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Al Museo Diocesano la mostra dei capolavori ritrovati

 

«L’ultima proposta di quest’anno per il Museo Diocesano, un saluto natalizio che vogliamo rivolgere a tutti quelli che son venuti e che verranno ad ammirare la proposta artistica che offriamo». Sono queste le parole con le quali Stefano Macconi, curatore del Museo Diocesano di Cremona, ha presentato la nuova mostra inaugurata nella mattinata di sabato 2 dicembre. Lost and Found – Four Rediscovered Masterpieces  si struttura come un percorso espositivo che che mette in luce la meraviglia di tre dipinti e una scultura in terracotta che derivano dalla tradizione storico-artistica cremonese, opere riscoperte e valorizzate grazie al contributo di PQV fine art Cremona.

Le opere esposte fino al 14 gennaio saranno una tavola raffigurante Madonna con bambino e San Giovannino della bottega del Correggio; la tavola raffigurante un San Benedetto di sicura autografia riferita a Bernardino Campi che apre nuovi scenari sull’attività del maestro legata alle committenze delle monache Benedettine presenti a Cremona; il San Sebastiano, uno dei dieci dipinti più importanti di Antonio Campi, forse realizzato per Sant’Antonino a Milano, per Danese Filiodoni, già podestà di Cremona e gran cancelliere dello Stato di Milano; un busto in terracotta raffigurante un Cristo, dall’intensa forza drammatica, attribuito alla mano di Giovanni de Fondulis.

Ospite dell’inaugurazione, il cavaliere Giandomenico Auricchio ha sottolineato che l’impegno della Camera di Commercio a sostegno dell’iniziativa: «Saremo sempre vicini alle iniziative che promuovono e valorizzano l’arte e il patrimonio artistico – ha detto – in una consapevolezza etica dell’arte come bene di tutta la comunità, ma anche perché convinti che valorizzando l’arte si valorizzi anche l’economia del territorio. Sappiamo infatti come, utilizzando particolari coefficienti, si può valutare quanto investire sull’arte restituisca al territorio risorse di tipo economico».

Pietro Quattriglia Venneri, titolare della galleria di PQV fine art di Cremona, ha proseguito l’inaugurazione con il suo intervento, nel quale ha voluto ricordare che «il lavoro fatto dagli studiosi per presentare al pubblico queste quattro opere è stato ammirevole e di grande importanza per tutta la città. Quella di oggi è solo la prima tappa di questa esperienza, la seconda si terrà il 5 gennaio, e in quel momento avremo il piacere di ascoltare gli esperti che hanno dato vita alla mostra Lost and Found».

Stefano Macconi ha quindi descritto nei minimi particolari l’opera sulla quale ha personalmente lavorato al fine di ricostruire il background storico, culturale e sociale che ha portato alla sua realizzazione. Si tratta dell’opera raffigurante Madonna con bambino e San Giovannino della bottega del Correggio, «un’opera dalle origini della creazione incerte e non ancora precise, quasi straniera fra le altre ma sicuramente legata al lascito artistico del Correggio – spiega Stefano Macconi –, ma soprattutto legata all’altrettanto incerta Madonna di Casalmaggiore. Abbiamo studiato molto e ricercato numerose informazioni su quest’opera, probabilmente è stata commissionata per una devozione privata e lo si deduce dalle dimensioni ridotte. Potrebbe essere un’opera frutto di più mani, elemento avvalorato dalle differenze tecniche che si possono notare fra i personaggi. Le analisi continueranno e maggiori informazioni saranno condivise grazie agli interventi delle studiose Beatrice Tanzi e Raffaella Poltronieri il prossimo 5 gennaio».

Al termine dell’inaugurazione i presenti si sono spostati nelle sale del Museo Diocesano, dove hanno potuto ammirare i tre dipinti esposti e la scultura di terracotta posta al centro, un momento che si è subito trasformato nell’occasione per poter visitare tutto il museo nella sua interezza.




