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Il direttore di Avvenire: «Per disinnescare le guerre occorre che ognuno si prenda la sua parte di responsabilità»

Un accorato appello a testimoniare contro i conflitti (e se ne contano 169) che feriscono il pianeta e segnano il nostro tempo in maniera drammatica è arrivato dalle parole del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che ha aperto nel tardo pomeriggio di venerdì, al Centro pastorale diocesano di Cremona, il percorso “Insieme, sulla strada della Pace”. Si tratta del primo di una serie di appuntamenti pensati dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e il lavoro per richiamare l’attenzione su questo tema e valorizzare sul territorio la 56ª Giornata mondiale per la pace, che si celebrerà il prossimo primo gennaio. Una serie di eventi voluti da tante realtà tra cui associazioni e gruppi, come le Acli, l’Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Pax Christi, la Tavola della pace di Cremona e quella dell’Oglio Po.

«Per disinnescare le guerre occorre che ognuno si prenda la sua parte di responsabilità chiedendo conto a quelli che hanno il potere di incidere e scegliendo ogni giorno da che parte stare, dicendolo, facendolo palese». Affermazioni accompagnate da passione, quelle di Tarquinio, soprattutto perché dietro a quelle parole c’è una ricchezza di informazioni e dati che mettono a nudo una conflittualità le cui dinamiche spesso restano dietro le quinte del flusso di informazioni che travolge ciascuno.

E se ne è accorta la platea in sala, dove sedeva anche il vescovo Antonio Napolioni, fatta di laici e sacerdoti impegnati nei vari movimenti e associazioni per la pace, fatta dai rappresentanti delle autorità cittadine, ma anche, grazie alla trasmissione in diretta in altri tre punti della diocesi, dalle comunità del Milanese a Cassano d’Adda, della Bergamasca a Covo e del Casalasco-Mantovano a Casalmaggiore.

L’incontro si è aperto con l’introduzione di Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e il lavoro, che ha esplicitato la scelta del nome del percorso. «Insieme, – ha detto – perché null’altra cosa come la pace ha bisogno di tutti. E strada, perché non possiamo restare chiusi nelle nostre chiese». Per il titolo della relazione di Tarquinio «Sorella Pace – Sovvertiamo la guerra: Adesso!» si è preso spunto da un editoriale del 26 febbraio scorso di Avvenire.

Parole che il direttore del quarto quotidiano più letto in Italia ha ribadito con forza: «Occorre una sovversione radicale della logica secondo cui ci sia qualcuno che vince le guerre». Perché la speranza del cambiamento non può che nascere da un completo rovesciamento della logica imperante. «Avete mai visto una guerra che finisce?», ha detto rivolgendosi in maniera provocatoria verso chi lo ascoltava. I conflitti crescono, si accendono, ma non finiscono mai, le loro conseguenze sono disastrose. I Paesi citati sono stati tanti, dal Congo, dove si fronteggiano cinque eserciti ed in gioco c’è il coltan (materiale indispensabile per la costruzione dei cellulari), alla Siria, dove si potrebbero aprire a breve spiragli di pace, o lo Yemen, dove il silenzio delle cronache non restituisce il disastro umanitario in corso da anni, dall’Iraq alla Corea. Per arrivare all’Europa, al conflitto in corso tra Russia e Ucraina, scoppiato di fatto già otto anni fa. Uno scontro «a cui ci stiamo pericolosamente abituando», che slitta dalle prime alle ultime pagine dei giornali, che però «ha turbato i 2/3 degli italiani» e per il quale sono scesi in piazza tanti connazionali e sta lavorando incessantemente la diplomazia (in primis quella vaticana). Una guerra alle nostre porte che «ci riprecipita come europei agli anni 1910/20». Gli ingredienti paiono gli stessi: la crisi economica, una pandemia, un conflitto sul territorio europeo già in corso. Condizioni che devono allarmare, far aprire gli occhi su un’economia che fa crescere gli investimenti più nelle spese militari che nell’istruzione, un’economia che dimentica il concetto cristiano di «giustizia sociale», che non si commuove nemmeno davanti a 169 conflitti e non versa lacrime, come invece il Papa davanti alla Vergine.

