del corridoio umanitario porterà in Italia in due anni). Per molti l’unica possibilità sono i trafficanti che nei campi profughi dell’Etiopia costruiscono il proprio giro d’affari. Un business spietato e fiorente che non tollera l’apertura di canali «legali e sicuri» come quello dei corridoi umanitari. Per questo Caritas e Comunità Sant’Egidio si muovono con la massima prudenza e il più assoluto riserbo.

Selezionare poche persone da mettere su un aereo diretto a Ciampino è un’operazione delicata, ma necessaria: i rifugiati devono partire sapendo già di avere il diritto all’asilo per motivi umanitari. «Si tratta – spiega don Pezzetti – di persone in condizioni di particolare fragilità». Anche fisica. Come Tekie, 20 anni: «Dopo l’intervento sbagliato cammina con le stampelle. Gli hanno consigliato di farsi operare all’estero».

Don Pezzetti: «Segno dell’impegno comune tra istituzioni e terzo settore»

L’appartamento per quattro è già pronto, a pochi passi dalla sede della Caritas cremonese. «A dire la verità – spiega il direttore don Antonio Pezzetti – avevamo dato la disponibilità ad accogliere i beneficiari del corridoio umanitario dal 2017, ma per fortuna l’adesione di associazioni, famiglie e parrocchie in Italia ai progetti di accoglienza è superiore al numero degli arrivi. Così abbiamo aspettato fino ad oggi».

La cosa più difficile è farli partire aggirando la rete dei trafficanti. Una volta in Italia troveranno gli ingranaggi dell’accoglienza perfettamente oliati: «In questo caso – specifica il sacerdote – si tratta di persone che già sanno di avere diritto alla protezione internazionale per cui l’iter burocratico sarà agevolato».

Qualcuno di loro andrà in cerca di parenti in altre zone d’Europa, tutti avranno però la possibilità di integrarsi qui. «Il modello dei corridoi umanitari andrebbe potenziato – riflette don Pezzetti –. Per ora i numeri sono ancora ridotti, ma è segno importante dei risultati che si possono ottenere grazie all’impegno comune tra Stato e terzo settore». Nel contrasto al traffico di esseri umani, ma anche nel coinvolgimento delle comunità nei sistemi di accoglienza sul territorio: «È bello vedere come il mondo del volontariato, le famiglie e le realtà ecclesiali possono, insieme alle istituzioni, mettere in campo iniziative concrete ed efficaci».

 




Da Sant’Abbondio i volontari “tutor” per l’integrazione

Il gruppo missionario della parrocchia di Sant’Abbondio non arriva impreparato: con l’Eritrea c’è un rapporto particolare per via di un progetto di adozione a distanza cui aderiscono alcune famiglie della comunità; quanto al sistema dei corridoi umanitari il percorso di sensibilizzazione è già avviato. Lo scorso maggio il progetto era stato presentato in parrocchia in un incontro con un rifugiato siriano arrivato in aereo in Italia e accolto in territorio mantovano. «Per questo quando la Caritas ci ha chiesto di collaborare per l’accompagnamento delle quattro persone in arrivo dall’Etiopia, abbiamo accettato volentieri».

Il servizio dal Giorno del Signore

 

A raccontare l’origine e le ragioni di una scelta comunitaria è Daniela Negri, insegnante in pensione, responsabile del gruppo missionario. «Il nostro compito – spiega – sarà quello di sollecitare l’intera comunità ad attivare un percorso di accoglienza. Noi direttamente ci occuperemo di inserire i richiedenti asilo in percorsi di apprendimento linguistico, assistenza medica e mediazione culturale». Il ruolo dei tutor è quello di facilitatori per l’integrazione, con il compito di coinvolgere la comunità sul territorio in questo modello di accoglienza regolare e sicura: «Creeremo occasioni di informazione e conoscenza perché sempre più si parli di migrazioni non per cifre statistiche, ma attraverso l’incontro di storie personali». Coinvolgendo anche gli altri organismi e i gruppi parrocchiali: «Non abbiamo la pretesa di ergerci a modello, ma siamo convinti – riflette Daniela Negri – dell’urgenza di comunicare oggi nel nostro paese il valore di gesti di accoglienza. Non è buonismo o ingenuità, ma il modo di esprimere anche la nostra fede». Mettendosi in gioco: «Certo, c’è qualche preoccupazione di fronte ad un compito nuovo per noi, ma cercheremo di rispondere al meglio alle esigenze di vita queste persone».