Ensemble “Vox Cordis”, festeggiati a Fornovo i tre anni dalla fondazione

Si è intrecciato, sabato 25 novembre, un gemellaggio musicale per festeggiare il terzo anniversario dalla fondazione dell’ensemble “Vox Cordis”. La chiesa parrocchiale di Fornovo, dedicata a S. Giovanni Battista, ha ospitato per l’occasione 250 coristi, che hanno animato la Messa della vigilia della solennità di Cristo Re, presieduta dal vescovo di Biella, mons. Roberto Farinella, e concelebrata dal parroco don Gianangelo Storari e alcuni sacerdoti della zona.  La regia dell’evento è stata affidata a Nicolas Tonoli mentre la direzione del canto dei numerosi cantori al maestro Renato Zigatti, già direttore del coro “Vox Cordis”. Oltre a numerose corali, ha preso parte all’evento l’ensemble “Forum Novum”, la nuova realtà di Fornovo diretta dal maestro Giacomo Biagi.

«La Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, che tra qualche giorno compie 60 anni, rimarca che la musica sacra può favorire la fede – ha sottolineato il vescovo di Biella nell’omelia –; il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne, perché coopera, proprio per la sua bellezza, a nutrire ed esprimere la fede, e quindi alla gloria di Dio e alla santificazione dei fedeli, che sono il fine della musica sacra».

Al termine dell’Eucaristia, un omaggio alla Madre di Dio: l’accensione di una lampada e l’offerta dei fiori, accompagnati dal canto del Magnificat, eseguito dall’ensemble “Forum Novum”.

Non è mancata la consegna di alcuni doni al vescovo Farinella e ai vari concelebranti e la lettura del saluto di Papa Francesco.

«Dopo l’incontro con il Santo Padre del marzo 2022, ho pensato a questa messa “solenne” perché mi sembrava bello riunirsi nella nostra casa comune con tante realtà che utilizzano la loro voce per cantare la Parola di Dio e sentire le voci dei solisti, del coro e degli strumenti che raggiungono Dio: per ringraziare il Signore per quello che ci dona, per esaltarne la gloria e la santità e chiedere al mondo la pace – ha spiegato Tonoli a margine della celebrazione –. Ed è quello che vogliamo fare tutti noi, ringraziare il Signore per quello che ci dona. Lo facciamo in musica perché la musica è l’elemento che coinvolge tutti». «È motivo di orgoglio – ha concluso – che la comunità di Fornovo, nella figura del parroco, abbia accettato che l’evento potesse realizzato in casa nostra, seguendo anche l’invito emerso nella recente visita pastorale, che ci ha stimolato a proseguire questo cammino e a vivere la comunità, tenendola attiva grazie all’unione di tutti».




Open day in Università Cattolica, porte aperte sul futuro

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Un doppio appuntamento ha interessato, nella giornata di venerdì 1° dicembre, la sede cremonese dell’Università cattolica del Sacro Cuore. Ragazze e ragazzi, liceali e studenti universitari, hanno popolato gli spazi del corpo aule del campus Santa Monica, per la mattinata dedicata all’Open day e allo Stage day.

Dedicato agli studenti che sono in procinto di finire la scuola superiore, l’Open day è stato occasione per far conoscere la realtà universitaria cremonese a coloro che tra pochi mesi saranno chiamati a scegliere la propria strada per il futuro. I presenti, hanno infatti avuto modo di seguire alcune lezioni, scelte a seconda dei loro interessi, di accedere ai desk informativi dei corsi di laurea, ma anche di visitare gli spazi del campus. Nel pomeriggio, invece, la presentazione dei corsi di Laurea magistrale, pensato appositamente per laureandi e laureati in triennale.

Un’evento che ha rivelato un incremento di partecipanti rispetto allo scorso anno: da 70 studenti accolti un anno fa, ai circa 120 che si sono presentati durante la mattinata del 1° dicembre. Un’iniziativa, soprattutto, che dà il via a ulteriori significative tappe del percorso di orientamento, che passerà da un altro Open day e dai colloqui individuali dedicati ai potenziali futuri iscritti della Cattolica. «La paura che avevamo in questi anni di pandemia era che i ragazzi si stessero un po’ disinnamorando degli eventi in presenza – spiega Michelangelo Balicco, direttore della funzione marketing dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona –, invece la grande risposta, a livello di affluenza, che abbiamo ricevuto, ci fa ben sperare per il futuro, perché significa che i ragazzi hanno voglia di spostarsi, si interessano alle cose e vengono a verificarle personalmente».

 

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Un focus, dunque, sull’orientamento in entrata, ma senza dimenticare quello in uscita. Al primo piano del corpo aule, praticamente in contemporanea all’Open day, si è infatti svolto lo Stage day, indirizzato agli studenti del secondo anno della laurea magistrale in Innovazione ed Imprenditoria digitale, coordinato dal Professor Fabio Antoldi. L’iniziativa ha visto la presenza di 20 aziende e di 45 manager aziendali, con più di 150 colloqui effettuati: un’occasione per i laureandi per orientarsi nella scelta dello stage pre-laurea più interessante per costruire il proprio futuro professionale.