Ma una parola e una testimonianza di speranza si può e si deve dire con «veglie, manifestazioni, preghiere, digiuni e cortei», ribadisce Tarquinio. I cittadini responsabili chiedono la pace. E, «nonostante tante parole armate che circolano», molti si informano e danno testimonianza di pace, creando una rete di solidarietà e fratellanza tra i popoli.

 

Il video integrale dell’incontro

 

 

“Sorella Pace. Sovvertiamo la guerra: Adesso!”: il 9 dicembre a Cremona incontro con il direttore di Avvenire e adorazione per la pace in Cattedrale




Sinodo, per avviare uno nuovo stile di essere Chiesa

Una Chiesa rivolta verso l’uomo e a servizio del suo vero bene. È questo l’orizzonte di senso in cui si pone l’esperienza del sinodo della Chiesa universale secondo Diana Afman Alquati e Walter Cipolleschi, referenti del cammino sinodale per la Diocesi di Cremona. Ospiti della nuova puntata di Chiesa di casa, il talk di approfondimento pastorale da giovedì disponibile sui canali web diocesani, entrambi hanno sottolineato come quella del Sinodo sia una dinamica fondamentale per la vita della comunità: esprime il desiderio di «comprendere che cosa lo Spirito chieda a noi cristiani — ha spiegato Cipolleschi — senza esprimere la necessità di un risultato finale che sia quantificabile o valutabile».

Il cammino sinodale si pone, quindi, come occasione di confronto tra tutti i membri della comunità cristiana per crescere nella comunione. «Si percepisce una vera universalità – ha raccontato Diana Afman Alquati – perché recandoci a Roma abbiamo avuto modo di confrontarci con persone di altre parrocchie e diocesi».

La Chiesa italiana, infatti, sta affrontando un percorso comune fatto di diverse tappe. «Ci troviamo ora nella prima fase, quella narrativa – ha riportato Cipolleschi – che si svilupperà anche nel prossimo anno e sarà interamente dedicata all’ascolto. Ad essa farà seguito la fase sapienziale, in cui si rifletterà alla luce della Parola di Dio su ciò che è emerso in questi due anni. L’obiettivo è poi quello di arrivare alla fase profetica: l’ultima, con uno sguardo rivolto al futuro in vista di scelte condivise».

Il cammino, tuttavia, non è fatto di tappe forzate, ma prevede in questa prima fase, di raccogliere in sintesi i contributi di tutti. Il primo documento ha raccolto quanto emerso dalle parrocchie e realtà ecclesiali della diocesi che hanno avviato “spazi” di ascolto. Ed è proprio il legame con la diocesi a essere fondamentale, secondo Diana Afman Alquati: «L’indicazione era quella di parlare con i parrocchiani per comprendere che cosa vedessero e si aspettassero dalla Chiesa. Devo dire che molte comunità si sono buttate con entusiasmo per rispondere alle nostre richieste, talvolta andando oltre e portando contributi estremamente preziosi».

Nella diocesi di Cremona, tra il 2021 e il 2022, sono stati interpellati i Consigli pastorali parrocchiali con il desiderio di raccogliere spunti e sollecitazioni da parte di tutte le realtà che fanno parte delle comunità. La tappa successiva, che ha preso il via nelle scorse settimane con la consegna, da parte della Diocesi, di un sussidio preparato per i Consigli Pastorali Parrocchiali. Un vero e proprio invito, rivolto alla Chiesa locale, ad allargare lo sguardo oltre la parrocchia, per entrare in dialogo con quei mondi, ambienti di vita, nei quali i cristiani vivono accanto ai loro fratelli impegnati a testimoniare il Vangelo per il bene di tutti.