Corridoi umanitari: arrivati a Fiumicino gli ultimi profughi dall’Etiopia. In quattro attesi Cremona

Sono arrivati stamattina a Fiumicino gli ultimi 85 profughi del corridoio umanitario dall’Etiopia promosso dalla Chiesa italiana. Caritas italiana e Comunità di Sant’Egidio si stanno occupando dell’accoglienza.”Sosteniamo i corridoi umanitari per ingressi legali e sicuri”, scrive Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana, su Twitter. (Agensir)

Nel gruppo anche quattro persone di nazionalità eritrea che saranno accolte dalla Caritas cremonese. (leggi di più)




Terzo anniversario della ordinazione episcopale del vescovo Antonio

Mercoledì 30 gennaio ricorre il terzo anniversario dell’ordinazione episcopale di mons. Antonio Napolioni e del suo ingresso in Diocesi di Cremona. Una ricorrenza preziosa occasione per la diocesi per stringersi attorno al proprio Pastore con l’affetto e la preghiera Un augurio speciale, a nome di tutta la Chiesa cremonese arriva dal vicario generale don massimo Calvi.

Il 30 gennaio di tre anni fa la nostra diocesi era in festa per l’accoglienza e l’ordinazione episcopale del Vescovo Antonio. Nel giorno anniversario volentieri mi faccio interprete dei presbiteri e dei fedeli tutti della diocesi nell’esprimere al Vescovo Antonio un fraterno e cordiale augurio, accompagnato da una fervida preghiera perché il Signore Gesù, Pastore dei pastori, per mezzo del suo santo Spirito, sostenga e guidi l’intera compagine cremonese in un cammino sempre più autentico di comunione ecclesiale di gioiosa condivisione.

Che il Signore, nella sua infinità bontà, benedica oggi e sempre il Vescovo Antonio e la nostra Chiesa Cremonese.

Don Massimo Calvi – Vicario Generale

 

 

Dall’annuncio della nomina all’ingresso in Diocesi




Genitori al tempo di internet, serata social a Rivolta d’Adda

“Noi genitori al tempo di Internet. Cose da sapere per far vivere la tecnologia ai nostri figli come un’opportunità di crescita e non come un’esperienza che può ostacolare il ben-essere personale”: è questo il tema che animerà una serata speciale in programma a Rivolta d’Adda (CR) il prossimo 1° febbraio 2019 alle ore 21 presso la Sala “Oriana Fallaci” (in via Galilei 1).

Promossa dall’Oratorio “Sant’Alberto Quadrelli”, con il patrocinio del Comune di Rivolta d’Adda, in collaborazione con l’Istituto delle Suore del SS. Sacramento, l’iniziativa vuole proporre alla di genitori, educatori e operatori pastorali il tema dell’uso consapevole dei dispositivi digitali e di come la tecnologia debba essere considerata una grande opportunità e non come un’esperienza che può ostacolare il benessere personale.

Il tema dell’incontro – coordinato da don Luca Bosio, curato e direttore dell’Oratorio – prende lo spunto dal titolo del recente libro di Roberto Alborghetti, giornalista, autore appunto di “Social o Dis-social?”, pubblicato da Funtasy Editrice. Non nuovo a testi che riguardano il rapporto tra le nuove generazioni e l’uso responsabile degli strumenti informatici, l’autore sarà a Rivolta d’Adda – per la Settimana dell’educazione promossa dall’Oratorio – nel contesto di un lungo giro presso scuole, enti ed istituzioni di tutta Italia, dove sta incontrando studenti, famiglie ed educatori, ai quali sono offerte analisi e riflessioni sulle problematiche dell’uso, od abuso, dei dispositivi digitali.

Anche nella serata del 1° febbraio a Rivolta d’Adda, spunti e “provocazioni” saranno offerti dalle pagine del libro, che si propone come una coinvolgente guida per accompagnare gli “under 14″(e non solo) nella navigazione dell’web. Prefato dal prof. Mario Morcellini (commissario nazionale Agcom), illustrato graficamente da Eleonora Moretti e stampato con il carattere Easy Reading – che facilità la leggibilità nei soggetti che vivono forme di dislessia, fenomeno che studi e ricerche collegano anche alla fruizione incontrollata del digitale già dalla tenera età – “Social o dis-social” risponde in modo concreto ed accattivante all’esigenza di informazione e formazione sulle tematiche dell’uso della tecnologia digitale.

Infatti, si leva insistente da molti genitori il grido d’allarme che riguarda i figli eternamente iper connessi sugli schermi di smartphone, tablet e play station, preda di chat e videogiochi che rubano sempre più tempi e spazi. Un’attrazione fatale che, appunto, comincia dai primi anni di vita e si consolida col passare degli anni, sino a diventare una vera dipendenza.

