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«Presenti e vicini, anche senza parole»: a Dosolo l’ingresso di don Angelo Ruffini e don Massimo Macalli

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Domenica 10 ottobre hanno fatto il loro ingresso come nuovi parroci don Angelo Ruffini, nominato anche moderatore, e don Massimo Macalli nelle comunità dell’unità pastorale formata dalle parrocchie di Cavallara, Correggioverde, Dosolo, Sabbioni di San Matteo, San Matteo delle Chiaviche e Villastrada. Nella cerimonia di insediamento presso la chiesa parrocchiale di Dosolo i due sacerdoti sono stati accompagnati da mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, che ha presieduto la liturgia eucaristica e da don Davide Barili, vicario zonale.

I sacerdoti prendono il posto di don Stefano Zoppi, che era parroco di Cavallara, Villastrada, Correggioverde e Dosolo, e di don Angelo Maffioletti che era parroco di San Matteo delle Chiaviche e Sabbioni di S. Matteo, unendo così le sei parrocchie in un’unica unità pastorale.

Accompagnato dal Corpo filarmonico G. Verdi il sindaco di Dosolo, Pietro Bortolotti, ha accolto sul sagrato della chiesa, a nome dell’Amministrazione e delle comunità, don Angelo e don Massimo assicurando la collaborazione con senso di responsabilità e del dovere: «In questo cammino di fede incontriamo oggi don Angelo e don Massimo ai quali porgiamo il benvenuto nella nostra casa che da oggi sarà anche la vostra nuova casa: sentitevi a casa vostra e vi porgiamo il saluto più caloroso, sarete e vi sentirete pastori di tutti senza eccezione alcuna e vi accogliamo come guide e come fratelli, segno del Signore tra di noi ed eredità di bene lasciata dai vostri predecessori che vi chiediamo di arricchire con il vostro carisma e con i valori di cui siete portatori».

Al termine dei riti di ingresso della Messa il vicario zonale don Davide Barili ha dato lettura del decreto di nomina. La liturgia è proseguita con l’aspersione dei presenti da parte di don Angelo e l’incensazione dell’altare da parte di don Massimo.

Un membro del Consiglio pastorale ha poi salutato i nuovi parroci a nome di tutte le comunità parrocchiali: «Per i sacerdoti che hanno deciso di mettersi a servizio di queste terre la chiamata è stata una scommessa importante – ha detto – l’esperienza li ha sempre portati ad affezionarsi a questa gente, in terra mantovana tra il fiume Oglio il fiume Po, che è schietta ma accogliente, che non riempie le chiese ma che esprime solidarietà in impensabili azioni a chi è nel bisogno, con fantasia e desiderio di incontrarsi». E ancora: «Inizia il percorso assieme, nella speranza che le strade di ciascuno dei nostri paesi diventino le vostre strade ed ogni chiesa sia la vostra chiesa: come diceva don Primo Mazzolari “il prete non è uno che esige la perfezione ma uno che aiuta a dare il meglio”». Per poi concludere con un augurio e il dono di una casula a ciascun sacerdote: «Cammineremo insieme per il tempo che Dio vorrà e con la grazia della vostra presenza affinché ciascuno possa dare il meglio nella gioia del servizio».

Dopo le letture del giorno, è stata l’omelia del Vescovo a offrire ulteriori spunti di riflessione: «Il Vangelo della chiamata di quel giovane, come la chiamata di ognuno di noi – ha quindi proseguito il vescovo – chi siete voi parroci? Le aspettative le avete sentite, ma prima di fare occorre essere: il primo messaggio è quindi davvero quello di accogliere questo nuovo incarico come quando il Signore vi ha messo nel cuore questa ipotesi di vita, non perché come prete siamo migliori ma perché stiamo dietro al Signore».

«Le parole di Gesù sono “Vieni e seguimi”: le ricchezze non sono solo i soldi ma anche le sicurezze, gli affetti, il proprio io, i propri progetti e le proprie paure che ci paralizzano impedendoci di andare dietro al Signore che non si stanca di chiamare anche oggi ognuno di noi – ha ripreso mons. Napolioni – per essere testimoni del Signore non chiudetevi in ufficio e in casa, ma andate tra un paese e l’altro perché chiunque vi incontra possa incrociare qualcosa di quello sguardo di Gesù».

Il vescovo ha poi proseguito ricordando l’apertura del Sinodo sulla sinodalità aperto in mattinata a Roma da Papa Francesco: «Ascoltare il Vangelo e ascoltare i fratelli: voi iniziate questa missione mentre inizia il cammino del Sinodo della Chiesa universale e della Chiesa italiana, per due anni ci alleneremo ad ascoltarci per mettersi alla ricerca della volontà di Dio. Anche le comunità seguiranno non solo i parroci, ma il Signore stesso e come accade a chi è più ricco e pensa di farcela con le sue forze, sarà più tentato di dire “no grazie, faccio da solo” mentre sono i più poveri, i più deboli e i più fragili che si sintonizzano con l’opera di Dio».

Mons. Napolioni ha quindi concluso l’omelia con un augurio: «Buon cammino, a tutti noi insieme perché siamo tutti protagonisti di ciò che accade oggi. Non è semplicemente la festa a due nuovi parroci ma è la gratitudine al Signore che si fa Eucaristia con noi e per noi affinché ci riconosciamo condotti, nutriti, accompagnati, custoditi e perciò sicuri da ogni turbamento: la comunione con Gesù ci dà la vera pace da invocare, scambiare, custodire e regalare a chiunque».

La celebrazione eucaristica è quindi continuata con la liturgia eucaristica e dopo la Comunione ha visto il nuovo parroco moderatore prendere la parola per un saluto alla comunità che lo ha accolto: «Il fiume Po ci accomuna in questo territorio, vorrei condividere un saluto ricevuto in questi giorni che riprende il messaggio dei percorsi pastorali del vescovo di quest’anno “Va’ avanti e accostati”: sapendovi fare vicino, soprattutto alle famiglie giovani, a chi ha bisogno di una parola o di un consiglio, ma anche di una presenza anche senza parole, l’esserci con i nostri desideri, le nostre fatiche quotidiane nell’attività e nell’azione educativa, tutti possiamo giocare insieme questa scommessa per mettercela tutta nell’essere segno di una comunità che vive con lo spirito di Dio nel cuore».

