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Consulta regionale Beni culturali ed edilizia di culto, a Milano l’incontro con l’assessore regionale alla Cultura

La Consulta regionale per i Beni culturali e l’edilizia di culto si è incontrata giovedì 23 novembre presso la sede della Curia Arcivescovile di Milano per proseguire le attività istituzionali necessarie alla programmazione economica utile ai processi di conservazione del patrimonio culturale ecclesiastico. Presente l’assessore regionale alla Cultura Francesca Caruso, con i collaboratori della Direzione generale Cultura, per un importante opportunità di conoscenza, ma anche di aggiornamento rispetto al Protocollo d’Intesa sottoscritto nel 2022.

Le Diocesi – per la Diocesi di Cremona ha partecipato l’incaricato diocesano per i Beni culturali don Gianluca Gaiardi – hanno avuto la possibilità di confrontarsi con le Istituzioni regionali rappresentando il lavoro fino a qui svolto, ma allo stesso modo condividere le nuove esigenze e gli impegni per la tutela e valorizzazione del patrimonio ecclesiastico lombardo.

«È la prima volta – ha precisato l’assessore regionale alla Cultura Francesca Caruso – che prendo parte alla Consulta regionale per i Beni culturali e l’edilizia di culto. Un importante momento di confronto e di sinergia con i rappresentati di tutte le Diocesi lombarde. L’ascolto delle singole realtà territoriali è di fondamentale importanza per la programmazione di interventi che possano andare a valorizzare la ricca mappatura di bellezze esposta durante l’incontro. Ringrazio S.E. mons. Sanguineti perché credo che si possa fare bene solo condividendo le nostre migliori pratiche e, soprattutto, facendo conoscere l’importante lavoro regionale che in questi mesi stiamo avviando. Il tema della conservazione preventiva programmata è sicuramente centrale per andare incontro a quel Manifesto di Cura della Casa Comune. Su questo s’innesta, proprio, il giusto equilibrio nella relazione tra attività pastorale e conservatorismo. Le importanti esperienze territoriali ci consegnano un quadro di assoluto primato per la nostra Regione che nelle prossime settimane metterà sempre di più al centro il tema dell’accessibilità e della promozione dell’offerta culturale in nuovi luoghi, anche più periferici. La cultura è di tutti e per tutti e i beni ecclesiastici tutti sono un importante punto di riferimento per la crescita delle nostre comunità. Sono luoghi di speranza e di ascolto ed è compito dell’istituzione far sì che possano essere sempre più attrattivi ma anche scrigni di bellezza per i nostri cittadini».

Il Vescovo di Pavia e presidente della Consulta regionale Beni culturali ed edilizia di culto, mons. Corrado Sanguineti ha sottolineato come sia stato «un incontro per rinnovare e rafforzare la collaborazione rispetto al Protocollo di intesa sottoscritto nel gennaio 2022. Un momento di confronto in cui viene confermata la sinergia con l’istituzione regionale per un percorso comune di progettualità a tutela del patrimonio ecclesiastico salvaguardando e sostenendo le comunità parrocchiali, la loro identità, la conoscenza storica che rappresentano i valori essenziali dei nostri beni artistici. Un ringraziamento all’Assessore alla Cultura di Regione Lombardia e alla Direzione generale Culturale per una presenza non scontata che apre le porte verso un percorso comune finalizzato al sostegno delle attività pastorali. I miei ringraziamenti vanno anche agli incaricati diocesani che rappresentano l’intero territorio lombardo».




Casalmaggiore, mentre Palazzo Abbaziale si prepara al prossimo vento presentato il calendario parrocchiale

Foto: Massimo Francesconi

Un solo dato, seppur approssimativo, può dare la forza di un progetto, di una visione, di una prospettiva. Nei quindici giorni di apertura della mostra circa 1.000 persone hanno visitato la rassegna d’arte contemporanea, curata da Paride Pasquali, allestita nelle splendide sale del restaurato Palazzo Abbaziale delle parrocchie di Casalmaggiore. Un chiaro segnale che l’esperimento di unire l’arte odierna con quella del passato, per dare un nuovo senso e vita a quegli spazi un tempo abbandonati, ha avuto successo. «Il bilancio è oltre ogni aspettativa», ha detto Pasquali, il quale ha ringraziato ancora una volta il parroco don Claudio Rubagotti «per la fiducia nel gestire per sei mesi questo bellissimo palazzo», gli artisti partecipanti con le loro opere, allo sponsor Borciani-Bonazzi e al corpo di ballo di Nilla Barbieri.

