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Nell’unità pastorale Santa Maria della Pace la visita del Vescovo, don Conti: «Quando nella Chiesa sappiamo che il nostro pastore ci guida, questo ci permette di prendere coraggio»

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«La nostra comunità vuole ringraziare il Vescovo per aver fatto un cammino insieme a noi, per averci donato parte del suo tempo, ma soprattutto per averci consolati e stimolati a fare un cammino insieme. Quando nella Chiesa sappiamo che il nostro pastore ci guida, questo ci permette di prendere coraggio». Con queste parole don Ettore Conti, affiancato dai collaboratori pastorali don Luigi Carrai e don Paolo Tonghini, al termine della celebrazione che domenica 29 gennaio a Scandolara Ravara ha concluso i tre giorni la visita pastorale del vescovo Antonio Napolioni nell’unità pastorale “Santa Maria della Pace”, formata dalle parrocchie di Ca’ de’ Soresini, Castelponzone, Cingia de’ Botti, Motta Baluffi, San Martino del Lago, Scandolara Ravara, Solarolo Monasterolo e Vidiceto.

Il primo momento d’incontro che ha dato il via all’itinerario di incontri con la comunità si è svolto presso la Fondazione «Elisabetta Germani» di Cingia de’ Botti, dove fra i reparti gli ospiti hanno accolto il Vescovo fra saluti, cartelloni di benvenuto e lavori di cucito preparati a mano appositamente per quella giornata. Il presidente della fondazione Enrico Marsella ha raccontato dell’esperienza, spiegando che «la presenza del Vescovo ha un significato molto importante, ha portato parole di vicinanza e conforto ai nostri ospiti che hanno apprezzato molto la sua visita. Oggi si sono ricordati ancora una volta i valori che fondano l’eticità della nostra struttura, la dottrina sociale della Chiesa mette al primo posto l’importanza della persona, e i nostri operatori la vedono come il principio verso il quale ispirarsi».

 

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Sono stati particolarmente significativi anche gli incontri di sabato 28 gennaio con la realtà amministrativa dei vari paesi, insieme ai sindaci e agli imprenditori che operano come motore e colonna portante delle comunità, fino ad arrivare ai momenti di condivisione di idee ed esperienze che han visto come protagonisti i giovani, che con il Vescovo si son riuniti per lasciare libertà al dialogo costruttivo e sincero che caratterizza la vita di ragazzi e ragazze, concludendosi nella spensieratezza di una cena fatta in compagnia, fra risate e giochi che si sono protratti per il resto della serata.

Una particolare attenzione è stata rivolta alle singole comunità delle numerose frazioni che formano l’unità pastorale, ognuna di esse ha infatti potuto trovare un momento per incontrare il vescovo Napolioni durante i momenti di preghiera e durante le celebrazioni che si sono tenute su tutto il territorio fra venerdì, sabato e domenica.

Una tre-giorni fondata sull’ascolto e sulla condivisione, con numerosi appuntamenti che si sono alternati nelle giornate da venerdì fino a domenica, in un itinerario che ha portato il Vescovo non solo a visitare, ma proprio a vivere le comunità dell’unità pastorale, nell’incontro con i giovani e gli anziani, con i fedeli e le autorità civili.

«Tornando a casa mi metterò a riflettere su quello che abbiamo vissuto – ha affermato il Vescovo al termine della Messa di domenica – e nei prossimi giorni vi manderò una lettera che contiene i suggerimenti che abbiamo maturato, che contiene le piste su cui camminare», concludendo con l’augurio che la comunità, insieme al parroco e ai collaboratori pastorali possa continuare ad impegnarsi nella via della condivisione, strada giusta e necessaria da percorrere.

 

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Riflessi racconta il coraggio delle «partenze»  

 

È online da venerdì 27 gennaio “Partenze”, il primo numero del 2023 di Riflessi Magazine, il mensile digitale della diocesi di Cremona che ogni mese propone una nuova edizione tematica con storie, interviste, reportage e racconti, sempre accompagnati da un significativo apparato iconografico e multimediale.