Ha quindi subito seguito don Massimo Macalli con il suo saluto: «Il cammino di più comunità insieme deve prendere il ritmo giusto come quando si canta: se non c’è ritmo il canto diventa brutto; bisogna un po’ abituarsi a questo ritmo di camminare insieme perché se qualcuno sbaglia ritmo qualcuno resta indietro, qualcuno va’ troppo avanti e allora bisogna un po’ aiutarsi in questo: la grazia del Signore ci accompagni per questo».

Per concludere il pomeriggio di gioia, dopo le firme dell’atto di immissione alla presenza dei testimoni, è stato quindi il momento di un rinfresco accompagnato da un momento di musica dal vivo in oratorio per festeggiare insieme e scambiare le prime parole di conoscenza con i parroci appena accolti.

Matteo Lodigiani

 

 

Biografia dei nuovi parroci

Don Angelo Ruffini (in foto a sinistra), che è stato anche nominato moderatore, è nato a Calvatone nel 1964 ed è stato ordinato il 18 giugno 1994. È stato vicario a San Bassano (1994-1999) e Castelleone (1999-2004). Nel 2004 è stato nominato parroco di Drizzona e Voltido; diventando nel 2005 parroco in solido presso le parrocchie di San Giovanni in Croce, Solarolo Rainerio e Voltido. Dal 2006 al 2011 è stato parroco in solido di Casteldidone e San Lorenzo Aroldo. Dal 2011 era parroco a San Bassano e Santa Maria dei Sabbioni, e dal 2019 anche di Cornaleto, Formigara, Gombito e San Latino.

 

Don Massimo Macalli (in foto a destra), classe 1975, originario di Covo, è stato ordinato il 17 giugno 2000. È stato vicario a Casalbuttano (2000-2008), nella parrocchia Cristo Risorto di Cassano d’Adda (2008-2011) e a Calcio (2011-2014). Nel 2014 il trasferimento, come collaboratore parrocchiale, a Dosimo, Persico e Quistro. Parrocchie di cui nel 2018 è stato amministratore parrocchiale, insieme a quelle di Gadesco, Pieve Delmona e San Marino, di cui sino ad oggi è stato parroco in solido.




La splendida chiesa di Santa Maria Maddalena di Cremona risplende di nuova luce

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Nella serata di venerdì 8 ottobre si è svolta l’inaugurazione del nuovo impianto di illuminazione della Chiesa di S. Maria Maddalena (Cremona).
Si tratta di un edificio di notevole importanza storico-artistica oltre ad essere molto caro non solo ai parrocchiani, perché luogo per anni delle funzioni liturgiche, ma anche a molte coppie di sposi che hanno scelto S. Maria Maddalena per celebrare il sacramento del matrimonio.

Il parroco, don Antonio Bandirali che ha pensato e si è impegnato per la realizzazione di quest’opera di adeguamento e sicurezza, nel saluto iniziale agli intervenuti, ha sottolineato come la luce di cui ora gode la chiesa, e che ne mette in risalto la bellezza, possa essere segno di speranza per l’epoca che stiamo vivendo, l’auspicata l’uscita dal buio del periodo di pandemia.
L‘opera è stata economicamente possibile grazie agli Amici di S. Imerio Onlus con i proventi del 5×1000, il Comune di Cremona attraverso i fondi derivati dagli oneri di urbanizzazione, il Touring club e i privati che hanno contribuito generosamente.

L’architetto Romano Ruggeri dello studio associato Archidue ha presentato i lavori svolti mentre venivano accese le luci e l’edificio sacro si mostrava in tutto il suo splendore.

Don Gianni Cavagnoli liturgista, già vicario negli anni ottanta nella parrocchia di S.Imerio, nel suo competente e appassionato intervento ha poi presentato il profondo legame tra il tema della luce e la liturgia. Le due feste: della Pasqua, la festa delle feste, e il Natale, attorno alle quali ruotano tutte le altre feste – ha sottolineato – mostrano attraverso il segno della luce il mistero della risurrezione e dell’incarnazione. Il Natale – ha ricordato ancora don Cavagnoli nel suo intervento – si celebra al solstizio d’inverno, quando il sole incomincia a “vincere sulle tenebre dell’inverno”. La Pasqua è invece legata al plenilunio di primavera. Ancora una volta la liturgia si serve di segni per parlarci di Cristo, come ad esempio si evidenzia nel canto dell’Exsultet durante la Veglia pasquale: “Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero, offerto in onore del tuo nome per illuminare l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne”.
La luce dell’alba e del tramonto segnano inoltre tutta la preghiera cristiana “delle ore”. Nelle lodi mattutine ad esempio si prega: “verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace”. (Benedictus)

Un’arte, quella della luce e dell’illuminazione in ambito liturgico, da scoprire e valorizzare.

La Prof.ssa Mariella Morandi, nella sua illustrazione storico-artistico, ha ripercorso la storia della Chiesa di S. Maria Maddalena che affonda le sue radici nel XIII sec. e deve il suo aspetto attuale ai lavori di consolidamento condotti negli anni ‘60 che hanno portato alla luce diversi affreschi quattrocenteschi. Tra gli aspetti artistici di notevole interesse che la chiesa custodisce si segnalano la pala d’altare di Tommaso Aleni, la decollazione del Battista di Luca Cattapane nella quale si evidenzia un uso sapiente, e fortemente innovativo per l’epoca, della luce che bene si inserisce nel tema che ha segnato la serata.

Ad accompagnare i diversi interventi l’audizione straordinaria del preziosissimo violino Omobono Stradivari del 1730 suonato dal giovane talento Lorenzo Meraviglia accompagnato da Mauro Ivano Benaglia, primo violino e direttore della Accademia Concertante d’Archi di Milano.
I brani eseguiti hanno riscosso grande apprezzamento e sono stati accompagnati da lunghi applausi.

La chiesa, così dunque riportata al suo massimo splendore, è ora aperta al pubblico e potrà essere visitata grazie ai Volontari per il Patrimonio Culturale del Touring Club.

Questa domenica, 10 ottobre, la Messa delle 18.30 solitamente celebrata a S. Ilario, sarà celebrata in Santa Maria Maddalena.




Il Vescovo nella festa di san Francesco d’Assisi: «Era un cuore inquieto, come quello dei giovani d’oggi»

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È stato il vescovo Antonio Napolioni a presiedere la Messa nella festa di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia e degli ecologisti, celebrata nel pomeriggio di lunedì 4 ottobre presso la chiesa dei frati cappuccini di San Giuseppe a Cremona. A concelebrare insieme al vescovo Antonio anche mons. Dante Lafranconi, vescovo emerito di Cremona, fra Giorgio Peracchi, padre guardiano del convento di via Brescia, don Pietro Samarini, vicario zonale e don Flavio Meani, cerimoniere episcopale.