Il livello diocesano, dunque, è il punto di partenza di una riflessione molto più ampia, che si arricchisce sempre più con il contributo delle Chiese sorelle per raggiungere i diversi continenti. «È significativo il fatto che, insieme a Diana, abbiamo partecipato a un incontro in cui ci è stata data la possibilità di ascoltare le esperienze dei referenti di altre Chiese sorelle, non semplicemente italiane».

Un cammino così scandito e coinvolgente, come quello sinodale, si espone, però, al rischio di deludere quelle aspettative e attese che i fedeli hanno manifestato quando sono stati coinvolti. Un pericolo messo in evidenza dalla domanda di Davide Valesi, giovane della diocesi di Cremona che, nel 2017, aveva partecipato al Sinodo diocesano dei giovani: «Al termine di ogni esperienza sinodale vengono prodotti dei documenti. Ma poi, alla comunità, che cosa resta di tutto questo?». ​​​​​​​Alla domanda volutamente provocatoria del giovane, i referenti diocesani hanno risposto in modo chiaro: «Papa Francesco ci chiede di fare una riflessione su come la Chiesa debba camminare oggi sulle strade del mondo — ha commentato Cipolleschi — senza porre alcun termine o una data di scadenza». Alle sue parole hanno fatto eco quelle di Diana Afman Alquati, che ha ricordato come «all’interno del percorso del Sinodo si tiene conto di ogni riflessione, sfruttandola come occasione di stimolo per proseguire un cammino condiviso».

Il sinodo, come ha più volte ricordato il Papa, non dovrà esaurirsi in un evento tra i tanti, né mirare a produrre un nuovo documento, ma avviare uno stile nuovo di essere Chiesa, più impegnata a vivere la comunione a realizzare una vera partecipazione tra tutti i suoi membri e più gioiosamente protesa alla missione. Un cammino che chiederà tempi lunghi, ma anche, sotto la guida dello Spirito scelte concrete e coraggiose.




Il Vescovo per l’Immacolata: «Come Maria lasciamoci stupire dall’irruzione generosa e onnipotente di Dio nella nostra vita»

«Se non ci fossimo già messi in un momento di attesa, di vigilanza, di accoglienza docile, di Colui che viene, la piccola Maria, la bellissima Maria, la Madre della Chiesa, ci viene offerta nel dogma dell’Immacolata Concezione. E noi contempliamo la fantasia di Dio, che non può fare a meno di amarci, di porre un nuovo inizio decisivo per la salvezza del mondo, per il compimento del Suo disegno di santità su tutto ciò che Egli ha creato, in particolare sull’umanità con cui Egli dialoga nella storia. Mettiamoci alla scuola di Maria: non solo la ammiriamo, ma la accogliamo come sorgente di grazia e verità». Si è aperta con queste parole del vescovo Antonio Napolioni la Messa della solennità dell’Immacolata Concezione celebrata la mattina di giovedì 8 dicembre in Cattedrale.

«Abbiamo bisogno di turbarci un po’ anche noi perché non vorrei che l’abitudine non ci permetta di stupirci – ha detto Napolioni citando il Vangelo dell’Annunciazione –. L’insegnamento della Chiesa, il catechismo, prova a spiegare cosa sia la grazia, ma credo che sia molto di più di ciò che noi riusciamo a sintetizzare in poche battute. Non è semplicemente gentilezza: Maria è piena di grazia perché in lei si riversa la potenza dell’Altissimo».

Come Maria, anche ogni uomo è candidato per «fare il pieno di grazia». Da ciò arriva il monito del vescovo: «Cerchiamo il Signore per attingere a questa fonte». Perché nessuno nasce senza alcun difetto e per diventare concreti operatori di pace – come suggerisce mons. Napolioni – bisogna essere riempiti di questa grazia di Dio.