«Le partenze sono così – si legge nell’introduzione – Richiedono l’energia di un animo giovane. E non bastano mai… Non leggerete di buoni propositi pronti per essere sconfessati entro carnevale, né di chiringuitos sulla spiaggia o fughe dal mondo. La partenza non è viaggiare, non è la prima tappa, tantomeno un piano, un salto nel vuoto o una fantasticheria da giocatori d’azzardo. Le partenze che abbiamo incontrato sono scelte. “Solo il primo passo costa”, perché c’è la vita da mettere sul piatto della decisione. Come quella di uno scout che stringe il nodo al fazzolettone assumendo un impegno alla soglia dell’età adulta».

 

 

Il racconto del momento di passaggio di un giovane della Agesci è una delle storie raccolte e raccontate dalla rivista digitale su riflessimag.it, per un tema affrontato da diverse angolature. Ci sono storie di migrazioni ritrovate nella suggestiva mostra Exodus curata dal Festival della fotogarfia etica nelle sale del Museo Diocesano con gli scatti di Nicolò Filippo Rosso sulle rotte dei migranti in America Latina e c’è la testimonianza di don Mattia Ferrari, sacerdote modenese che svolge il suo servizio come cappellano sulla nave di una Ong che salva migranti nel Mediterraneo. E poi arte, cinema, musica e cultura accompagnano la lettura dell’edizione che porta ad incontrare piloti di auto da corsa ed esperti di escursionismo in montagna, giovani ideatori di startup e insegnanti che accolgono e accompagnano i primi passi dei più piccoli nella scuola dell’infanzia. C’è il ricordo di Alex, che si è preparata alla sua ultima partenza lasciando una scia d’amore nelle vite di chi l’ha seguita, la scommessa di Lorenzo che ha reinventato la sua carriera da calciatore professionista volando negli States per studiare e parare; ci sono gli studenti che aspettano la prossima corsa alla stazione dei bus, gli operatori di un’ambulanza sempre pronta a fronteggiare l’emergenza, i volontari di «Passo dopo passo» che si mettono in cammino per dare un futuro ai bimbi del Nepal; il racconto teatrale del più grande patrimonio di semi al mondo. Ci sono le storie di donne che viaggiano da sole con bagagli leggeri e tasche piene di curiosità, che si arruolano in aeronautica, che volano in Africa per salvare gli scimpanzé.

«Non è mai l’unica possibilità, partire o cominciare. Serve coraggio per non stare fermi: rimettersi in piedi dopo un sogno infranto, lasciare la casa, salire su un aereo o su un barcone, cambiare programma. Ogni partenza insegna a partire. Ad ogni scelta siamo un po’ meno soli»




La più umana delle contraddizioni




Non c’è tempo per stare fermi




Ecumenismo, una tensione verso l’unità

Una tensione verso l’unità. È questa la sintesi del cammino ecumenico che i cristiani sono chiamati a percorrere.

«La cronaca è piena di segnali sgradevoli che ci presentano un mondo segnato dalla divisione. Però accanto a questo dobbiamo ammettere che ci sono tante manifestazioni di vera unità». Con queste parole cariche di speranza don Federico Celini, incaricato della diocesi di Cremona per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, ha aperto la nuova puntata del talk diocesano “Chiesa di Casa”, interamente dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

E proprio la speranza è stata individuata dalla professoressa Adelaide Ricci, docente di Storia medievale dell’Università di Pavia, come «caratteristica fondamentale e comune a tutti i membri delle diverse comunità cristiane».

Il cammino dell’ecumenismo non cancella le divisioni esistenti tra la Chiesa cattolica, la Chiesa ortodossa e le Chiese riformate. Tuttavia, secondo don Celini, si tratta di «un’evidente testimonianza di come le differenze, nel tempo, siano diventate occasione di crescita. Nel suo sviluppo, infatti, ha avuto il coraggio di riconoscere che nell’altro esistono dei germi di grande spessore, potenziali contributi per il percorso di ciascuno».