Nel pomeriggio di domenica 12 novembre, a chiusura della mostra è stato offerto un suggestivo spettacolo dalle ragazze della scuola Dimensione Danza della Barbieri. Le ballerine hanno espresso la poesia del movimento nelle sale dove sono state esposte sculture, pitture e ceramiche degli artisti provenienti dal comprensorio e non solo. Un dialogo tra le arti molto apprezzato dal folto pubblico presente. «Quanto abbiamo fatto è una piccola goccia nell’oceano, spero la nostra offerta serva a qualcosa per un territorio difficile e complicato», ha detto Pasquali.

Anche don Rubagotti si è detto soddisfatto del risultato positivo dell’iniziativa. «Mi ha commosso vedere così tanta gente, ma soprattutto così tanti giovani; e non mi sto riferendo ai bravi ragazzi dell’istituto ‘Romani’ coinvolti come guide dalla professoressa Chiara Zani, la quale ringrazio assieme a Pasquali, ai diciotto artisti e a Marco Visioli per il grande impegno in tutti questi mesi». Il parroco, infatti, ha ricordato lo scopo di far abitare nuovamente questi ambienti dall’intera comunità casalasca. «Non si tratta solo di aver recuperato un muro fine a sé stesso ma, come diceva anche don Gianluca Gaiardi all’inaugurazione, è anche necessario coinvolgere le persone affinché l’uomo abiti le sue strutture». A dicembre, grazie agli scatti del Fotocine Casalasco, sarà allestita una mostra fotografica per dare continuità e memoria a questa proposta di vivere il Palazzo Abbaziale. «C’è la possibilità di aprire questo spazio anche ad altre iniziative culturali o artistiche – sarà il palazzo stesso a suscitare nuovi progetti – a patto di prendersene cura e garantire appunto la continuità della struttura», ha aggiunto don Claudio. 

A chiusura della mostra d’arte contemporanea, sempre nell’ottica di promozione del patrimonio artistico e culturale delle chiese maggiorine, è stato anche presentato il nuovo calendario parrocchiale. Una tradizione cominciata qualche anno fa e curata da Angela Bigi, con le fotografie di Paolo Mangoni, per divulgare le opere artistiche degli edifici sacri. E come fu un tempo il Palazzo Abbaziale, stavolta il luogo poco accessibile da mostrare al pubblico è la sala con la volta a botte “lunettata” situata a destra della chiesa di San Francesco e i suoi affreschi. Come si legge nella presentazione del calendario, sono undici medaglioni «raffiguranti l’Adorazione dei Magi, l’Immacolata Concezione ed alcuni personaggi dell’Antico Testamento»; sono stati realizzati da Galeotti Sebastiano (Firenze 1675 – Mondovì 1741) per la sagrestia della chiesa francescana «e sono da mettere in relazione con i lavori di riedificazione del convento iniziati nel 1713. L’impatto è felice e sorprendente, con reminiscenze “tiepolesche”». Il ricavato del calendario, acquistabile a 10 euro nelle chiese della parrocchia, servirà per affrontare «l’urgente e non più procrastinabile intervento di restauro» degli stessi affreschi. Come ogni anno, il parroco conclude con una provocazione: «chi immaginerebbe, percorrendo via Cavour, che oltre la “foresta amazzonica” e l’edilizia post-moderna vi sia un ambiente così carico di fascino? Sorprendersi… coltivando la curiosità, indagando oltre l’apparente banalità». 




Vita fraterna e autorità, il Vescovo a Lenno per la formazione per le responsabili delle comunità delle suore Adoratrici

Nella giornata di venerdì 17 novembre il vescovo Antonio Napolioni è intervenuto a Lenno in occasione delle giornate di formazione (16-19 novembre) promosse dall’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda per tutte le responsabili delle comunità delle Adoratrici in Italia e nel mondo.

Il tema del corso, guidato da don Marco Greca, sacerdote guanelliano, ruota attorno a “Vita fraterna e autorità” per porre all’attenzione un aspetto così essenziale come il servizio del guidare e animare le comunità.

Presenti nella casa delle Adoratrici di Lenno le superiore delle comunità italiane, camerunensi e senegalesi. Seguono invece online le responsabili delle comunità congolesi e dell’Argentina.

Rispondendo alle domande poste dalle suore, il vescovo Antonio Napolioni, ri ritorno dell’assemblea Cei di Assisi, ha condiviso il cammino della Chiesa italiana: una Chiesa che non vuole correre, perché «non si tratta di moltiplicare i programmi ma di camminare insieme, con tutto il popolo, anche se questo vuol dire rallentare il passo».

