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Apertura dell’anno pastorale: «Il dono e la responsabilità di fare comunità oggi» (VIDEO e FOTO)

«Cosa significa fare comunità oggi?». Con questa domanda cruciale la teologa cremonese Isabella Guanzini, ha iniziato ieri l’intervento che ha introdotto il Convegno diocesano di apertura dell’anno pastorale. Nella sua riflessione la studiosa, docente di Teologia fondamentale all’Università di Graz (Austria), autrice di libri di successo come il saggio “Tenerezza. La rivoluzione del potere gentile”, ha approfondito il tema proposto da Vescovo Napolioni, tratto da un passaggio del “discorso comunitario” (Matteo 18): «Dove sono due o tre…».

Il video integrale della relazione della prof. Guanzini

 

«La comunità come dono e come compito – ha spiegato Isabella Guanzini -, ecco il tema di oggi». Un tema sviluppato nella ricerca della risorsa che la comunità cristiana può rappresentare per la società di oggi. «Il mio punto di partenza – ha aggiunto – è la considerazione del Cristianesimo come qualcosa che non è proprietà di nessuno, ma che è a disposizione di tutti».

Con questa prospettiva la comunità diventa il luogo e la forma in cui l’esperienza cristiana può farsi significativa nel tempo della digitalizzazione, della performance e della frenesia del fare, se conduce «a un’esperienza di riconciliazione con se stessi e con gli altri».

Così mentre – ha proseguito nella sua riflessione la teologa cremonese – «la risorsa insostituibile delle Chiese è in primo luogo quella di aprire in continuazione la domanda sul senso, sul significato ultimo della nostra esistenza», la comunità è chiamata a «farsi carico dell’orientamento della società senza trasformarsi in un’agenzia moralistica di mera imposizione del tempo».

«Ecco allora una responsabilità e un compito per la comunità che viene – ha sottolineato in un altro passaggio significativo –

essere fonte di esperienze capaci di risvegliare una sensibilità per il senso, anche attraverso l’intensità di legami umani reali che nascono e crescono intorno a una tavola, attraverso conversazioni fra amici o nella lettura comune della Parola».

Legami e relazioni che aprono alla relazione con l’altro e dunque alla vocazione universale della Chiesa, chiamata alla sfida di trovare e custodire un equilibrio «tra i suoi carismi interni, la sequela del Vangelo che nel’identità, e lo spazio pubblico».

«La comunità cristiana – ha aggiunto – resterà una risorsa se sarà capace di offrire qualcosa di comprensibile a tutti».

Per questo l’invito di Isabella Guanzini è quello a non guardare “l’esterno” come a qualcosa da cui difendersi o contro cui avviare una «guerra culturale», ma a opporre una «resistenza nei confronti di chi tende a fare dell’annuncio di salvezza per tutti, qualcosa di proprio, persino da usare contro gli altri».

Da qui verso la conclusione in cui la teologa propone una vera e propria «apologia della differenza», come elemento costitutivo della comunità che trova la sua «risorsa imperdibile oggi nell’accoglienza dell’altro».

«Grazie a questa fondamentale apertura – ha concluso – la comunità cristiana può essere una grande risorsa: perché diviene lo spazio in cui cala ogni maschera – questo è il momento assoluto della croce – e, nell’accoglienza reciproca, per quello che si è, la vita può risuonare ogni volta nella sua sovrabbondanza».

Il testo completo della relazione di Isabella Guanzini (.pdf)

 

Gruppi di lavoro

Dopo la relazione di Isabella Guanzini, il pomeriggio del convegno pastorale diocesano è proseguito con la suddivisione dei partecipanti in quattro laboratori di gruppo caratterizzati da alcune testimonianze significative rispetto al fare comunità. Il primo gruppo, affidato all’area «In ascolto dei giovani», ha riflettuto sul tema del rapporto tra diverse generazioni. Ad aprire il laboratorio le testimonianze di don Franco Sudati, parroco di Calvenzano, ed Emanuele Bergami, educatore professionale impegnato nell’oratorio, che si sono confrontati sulla relazione con il mondo giovanile, portando esempi concreti. Dopo gli interventi è stato il responsabile dell’area don Paolo Arienti a porre le domande che hanno provocato il dibattito.
Suor Luisa Ciceri delle Adoratrici di Rivolta d’Adda e Gabriele Panena hanno animato invece la proposta del gruppo dell’area «Comunità educante famiglia di famiglie» coordinata da don Enrico Trevisi, sul significato di fare comunità «tra diverse vocazioni e ministeri». «Facciamo esperienza di comunione – osserva suor Luisa – partendo dalla dignità di figli che ci accomuna tutti e che si esprime nella vocazione di ciascuno: i sacerdoti che offrono la vita, i laici che testimoniano la presenza del Signore nella quotidianità, i consacrati che indicano con la loro vita l’oltre che dà significato a tutto». Un «noi», ha sottolineato anche Giusy Biaggi della Cooperativa Nazareth, relatrice nel gruppo affidato all’area pastorale «Nel mondo con lo stile del servizio», che si è confrontata sul rapporto «tra Chiesa e società, nel territorio». L’operatrice ha riflettuto sull’esperienza dell’impegno civico attraverso alcuni passaggi chiave: «L’accorgersi dei bisogni, il farsene carico attraverso azioni concrete da ricercare come una comunità che risponde in senso civico, laicale, raccogliendo anche le vocazioni personali». Nel laboratorio sul fare comunità «tra diverse parrocchie e gruppi» l’intervento del vescovo Napolioni che ha portato la propria testimonianza.

Dopo i lavori di gruppo la conclusione della giornata di convegno diocesano con la preghiera dei Vespri nella chiesa del Seminario. Domenica 22 settembre, il pellegrinaggio diocesano al Santuario di Caravaggio. La locandina del pellegrinaggio

 

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