Una particolare attenzione all’ascolto della Parola, il recupero di una riflessione a partire dalla dimensione creaturale dell’uomo e la cura per la liturgia possono diventare terreno comune di confronto e crescita. «D’altra parte l’unità dei cristiani — ha sottolineato don Celini — è riconosciuta nel riferimento al Dio trinitario in cui tutti crediamo e che riconosciamo come fonte di vita».

Punto chiave per la buona riuscita di questo percorso, secondo la professoressa Ricci, «è il tentativo di ripartire dal singolo. Penso a personaggi del calibro di Francesco d’Assisi: la tensione verso l’unità può trovare terreno fertile nel lavoro che ciascuno fa su se stesso».

A testimoniare la tensione verso l’unità condivisa da tutti i cristiani, è stata la veglia di preghiera ecumenica, celebrata lunedì 23 gennaio presso la chiesa parrocchiale della Beata Vergine di Caravaggio, a Cremona. Punto centrale della settimana di preghiera per l’unità dei cristiana, ha rappresentato un momento particolare di spiritualità e confronto. Partendo dal brano biblico del profeta Isaia che ha dato il titolo alla settimana, “Imparate a fare il bene; imparate la giustizia”, ai fedeli è stata data l’opportunità di pregare e, successivamente, confrontarsi con lo stile sinodale che caratterizza la Chiesa.

«Ed è proprio a partire da un recupero per il gusto dell’ascolto della Parola — ha concluso don Celini — che possiamo pensare di fondare nuove occasioni di condivisione, magari strutturando appuntamenti mensili di confronto tra le nostre Chiese sorelle».




Visita pastorale, a Piadena tre giorni di incontri e dialogo

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Non solo gli incontri con le diverse realtà parrocchiali, visitando le famiglie e gli anziani nelle abitiazioni e nella casa di riposa “San Vincenzo”. Le tre giornate di vista pastorale del vescovo Antonio Napolioni nell’unità pastorale di Drizzona, Piadena e Vho sono state occasione di incontro sul territorio: dai ragazzi delle scuole alle realtà associative e di volontariato, come la Caritas, il progetto “Apri”, la cooperativa “La Famiglia”, la Protezione Civile, l’Emporio Solidale, e la comunità “Amici di Emmaus”, che proprio a Piadena gestisce il mercatino del riuso e che proprio il 22 gennaio ha celebrato il 16° anniversario della morte di Abbé Pierre, fondatore della comunità internazionale “Emmaus”.

Particolarmente significativa è stata la visita del vescovo con la comunità islamica di Piadena. Un momento di condivisione che si è svolto domenica mattina, prima della Messa, incontrando i bambini e i ragazzi della scuola coranica che, accompagnati da padri e madri, imparano e migliorano la padronanza della lingua araba per lo studio del Corano. Con loro, che hanno donato al vescovo regali e disegni, sono stati trattati i temi della pace e della fratellanza. «Abbiamo chiacchierato con franchezza, riconoscendo anche il dolore, loro e nostro, di fronte alle deformazioni del volto di Dio», ha spiegato proprio il vescovo nell’omelia delle celebrazione delle 11. «Noi vogliamo dire “no” a tutto ciò che scandalizza i nostri ragazzi e dire “sì” a ciò che invece attira il volto del Signore, la Sua misericordia, l’amicizia fraterna con tutti e la riconciliazione dove abbiamo ferite e conflitti». E ha concluso: «Allora l’unità dei cristiani e il dono della Parola oggi sono le piste su cui questa comunità riprende il cammino».

La celebrazione conclusiva della vista, vissuta nella Domenica della Parola, è stata concelebrata dal parroco don Antonio Pezzetti, da don Cristiano Cazzulani, don Francesco Fontana, insieme anche al diacono don Andrea Bani, prossimo al presbiterato che sta vivendo il suo primo anno di ministero in parrocchia. Presenti lle autorità del territorio, dei gruppi di volontari (tra cui anche i vigili del fuoco volontari di Piadena). Il coro parrocchiale ha animato la liturgia nel canto, sotto la direzione di Matteo Priori (il sindaco) all’organo.