Ad aprire la celebrazione eucaristica le parole di padre Giorgio Peracchi: «Il mio sentimento di gratitudine per la presenza dei sacerdoti e la parola “comunione” che mi è venuta in mente nel vedere i due vescovi insieme, come siamo abituati a vederli: sono un grande esempio di comunione e per questo noi li ringraziamo».

Nella festa del poverello di Assisi monsignor Napolioni ha proposto nell’omelia una riflessione sui giovani di oggi, partendo dalla vita di Francesco: «Francesco smaniava di grandezza e ci riguarda conoscerlo attentamente: che giovane era quando è stato chiamato? Era molto più simile ai nostri giovani di oggi più di quanto noi immaginiamo, tanto che potremmo chiamarlo patrono dell’apericena e della movida, non perché si sia fermato lì, ma perché anche lì si manifesta l’inquietudine, il bisogno, la ricerca, la confusione, cose tanto grandi dentro di lui da renderlo terreno adatto alla chiamata: di che pasta sono i giovani da cui il Signore tira fuori un san Francesco? Sono come altri milioni di ragazzi e ragazze».

Per questo il vescovo ha voluto sottolineare l’attualità del modello del santo di Assisi: «La profezia di Francesco – ha detto – sfida anche il XXI secolo e quelli che verranno. È certamente tutto dono di Grazia, ma che entra a contatto con una realtà umanissima: in Francesco c’è certamente il seme del bene e della grazia, ma non da cancellare la miseria umana, perché se non fosse così noi saremmo condannati all’impossibilità di vedere un risveglio della vocazione nei ragazzi, nei giovani e nei ragazzi che verranno, mentre il Signore lavora molto meglio sui cuori inquieti e indifferenti».

«Oggi la grande malattia è l’apatia, la depressione, il cinismo, la chiusura in sé stessi e anche un po’ di perbenismo che ci fa mettere sul piedistallo: nel leggere la storia del giovane Francesco dobbiamo scuoterci nello sguardo che noi abbiamo verso i giovani di oggi e di domani perché sono tutti potenziali santi; non solo quelli che vengono a Messa, ma quelli che cercano sé stessi nelle maniere più strane» ha quindi proseguito il Vescovo dopo aver letto alcuni passi della vita di san Francesco narrati negli scritti di Tommaso da Celano e Bonaventura da Bagnoregio.

Il Vescovo ha quindi concluso la sua riflessione sui giovani con un invito a mettersi in gioco: «Siamo noi chiamati ad essere lo sguardo e la mano di Dio su tutti i giovani, con quale fede, quale tatto, quale coraggio, quale apertura di cuore e quale fede possiamo sfidare anche i giovani del nostro tempo che non aspettano altro pur senza saperlo. Chiediamo a san Francesco che ci coinvolga in questa missione, lui che ha affascinato milioni di giovani e che vuole continuare a farlo nel nome del Signore Gesù».




«Come una mongolfiera che si alza verso il cielo»: don Fabrizio Ghisoni nuovo parroco di Paderno Ponchielli e Ossolaro

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Domenica 3 ottobre la comunità di Paderno Ponchielli ha vissuto un pomeriggio di festa per l’ingresso di don Fabrizio Ghisoni come nuovo parroco delle parrocchie di “San Dalmazio” in Paderno Ponchielli e “Santo Stefano martire” in Ossolaro, due delle quattro comunità dell’unità pastorale “Nostra Signora della Graffignana” (che comprende anche le parrocchie di Casalbuttano, San Vito e Polengo). La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal vescovo Antonio Napolioni, affiancato dal vicario zonale don Giambattista Piacentini, dal parroco moderatore dell’unità pastorale don Gianmarco Fodri e da don William Dalè, da poco ordinato diacono in servizio presso l’unità pastorale. Ad accompagnare il nuovo parroco anche don Giuseppe Nevi, parroco di Soncino dove don Fabrizio ha svolto l’incarico di vicario, insieme ad alcuni parrocchiani soncinesi.
La celebrazione è stata animata dai canti della corale parrocchiale con Francesca Capelli all’organo “Pacifico Inzoli”, recentemente restaurato.

A dare il primo benvenuto a don Ghisoni è stato Cristiano Strinati, sindaco di Paderno Ponchielli, che ha rivolto al nuovo parroco alle porte della chiesa un saluto a nome della comunità comunale che rappresenta: «Voglio subito dare del tu al parroco per farti percepire una presenza familiare: il tuo arrivo è significativo perché sarai parroco di tutta la comunità comunale diventando parroco anche di Ossolaro e dovrai cercare di smussare gli spigoli di questa nuova unione. Abbiamo pensato di regalarti un pallone da calcio “Tango Rosario” conoscendo la tua passione calcistica e come simbolo dell’oratorio visto che un pallone fa sempre famiglia».

Al termine dei riti di ingresso della Messa il vicario zonale don Giambattista Piacentini ha dato lettura del decreto di nomina. La liturgia è quindi proseguita con l’aspersione dell’assemblea e con l’incensazione dell’altare per mano del nuovo parroco.

Un membro del Consiglio pastorale parrocchiale ha rivolto poi  il saluto della comunità parrocchiale a don Fabrizio: «Le comunità di Paderno e Ossolaro affidate alla sua guida con vera gioia e spirito di servizio, dopo aver salutato con affetto e riconoscenza i predecessori don Claudio e don Floriano, sono ora desiderose di condividere con lei il cammino di fede e di crescita spirituale e umana – ha detto –. Averla tra noi è un dono grande che sprona ognuno a mettersi in gioco per il bene comune come laici responsabili». E ancora: «L’entusiasmo con il quale si appresta a diventare nostro parroco ci riempie di gioia e ci investe di precipue responsabilità: insieme nella quotidianità cercheremo di rendere buona testimonianza con semplicità e impegno sostenendoci a vicenda come si fa in una vera famiglia».
È stata quindi donata a don Fabrizio una nuova stola, simbolo del sacerdozio, come augurio per questo nuovo capitolo del suo ministero.

Dopo le letture del giorno, è stata l’omelia del Vescovo a offrire ulteriori spunti di riflessione: «A un prete si chiede di benedire tutto, persino le macchine e tanti altri oggetti, ma il Vangelo di questa domenica si conclude con Gesù che benedice i bambini, li accoglieva e conosceva il loro segreto e voleva insegnare ai discepoli, come a noi, che l’atteggiamento vero del credente è sapere di avere Dio come padre, Maria e la Chiesa come madre».