«Per quanto riguarda l’orientamento in uscita, c’è un forte coinvolgimento delle aziende – aggiunge Balicco –. L’equilibrio tra domanda e offerta sta completamente cambiando e le aziende sono alla ricerca, in modo sempre più proattivo, di talenti». E conclude: «Giornate come questa sono perfette per fare in modo che questo riequilibrio tra domanda e offerta trovi un nuovo punto di caduta». Parole a cui si aggiungono quelle del direttore di sede, Matteo Burgazzoli, che ha sottolineato l’importanza di questa giornata, in quanto «opportunità per intraprendere un percorso di sperimentazione in ambito lavorativo che arricchisce notevolmente quella che è l’esperienza formativa dei ragazzi».

Una giornata ad hoc per chi sta costruendo il proprio futuro, per far conoscere e per far fruttare ciò che l’Università Cattolica continua a proporre con passione.




Il Vescovo per i vent’anni della “Sacra Famiglia”, «una scuola si ispira al Vangelo non per essere migliore, ma speciale»

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Una Cattedrale gremita e partecipe, con gli alunni di oggi e di una volta, i docenti, il personale, i genitori e gli amici a occupare i banchi del Duomo in occasione della Messa per i vent’anni della cooperativa sociale Sacra Famiglia, scuola paritaria di Cremona, fondata nel 2003 e subentrata al precedente omonimo istituto nato nel 1932. La celebrazione è stata presieduta dal vescovo Antonio Napolioni nel pomeriggio di domenica 26 novembre. Hanno concelebrato alcuni sacerdoti diocesani legati a questa scuola, tra cui i docenti don Marco Genzini, don Stefano Montagna e don Fabio Sozzi; oltre a loro, il parroco e il rettore della Cattedrale, don Antonio Bandirali e mons. Attilio Cibolini.

La Messa è stata celebrata nel giorno della solennità di Cristo Re, «che è il giorno perfetto, perché ci riconsegna il segreto, il perché una scuola che si ispira al Vangelo non vuole essere una scuola migliore, ma una scuola speciale», ha sottolineato il vescovo all’inizio della sua omelia. «Una scuola speciale perché non nasconde, ma anzi rivela, progressivamente, il segreto di tutte le cose – ha aggiunto – studia l’universo, ma ne conosce il Re, il Creatore; non impone la fede, ma sollecita il desiderio, la ricerca, l’intelligenza, il confronto e il coraggio di credere, di aderire al mistero nascosto nella vita».

Citando il profeta Ezechiele, che scrive “il Signore passerà in rassegna le sue pecore”, mons. Napolioni ha spiegato: «Io non lo immagino come un generale davanti all’esercito, ma come una brava insegnante che fa l’appello e che dopo alcuni giorni non ha più bisogno di farlo; perché li vede al volo i suoi ragazzi, li conosce a memoria i loro nomi, si accorge subito se manca qualcuno, lo sa che dietro quella faccia triste c’è quel problema in famiglia. Certo, c’è la privacy, ma prima ancora c’è la carità. E lo so che costa oggi essere insegnanti, educatori, anche nella non facile relazione con le famiglie, che pur hanno un gran bisogno di non essere lasciate sole». Ha quindi aggiunto: «Il Signore immagina la diversità dei nostri ragazzi. Chi preferisce una materia e chi ne odia un’altra. Chi è pronto a dire la sua e chi va stimolato perché è più timido. Dio si prende cura di ciascuno di noi come una creatura, un figlio, un soggetto da amare in maniera unica e irripetibile. Più la scuola è animata dallo Spirito di Gesù e più è sacra ogni persona di cui si prende cura».

Infine, attraverso le parole di san Francesco d’Assisi, il vescovo ha detto: «”Tu sei bene, tutto il bene, il sommo bene”, quel bene che abbiamo da fare, quel bene che abbiamo da fare, da esprimere, davanti alla diversità delle povertà, delle fatiche e delle miserie che ci vengono addosso e che anche noi sperimentiamo a una sorgente». E ha concluso: «Lui, che è l’unico vero maestro, si fida anche di noi, come suoi strumenti, come sue mani, sua bocca e suoi piedi, verso le nuove generazioni. E allora lo benediciamo perché ci ha rivelato questa possibilità e Lui benedice noi perché la mettiamo in atto ancora a lungo, finché Egli vorrà».