«Una celebrazione domenicale oggi più solenne, più partecipata, più bella – ha esordito Napolioni – non tanto perché c’è il vescovo, ma perché ci siamo avvicinati piano piano in questi giorni a un crescendo di grazia e di condivisione, semplice e con tutti coloro che ho potuto incontrare». Tre giorni intensi, che, come sottolineato dal vescovo nell’omelia, «passati in fretta, ma sono passati proprio bene».

«Siamo stati bene insieme perché le nostre piccole vite si sono incontrate nella ricerca dell’essenziale – ha ricodato mons. Napolioni –. Né io ho preteso da voi meraviglie, né voi avete preteso da me miracoli, ma insieme abbiamo cercato la roccia su cui essere fondati, la sorgente che possa dissetare la nostra voglia di vita e di felicità, quella dei bambini curiosi, quella dei giovani in ricerca, quella delle famiglie piene di responsabilità, ma anche di bellezza, quella dei malati, dei disabili, delle persone più in difficoltà, che portano Cristo dentro di sé, quella degli anziani, che ridiventano bambini e così sono pronti ad accogliere la sorpresa, il Regno di Dio che è vicino per tutti, in mille modi, ma tutti frutto della venuta di Gesù».

In una domenica il cui Vangelo esorta gli uomini ad adempiere la propria missione, a far risplendere la propria vocazione, il vescovo ha ricordato che il Vangelo è «potenza di Dio affidata alla comunità, purché la comunità lo accolga senza divisioni». «Io non ho visto grandi divisioni, ho visto tante realtà che però forse temono di non avere un futuro – ha proseguito –. Allora impegniamoci a mettere da parte il lamento e a mettere al centro lo sguardo. Siamo molto più alleati per la stessa causa che non rivali in un campionato delle buone opere».

La celebrazione si è conclusa con il ringraziamento del parroco, don Antonio Pezzetti: «Le parole che il vescovo ci ha detto, la voce che ci ha lasciato, sono segno di una vicinanza che non può che darci forza per continuare il nostro cammino. Il nostro vescovo ha sempre voluto “Gesù per le strade” – slogan di questa visita – e Gesù è nelle strade anche della nostra comunità».

Un momento di festa in oratorio ha quindi segnato a tutti gli effetti la conclusione della visita pastorale.

 

Il video integrale della celebrazione domenicale




“Uniti possiamo”, il resoconto dell’esperimento Cei per il sostentamento del clero

 

Si è concluso l’esperimento della Conferenza episcopale italiana “Uniti Possiamo”, progetto attraverso il quale, nelle varie comunità, le famiglie sono state invitate a formulare una piccola offerta, tramite l’utilizzo di specifici bussolotti, per aiutare i sacerdoti nel proprio sostentamento.

In diocesi sono state raccolte 568 buste, per un totale si 26.671,57 euro. Somma che è già stata trasferita a Roma, presso l’Istituto centrale per il sostentamento del clero, dove si sta ultimando la preparazione delle ricevute da inviare a tutti i contribuenti che hanno compilato l’apposito tagliando.

Sulle ventisette aderenti all’iniziativa, sono nove, tra parrocchie e unità pastorali, sperse in tutte le zone pastorali, le comunità che hanno raggiunto e superato l’obiettivo teorico dei 1.000 euro, cifra che rappresenta circa una mensilità di un parroco diocesano. Tra esse spiccano, per numero di buste e ammontare raccolto, proporzionate al numero di abitanti, le comunità di Masano, Acquanegra Cremonese e Fengo e le unità pastorali “Pomponesco ed Uniti” (Pomponesco, Bellaguarda, Casaletto e Salina) e “Beata Vergine delle Grazie” (Cicognara, Cogozzo e Roncadello).

«Non esistono comunità generose o comunità avare, comunità ricche o comunità povere – spiega don Andrea Spreafico, incaricato diocesano per il Sovvenire –: piuttosto possiamo dire che la differenza di risultati possa essere stata provocata dal diverso tipo di sensibilizzazione effettuata».