«Ti chiedo – ha ripreso mons. Napolioni –, prima di insegnare, di imparare una realtà: le vie, i nomi, gli indirizzi e le storie. La parrocchia non è enorme, ma seguire queste storie sarà la vera nuova idea e realtà di parrocchia, famiglia di famiglie dove insieme si vince la paura e ci si aiuta nelle difficoltà, dove le fragilità vengono prese in carico umilmente da tutti come è lo stile del Signore che ci accompagna così tutti i giorni della nostra vita».

Il vescovo ha poi concluso: «I campanili devono essere delle antenne di comunicazione, ben venga una santa gara di campane, non sempre, di giorno a dire la gioia di una fede contagiosa e allora sarà bello guardare al futuro, che non ci metterà paura davanti al fascino della vita familiare e coniugale e al dolore che proviamo per le ferite di tante famiglie. Nasca la carità di servirle insieme alla comunità e ai sacerdoti, in comunione con la Chiesa e con il Papa, perché davvero l’amore dell’uomo e della donna sia la grande letizia della vita umana e cristiana in ogni tempo».

La celebrazione è quindi proseguita con la liturgia eucaristica e dopo la Comunione ha visto il nuovo parroco prendere la parola per un saluto alla comunità che lo ha accolto: «Nel cuore ho solo la lode e il ringraziamento al Signore e a tante persone, soprattutto a don Claudio Rasoli, mio compagno di Messa, che mi ha preceduto in questa parrocchia e che mi lascia una comunità viva, attiva e che mi ha accolto in maniera calorosa».

Don Fabrizio ha quindi proseguito ricordando la mongolfiera noleggiata qualche anno precedentemente in oratorio a Paderno Ponchielli: «La vita cristiana è un po’ come cucire una mongolfiera, tante volte  è un lavoro lungo e anche complicato: quando va in alto la mongolfiera è leggera, piena di aria calda – ha quindi proseguito il nuovo parroco – perché si sollevi e ci porti al Signore in maniera simbolica, è necessario sia acceso un fuoco, il fuoco dello Spirito Santo, e allora spero che quel fuoco sia acceso nel cuore di ognuno, e che quell’aria calda riempia ad ognuno di noi quella pienezza di grazia di cui Maria è l’esempio».

Quindi, don Fabrizio ha concluso: «Un ultimo pensiero lo voglio rivolgere alla Paderno celeste, è già in programma la Messa per i defunti, questa visione dove noi siamo la Chiesa militante ma tanti nostri fratelli sono già vivi in Dio, ci permette di avere una visione ampia, celeste: quella della mongolfiera che si alza verso il cielo. Nel dialogo e nel confronto spero che potremo fare tanta strada insieme».

Per concludere il pomeriggio di gioia, dopo le firme dell’atto di immissione alla presenza dei testimoni, è stato quindi il momento di un rinfresco in oratorio per festeggiare insieme e scambiare le prime parole di conoscenza con don Fabrizio con i canti di accoglienza dei bambini del catechismo: “Con te faremo cose grandi” e “Tu sei uno di noi” sulla figura del sacerdote.

Successivamente, martedì 5 ottobre alle 21, don Ghisoni presiederà l’Eucaristia in suffragio dei defunti nella chiesa parrocchiale di San Dalmazio.

Matteo Lodigiani

 

Biografia del nuovo parroco

Don Fabrizio Ghisoni, classe 1977, originario di Villacampagna, è stato ordinato il 15 giugno 2002. Ha iniziato il proprio ministero a Cremona come vicario della parrocchia Ss. Apollinare e Ilario, e dal 2011 è diventato vicario anche di Sant’Agata. Nel 2013 il trasferimento a Soncino come vicario di S. Maria Assunta e S. Giacomo apostolo, S. Pietro apostolo e S. Bartolomeo apostolo in Isengo; incarichi a cui dal 2015 ha aggiunto anche quelli di vicario di Casaletto di Sopra e Melotta. Ora monsignor Napolioni l’ha scelto come nuovo parroco delle comunità di San Dalmazio in Paderno Ponchielli (prendendo il testimone da don Claudio Rasoli) e Santo Stefano martire in Ossolaro (dove era parroco don Floriano Scolari).

 

Saluto di don Fabrizio Ghisoni

Cari parrocchiani,

con molta gioia mi preparo a trasferirmi in mezzo a voi. Ringrazio il Vescovo per la fiducia e non vedo l’ora di cominciare il mio ministero a Paderno e Ossolaro nonché nell’Unità Pastorale Nostra Signora della Graffignana.

Sul retro dell’immaginetta alla mia prima messa, ormai 19 anni fa, feci scrivere questa frase del Beato Ildefonso Schuster: “la nostra condizione è tale che, o siamo ministri di Dio ed allora saremo santi – o non lo siamo, e allora recheremo più danno che vantaggio alla Chiesa e alle anime”. Ero giovane e volevo proprio contribuire alla nuova evangelizzazione come la presentava il Papa, allora Giovanni Paolo II, nella Novo Millenia Ineunte. Oggi Papa Francesco torna spesso a spronare il clero su questi temi ma il tutto è ancora difficile e la secolarizzazione avanza.

Alla luce di questi slanci giovanili devo confessare di non essere ancora “santo”, però non ho mai smesso di interrogarmi su come “far passare la linfa”.

Sì, Gesù si definisce la vite e noi allora ne siamo semplicemente i tralci. Il Maestro, infatti, ci dice: “chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla (Gv 15,5).

Perciò vengo in mezzo a voi col pensiero che il vero pastore è Cristo, è Lui che ha già redento il mondo; a noi il compito di lasciar passare la Grazia, di dissodare il terreno per far respirare il seme buono dalla zizzania soffocante… e allora “Sì: sarà bello essere “fratelli in Cristo”. lo vengo in mezzo a voi con gioia ed entusiasmo.