«Il Natale non viene per uno scherzo del calendario, ma viene per un bisogno dello spirito, perché abbiamo bisogno che Gesù rinasca in noi, facendo in noi il pieno di questa grazia». Un pieno che però non è infinito, che si esaurisce durante il percorso, come ha spiegato il vescovo attraverso il parallelismo con il serbatoio dell’automobile: «Ecco perché possiamo farlo ancora e ancora. Io non sarei qui se non avessi avuto la Messa tutti i giorni; è la Sua fedeltà nei miei confronti, non la mia, che è piccola e fragile. Riconoscere che Lui mi si dona tutti i giorni, mi dà pace, mi dà sicurezza, mi porta a ringraziare: la grazia ricevuta diventa atteggiamento, sguardo sulla realtà, gratitudine, fiducia, gioia e pace, quello che Maria canterà nel Magnificat dopo aver accettato il suo turbamento». «Come Maria, che pur essendo stata concepita senza peccato non è esonerata dal suo “sì” alla chiamata di Dio, allora anche noi saremo capaci di ricevere questo dono e di metterlo a frutto – ha concluso –, non se partiremo dai nostri piccoli bilanci, ma se ci lasceremo stupire dall’irruzione generosa e onnipotente di Dio nella nostra vita».

Il canto del Magnificat, simbolo del coraggio e della devozione di Maria, segno caratteristico della celebrazione dell’Immacolata Concezione, ha accompagnato i fedeli durante la distribuzione dell’Eucaristia.

La Messa, concelebrata dai canonici del Capitolo della Cattedrale, è stata servita all’altare dagli studenti di Teologia del Seminario diocesano.




Santa Barbara, in Cattedrale festa dei Vigili del fuoco con il Vescovo

 

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Il 4 dicembre ricorre la memoria liturgica di santa Barbara, martire cristiana che rappresenta la capacità di affrontare il pericolo con fede, coraggio e serenità anche quando non c’è alcuna via di scampo. Per questo motivo è stata scelta come patrona dei Vigili del Fuoco, che nella mattinata di domenica 4 dicembre anche a Cremona l’hanno festeggiata con la Messa presieduta alla 11 in Cattedrale dal vescovo Antonio Napolioni.

Per l’occasione i mezzi dei Vigili del fuoco sono stati portati in piazza del Comune: anfibi, camionette e fuoristrada che esibivano la livrea rossa del corpo nazionale. Mentre la Cattedrale accoglieva gli operatori in servizio e quelli già in congedo per la celebrazione della Messa.

Presenti nelle prime le massime autorità militari del territorio, con il prefetto Corrado Conforto Galli, il questore Michele Davide Sinigaglia, il comandante provinciale dei Carabinieri Giuliano Gerbo e il comandante provinciale della Guardia di finanza Massimo Dell’Anna. Presente il presidente della Provincia Paolo Mirko Signoroni, insieme alle altre rappresentanze istituzionali del territorio.

All’inizio della celebrazione il vescovo Napolioni, dando il benvenuto ai Vigili del fuoco con il comandante provinciale Antonio Pugliano, ha voluto evidenziare che «tutto porte nell’Eucaristia domenicale, oggi in particolare portiamo la gratitudine e la preghiera per l’impegno generoso quotidiano, essenziale dei Vigili del fuoco che onora la patrona Santa Barbara. Grazie per tutto quello che siete, per tutto quello che fate».

Durante l’omelia il Vescovo. ricordando che il Messia annunciato dal Battista viene a battezzare con Spirito Santo e fuoco, ha precisato che «questo fuoco non può essere un fuoco che distrugge, ma un fuoco che scalda, che dà vita, è il fuoco dell’amore, è il fuoco dello spirito, è il fuoco di una passione bella per la vita, che rende la vita infinita, più forte della morte». Aggiungendo poi che «la vigilanza operosa è il grande atteggiamento a cui ci chiama l’Avvento».
Uno spunto colto dal vescovo per ricordare l’imminente uscita del volume con cui TeleRadio Cremona Cittanova, con il coordinamento dell’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali e la collaborazione di alcune aziende del territorio, “ha raccolto le perle di Riflessi Magazine” il mensile diocesano che ogni mese propone storie e testimonianze dalla vita della comunità. 