Ascolta l’omelia del Vescovo

La celebrazione, animata dalla “Mauro Moruzzi Junior Band” e dal coro composto dagli alunni della scuola primaria, è stata occasione per ricordare la professoressa Francesca Beccari, Walter Giussani, socio fondatore della cooperativa, e Giuseppe Manotti, volontario a scuola. Tre “amici” della “Sacra”, venuti a mancare negli ultimi anni, ma la cui testimonianza è sempre viva e illuminante per tanti. «Uomini e donne – ha detto il presidente Paolo Emiliani nel saluto finale – che devono essere indicati come testimoni per altri uomini e altre donne, non solo della scuola, ma della società di oggi». Il presidente ha quindi voluto ringraziare tutti i presenti, tra cui le suore che sono attive da decenni con la scuola dell’infanzia, e tutti coloro che, in ogni ruolo, dedicano impegno e tempo alla scuola. Un ringraziamento, poi, in particolare ai ragazzi che sono «i veri protagonisti e la ragione della nostra opera, la ragione per cui facciamo scuola».

All’uscita della Cattedrale, alcuni ragazzi hanno consegnato ai presenti la stampa di un dettaglio dell’opera Cristo di Francesca Beccari.

 

Ascolta il saluto del presidente Emiliani




La veglia della Gmg ha illuminato le strade di Cremona

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Luoghi, parole e gesti di speranza. È quel «sentimento di Dio», nella fatica e nel dolore, «capace di motivare l’impegno e la testimonianza concreta di cambiare in meglio noi stessi e il mondo in cui viviamo». All’alba di un nuovo anno liturgico si riverbera ancora la luce dell’esperienza della Gmg: nel pomeriggio di sabato 25 novembre, infatti, si è svolto il raduno diocesano della 28ª Giornata mondiale della gioventù, in comunione con tutte le diocesi del mondo. Insieme al vescovo Antonio Napolioni più di un centinaio di giovani, provenienti dalle varie parti della diocesi, hanno così vissuto la veglia itinerante di preghiera e riflessione lungo le vie del centro cittadino.

Un’edizione “ridotta” del grande raduno internazionale sul tema “Lieti nella speranza” scelto da Papa Francesco. Grazie alla collaborazione con l’unità pastorale Cittanova, insieme ai collaboratori della Federazione Oratori Cremonesi, guidati da don Francesco Fontana, incaricato diocesano per la Pastorale giovanile, e animato dal coro Effatà di Calcio, l’evento è stato caratterizzato da quattro momenti simbolici legati all’esortazione di san Paolo. Uno stimolo per le giovani generazioni a mettersi in cammino per le strade della città e in quelle fatidiche, ma entusiasmanti, della quotidianità seguendo questo atteggiamento dello spirito cristiano.

Nel cortile dell’oratorio di Sant’Ilario è avvenuto il ritrovo dell’iniziativa. Alcuni pannelli hanno raccontato la storia millenaria del monastero Corpus Domini, poi caserma e ancora centro di accoglienza degli ebrei liberati dai campi di prigionia e dei profughi italiani dalla guerra. Luogo di speranza nel passato in grado di parlare al presente; ambiente di ospitalità di chi aveva perso tutto; spazio di cura e crescita nella fede di ragazzi e famiglie. «Altri luoghi di speranza esistono anche oggi: le nostre case, gli oratori, i centri alla vita. Noi quali di questi abitiamo e con quale stile ci facciamo portatori di speranza con le nostre parole e i nostri gesti?». Lì l’accensione di una lanterna: luce che ha guidato la processione verso la vicina chiesa di Sant’Agata.

Accompagnati dalla riflessione di don Marco D’Agostino, biblista e rettore del Seminario di Cremona, i giovani hanno così ascoltato il capitolo 12 della Lettera ai Romani dell’apostolo. Allora come oggi, il testo si rivolge ad una comunità che sta vivendo un periodo storico di grande difficoltà. «Gioia e tristezza, fiducia e vuoto sono binomi dentro di noi: la speranza è, anzitutto, un risvolto che riguarda tutta la comunità dei credenti. Non è qualcosa di personale, che “ce l’ho”, oppure “mi manca”. La speranza è il fondamento, prima della tribolazione e della preghiera. Se si è insieme è tutta un’altra musica». Questa lietezza nasce dall’amore concreto e senza maschere di chi vuole amare ed essere amato; ed è il sentimento di Cristo riversato nei cuori di ognuno e grazie ad essa «è possibile avere fiducia in Dio e negli uomini».