Sempre parlando dello stile nuovo di Chiesa che sta nascendo, mons. Napolioni ha evidenziato la necessità di puntare sulla «pastorale dei sentimenti» che oggi più che mai va affiancata alla pastorale dei progetti. È la relazione con Dio e con le persone al cuore delle attività ecclesiali, il bisogno di dialogare, di ascoltarsi, di conversare nello Spirito e nella verità.

In questa logica, alla domanda su come lui ha vissuto e vive il suo essere posto in autorità, il vescovo ha aperto il cuore per raccontare come, da quando aveva 13 anni ed era capo-squadriglia nel mondo degli scout, fino ad oggi in cui è a guida della Chiesa che è in Cremona, ha dovuto crescere «nell’imparare a servire la libertà di ogni fratello», nel continuo confronto tra il desiderare il bene per l’altro e accettare che spesso questo bene strida con la libertà altrui. «E allora – ha ripetuto il vescovo – in campo educativo non comandi niente, ti metti in fianco, e crescendo in autorevolezza ti fai compagno di strada di coloro che ti sono affidati».

Ancora monsignor Napoleoni ha evidenziato la necessità di vigilare sulle tentazioni che ogni padre o madre può vivere verso i figli, naturali o spirituali che siano, nella continua ricerca dell’equilibrio «tra ruolo e persona, per evitare che il primo schiacci la seconda è che la persona usi il suo ruolo per se stessa».

La mattinata è continuata con la celebrazione insieme della Messa, durante la quale il Vescovo a ribadito l’esigenza evangelica di essere vivi e capaci di generare vita. Questo, in sintesi, il compito di ogni responsabile a cui è affidata una comunità.




“Dal chicco al pane” e “Avrò cura di te”: laboratori di Coldiretti Donne Impresa con gli ospiti della Fondazione Opera Pia Ss. Redentore di Castelverde

La passione per l’agricoltura e per il nostro territorio, l’apertura e il servizio alla comunità, l’impegno delle imprenditrici agricole nell’agricoltura sociale, l’incontro e la sinergia con le realtà del territorio che si prendono cura delle persone più fragili: sono questi alcuni fra gli ingredienti di una giornata davvero speciale, condivisa dalle imprenditrici agricole di Coldiretti Donne Impresa e gli ospiti della Fondazione Opera Pia Ss. Redentore di Castelverde.

Venerdì 10 novembre ha preso avvio un progetto, proposto dalle donne di Coldiretti Cremona e subito accolto dal presidente e dai dirigenti della Fondazione, che vede le imprenditrici agricole proporre agli ospiti della struttura una serie di attività, il cui filo comune è rappresentato dalla scoperta “di tutto il buono e il bello” che nascono dall’agricoltura. Il progetto prevede l’incontro tra le imprenditrici di Coldiretti e gli ospiti che frequentano il Centro Diurno Integrato e il Centro Disabili. Per tre venerdì le imprenditrici saranno accolte nella struttura, per proporre agli ospiti – divisi in piccoli gruppi – una serie di attività, calibrate a seconda delle specifiche necessità dei partecipanti.

I laboratori seguono tre percorsi: “Dal chicco al pane” (i partecipanti rivivono tutte le fasi che portano dal seme alla pianticella di grano, quindi alla produzione del pane. Osservano, attraverso la macinatura a pietra, come il chicco diventa farina, poi impastata e modellata. Oggi il laboratorio ha proposta la preparazione delle tagliatelle), “I colori della natura” (l’attività mostra come realizzare delle tempere naturali, utilizzando i doni che la campagna ci offre. Da lì, spazio alla fantasia, per dar vita sui fogli di carta a piccoli capolavori) e “Avrò cura di te” (attività rivolta a “partecipanti dal pollice verde”, che mostra come prendersi cura di fiori e pianticelle, mettendoli a dimora in piccoli vasi, accudendoli giorno dopo giorno, con dedizione).

«Un grazie di cuore al presidente don Claudio Rasoli e al direttore generale Fabio Bertusi, ai dirigenti e allo staff dell’Opera Pia, per aver accolto la nostra proposta, aprendoci le porte di una realtà che abbiamo scoperto bellissima, ricca di umanità, di attenzione alle persone – spiega Maria Paglioli, responsabile provinciale di Coldiretti Donne Impresa –. Il nostro intento è portare un po’ di campagna dentro le stanze di questa struttura, raccontando un po’ del nostro lavoro e dell’agricoltura a chi partecipa ai laboratori. La prima giornata è stata davvero bella, piena di entusiasmo e di voglia di mettersi all’opera».