Il Vescovo ha concluso ricordando che «le storie drammatiche delle nostre comunità riservano sempre la scoperta della dignità umana», sottolineando che «al di là dell’emotività, della paura, dell’entusiasmo, ascoltando tutto ciò che accade dentro e fuori di noi ci mette in cammino, ci mette al servizio, ci mette all’opera, con una vigilanza attiva quotidiana come si impara nella vita di famiglia, nella vita delle comunità reali che fanno la bellezza della nostra esistenza». «Ecco perché oggi preghiamo, – ha concluso il Vescovo – riceviamo l’incremento di questo sguardo, la sollecitudine del cuore, la gioia, lo stupore davanti ad un germoglio che in pieno inverno ci dice che il Signore della vita è sempre all’opera per noi».

Al termine della Messa la celebrazione è stata caratterizzata dalla preghiera del Vigile del fuoco. Ha quindi preso la parola il comandante del Vigili del fuoco, ing. Antonio Pugliano, che ha condiviso alcuni dati e analisi numeriche degli interventi di cui il Corpo si è reso protagonista nel corso dell’anno, rivolgendo una particolare attenzione anche «a chi non è più fra noi, giungano ai loro familiari i sentimenti di vicinanza e affetto di tutto il comando di Cremona». Concludendo con le parole: «Viva i Vigili del fuoco e viva Santa Barbara».

 

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Catechesi, un cammino da fare insieme

«Una catechesi sempre più compromessa con le persone che vi partecipano».

È questa la sintesi del progetto catechistico della diocesi di Cremona per il futuro. A presentarlo, durante la nuova puntata di “Chiesa di Casa” disponibile sui canali social diocesani (Facebook e Youtube), don Luigi Donati Fogliazza, responsabile responsabile dell’ufficio catechistico, e Federico Benna, educatore parrocchiale e membro dell’equipe diocesana di catechesi.

La nuova guida “Diventa quello che sei. Aggiorniamo l’iniziazione cristiana”, proposta dal vescovo alla diocesi, prevede alcuni cambiamenti all’interno dei cammini di iniziazione cristiana delle parrocchie. «Ci sarà un minor carico di incontri per i genitori, per alleggerire famiglie e comunità — ha spiegato Donati Fogliazza — aumentando però la frequenza degli incontri per bambini e ragazzi». Altre modifiche riguarderanno invece i momenti dei sacramenti, «che vorremmo uniformare a livello diocesano, con la Confessione in quarta elementare e, l’anno successivo, Cresima ed Eucaristia».

Il focus, però, non sarà solo sulla catechesi per bambini e ragazzi. «Quello a cui puntiamo è un cambiamento di postura nella relazione con le famiglie — ha chiarito Benna — che saremo chiamati ad affiancare con lo stile missionario della condivisione e dell’ascolto».

L’intento è quello di abitare sempre di più la realtà, «per questo puntiamo sul possibile: partiamo con tutto ciò che possiamo fare in questo momento, senza porci obiettivi irraggiungibili, ma con il desiderio di metterci in cammino», ha specificato don Luigi Donati Fogliazza. «Lavoriamo comunque per strutturare proposte di qualità — ha quindi aggiunto Benna — con incontri ben preparati e celebrazioni semplici attraverso cui si respiri aria di comunità».

Della realtà, d’altro canto, fanno parte anche alcune fatiche: numeri che vanno riducendosi e un certo affanno, in alcuni casi, a far seguito alle tante idee ed iniziative. Secondo Benna, però, quel che non manca è l’entusiasmo, che, «unito alla voglia di sperimentare e di osare, permette di provare a testimoniare i contenuti in maniera diversa».