 

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Finita la meditazione il gruppo si è incamminato in modo ordinato verso piazza del Comune, portando con sé altre lanterne; gesto simbolico per tanti coetanei afflitti da guerre e violenze a tenere viva la fede nel domani. Le luci sono state poi appoggiate davanti all’ingresso della Cattedrale, di fronte alla croce della Gmg. Dopo un altro intenso momento di raccoglimento, i partecipanti sono entrati in una chiesa in penombra, prima di illuminarsi per l’ultimo atto della veglia: l’esposizione del Santissimo Sacramento tra letture, preghiere, canti e silenzio. «È bello sapere che tanti altri giovani e chiese di tutto il mondo cercano e trovano in Te presenza e compagnia in grado di rimettersi in cammino – ha detto il vescovo nella meditazione –. Tu sei in chi ci sta accanto, a chi non c’è, anche a chi è più lontano e indifferente. Questa sera stringhiamo di nuovo il patto con te e con i fratelli e le sorelle ad essere cittadini operosi, membra vive e pietre preziose non per nostri meriti ma per ciò che tu fai di noi ogni volta che ci abbandoniamo con fiducia a te».

Dopo la lettura di un passaggio del messaggio del Papa è seguito il momento della preghiera dialogata in favore della pace, ispirata dalle parole del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, scritte alla sua Diocesi allo scoppio del conflitto in Terra Santa: «Non possiamo vivere questo tempo estremamente doloroso senza rivolgere lo sguardo verso l’Alto, senza guardare a Cristo, senza che la fede illumini il nostro sguardo su quanto stiamo vivendo, senza rivolgere a Dio il nostro pensiero». A concludere il momento in Cattedrale, la benedizione impartita dal vescovo, che ha consegnato ai rappresentanti di parrocchie, associazioni, movimenti e comunità religiose un piccolo cero a ricordo e invito di questa giornata a tenere viva la speranza.




Affetti e disabilità, la gioia di amare nelle corsie dell’Istituto




Masci, borse di studio per il Seminario nel ricordo del vescovo Galli

Nato a Soresina e cresciuto nella parrocchia cittadina di Sant’Agata, mons. Maurizio Galli, già vescovo di Fidenza, fu rettore del Seminario vescovile di Cremona dal 1982 al 1998, anno in cui avvenne l’ordinazione episcopale. Deceduto nel 2008, mons. Galli è stato ricordato con una Messa di suffragio, organizzata dalla comunità Scout “Cremona 2” del Masci e celebrata nel pomeriggio di mercoledì 22 novembre, giorno successivo al suo compleanno.

La celebrazione ha avuto luogo nella chiesa di San Michele, parrocchia in cui il vescovo Galli mosse i suoi primi passi da vicario, dal 1964 al 1978, e dove fu anche assistente ecclesiastico per gli Scout Asci, poi Agesci.

L’Eucaristia è stata presieduta da don Mario Binotto, assistente spirituale della comunità Masci di San Michele, dove è stato vicario dal 1970 al 1985, e concelebrata da alcuni sacerdoti diocesani, tra cui il parroco don Aldo Manfredini.

La Messa, oltre che per rinnovare il ricordo del compianto vescovo, è stata occasione per la consegna alla comunità del Seminario di due borse di studio, dal valore di 500 euro ciascuna, che saranno destinate a due seminaristi cremonesi. Le borse di studio sono state conferite dal Masci di Cremona e consegnate dal responsabile Enrico Gabbioneta a don Francesco Fontana, in rappresentanza dalla comunità del Seminario. «La proposta del Masci – ha sottolineato Gabbioneta al momento della consegna – è intitolata alla memoria di don Maurizio e al suo lungo impegno a servizio del Seminario».

La celebrazione, che ha visto la presenza di fedeli sammichelini e di esploratori e guide adulti di Cremona, si è conclusa con Oh Vergine di luce (Scende la sera), canto della tradizione scout.