In realtà quest’anno 2021 secondo di Pandemia, che si è aperto con uno Sciamano a Capitol Hill e si chiude con il ritorno dei Talebani in Afganistan, sembra resettare 20 anni di storia e lascia aperte tante preoccupazioni politiche e sociali. Nonostante tante cose brutte che ci circondano voglio venire in mezzo a voi ad annunciare ancora la buona novella, la Parola viva di Cristo. Farò mio il suggerimento che San Paolo lascia a Timoteo: “annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento (2Tm 4,2) perciò vi chiedo fin da subito di aver pazienza. Nell’attesa di incontrarci presto mi affido alle vostre preghiere; su me e su tutti voi la protezione della Vergine Maria della Graffignana e dei Santi Dalmazio e Stefano.

don Fabrizio

 




Il Vescovo ad Antegnate per l’insediamento del nuovo parroco: «Sarà un cammino di popolo, nel quale il dialogo fa da collante»

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La comunità di Antegnate ha accolto nel pomeriggio di sabato 2 ottobre don Angelo Maffioletti, nuovo parroco in sostituzione di don Marco Leggio, il vicario zonale trasferito come nuovo parroco ad Agnadello.

Un corteo, partito alle 16.30 dalla zona San Rocco, con le autorità civili e le associazioni di volontariato (Aido, Avis, Alpini e Nonno Gino), ha accompagnato il sacerdote originario di Arzago d’Adda fino in piazza Cavour dove ad attenderlo c’erano la banda musicale di Antegnate e diversi preti diocesani.

Sul sagrato della chiesa parrocchiale il sindaco Mariangela Riva ha pronunciato il discorso di benvenuto. «Un avvicendamento di un parroco – ha detto il primo cittadino – è sempre un nuovo inizio in una comunità, qualcosa che si rinnova e, in quanto tale, si accompagna a sentimenti positivi, di fiducia e di speranza per il futuro, anche quando capita in un periodo come questo dove a prevalere sono troppo spesso la precarietà e l’incertezza. Fra poco, don Angelo, sarai formalmente il nostro parroco. Ti chiedo, a nome della comunità antegnatese, di aiutarci a mantenere e, ove occorra, a recuperare quei valori fondanti del vivere insieme e quei sentimenti più profondi che da sempre ispirano l’agire umano».

Subito dopo è iniziata la celebrazione solenne in San Michele Arcangelo, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni ed animata con il canto dalla corale parrocchiale. A don Lorenzo Nespoli, parroco di Covo, il compito di leggere il decreto di nomina di don Maffioletti, mentre il saluto del Consiglio pastorale parrocchiale (che gli ha donato un’effige della Madonna del Rosario) gli è stato rivolto da Fulvia Goisa. «Caro don Angelo – ha detto – ad Antegnate trovi una comunità pronta a riprendere il cammino con una nuova guida. A nome di tutti i gruppi parrocchiali ti assicuriamo collaborazione e impegno e ti offriamo le nostre idee e le nostre tradizioni. L’anno pastorale che inizia sarà molto impegnativo, ma ci troverai al tuo fianco e insieme a te proseguiremo la collaborazione con le parrocchie di Covo, Fontanella, Barbata e Isso che ci porterà alla nuova unità pastorale».

Un saluto, quello letto dalla Goisa, ispirato quindi al desiderio di unità, un po’ lo stesso concetto cui ha fatto riferimento il Vescovo nella sua omelia prendendo spunto dal brano di vangelo: «Se il protagonista della vita della Chiesa è il Signore vivente – ha spiegato monsignor Napolioni – la sua parola vale più di tutte le nostre. E la via da Lui tracciata è quella della famiglia. Il cammino che dobbiamo fare è un cammino di popolo nel quale il dialogo fa da collante, in una Chiesa meno clericale e più famiglia di famiglie».

Don Angelo ha preso la parola a fine Messa. Citando santa Teresa di Lisieux, il neoparroco ha detto di voler chiedere due cose per questa sua nuova missione pastorale: la Misericordia del Signore e l’amore dei fratelli e delle sorelle. «In questo modo – ha sottolineato don Maffioletti – il camminare assieme mano nella mano avrà un altro sapore. Ed in questo cammino vorrei essere uno di voi, con semplicità, portando, io bergamasco, la ricchezza della terra che lascio (San Matteo delle Chiaviche e Sabbioni di San Matteo, ndr)».

Luca Maestri

 

 

 

Biografia del nuovo parroco

Don Angelo Maffioletti, originario di Arzago d’Adda, classe 1974, è stato ordinato il 17 giugno 2006. Ha iniziato il proprio ministero come vicario parrocchiale a Mozzanica. Nel 2010 ha perfezionato gli studi teologici a Roma conseguendo la licenza in Mariologia. Dal 2011 al 2014 è stato vicario parrocchiale a Cremona presso la parrocchia S. Michele Vetere. Dal 2014 era parroco di San Matteo delle Chiaviche e Sabbioni di S. Matteo. Ora monsignor Napolioni gli ha affidato la comunità di Antegnate.

 

Saluto di don Maffioletti

Partire, lasciare… iniziare un nuovo cammino non è facile per nessuno. Il cuore e la memoria in questi mesi mi stanno facendo vivere tante emozioni forti. La tua nuova missione sarà ad Antegnate… le parole del vescovo hanno provocato in me paura e gioia grande. Questi sono gli stessi sentimenti che le donne hanno provato il mattino di pasqua facendo esperienza della pasqua del Signore.  La paura ci riporta alla mia e alla nostra pochezza mentre la gioia ci ricorda la consapevolezza di non essere soli, ma di essere accompagnati per mano dal Signore.

Nel vistare la Chiesa parrocchiale di Antegnate mi ha colpito lo stuolo di santi rappresentato e soprattutto la Vergine con il bambino che dal 700 sovrasta e protegge il suo popolo.  La presenza dei Santi e di Maria ci ricordano che non siamo soli ma che, come affermiamo nell’ave Maria, il Signore è con noi.  Nella Chiesa parrocchiale la grande finestra del Santuario aperta sull’assemblea diventa un’icona forte delle parole che il concilio scrive nel capitolo VIII della Lumen Gentium. Maria brilla davanti al peregrinante popolo di Dio come segno di sicura speranza e di consolazione (LG 68).

In questa speranza fatta carne nel figlio di Maria inizia il nostro nuovo cammino. Questo vuole essere per tutti noi il Punto di partenza, ripartenza e un giorno di arrivo e compimento: il Signore Gesù.

In queste poche righe mi affido alle preghiere dei tanti sacerdoti che hanno guidato e servito la comunità di Antegnate e che ora sono nella pace di Cristo, in modo particolare a Don Dino che ha guidato la comunità parrocchiale per molti anni.

Un grazie pieno di Gratitudine per l’accoglienza fraterna di Don Marco e per il ricordo orante di Monsignor Marchesi, di Don Samuele e per la stima mostratami da Don Rinaldo.