E ancora: «L’esperimento è servito e servirà perché le nostre comunità si confrontino, si consiglino e mettano in campo le iniziative migliori affinché piano piano si diffonda una sensibilità migliore nei confronti del tema del sostentamento del proprio parroco e dell’uso più intelligente del fondo 8xmille».

«Ringraziamo, a nome di tutta la Chiesa, specialmente dei suoi 33mila preti in servizio in Italia, tutti coloro che hanno partecipa- to con un’offerta: oltre a manifestare stima e sostegno nei confronti degli “operai della vigna del Signore” – afferma ancora il sacerdote – questo dono consente alla Chiesa italiana di destinare con più precisione i fondi che ogni anno riceve dallo Stato sotto il nome di 8xmille. Infatti, più raccogliamo risorse per la remunerazione dei preti e meno diventa necessario attingere al fondo, liberando risorse per le comunità cristiane e per la carità».

Ora che l’esperimento Cei si è concluso resta comunque aperta la possibilità di disporre un’offerta per questa intenzione. «Abbiamo calcolato che basterebbe che ogni famiglia di credenti si ricordasse di spedire in questa direzione una sola offerta lungo tutto l’anno, an- che di piccola entità, per rendere l’intero sistema finalmente virtuoso», sottolinea Spreafico.

Oltre alla tradizionale busta da consegnare al proprio parroco con la scritta «per il sostentamento del clero», infatti, esistono altri modi, anche più veloci e sicuri per raggiungere l’obiettivo: i bussolotti elettronici (installati in Cattedrale, al Santuario di Caravaggio, a Casalmaggiore, Cicognara, Pizzighettone e Castelleone) che funzionano con il bancomat e con la carta di credito oppure un’offerta diretta con Satispay o tramite bonifico bancario, con un versamento intestato a “Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero della Diocesi di Cremona” Iban IT29 K030 6909 6061 0000 0128 870. Per la ricevuta, scrivere all’indirizzo mail idsc.cremona@gmail.com con i dettagli della propria offerta (data, ora, ammontare, dispositi- vo usato e proprio indirizzo fisico) e l’Istituto diocesano provvederà a spedire la quietanza direttamente a casa.

 




Giorno dell’ascolto, per far spazio alla Parola che è sorgente di vita

Sorgente di vita. In questo modo i cristiani definiscono la Parola. Ed è per questo motivo che il vescovo Antonio Napolioni ha chiesto a ogni parrocchia della diocesi di dedicare uno spazio particolare di ascolto e condivisione a partire dal Vangelo. È l’iniziativa del “Giorno dell’ascolto”, al centro della puntata di “Chiesa di casa”, il talk settimanale di approfondimento sulla vita della diocesi, in onda alla vigilia della Domenica della Parola.

In studio don Enrico Trevisi, parroco di Cristo Re a Cremona, che ha spiegato il significato dell’iniziativa diocesana. «La Parola è sorgente di vita perché è feconda. Pensiamo al caso di Zaccaria o di Maria: il Verbo si fa davvero carne ed entra, a tutti gli effetti, nella vita degli uomini». Non si tratta, però, di un nuovo appuntamento catechistico. «Quel che si chiede – prosegue il sacerdote – è un ingaggio personale, non la semplice fruizione di un servizio».

E se, da un lato, questa dinamica porta risvolti positivi, dall’altro suscita anche qualche fatica. A confermarlo, sono state le parole di Maurizio Cicognini, laico impegnato nella vita della parrocchia. «Per noi cristiani, un momento dedicato alla Parola è molto prezioso. I ritmi e la frenesia della vita quotidiana, però, sono spesso un limite che impedisce una partecipazione maggiormente estesa e coinvolta».