Virgo Fidelis, celebrata a San Luca la Messa per l’Arma dei Carabinieri

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«Affidabili perché affidati». È questo il messaggio che il vescovo Napolioni ha voluto lanciare all’inizio della sua omelia, in occasione della Messa nella festa della Virgo Fidelis,  patrona dell’Arma dei Carabinieri, presieduta nella mattina di martedì 21 novembre nella chiesa di San Luca, a Cremona, alla presenza delle più alte autorità civili e militari. Una chiesa gremita di donne e uomini in divisa, provenienti da Cremona e dalle stazioni del territorio, insieme anche a colleghi in congedo, nel giorno in cui la Chiesa ricorda la presentazione e l’affidamento della Beata Vergine Maria – ancora bambina – al tempio.

«Maria non la vediamo solo bambina affidata a Dio nel tempio – ha sottolineato mons. Napolioni – ma anche donna e madre ai piedi della croce del figlio a rinnovare questo affidamento al mistero che la rende affidabile, non solo per il figlio Gesù, ma per tutti noi». Ha poi aggiunto: «Nasce una nuova fedeltà, quella di Maria alla Chiesa, alla storia, per questo nei secoli e nei millenni non ci stanchiamo di guardare a lei perché ci conduca alla fraternità».

«L’Arma dei Carabinieri, le nostre forze dell’ordine, tutti coloro che servono la collettività devono essere affidabili. La gente deve potersi fidare di noi, ne facciamo un motivo di impegno, di revisione di vita, di crescita, tutti i giorni – ha voluto evidenziare il Vescovo –. Ma come è possibile se noi non abbiamo alle spalle qualcuno che ci sostiene?! La forza del poter meritare fiducia viene dal sentirci dentro in una fiducia più grande». Ha quindi concluso: «Maria non solo ci guarda e intercede, ma ci traccia la via. E come lei possiamo essere più forti, più uniti, perché affidati al Signore e affidati gli uni agli altri».

 

Omelia del vescovo Napolioni

 

La Messa, animata dal coro dell’Istituto superiore “A. Stradivari” di Cremona, si è conclusa con la recita della Preghiera del carabiniere e con il saluto del colonnello Paolo Sambataro, nuovo comandante provinciale dei Carabinieri, presentato nel suo nuovo incarico lo scorso 29 settembre, che ha voluto ringraziare il vescovo, i presenti e tutti i membri dell’Arma e delle forze dell’ordine per il servizio appassionato che svolgono nelle comunità. «Il carabiniere si confronta sempre con l’effige della Virgo Fidelis – ha detto il comandante Sambataro –, ma si confronta anche con quelle cinque parole, tratte dal libro dell’Apocalisse, scritte proprio sull’effige, che racchiudono ed esauriscono, dirompenti nel loro monito, l’essenza della missione di ogni carabiniere: “Sii fedele fino alla morte”». Cinque parole che «Maria le trasforma in un’amorevole esortazione, affinché ciascuno di noi possa divenire tra la gente, specie tra i più giovani, uno strumento di coesione sociale, di fiducia, di speranza e di rinascita».

 

Saluto del colonnello Sambataro

La festa dell’Arma

La celebrazione della “Virgo Fidelis” è stata occasione anche di celebrare l’82° anniversario della “Battaglia di Culqualber” e la “Giornata dell’Orfano”, con la quale l’Istituzione intera e con essa l’ONAOMAC, l’opera di assistenza che si dedica proprio ai figli dei militari scomparsi, si stringe intorno a quelle famiglie segnate da perdite inconsolabili.

La celebrazione della Virgo Fidelis risale al 1949, quando Sua Santità Pio XII proclamò ufficialmente Maria “Virgo Fidelis Patrona dei Carabinieri”, fissandone la ricorrenza al 21 novembre, data in cui la Cristianità celebra la festa liturgica della Presentazione di Maria Vergine al Tempio. Ma la stessa data è memorabile anche per fatti storici in cui l’Arma si è resa protagonista durante la Seconda guerra mondiale e di cui ricorre l’82° anniversario: il 21 novembre del 1941, infatti, ebbe luogo una delle più cruente e sanguinose battaglie fra italiani e inglesi in terra d’Africa. Un intero Battaglione di Carabinieri si sacrificò nella strenua difesa, protrattasi per tre mesi, del caposaldo di Culqualber. Per quel fatto d’arme e per l’eroismo dimostrato, alla Bandiera dell’Arma venne conferita la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare, dopo quella ottenuta per la partecipazione alla Prima guerra mondiale. Quei Caduti sono entrati a far parte della folta schiera di Eroi che, in pace come in guerra, hanno saputo tener fede al Giuramento prestato fino all’estremo sacrificio.