Grazie a tutti… Con Timore e gioia grande iniziamo insieme questo cammino… Lui è con noi tutti i giorni.

Che Il Glorioso Michele con la forza della sua Spada e La Vergine Maria con il suo amoroso manto, ci difendano e ci benedicano…la strada è aperta… camminiamo.

Don Angelo Mafioletti

 




Il vescovo alla Polizia: «Anche noi partecipiamo alla missione di liberazione dal male»

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È stato il vescovo Antonio Napolioni a presiedere la Messa nella festa di san Michele arcangelo, patrono della Polizia di Stato, celebrata nella mattinata di mercoledì 29 settembre presso la chiesa di San Michele Vetere a Cremona, a concelebrare il parroco don Aldo Manfredini e il cerimoniere vescovile don Flavio Meani.

Alla presenza delle autorità civili e militari di Cremona, a partire dal prefetto Vito Danilo Gagliardi e dal questore Carla Melloni, monsignor Napolioni ha proposto nella sua omelia una riflessione che ha toccato da vicino temi e questioni che distinguono la professione e la vita stessa di chi, come i poliziotti, si occupa della sicurezza dei propri concittadini.

Nell’omelia il Vescovo ha sottolineato come il servizio professionale della polizia sia indispensabile per la comunità: «Anche oggi siete in prima pagina sul giornale, come tutti i giorni nelle pagine interne con le pattuglie nel compiere il vostro dovere nelle situazioni più diverse. Nei giorni scorsi vi ho pensato più volte per ciò che sta accadendo nella nostra società con le forme di disagio e insofferenza che sfociano nella violenza e nei delitti».

Monsignor Napolioni ha quindi rivolto l’attenzione ai fatti di cronaca degli ultimi giorni che hanno riguardato il territorio: «Ho provato a immaginare che cosa pensate e sentite voi quando vi trovate a contatto con queste situazioni: non soltanto per i litigi o per calmare qualche ubriaco, ma quando un figlio ammazza una madre, un bambino viene trovato in certe condizioni o i corpi galleggiano sui nostri fiumi. Ci si può abituare al male?».

«Nel Padre Nostro – ha detto ancora il Vescovo – si invoca Dio per liberarci dal male e noi partecipiamo alla missione di liberazione dal male se innanzitutto chiamiamo le cose per nome, riconoscendo con discernimento ciò che è male e ciò che è bene nella nostra vita con umiltà e onestà. La Parola ci parla dei poteri dati al Figlio, un potere che non è solo la forza pubblica, la forza dell’arcangelo che è raffigurato con la spada, ma è la capacità e la possibilità che si possa davvero collaborare alla vittoria sul male che Cristo Signore ha realizzato morendo in croce e salvando l’umanità».

Il Vescovo ha quindi concluso la sua riflessione rivolta ai membri della polizia: «La preghiera a san Michele non è una generica protezione religiosa, ma un patto con Dio che ci ha resi suoi collaboratori nei confronti del creato, della società, di noi stessi e del nostro destino. Vi auguro tutti i giorni di salire all’incontro con Dio per poter scendere con più coraggio e più forza a lottare contro il male».

La celebrazione è stata seguita da un’assemblea composta dagli agenti e i dirigenti dei vari reparti della Polizia di Stato, che ha schierato in piazza anche alcuni dei mezzi utilizzati nel servizio quotidiano sulle strade della città.



«Obrigado!», il saluto commosso di Salvador de Bahia a don Emilio Bellani

Circondato dall’allegria della sua comunità, colmo dell’emozione del saluto e della gratitudine per undici anni di cammino condiviso, don Emilio Bellani ha salutato la comunità della parrocchia di Gesù Cristo Risorto di Salvador de Bahia, dove ha prestato il suo servizio di sacerdote missionario e parroco con passione e instancabile impegno.

Nella sua ultima settimana in terra brasiliana, non è bastato qualche acciacco ad impedirgli di percorrere le strade della favela per incontrare i tanti gruppi che con lui hanno animato la vita pastorale, sociale e culturale dei quartieri. Una settimana di festa, ringraziamenti e incontri: quegli incontri che sono stati il tratto distintivo della sua presenza a Salvador, come prete tra le case. Spesso nelle case.

Ricordi che restano come fondamenta per il cammino di fede e di fraternità che continua con la presenza di don Davide Ferretti, da pochi giorni nominato parroco dopo due anni di condivisione della vita pastorale con don Emilio.

Nella sua omelia durante la Messa di domenica 26 settembre, con cui ha salutato la parrocchia nella chiesa parrocchiale, don Emilio ha citato la frase di un ragazzino della parrocchia, postata sui social dopo il Battesimo ricevuto insieme a tanti altri fratelli, giovani e adulti: «Dio ama le novità – ha detto don Emilio commentando le letture della domenica – ama le sorprese equando senti che ti stai addormentando lui bussa alla tua porta attraverso gli incontri, o magari la tv o internet… Questo ragazzino ha scritto sui social dopo il suo Battesimo: “Ho ancora molto da imparare, tante cose in cui crescere: è questo che io desidero”. Com’è facile per un adulto lasciare che il cuore si arrugginisca, perdere il desiderio di conoscere di più la vita e quindi di conoscere di più Gesù, che non è una teoria, ma una una presenza concreta che ti accompagna nella vita reale».

Durante la celebrazione, molto partecipata ed emozionante, anche grazie ai canti eseguiti con trasporto dal coro parrocchiale e dagli allievi dei corsi di musica della parrocchia, don Emilio ha ricordato i tanti momenti condivisi con la comunità, ha chiesto perdono per gli errori e i limiti, ma soprattutto ha ringraziato.

Anzitutto per «l’allegria di vedere qui tutti voi in questa occasione: mi rallegra – ha detto il sacerdote – sapere che ognuno di voi sta incontrando Gesù e sta lasciando che lui cambi la sua vita», e per «il tanto bene ricevuto. Un bene che – ha aggiunto – sono certo accompagnerà anche don Davide, che ringrazio per questi due anni in cui è stato al mio fianco condividendo il cammino e incoraggiandomi sempre».

Il brano significativamente intitolato Amigos por siempre”, amici per sempre, ha concluso la Messa, ma non l’abbraccio della comunità a don Emilio, trattenuto a lungo in chiesa per centinaia di saluti personali, di doni, di abbracci, di foto ricordo, con molti, moltissimi sorrisi e qualche lacrima di commozione per un saluto carico di affetto.