«Siamo grati a Coldiretti per questi laboratori che vedono coinvolti alcuni imprenditori agricoli e i nostri ospiti del Centro Diurno e di Casa San Giuseppe – sottolinea don Claudio Rasoli, presidente dell’Opera Pia Santissimo Redentore –. In questi ultimi anni la nostra Fondazione si è aperta convintamente al territorio nell’intendimento di far sentire i nostri nonni e i nostri ragazzi della RSD cittadini attivi, pienamente inseriti nel tessuto sociale. Per i nostri utenti sarà l’occasione per accostarsi ad un settore poco conosciuto, ma estremamente importane e delicato come quello agricolo. È significato che questa collaborazione si sviluppi in questo mese di Novembre tradizionalmente dedicato al ringraziamento per i frutti dei campi e per le persone che lavorano con passione e tenacia la terra a favore di tutti. Grazie va anche alla signora Maria Paglioli, regista abile e discreta, di questa iniziativa che, ci auguriamo, sia la prima di una lunga serie».




Il Vescovo scrive al Clero diocesano dopo l’adesione di un confratello alla Inclusive Anglican Episcopal Church

Pubblichiamo di seguito la lettera che il vescovo Antonio Napolioni mercoledì 8 novembre ha indirizzato al Clero diocesano.

«Cari fratelli sacerdoti,

in questi giorni siamo stati raggiunti da una notizia che credo possa turbare noi e anche molti fedeli. Uno dei nostri fratelli presbiteri, don Andrea Barbieri, ha comunicato pubblicamente la sua adesione alla “Inclusive Anglican Episcopal Church”

Due anni fa mi confidò la sua profonda crisi vocazionale, e nei mesi successivi abbiamo fatto i passi di ascolto, accompagnamento e discernimento che sono stati possibili. Abbiamo concordato, quindi, la sospensione temporanea dal ministero. Egli ha intrapreso alcune attività professionali in campo educativo, ed ha infine avviato la procedura di richiesta al Santo Padre della dispensa dal celibato sacerdotale. In tale contesto, anche i miei collaboratori lo hanno incontrato e ascoltato, e ci sembrava che tutto stesse avvenendo nella sostanziale chiarezza e comunione.

Siamo stati pertanto notevolmente sorpresi da questa nuova grave decisione, che dà un profilo diverso a quanto condiviso in precedenza. Ho cercato subito un colloquio di verifica con lui, nel quale ha confermato le scelte comunicate sui social, assumendo le conseguenti responsabilità. Con dolore, ma anche nel rispetto del mistero di libertà che ogni coscienza umana rappresenta, ne devo prendere atto. Il confronto con i competenti Dicasteri Vaticani mi indicherà la prassi da seguire.

Nel frattempo, per evitare ulteriore disorientamento nelle comunità, specie in quelle in cui egli ha prestato servizio, devo dichiarare che, in ragione della precedente sospensione dal ministero, egli non può comunque compiere atti di ministero sacerdotale, come gli è stato confermato da parte mia.

Custodiamo nella preghiera, umile e fiduciosa, e nella necessaria discrezione questo delicato momento della nostra Chiesa cremonese e tutte le persone che in essa ne risentono maggiormente.

Il Signore mostri a ciascuno la luce della sua amabile verità.

+ Antonio Napolioni




A Vescovato una strada in ricordo di don Luisito Bianchi

Scrittore, poeta, insegnante e traduttore, prete-operaio e inserviente d’ospedale, ma soprattutto uomo della gratuità. Queste le molteplici vite – e le tante qualità – di don Luisito Bianchi, sacerdote diocesano, originario di Vescovato, morto il 5 gennaio 2012. E proprio il suo paese natale nella serata di sabato 4 novembre gli ha intitolato una strada, quella che prima era via XI Febbraio (dove si trova la canonica), adiacente a Piazza Roma, sulla quale affaccia la chiesa parrocchiale di San Leonardo.

La cerimonia di inaugurazione con lo svelamento della relativa segnaletica stradale è stata organizzata dal Comune di Vescovato in collaborazione con l’unità pastorale Cafarnao. Insieme al sindaco Gian Antonio Ireneo Conti e al parroco don Giovanni Fiocchi, per l’occasione era presente anche il vescovo Antonio Napolioni.

Dopo la breve celebrazione di svelamento sotto la pioggia, che ha sancito ufficialmente il nuovo odonimo dell’arteria vescovatina, nella chiesa parrocchiale l’evento è stato festeggiato con l’elevazione musicale “Cantate Domino” proposta dal coro G. P. da Palestrina di Suzzara con i solisti dell’orchestra dei Cori Morenici. Tra i brani eseguiti “Cantate Domino”, da cui l’evento ha preso il nome, un brano scritto da Enrico Arisi per la prima Messa del sacerdote, e alcuni brani di musica classica di Antonio Vivaldi. L’esecuzione, diretta da Pieralessio Caroli, ha visto l’esibizione del basso continuo Carlo Benatti e dei soprani Carlotta Bellotto e Nadina Calistru.