La Vergine di Lourdes pellegrina a Caravaggio: nel suo volto la gioia del Paradiso

Guarda la photogallery completa dell’arrivo della statua della Madonna di Lourdes

 

Domenica 19 novembre alle ore 10 a Caravaggio, una processione ha dato inizio alla Santa Messa presieduta dal vescovo emerito Dante Lafranconi in un Santuario gremito di fedeli accorsi da tutta la diocesi e non solo per accogliere la statua della Madonna di Lourdes in occasione della Peregrinatio Mariae.

La celebrazione è stata preceduta, nella giornata di sabato, con la cerimonia di accoglienza della statua, la Messa e il Rosario e, alle 21, con la caratteristica celebrazione del Rosario aux flambeaux, cui un gran numero di fedeli ha partecipato in profondo raccoglimento lungo i portici del Santuario.

 

Le foto del Rosario aux flambeaux di sabato sera in Santuario

 

«Oggi il Vangelo ci parla di un padrone che dà alcuni beni ai suoi servi affinché li facciano fruttare –  ha detto mons. Lafanconi nell’omelia – perché la vita terrena ci chiede di guardare al domani e impegnare le nostre capacità in direzione del futuro, senza essere pigri».

Il Vescovo emerito ha ricordato poi che il 19 novembre si celebra la giornata mondiale del povero, indetta da Papa Francesco che ha scelto come tema “Non distogliere lo sguardo dal povero”(Tb 4,7). I poveri, ha ricordato il Vescovo, «sono coloro nei quali il Signore si immedesima. È importante nella nostra vita andare incontro a Dio aiutando queste persone, che troppo spesso ignoriamo».

Ha poi ricordato che dobbiamo camminare dentro questo mondo avendo ben presente che la meta è altrove: la nostra esistenza terrena è un punto di passaggio verso un altro mondo e nella comunione perfetta con Lui in paradiso.

«È stato questo – ricorda mons. Lafranconi – il messaggio della Madonna a Bernadette : promette a lei, e quindi a noi, che saremo felici non solo in questo mondo, ma nel prossimo. La Madonna riprende il messaggio del Vangelo che ci interroga in prima persona: dove cerchiamo la felicità? Ci accontentiamo di godere delle gioie di questo mondo, o cerchiamo anche altrove?». 

Il Vescovo Emerito ha poi fatto riferimento agli ultimi episodi di cronaca e alla vicenda della giovane ventiduenne uccisa dall’ex fidanzato: un uomo che «Non è stato capace di accettare il rifiuto e la frustrazione della propria storia finita». Compito del mondo adulto è quindi quello di educare i più giovani ad accettare i fallimenti e trovare nelle frustrazioni un senso positivo.

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Le apparizioni della Madonna, a Lourdes e a Caravaggio ad esempio, «sono un richiamo dell’altro mondo per ricordarci che l’esistenza terrena non è quella definitiva. Per ricordarci che giorno dopo giorno andiamo verso la vita eterna goduta con Dio».

Gesù, che è venuto sulla terra, si è fatto uomo per associare gli uomini e le donne a sé nella sua divinità, come cittadini e cittadine del cielo, figli e figlie di Dio.

La nostra testimonianza di cristiani – ha concluso mons. Lafranconi – è quella di non dimenticare che la vera gioia è nell’altro mondo. Qui accogliamo tutte le gioie che la vita ci offre, senza farne un assoluto. Le penitenze che Maria ci chiede durante le apparizioni ci educano a non perdere di vista che siamo figli di Dio e insieme con Gesù partecipano della sua stessa beatitudine».

 

Ascolta l’omelia del vescovo emerito Lafranconi

 

La Messa si è conclusa con la preghiera di affidamento alla Madonna di Lourdes e con la processione che accompagna la partenza della statua che continuerà la sua Peregrinatio attraverso i maggiori santuari mariani che si concluderà il 14 dicembre in Vaticano quando i volontari dell’Unitalsi verranno ricevuti dal Santo Padre per festeggiare i 120 anni della nascita della loro associazione.

