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Vocazione… e dopo?

Uno sguardo ad un possibile futuro, nel caso rispondessi “sì”.

Nel caso tu risponda di sì a ciò che sembra essere una chiamata di Dio, accettando di verificarla con una persona competente, ammettendo di fare un balzo avanti nel tempo, che cosa ti aspetterebbe?

Innanzitutto, un tempo prezioso di speciale vicinanza con Dio e con altre persone accomunate dalla stessa attrattiva, si tratti di un seminario (per i maschi), oppure di un istituto religioso (per le ragazze). Durante questo periodo non ti sarà richiesto tanto di fare, quanto, piuttosto, di approfondire un’amicizia con il Signore, pregandolo, conoscendolo (anche attraverso lo studio) e condividendo la vita quotidiani con altri la cui vicinanza può far bene alla tua persona, aggiungendole molte dimensioni che ancora non possiede. Questa fase dura alcuni anni, che, contrariamente a quanto si penserebbe, scorrono via come un battito di ciglia, essendo molto densi ed arricchenti in termini di spiritualità, riflessione ed anche esperienze (di vita comunitaria e pastorali).

Poi, anche se può sembrare prematuro parlarne ora (ma esigenze di onestà lo rendono necessario) sempre ipotizzando che si giunga ad una consacrazione a Dio (sacerdote per gli uomini, religiosa per le ragazze, tanto per capirci), ecco un breve ritratto di ciò che la vita presenterà, senza omissioni o reticenze:

  1. Una missione con le motivazioni più solide e alte che si possano immaginare.
  2. Il compito di annunciare il Vangelo di Gesù e, al tempo stesso, edificare e facilitare l’incontro con il regno di Dio, la Chiesa, che, quasi sempre, assume i connotati della parrocchia (o, nel caso della cura dei più giovani, l’oratorio)
  3. La necessità di alimentare continuamente la propria fede con una preghiera quotidiana, quantitativamente e qualitativamente sufficiente a nutrire l’anima e irrobustire le motivazioni. Senza questa preghiera la vocazione, inevitabilmente, finirà per guastarsi e, infine, spegnersi.
  4. L’opportunità / onere di avere a che fare con una enorme quantità di persone, ognuna con la sua mentalità, con le sue ricchezze che sono da valorizzare, ma anche con gli errori da correggere.
  5. Il contatto con persone che daranno sinceramente il proprio contributo per Dio e la Chiesa, insieme ad altri che proveranno a strumentalizzare l’uno e l’altra per fini personali, con l’esigenza di distinguere il più presto e chiaramente possibile gli uni dagli altri.
  6. La sensazione, a volte, di sentirsi dei re, perché depositari della ricchezza (spirituale) più grande che ci sia e, altre, dei mendicanti, in quanto ci si sente (anche se, di fatto, non lo si è) soli a difendere certi valori, o, talvolta, anche il semplice buon senso. In realtà, siamo semplicemente “incaricati” (ed è una fortuna enorme avere questa missione) da Dio, con una missione a cui restare fedeli ed una protezione sempre garantita. Siamo, in questo senso, veramente privilegiati, anche se non più meritevoli di altri.
  7. La consapevolezza che, per quanto già su questa terra si riceva il centuplo di quanto si è dato, la vera ricompensa è pur sempre nei Cieli, per cui non si può pretendere un perfetto bilanciamento, su questa terra, tra lo sforzo profuso e i frutti raccolti.
  8. La necessità di non ricercare, primariamente, una comodità o una realizzazione, tenendo invece come focus primario la gloria di Dio ed il bene della Chiesa. Se così è, la realizzazione verrà, ma come effetto secondario, non come obiettivo perseguito direttamente.
  9. L’esigenza di tener presente che la vita pastorale attiva (soprattutto per i maschi nel caso del sacerdote diocesano, in una parrocchia o un oratorio, per intenderci) è la prospettiva primaria a cui prepararsi e per cui attrezzarsi. Il fatto di temerla è un motivo in più per abbracciarla. Qualunque altro incarico venga affidato non potrà mai essere una fuga da questa dimensione, che è quella costitutiva della vocazione diocesana. E’ impegnativa, ma fa un gran bene, irrobustisce sempre (anche attraverso qualche inevitabile frustrazione) quando è vissuta con fede e con la preghiera. Scansarla volontariamente porta solo ad indebolirsi e a cadere vittima dei propri personali timori. Accettarla con fede significa lasciarsi purificare da essa e diventare più forti, spiritualmente e umanamente.
  10. Accettare un futuro non programmabile a priori, ma certamente garantito dall’accompagnamento costante di Dio. Se chiama qualcuno alla vita consacrata, è da escludere che poi lo abbandoni a se stesso.