Nella scelta di farsi prete, don Luisito Bianchi prese ispirazione dalla testimonianza di vita di un altro grande sacerdote cremonese, don Primo Mazzolari. Laureato in Scienze politiche a Milano, don Luisito fu ordinato sacerdote nel 1950 e divenne subito insegnante presso il Seminario vescovile (1950-1951). Fu poi missionario in Belgio (1951-1955), vicario della parrocchia di S. Bassano a Pizzighettone (1956-1958), quindi ancora insegnante in Seminario (1964-1967). Tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta scelse di diventare uno dei primi preti-operai, lavorando dapprima in fabbrica, alla Montecatini di Spinetta Marengo, ad Alessandria, e poi come inserviente presso l’Ospedale Galeazzi di Milano. Sono di quegli anni alcune delle sue opere più mature, tra cui il capolavoro di narrativa moderna La messa dell’uomo disarmato.

Don Luisito Bianchi era molto legato alla sua terra cremonese, in particolare a quel «grumolo di terra e di case, nel cuore della Grande Pianura, dallo scanzonato e solenne nome di Vescovato». Un amore per la sua terra ora più che mai ricambiato in una strada che porterà – con l’orgoglio di tanti – il suo nome.




Seminario, Leone Maletta ammesso tra i candidati al diaconato e al presbiterato

 

Sabato 4 novembre, nella memoria di san Carlo, le porte del Seminario di Cremona si sono aperte per accogliere parenti, amici e quanti hanno voluto essere presenti per condividere, nella preghiera e nella gioia, l’Eucaristia presieduta dal vescovo Antonio Napolioni con il rito di ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato del seminarista Leone Maletta.

Come ha detto il vescovo nell’omelia, «festeggiamo un fidanzamento in vista delle nozze», perché il passo compiuto da Leone è il momento in cui ufficialmente il giovane chiede alla Chiesa, nella persona del vescovo, di poter essere ammesso tra i candidati a ricevere il sacramento dell’ordine per poter celebrare i misteri di Dio nel sacerdozio ministeriale, avendo sempre ben presente che ancora prima e, forse, ancor più, si celebrano in forza del Battesimo e dell’Eucaristia.

Oltre alla richiesta di ammissione, per Leone è anche il momento di assumere un impegno: quello di continuare a la sua formazione in Seminario incamminandosi alla sequela del Signore, disponibile a lasciarsi accompagnare da chi gli sarà vicino a essere terreno fertile per il Signore. Su questo aspetto si è soffermato il vescovo quando, partendo dal motto episcopale di san Carlo Borromeo (humilitas) e dal brano di vangelo proposto dalla liturgia, ha voluto sottolineare come ognuno di sia in cammino tra cielo e terra a imitazione di Gesù Cristo, il solo che è stato veramente tra cielo e terra. Ognuno alla ricerca di una vita piena incarnando uno stile umile, che sappia abitare «la terra di questa stagione che si lascia lavorare perché a tempo debito porti il frutto sperato».

L’impegno preso da Leone deve valere anche per ciascuno, in particolare per chi è incaricato della sua formazione e per le comunità che con lui condividono questi anni. Un impegno a consegnarsi a Cristo in modo sempre più pieno e totale, come Lui fa con noi.

In conclusione, il vescovo ha sottolineato come ci sia «bisogno di ministri umili e perciò pieni di gioia, gioia vera, sorprendente, che il Signore riserva a chi la mattina si alza, mette i piedi per terra e guarda il Cielo e cammina dietro di Lui, perché non ha altro maestro».

La mattinata si è conclusa nel refettorio del Seminario per vivere, con quanti hanno condiviso la preghiera, un piccolo momento di festa e di saluto.

Massimo Serina




“Popoli in movimento”, fino al 12 novembre a Casalmaggiore la mostra del fotoreporter Francesco Malavolta

«Sono felice di inaugurare “Popoli in movimento” – che in una trentina di fotografie racconta gli ultimi dodici anni di migrazioni verso l’Europa – proprio a Casalmaggiore, un Comune virtuoso in fatto di accoglienza». Così ha esordito il fotoreporter Francesco Malavolta, autore della mostra fotografica sul fenomeno migratorio “Popoli in movimento”, nella mattinata di mercoledì 1° novembre in Auditorium Santa Croce a Casalmaggiore.