 

 




«La persona disabile ha diritto di amare», convegno in Seminario su affettività e sessualità nella disabilità

 

«Ripartiamo da questo giorno con domande illuminate, senza la fretta di avere subito tutte le risposte». È l’auspicio e il monito del vescovo Antonio Napolioni in apertura del convegno “Anch’io so voler bene: affettività e sessualità nella persona con disabilità” che si è tenuto nella mattinata di sabato 18 novembre nel salone Bonomelli del Seminario di Cremona e che ha proposto una serie di riflessioni e valutazioni su uno degli aspetti più delicati e meno affrontati della vita delle persona disabili.

Promosso da Fondazione Istituto Ospedaliero di Sospiro con Arsac (Associazione residenze socio-sanitarie di Cremona) e patrocinato da Diocesi di Cremona, Unità Pastorale “Madre Nostra” e Cascina San Marco di Tidolo (Sospiro), il convegno ha proposto una serie di riflessioni e valutazioni su uno degli aspetti più delicati e meno affrontati della vita delle persona disabili.

Sul palco si sono alternati professionisti ed esperti del settore: il professor Serafino Corti, direttore del Dipartimento Disabilità di Fondazione Sospiro e docente presso l’Università Cattolica di Brescia; suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale delle Persone con disabilità della CEI; padre Maurizio Faggioni, professore presso l’Accademia della Pontificia Università Antonianum di Roma.

Giovanni Scotti, Presidente Arsac e Fondazione Sospiro, ha aperto i lavori con una panoramica sul perché di questo incontro, nato dalla necessità di «fare una riflessione non solo etica, ma anche scientifica e umana su un tema complesso e non sempre facile, un ragionamento laico prezioso sia per la chiesa che per la comunità».

Anche il vescovo Napolioni ha posto l’accento sulla comunità e sul territorio: «Cremona ha un tessuto sociale capace di innovazione in termini di attenzione verso i più deboli e chi vive in situazioni di svantaggio. Oggi dobbiamo ascoltare ed impegnarci a portare nelle realtà le riflessioni e le intuizioni».

La parola poi è passata al professor Serafino Corti per la parte più legata al mondo scientifico e clinico. «L’uomo si realizza solamente attraverso la comunità e la socialità. Dobbiamo essere in grado di dare sostegno anche a chi non è in grado da solo di stare nel mondo, di comunicare. La persona disabile non è un guscio vuoto, un corpo da nutrire e curare, senza altre esigenze. Ha il diritto di vivere i propri sentimenti e la propria sessualità ma va aiutata a gestirla, nel rispetto della propria persona e del proprio corpo. Per questo dobbiamo chiederci che cos’è importante per loro e capire quali sono i bisogni, entrando in quella relazione con gentilezza e con scienza. Noi operatori dobbiamo avere la capacità di metterci in discussione, non facciamoci bastare il fatto di aver provato, preoccupiamoci sempre di verificare i risultati».

Padre Faggioni ha posto l’accento sulla parte più legata alla relazione, alla sessualità quale espressione e linguaggio della persona che si svela come essere capace di amare ed insieme bisognoso di essere amato: «Nella sessualità il corpo è un aspetto fondamentale, ma non come oggetto, bensì come strumento che permette l’incontro e l’accoglienza dell’altro da sé. La persona è creata a immagine di Dio ed è chiamata ad attuarsi nell’incontro e nella comunione» ha commentato, riprendendo il messaggio di Papa Giovanni Paolo II: «La persona disabile ha il diritto a ricevere e dare amore, come sa e come può. Le relazioni affettive di coppia, laddove possibili, vanno sostenute ed accompagnate: non si devono reprimere, ma educare ed incanalare».

La chiusura dei lavori è stata affidata a suor Veronica Donatello con le belle testimonianze di due coppie di ragazzi disabili che hanno affrontato il proprio percorso affettivo arrivando al matrimonio: Davide e Laura, due ragazzi con sindrome di Down, e Alberto e Giorgia, autistici. «Non è il grado di disabilità a definire la capacità di amare. Noi abbiamo dovuto superare tante barriere, sappiamo bene cosa vuol dire affetto ed amore» hanno raccontato. «Spesso le persone con disabilità sono immaginate come essere asessuati, con un angelismo disincarnato che non corrisponde alla realtà – il commento della religiosa –. Altre volte ci si sofferma sul problema perdendo di vista l’insieme della persona: serve una visione cristiana dell’uomo nella sua interezza e dignità. La complessità non ha mai risposte banali, per questo dobbiamo rimanere nella sfida».