Numerosi sono ormai i moniti provenienti dal campo medico, scientifico e pedagogico. Crescono con la voracità esponenziale del tempo trascorso sui social. Anche Tim Cook, il gran capo di Apple, e Tim Berners Lee, “padre fondatore” della Rete, parlano di overdose da connessione. Vi è dunque la necessità di fornire ai più giovani, e ai genitori, elementi e strumenti di lettura della realtà per capire se il web ci stia effettivamente rendendo più “dis-social” che “social”. Come appunto suggerisce il titolo del libro, al centro dell’incontro-dibattito di Rivolta d’Adda.

Per informazioni: Oratorio “S.Alberto Quadrelli”, Piazza Gaetano Ferri 8, Rivolta D’Adda (CR), tel: 0363 78076.

Scarica qui la locandina




«La Caritas da sempre aiuta gli ultimi, senza chiedere la nazionalità»

«Noi non chiediamo la nazionalità, l’origine o la religione: cerchiamo di rispondere ai bisogni di tutti quelli che si rivolgono a noi». Si apre così l’intervista rilasciata da don Antonio Pezzetti, direttore della Caritas diocesana, al quotidiano locale “La Provincia”. «Non ci sono posti per stranieri e posti per italiani. E nemmeno precedenze: noi, da sempre, aiutiamo gli ultimi».

Interpellato dal quotidiano a seguito di recenti polemiche legate ai temi dell’immigrazione, don Antonio ribadisce con decisione e serenità la “mission” della Caritas diocesana, in tutte le forme in cui si esprime sul territorio: dalla casa dell’accoglienza ai centri di ascolto alla casa per i malati di Aids… «Pratichiamo l’accoglienza per dire a tutti che l’accoglienza è un valore – spiega – La povertà esisteva prima che l’Italia diventasse una terra di immigrazione. E la Caritas c’era. Noi, come cristiani, vediamo il Signore nel povero e aiutarlo è parte del nostro vivere il Vangelo».

Una riflessione che si attua quotidianamente senza distinzioni di passaporto. Il sacerdote ricorda che il 40% delle persone che si rivolgono al centro di ascolto della Caritas si sono italiani in difficoltà: «Anche se – osserva – gli italiani hanno spesso una rete di relazioni che li protegge che gli stranieri non hanno».

«Noi – dice ancora nel corso dell’intervista il direttore della Caritas – incontriamo persone, uomini e donne che sul territorio sono in difficoltà». Tra questi anche i richiedenti asilo che perderanno il diritto alla protezione internazionale secondo la nuova legge introdotta dal decreto sicurezza, che le Caritas lombarde hanno deciso di non lasciare sulla strada, pur perdendo il diritto al contributo economico statale. Dunque anche la struttura di via Sant’Antonio del Fuoco a Cremona continuerà ad offrire accoglienza a proprie spese a circa 150 persone escluse dal sistema di accoglienza: «E’ utile a tutti – aggiunge don Antonio – che noi continuiamo ad offrire ospitalità a chi altrimenti finirebbe in mezzo alla strada, costretto a vivere di espedienti o di piccola criminalità».

 




Il silenzio della Gmg, festa della speranza

«Durante l’adorazione di sabato o la consacrazione di domenica durante la Messa si sentiva il rumore del vento e di qualche sirena di ambulanze o polizia… Eravamo 700mila circa». C’è una ricerca profonda di raccoglimento, di spiritualità nel cuore della Giornata Mondiale della Gioventù. Ed è quel silenzio che attraversa e sostiene la grande festa dei giovani fatta di colori e voci. Chi c’era – anche a Panama – lo ha sentito.

Ed è questa l’immagine della Gmg che riporta al suo ritorno in diocesi, a Pomponesco, Silvia Scaroni. Racconta il caldo e le lunghe camminate, la fatica ma anche le continue occasioni di incontro, dentro il gruppo dei giovani delle diocesi lombarde e nelle strade e nelle piazze del paese sudamericano che ha accolto il popolo della Gmg. «Come sempre – riflette – colpisce come popoli diversi, culture diverse e lingue diverse si incontrino a parlarne solo una, dove tutti sono pronti a fare festa ma anche a fare un silenzio che fa rabbrividire nei momenti fondamentali».

E poi c’è il papa, Francesco che ha abbracciato i giovani con il suo affetto paterno e con le sue parole cariche di speranza: «Nei suoi discorsi – spiega Silvia –  ti coinvolge con domande che sembrano quasi un giochino, ma in realtà fanno riflettere perché interpellano proprio la tua vita. È molto bello sentirsi dire che si è amati lo stesso anche se si è deboli. E che i giovani – come ha detto il Papa – non sono il domani, ma sono l’adesso della Chiesa e del mondo».

Uno sguardo di fiducia che sulle ali dell’entusiasmo, attraverso i piedi e gli occhi dei giovani abbraccia tutto il mondo.