Malavolta, noto al grande pubblico per aver dialogato con Papa Francesco durante la trasmissione Rai “Un selfie con il Papa”, quando a partire da una sua fotografia il Pontefice scelse di parlare di migrazione, è stato introdotto dal sindaco di Casalmaggiore Filippo Bongiovanni che, accompagnato dalla Giunta comunale e da numerosi sindaci del Casalasco, ha aperto la Fiera cittadina presenziando alle varie iniziative culturali.

«Mi preme sottolineare come questo sia un evento culturale – ha continuato Malavolta –. Perché non solo parla di migrazioni, che sono un fenomeno mondiale di cui il nostro Paese è protagonista, pur tenendo conto che lo è in una percentuale infinitamente più piccola rispetto a quella di nazioni al confine con i territori da cui i popoli fuggono, che spesso si trovano nel Sud del mondo. Ma lo è anche perché a parlarne sono delle fotografie, scelte in un catalogo di migliaia, che possono raccontare al pubblico una grande storia, quella di intere popolazioni che per ragioni note come guerre, fame, disastri ambientali, cercano rifugio altrove. E quell’altrove ci interpella. Quell’altrove, nelle fotografie che vedrete, siamo noi».

Fortemente voluta da una fitta rete di associazioni del territorio, tra le quali ricordiamo il Circolo Acli di Casalmaggiore con Fotocine Casalasco 1966, Anpi Casalmaggiore, Tenda di Cristo e Istituto G. Romani, la mostra è promossa a livello nazionale da Banca Etica, presente in sala con Claudia Barbieri, portavoce dei Gruppo di iniziativa territoriale di Cremona, che ha raccontato i principi che animano Banca Etica e il sostegno dato a iniziative di promozione culturale con carattere umanitario.

“Popoli in movimento”, che fa inoltre parte degli eventi promossi dal Centro Servizi per il Volontariato Lombardia Sud nell’ambito del Festival dei Diritti 2023  “Si può fare!”, sarà visitabile fino al 12 novembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 19.30, grazie ai volontari che si succederanno e al sostegno di un gruppo di studentesse dell’Istituto G. Romani, formate per l’occasione dallo stesso Malavolta, che condurranno i visitatori alla comprensione delle storie che sottendono ad ogni immagine. Possibile prenotare una visita guidata per scolaresche. Per info o prenotazioni whatsapp al numero 328-3310143 o email a casalmaggiore@acli.it.




Casalmaggiore, una mostra d’arte dà nuova vita al Palazzo Abbaziale

 

Il Palazzo Abbaziale di Casalmaggiore non ha ritrovato solo la vita, ma finalmente anche uno scopo. L’edificio settecentesco, dopo essere stato presentato in tutto il suo splendore al termine dei lavori di restauro, torna a essere vissuto, abitato, condiviso dalla comunità di Casalmaggiore. Uno “scrigno”, come l’ha spesso definito il parroco don Claudio Rubagotti, un tesoro sepolto nel corso degli ultimi decenni la cui ricchezza aveva bisogno di un nuovo senso. E il modo migliore per celebrare questo “secondo” inizio dell’edificio parrocchiale è occupare con arte contemporanea le sue antiche sale recuperate dal degrado.

È stata così inaugurata nel pomeriggio di domenica 29 ottobre la grande mostra collettiva allestita all’interno delle sale Palazzo Abbaziale. Circa 200 opere di diciotto artisti, tra veterani ed esordienti, provenienti da Cremona fino a Verona, di diverse discipline e soprattutto stili differenti, per un’esposizione raffinata ma accessibile a tutti, in simbiosi con l’ambiente d’epoca delle splendide sale restaurate negli ultimi anni. La mostra sarà visitabile fino al 12 novembre tutti i giorni dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.00. L’iniziativa è stata promossa e curata dall’artista gussolese Paride Pasquali in collaborazione con le parrocchie di Casalmaggiore e realizzata insieme all’associazione culturale Inventio, all’I.I.S. “G. Romani”, con il patrocinio del Comune maggiorino e la sponsorizzazione del pennellificio Borciani-Bonazzi.

«Sono veramente contento perché si realizza un piccolo sogno, una piccola speranza», ha detto don Rubagotti davanti a un auditorium “Giovanni Paolo II” all’Oratorio Maffei affollato con il pubblico delle grandi occasioni. Tra i presenti, insieme al curatore Pasquali, il critico d’arte Gianluigi Guarnieri, l’incaricato diocesano per Beni culturali ecclesiastici don Gianluca Gaiardi, il sindaco Filippo Bongiovanni, la professoressa Chiara Zani insieme ad alcuni studenti del Romani e Sara Zanafredi in rappresentanza di Borciani-Bonazzi, sponsor principale della rassegna. «Mi piace pensare che questi ambienti un domani non saranno vuoti, ma siano un laboratorio di idee dove pensare e sognare di nuovo e stupirsi come oggi davanti a tante opere d’arte» ha aggiunto il parroco al termine dei ringraziamenti.