Non mancano dunque le fatiche per un percorso che chiede impegno e coinvolgimento da parte di sacerdoti e laici. «Spesso è il confronto stesso tra le persone – ha raccontato don Trevisi – a portare con sé qualche sofferenza. Eppure, nel momento in cui le differenze si trasformano in risorse, credo si possano costruire ottime occasioni per riattivare e riaccendere uno slancio, attraverso l’incontro vero con il Signore». Dedicare una giornata al Vangelo della domenica, significa allora «custodire e alimentare un legame con il Risorto, con lo Spirito che è alla base di quella Parola».

Fondamentale, secondo le testimonianze dei due ospiti del talk diocesano, è lo spazio dedicato alla condivisione. «La risonanza di ciò che il Vangelo suscita in ciascuno – ha spiegato Cicognini – porta con sé un inscindibile legame con la vita, che non rimane a margine. Anzi, spesso vengono sollevati, a partire dalla Parola, i temi sociali che ci legano al nostro territorio e alla comunità».

Il legame con la vita vera, con il vissuto dei fedeli, sembra dunque centrale nell’esperienza del “Giorno dell’ascolto”. Il desiderio grande, secondo don Trevisi, è che «diventi un incontro di discernimento all’interno di un contesto di comunità e di mondo». E proprio a questo proposito, l’esempio di alcuni dei protagonisti del Natale può essere illuminante. «I pastori e i Magi sono persone normali che si recano ad incontrare il Signore appena nato. Si accostano alla Sua presenza. Eppure ciascuno di loro, dopo averlo contemplato e adorato, torna alla propria vita, non rimane nella grotta di Betlemme. Così dovrebbe essere lo stile della nostra condivisione: un continuo cammino di avvicinamento a Dio e di uscita verso i fratelli».

Sorgente di vita. In questo modo i cristiani definiscono la Parola. «E lo è davvero – ha concluso la propria riflessione Cicognini – perché ci permette di far entrare il Signore nella nostra vita quotidiana. Il “Giorno dell’ascolto”, in questo senso, è un momento utile per avvicinarci al Vangelo senza alcuna mediazione, ma permettendogli di parlarci in modo diretto e vero».




Visita pastorale a Romanango, don Merisi: «Vogliamo continuare a vivere questo incontro giorno per giorno»

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«Sono stati tre giorni all’insegna della semplicità e della serenità e vogliamo continuare a vivere questo incontro giorno per giorno». Così don Emilio Merisi, parroco di Romanengo, al termine della Messa solenne di domenica 15 gennaio con la quale si è chiusa la visita pastorale “Gesù per le strade» del Vescovo alla parrocchia dei Santi Giovanni Battista e Biagio a Romanengo e nel corso della quale monsignor Napolioni ha incontrato le varie realtà del paese, dai bambini e ragazzi ai giovani, dall’imprenditoria locale all’amministrazione comunale, dai gruppi parrocchiali alle associazioni di volontariato, per una tre-giorni all’insegna dell’ascolto e della condivisione.

Fra gli appuntamenti anche l’incontro con l’MCL di Romanengo. Ad accogliere il vescovo, accompagnato da don Emilio e dal sindaco Attilio Polla, la dirigenza del circolo guidata dal presidente Michele Fusari e dall’amministratore Riccardo Barbaglio. «Una realtà viva e molto attiva nello sviluppo della quotidiana operatività a servizio delle dinamiche sociali, aggregative e caritative, con un particolare attenzione al mondo del lavoro in un rapporto costante con le altre realtà del paese». Così il vescovo ha definito l’MCL di Romanengo. «Romanengo è un paese molto dinamico in cui si intrecciano tante realtà che interagiscono tra di loro – ha commentato Michele Fusari – e il circolo MCL da mezzo secolo continua a svolgere il suo importante servizio alla comunità in un coerente impegno di testimonianza cristiana a servizio della chiesa e delle persone che incontra. Bravi quindi i nostri dirigenti locali che ringrazio per quanto continuano a fare e grazie, a nome di tutto l’MCL, al vescovo Antonio che dimostra costantemente il suo stile di pastore attento e sensibile al vissuto quotidiano e al parroco don Emilio, da sempre amico di questa realtà».