Un cambiamento di linguaggio sembra infatti necessario soprattutto nel momento in cui si parla di adolescenti e giovani. Proprio su questa tematica si è focalizzata la domanda di Giovanni Gasparini, che, affacciandosi alla “finestra” della trasmissione, ha puntato l’attenzione sulle proposte rivolte ai gruppi della mistagogia.

«Ciò che dobbiamo tenere presente — secondo Donati Fogliazza — è che ci poniamo sempre sul versante della proposta, dunque non tutto dipende da noi. Quel che possiamo imparare a fare è sfruttare ogni occasione di incontro, non per vivere di espedienti, ma per tentare di costruire un cammino».

Le linee guida, esplicitate nella guida diocesana “Diventa quello che sei”, sembrano dunque chiare: la catechesi non si pone come obiettivo quello di insegnare qualcosa, ma di sperimentare insieme al prossimo.




Rosanna Virgili agli animatori del Giorno dell’Ascolto e ai membri dei consigli pastorali: «Nel sinodo per dare e prendere tutti la parola, questo è il nostro mandato»

Nella cornice delle quattro assemblee diocesane indette dal vescovo Antonio Napolioni per dare sostanza ai Cantieri di Betania, che sorreggono il cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa cremonese, si è tenuta, sabato 26 novembre, presso il Santuario vescovile di Cremona, la terza di queste assemblee, dedicata agli animatori del Giorno dell’Ascolto e ai membri dei consigli pastorali. Un’incontro costruito sul tema “Effatà – Per sviluppare il Giorno dell’Ascolto“, riprendendo così il gesto che il sacerdote compie durante il rito del Battesimo, a sua volta tratto dall’episodio della guarigione del sordomuto.

L’evento si è aperto con la preghiera e l’introduzione del vescovo, che ha ringraziato i presenti per la partecipazione a «un incontro nuovo». «L’incontro con qualcuno che, nelle proprie parrocchie, ha detto “vado io!”. Ed è un passo importante, soprattutto in un tempo come questo, in cui la Chiesa non fa un sinodo come gli altri, ma vuole capire quanto sia essa stessa sinodo, una Chiesa che è popolo con coscienza del percorso, dell’equipaggio, dei traguardi».

Ascolta l’introduzione del vescovo Napolioni

L’assemblea è stata guidata nella riflessione dalla relazione della teologa e biblista Rosanna Virgili, che ha così esordito: «La fede cristiana è una fede di sconfinamento, che chiede di andare verso lo straniero, verso lo sconosciuto». E proprio da qui si pongono le basi per l’ascolto. «Gesù è già una Chiesa, perché ha dei discepoli con Sé, degli uomini, delle donne, che Lo hanno ascoltato, accompagnato, seguito sin dalla Galilea».

Riprendendo proprio il passo del Vangelo di Marco che narra la guarigione del sordomuto, la teologa ha spiegato: «La persone sorda sviluppa una balbuzie o addirittura sordità. Le parole sono regali che ci sono stati fatti. E noi sappiamo quanto sia importante la parola nella Bibbia. La parola è l’atto creativo, la parola è legge». La parola è fondamentale per la vita di ognuno e «chi è sordomuto si immiserisce». E l’ascolto si genera nell’intimità, che «è un luogo in cui amare. Dove non c’è intimità non c’è fedeltà, non c’è vita, non c’è Vangelo».

Sono molteplici i racconti di guarigioni compiute da Gesù. Ne è un esempio, oltre a quella del sordomuto, la guarigione del lebbroso: «Gesù non ha avuto paura di toccare quest’uomo, non ha avuto paura del contagio», ha detto la Virgili. Ma il contagio non ha solo un’accezione negativa: ciascun uomo non deve avere paura di «contagiare con la vita!».