Gli interventi per guardare al futuro e i progetti per valorizzarne il presente, il rapporto tra vecchi committenti e nuove forme per rappresentare la spiritualità, il fascino dell’antico e la forza della contemporaneità: tutti temi che trovano nella mostra collettiva del Palazzo Abbaziale una sintesi stimolante e affascinante.

«La vostra numerosa presenza mi ripaga degli sforzi di questo progetto nato sette mesi fa – ha detto il curatore Pasquali –. L’intenzione era infatti quella di portare un gruppo di artisti, ciascuno con una propria personale e con una piccola offerta, per aiutare le parrocchie e don Claudio a concludere i restauri dei locali dell’edificio».

Opere di pittura, scultura e ceramica della contemporaneità, dunque, in dialogo con gli affreschi e le sale della vetusta dimora religiosa.

«Mesi fa ho avuto modo di vedere questa meraviglia nel momento del restauro e dissi a Paride di parlare degli spazi e del lavoro progettuale», ha raccontato il critico Guarnieri, il quale ha anche scritto l’introduzione del catalogo curato dal grafico Marco Visioli. «È come nell’antica arte romanica nella quale bisognava arrivare all’altare percorrendo lo spazio delle arcate; ogni scelta del curatore non è stata casuale, perché i colori degli affreschi sulle pareti e le opere esposte si integrano in un tutt’uno». Un dialogo molto difficile da costruire, dunque, tra le sale di un tempo e diverse espressioni artistiche, per raccontare non solo le opere ma anche gli spazi; «un percorso creato ottimamente da Paride nelle forme, nei colori e nella materia in grado di dare un senso unico e imprescindibile a questa mostra. Spero non sia l’unica volta e che in futuro si organizzino altri eventi in questo luogo».

A garantire questo passaggio di consegne ci penseranno alcuni studenti del Romani i quali, coinvolti dalla professoressa Chiara Zani, parteciperanno come guide per illustrare al pubblico la storia del Palazzo Abbaziale e le opere degli artisti in mostra. «L’apprendimento passa attraverso l’esperienza e questi ragazzi, mettendosi in gioco, hanno imparato anche la competenza della comunicazione – ha detto la docente –. Inoltre, in questa occasione, questi studenti hanno visto dagli adulti come dare vita ad un luogo per molto tempo nascosto e oggi di nuovo vivo. Si sono così legati alla storia della città e quindi, in futuro, conserveranno il ricordo di quanto sia importante la memoria e forse un giorno organizzeranno una mostra per dare vita a realtà dimenticate».

Don Gaiardi, invece, tornando sul rapporto tra arte religiosa e contemporanea, ha aggiunto come «abbiamo bisogno che gli artisti di oggi ci parlino della loro spiritualità e ci aiutino a comprenderla e coglierla anche nell’astratto». Ricordando l’importanza dei restauri finora svolti e la necessità di trovare una nuova destinazione alla struttura, «credo che una mostra di arte contemporanea in un contesto del genere serva per ricucire un rapporto deteriorato tra Chiesa e artisti, ma anche suscitare qualcosa del bello e del vero».

Il sindaco Bongiovanni, quindi, ha ricordato i primi finanziamenti nel lontano 2009 di Fondazione Cariplo e come «ci sia ancora bisogno dell’aiuto di tutti per cercare di riportare alla luce tutto il bello che c’è nel palazzo Abbaziale. Oggi vederlo recuperato, insieme a tutte le bellezze prima celate, è stata una piacevole sorpresa».

Un lungo lavoro portato avanti da numerose persone, «dopo tanti anni di lavoro, difficoltà e burocrazia, grazie alla collaborazione dei parroci che si sono succeduti, all’Ufficio diocesano Beni culturali e della Sovrintendenza di Brescia e Mantova», come ha ricordato il geometra Stefano Busi. «Siamo riusciti a rispettare la storia e il contenuto di chi ha avuto l’idea di realizzare questo bellissimo palazzo; un fabbricato storico che ha bisogno di essere vissuto rispettarlo e poi organizzare mostre come queste».

Infine Zanafredi, in rappresentanza di Borciani-Bonazzi, storica azienda manifatturiera di strumenti per l’arte apprezzata da artisti, grafici ed enti di tutto il mondo, ha sottolineato «l’impegno significativo di Paride e l’imponenza della rassegna; i locali sono preziosi e quanto di meglio si possa immaginare per un’esposizione simile».