Positivo l’incontro con il sindaco Attilio Polla e con l’Amministrazione comunale nella sala consiliare del municipio, presenti anche alcuni dipendenti del Comune. Nella riunione il Vescovo ha annunciato la concessione della prima parte del finanziamento (160mila euro) per la sistemazione del tetto della chiesa parrocchiale.

Ricco di emozioni il momento di visita alla casa di riposo “Vezzoli”. Celebrando la Messa per gli ospiti e il personale, Napolioni ha invitato tutti a guardare a Gesù anche nella malattia, «Perché Lui capisce, sa compatire ed aiuta chi ha bisogno».

Molto partecipata la Messa conclusiva di domenica mattina. Conoscere, contemplare e testimoniare. Su questi tre verbi il vescovo ha incentrato l’omelia, terminata con l’esortazione ai fedeli ad incontrare Gesù nelle persone. “Ci sono mille occasioni – ha detto – per tirare fuori da noi questa gioia. Anche noi, scegliendo di vivere il vangelo, possiamo partecipare a questo farsi pastore da parte di Gesù”. Al termine, aperitivo di saluto in oratorio.

 

 

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Per una Chiesa a misura di famiglia, in ricerca di Dio e in dialogo con la realtà

 

«I ritmi della famiglia possono diventare i ritmi della Chiesa». Con queste semplici parole è possibile sintetizzare il cambiamento di prospettiva auspicato da Maria Grazia Antonioli e Roberto Dainesi, responsabili della pastorale familiare della diocesi di Cremona, nella nuova puntata di “Chiesa di Casa”.

Tante le tematiche trattate durante la trasmissione, a partire da ciò che sta alla base di una famiglia: l’incontro tra due persone che scelgono di formare una coppia. «Essa è il primo figlio della nuova famiglia — secondo Maria Grazia Antonioli — il frutto di questo passo in avanti che hanno scelto di fare. È una realtà nuova di cui bisogna prendersi cura e occuparsi, dedicandoci tempo e attenzione».

Il primo passo, tuttavia, non è risolutivo. Quello di coppia, infatti, secondo Roberto Dainesi, è «un cammino continuo, che prosegue anche dopo la celebrazione del matrimonio». Un sacramento che oggi appare sempre meno affascinante, anche se, «osservando le coppie che partecipano ai corsi di preparazione al matrimonio, notiamo nei giovani un grande desiderio di ricerca di Dio».

E proprio da una coppia di giovani è arrivata la domanda provocatoria della puntata: Davide e Francesca hanno sollevato la delicata questione del confronto con la realtà odierna, soprattutto in tema di convivenza e rapporti prematrimoniali. «Nessuno si scandalizza del vissuto delle coppie — ha risposto Maria Grazia Antonioli — perché è diverso per ciascuna di esse». Alle sue parole hanno fatto seguito quelle del marito, secondo cui ad essere fondamentale è il dialogo: «Come Chiesa credo sia opportuno tenere aperto un canale di confronto per costruire una relazione che accompagni verso il matrimonio. Papa Francesco stesso ci ricorda di stare dentro queste realtà».

Lo stile proposto dai responsabili dell’ufficio famiglia è dunque quello del dialogo con la realtà, senza chiudere gli occhi davanti ad essa, ma continuando a testimoniare, nelle diverse situazioni di vita, la proposta cristiana, senza pensare che essa sia esente da fatiche. «Affrontare le difficoltà è il primo passo, senza pensare di nasconderle. Esse nascono innanzitutto perché si è diversi», i coniugi Dainesi, ma la vera sfida è «cogliere le difficoltà come occasione di crescita».

Non è mancato poi, nelle parole della coppia, uno sguardo rivolto verso la comunità cristiana. L’augurio rivolto da Maria Grazia Antonioli è che «lo stile familiare diventi lo stile delle nostre comunità». Essa, infatti, è spesso individuata come nucleo fondante della Chiesa. Ed è proprio per questo motivo che Roberto Dainesi ha auspicato il passaggio «da una pastorale per le famiglie ad una pastorale con le famiglie».