L’ultimo pensiero di don Emilio è un lungo e sincero elenco di “obrigado”: grazie a tutti coloro, giovani e adulti, che hanno impegnato il loro tempo e le loro energie per le attività della parrocchia, per chi ha seguito i corsi di arte, musica, danza, chi ha allenato i ragazzi del calcio, chi si è impegnato nell’animazione della liturgia, a chi non ha fatto mancare il proprio supporto alle tante iniziative di carità che hanno offerto aiuto alle situazioni di fragilità e povertà nel quartiere. «Grazie a tutti voi che nelle vostre case lottate ogni giorno con ottimismo, anche quando il frigorifero è vuoto: quanto bene fate a noi sacerdoti quando passiamo dalle vostre case».

Un bene capace di superare le distanze, di fare di un addio, un canto di gratitudine.




Università Cattolica, il Campus di Santa Monica apre al futuro, tra offerta formativa e passione per l’umano

Dopo un anno e mezzo di distanze e vuoti colmati solo in parte dalle possibilità offerte dalla tecnologia applicata alla didattica, si può dire che per il nuovo campus dell’Università Cattolica viva proprio in questi giorni il suo “varo” reale.

A raccontare i primi giorni dell’anno accademico nel nuovo campus dell’Università Cattolica nell’ex monastero di Santa Monica a Cremona, è l’ultima edizione di Riflessi Magazine, il mensile digitale della diocesi di Cremona, che dedica all’Ateneo un servizio nell’edizione “Onde” con un ampio reportage fotografico dalla sede di via Bissolati e le parole dei due presidi delle facoltà che propongono i propri corsi nella sede cremonese: «Questo anno e mezzo – riflette il professor Marco Trevisan, preside della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali – è stata una perdita umana e culturale per tutti. Ora l’aspettativa più importante è quella di lasciarsi alle spalle tutti i problemi legati alla pandemia e tornare a vivere la vita universitaria». «Cerchiamo con tutte le nostre forze – guarda avanti anche la professoressa Anna Maria Fellegara, Preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza – di iniziare una nuova fase che ha bisogno di ripartire dalla formazione delle persone, che sono il motore di una nuova fiducia per un Paese come il nostro, avanzato, ma fortemente provato».
Una nuova fase che richiede tanta voglia di scoprire quanta capacità di costruire. Cremona, la città e il suo territorio, vede la strada che si apre: è il suo futuro a muoversi nei cortili eleganti e moderni del complesso monumentale: «Tecnologie all’avanguardia dentro tutto questo italian style», descrive ammirata una studentessa olandese.

Le immatricolazioni crescono. La Cattolica di Cremona è già passata da 400 a 600 nei sei corsi e tre master offerti dalle due facoltà. L’obiettivo è quello di arrivare ad esprimere tutta la potenzialità di accoglienza, servizio e didattica del campus che può arrivare fino a 1200 studenti. «Pensare di triplicare la presenza in una città – ragiona Trevisan – significa guardare con fiducia a un grande traguardo». La sensazione è di essersi appena alzati sui blocchi di partenza… Il preside raccoglie la metafora olimpica e sorride guardando le aule e i laboratori, grandi, moderni e attrezzati: «Per noi questo è già un salto in alto da record mondiale».

E mondiale è la vocazione dell’offerta formativa, in particolare per la facoltà di Scienze agrarie che propone tre corsi di laurea magistrale in lingua inglese che richiamano studenti da tutti i continenti: «Il bacino tradizionale dei nostri corsi raccoglie ragazzi da Asia, Africa e Sudamerica, e i corsi in double degree generano scambi continui tra Italia e numerosi paesi europei coma Francia, Olanda, Germania, Svezia, Belgio… Quest’anno tutti questi studenti stranieri torneranno a frequentare in presenza».

Nelle classi di Santa Monica il 20-30% degli studenti arriverà dall’estero, in un clima generale di contaminazione che riguarda l’approccio alle discipline di studio come l’incontro tra culture: interculturali e interdisciplinari. A Cremona infatti Economia e Scienze Agrarie progettano e lavorano in stretto contatto per dare vita a corsi di laurea capaci di allargare lo sguardo su una realtà complessa: «Al centro di percorsi – continua Trevisan – c’è il tema dello sviluppo sostenibile che guarda certamente alle dinamiche ambientali nei processi di produzione, ma pone anche grande attenzione alla sostenibilità sociale ed economica».
Legame con il territorio e apertura mondo, questa la dinamica su cui si gioca la capacità innovativa e la conferma di qualità dell’offerta formativa della università Cattolica a Cremona in particolare. «In città come Cremona e Piacenza – commenta la preside Fellegara – si vive bene e i nuovi spazi di cui disponiamo offrono nuovi stimoli per ri-partire, ri-pensare. Non si tratta di tornare a qualcosa che esisteva prima, ma di esporsi al nuovo».
Il post-lockdown, il ritorno in presenza, lo sconvolgimento dei paradigmi e la spinta a ripartire… «Le fragilità che questo periodo ha portato alla luce possono aver fatto danni – riflette la preside della facoltà di Economia e Giurisprudenza – ma in fondo ci insegna anche che non possiamo inseguire una felicità ad ogni costo. Possiamo costruire una nuova fiducia». E per farlo servono i giovani. Questi giovani nati nel nuovo millennio che lasciano le loro case, le loro città, la loro comfort-zone per crescere, conoscere, stringere legami e immaginare un futuro.

Una giovane, jeans, lunghi capelli castani, giacca elegante e zaino con la scritta “Built to resist” si affaccia al punto informazioni. Sono le 9.50 e la sua prima lezione sarà tra 40 minuti. C’è tempo per godersi il sole fresco sulle panche nel parco verde. Qualcuno prova il caffè del bistrot, altri hanno già aperto il laptop sui tavoli sotto al portico, alcuni prof stanno già spiegando il programma del corso. Il personale del Servizio di orientamento lascia l’ufficio per accompagnare una ragazza dai tratti sudamericani che in perfetto inglese chiede dove si svolgerà il Welcome day per le matricole inizia alle 10.30 ma alle 9 c’è già movimento nel grande corridoio del Magazzino Carri.