Questi gli artisti in mostra: Roberto Bedani, Andrea Federici, Chiara Federici, Giordano Garuti, Andrea Ghisoni, Ulisse Gualtieri, Gioacchino La Barbera, Isaia Lazzari, Patrizio Marigliano, Cristina Mazzotti, Franco Mora, Paride Pasquali, Enrico Dennj Peretto, Roberto Sirocchi, Silvio Soliman, Francesco Vitale, Gianna Zanafredi e Giuseppe Zumbolo.




Issr Sant’Agostino, a Pavia inaugurato il nuovo anno accademico

Un’occasione per sentirsi parte di un percorso universitario dedicato agli aspetti teologici ma anche parte di un gruppo coeso, fatto di docenti e studenti capaci di creare legami certamente accademici ma anche dalla forte impronta umana. Nel tardo pomeriggio di giovedì 26 ottobre si è svolta nell’aula magna del Seminario Vescovile di Pavia la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2023/2024 per l’Istituto superiore di Studi religiosi Sant’Agostino, che raccoglie le diocesi di Pavia, Crema, Cremona, Lodi e Vigevano. La cerimonia, presieduta dal direttore del Polo di Pavia don Fabio Besostri, ha visto la partecipazione, insieme al direttore don Antonio Facchinetti, di ben tre vescovi, mons. Maurizio Gervasoni da Vigevano, mons. Antonio Napolioni da Cremona e mons. Corrado Sanguineti di Pavia e l’intervento curato dal professor Fabio Gasti (Ordinario di Letteratura latina tardo-antica all’Università degli Studi di Pavia) dal titolo “Agostino discente, Agostino docente”. Nell’occasione, sono state distribuite agli studenti le pergamene dei Diplomi di Laurea e don Fabio Besostri ha annunciato una nuova interessante collaborazione con l’Università di Pavia relativa ad alcune ricerche documentali che verranno realizzate anche grazie all’Archivio Diocesano di Pavia e che sanciscono l’avvio di nuovo dialogo culturale con l’Ateneo pavese che aprirà nuove prospettive.

Nel suo intervento, il prof. Gasti ha tratteggiato il profilo di sant’Agostino studente («è stato anche un giovane fuorisede, la sua famiglia non era facoltosa, il padre era un impiegato pubblico e desiderava che il figlio studiasse non tanto per la sua cultura ma per farsi bello di fronte agli altri; era una cosa che accadeva e che per certi versi succede ancora oggi in tanti paesi») e docente («il Santo di Ippona scrive che preferiva avere allievi buoni, a cui insegnare gli “inganni utili non a condannare un innocente ma ad assolvere a volte un colpevole”; egli infatti insegnava retorica, che era uno strumento di persuasione. Agostino ammette di aver insegnato a studenti che, come lui, “amavano la vanità e cercavano la menzogna”. Ecco il giudizio severo su chi insegna a parlare e non a pensare!»). Una volta giunto a Roma e dopo aver insegnato a Cartagine, ha precisato ancora il professor Gasti, Agostino trova più serenità nel comportamento degli studenti ma scopre che diversi ragazzi, per non pagare il maestro, cambiano docente spesso; una delusione per il santo che condanna questo genere di comportamento con parole forti e decise. Insomma, grazie all’intervento del professor Gasti, docenti e studenti presenti si sono riconosciuti nelle vicende di sant’Agostino, maestro di vita e spiritualità la cui parola ancora oggi sa orientare.

Interessante il commento e il saluto che mons. Maurizio Gervasoni ha rivolto ai presenti al termine della riflessione curata dal professor Gasti: «Qualche volta sembra che la verità sia solo nell’anima ma non è così, c’è anche il corpo che va ascoltato perché ci permette di essere aderenti alla realtà, mentre l’anima vola tra le fantasie. Allo stesso tempo le passioni vanno vigilate dallo Spirito. A voi che siete qui per imparare ma anche a vostra volta per insegnare auguro di saper passare ai vostri allievi non soltanto la tecnica ma anche la capacità di percepire la realtà».

Un saluto cordiale ai presenti è giunto anche dal vescovo Napolioni che ha augurato a tutti buon cammino accademico e dal vescovo Sanguineti: «Sono contento che questa realtà dell’Issr vada crescendo, lo ritengo sia un segno tangibile di collaborazione tra le cinque diocesi che ne fanno parte che una presenza fondamentale: è importante che qui a Pavia, città universitaria, ci sia la possibilità di studiare teologia, che non significa solo prepararsi all’insegnamento della religione cattolica ma è dare dignità all’intelligenza della fede».

Simona Rapparelli