Rosanna Virgili ha poi sottolineato come l’ascolto non nasca un’assemblea in silenzio che ascolta una persona sola che parla, ma da un’assemblea partecipe, che faccia sentire la propria voce: «Facciamo sì che siamo tutti autorizzati a parlare». «Dobbiamo essere logopedisti l’uno dell’altro, amandoci e sapendoci ascoltare». Ha poi concluso: «Da sordi a udenti, da muti a parlanti. Nel sinodo per dare e prendere tutti la parola, questo è il nostro mandato».

 

Il video della riflessione della biblista Rosanna Virgili

 

Ascolta la riflessione della biblista Rosanna Virgili

 

L’incontro si è poi concluso con un lavoro a gruppi, moderato da don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il clero e il coordinamento pastorale, e dal vescovo Napolioni, in cui i presenti si sono riuniti offrendo spunti e proposte per rilanciare e perfezionare il progetto diocesano di approfondimento della Parola.




Tra social e cinema, la memoria in “prima persona”




Strumento perfetto dalle corde nascoste




Oltre il muro d’aria che ci divide




Don Graziano Ghisolfi: «La musica fa battere il cuore, crea unità»

«La musica fa battere il cuore, crea unità». Con queste parole don Graziano Ghisolfi, responsabile della sezione musica per la liturgia all’interno dell’ufficio per il culto divino della diocesi di Cremona, ha aperto il proprio intervento durante l’ultima puntata di Chiesa di Casa, il talk dedicato alla vita della comunità cristiana cremonese.

A pochi giorni dall’assemblea che la Chiesa cremonese dedicherà agli animatori della liturgia e del canto, con l’intervento di monsignor Marco Frisina, don Ghisolfi ha voluto sottolineare il ruolo che la musica occupa all’interno della liturgia. «Un linguaggio che sia universalmente condivisibile non è semplice da trovare — secondo il sacerdote cremonese — ma quando c’è della bella musica, essa è in grado di coinvolgere e parlare a tutti».

Sulle stesse frequenze si è espresso anche il professor Daniele Sabaino, docente ordinario di Musicologia e consulente dell’Ufficio liturgico nazionale, che ha ricordato come «la liturgia ha una dimensione emotiva, è un’azione che coinvolge tutti i sensi. La musica, poi, è in grado di unire le componenti razionali ed emotive presenti in ciascuno di noi, creando unità interiore, e con coloro che ci stanno accanto».

Don Ghisolfi e il professor Sabaino hanno dunque identificato nella musica un linguaggio capace di parlare al cuore e di generare dialogo all’interno della comunità cristiana. «Ed è proprio quest’ultima — secondo Sabaino — a dover cercare la propria voce, osservando e sperimentando diverse forme e repertori con lo scopo di trovare il linguaggio più adatto».

La capacità, da parte della musica liturgica, di generare confronto, coinvolgimento e dialogo, non può dunque che passare dalla scelta di un repertorio capace di incontrare tutti. «Già da diversi anni — ha ricordato don Ghisolfi — abbiamo un repertorio diocesano, senza dimenticare che ne esiste anche uno a livello nazionale. Certamente questa consapevolezza non deve farci sentire arrivati: occorre procedere nella ricerca di repertori capaci di essere sempre più espressione dell’intera comunità».

Non è mancato, da parte degli ospiti di Chiesa di Casa, un riferimento alla formazione di chi anima le azioni liturgiche, che non deve essere semplicemente tecnica, ma è una vera e propria «formazione alla celebrazione, infatti tutta la comunità si educa a essa quando vi partecipa: più la celebrazione è preparata, più la formazione sarà efficace», secondo il professor Sabaino.

In questo senso, assume ancor più risalto l’appuntamento di mercoledì 30 novembre con mons. Frisina. «Insieme alle proposte della scuola diocesana di musica sacra — ha concluso don Ghisolfi — è un’occasione utile per chiunque voglia formarsi all’animazione e alla guida del canto nella liturgia».