Santa Monica è viva e l’eco di questo brulicare si sta già propagando nel quartiere, nella città, nel tessuto produttivo del territorio che guarda con grande interesse e speranza al grande di laboratorio di formazione che scalda i motori, nell’ambito agri-food come in quello dell’innovazione tecnologica, particolarmente coinvolto (sono oltre trenta le aziende partner, locali, nazionali e internazionali) dal nuovo corso di imprenditorialità digitale che si pone come obiettivo quello di formare una nuova generazione di imprenditori del settore digitale, attraverso il contatto diretto con gli stakeholder di settore e una didattica innovativa. «Il confronto con il mondo del lavoro – spiega infatti Fellegara – sarà con le imprese e le rappresentanze professionali, ma anche con tutto ciò che si muove fuori da queste categorie. Pensiamo al mondo delle start-up e ai tanti giovani che sono già imprenditori prima ancora di saperlo e si lanciano con le loro idee. Superando l’approccio di una didattica orientata allo studio della storia delle discipline, cercheremo di offrire ai nostri studenti gli strumenti per riconoscere gli elementi rilevanti e interpretare i fenomeni. Li stimoliamo a progettare, a pensare di fronte ai problemi».

L’obiettivo è dunque quello di offrire strumenti di conoscenza in grado di strutturare la creatività delle nuove generazioni, perché sia in grado di esprimersi al massimo del proprio potenziale: «Non possiamo sapere oggi cosa servirà al mondo di domani. Non abbiamo la pretesa di insegnare ciò che serve. Ma abbiamo la responsabilità di non perdere le persone, il loro potenziale per la comunità».

Questo raccontano i primi giorni di “vita vera” universitaria a Santa Monica: una struttura adatta, bellissima e funzionale, accesa dalla presenza delle persone. «Qui sta la sfida– sorride la preside Fellegara – che l’Università affronta ogni giorno, quella della formazione umana. È vero, abbiamo una “cassetta per gli attrezzi” adeguata, è la qualità della nostra formazione; ma la nostra missione è preparare gli studenti a un esercizio costante della coscienza».
Professionisti, ma soprattutto persone, adulti capaci di scelte mature e innovative, di rispetto e relazioni. «A Cremona o Piacenza, in Lombardia o nell’Emilia, in Italia, in Europa… Se ognuno farà la sua parte, se ognuno sarà nelle condizioni di dare il meglio di sé, allora potremo affrontare con fiducia il futuro». Il futuro di tutti, che non è mai stato così vicino.

 


L’offerta formativa

SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AMBIENTALI

Lauree triennali

  • Scienze e tecnologie alimentari

Lauree magistrali

  • Agricultural and food economics
  • Food processing: innovation and tradition
  • Livestock and agro-green innovation
  • Innovazione e imprenditorialità digitale

ECONOMIA E GIURISPRUDENZA

Lauree triennali

  • Economia aziendale
  • Lauree magistrali
    Innovazione e imprenditorialità digitale

MASTER

  • Agri-food business”
  • Tecnici commerciali e marketing delle agro-forniture



Pellegrinaggio diocesano: «Qui nella casa di Maria, impariamo a farci piccoli gli uni per gli altri»

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Il tradizionale appuntamento al Santuario di Caravaggio all’inizio dell’anno pastorale si è rinnovato nel pomeriggio di domenica 26 settembre in modo inusuale. Non solo perché il maltempo ha impedito di ritrovarsi negli spazi esterni, ma perché la preghiera si è fusa con i colori e le note di altri parti del mondo. L’occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, infatti, è stata occasione anche per dare voce alla comunità cattoliche di origine straniera presenti sul territorio diocesano.

Dopo la prima parte di riflessione e testimonianza, alle 16, il vescovo Napolioni ha presieduto l’Eucaristia. Una assemblea partecipata con tanti che, a motivo della capienza ridotta della basilica per le normative covid, non hanno potuto trovare posto all’interno, seguendo la celebrazione all’esterno, sotto i portici del Santuario, mentre la pioggia scendeva battente.

Nelle prime file, oltre alla rappresentanza del Comune di Caravaggio con il sindaco Claudio Bolandrini, dame e barellieri dell’Unitalsi con i malati, e le varie comunità straniere: in particolare quella romena e quelle africane, sia di tradizione francofona che anglofona.

«È bello iniziare da qui ogni anno pastorale», ha subito evidenziato il Vescovo aprendo l’omelia, ricordando come è Maria che «ci permette di ripartire dall’essenziale, senza dubbi». Maria che «tiene assieme tutto», ha detto ancora monsignor Napolioni, facendo riferimento alle diverse tradizioni e carismi chiamati a mettersi in gioco «in quella gara di piccolezza che c’è tra la madre e il figlio».

Piccoli, poveri e profeti le tre parole chiave riprese dalle letture della Messa, una vera «pedagogia di Dio» che non solo deve aiutare a farsi piccoli, ma anche a «coltivare la cura delle piccole cose». In questo senso l’invito è stato chiaro: «Facciamoci accanto gli uni agli altri, senza invadenze, ma con carità». Un atteggiamento che le linee pastorali, dal titolo “Va’ avanti e accostati”, indicano chiaramente come obiettivo del nuovo anno per le comunità.

Così da poter scegliere «vie di giustizia. Le vie della convivenza con chi non viene a minacciare la nostra sicurezza se gli tendiamo la mano, se ci mettiamo in ascolto della sua storia», ha detto con un chiaro riferimento all’odierna Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. E ancora: «Tutti abbiamo diritto di trovare rifugio quando siamo in fuga, quando siamo perseguitati, quando abbiamo perso tutto».

E il luogo di rifugio per eccellenza è proprio il Santuario della Madre, ha detto monsignor Napolioni, che ha affermato: «Qui veniamo a imparare, come ci si accosta gli uni agli altri».

Poi il richiamo al cammino sinodale, che in diocesi sarà inaugurato il prossimo 16 ottobre come nelle Chiese particolari di tutto il mondo, facendo dei prossimi anni «una sosta di ascolto». E anche qui «Maria è maestra di questa profezia. Lei che – ha sottolineato il Vescovo -, Vergine del silenzio, è tutta ascolto».

Altra indicazione chiara guarda all’iniziativa Giorno dell’ascolto, richiamata con l’invito a «fermarsi spesso attorno alla Parola per ascoltare e decifrare il disegno di Dio». «E allora il Signore avrà mano libera – ha concluso – nei nostri cuori, nella vita delle comunità per stupirci con la fantasia del suo amore».

Insieme al vescovo Napolioni hanno concelebrato diversi sacerdoti, giunti con le loro comunità da diverse parti della diocesi, alla presenza anche del vescovo emerito Dante Lafranconi e degli studenti del Seminario diocesano che hanno servito all’altare.

Ad animare la celebrazione con il canto l’unione corale “Don Domenico Vecchi”, in alcuni momenti affiancato dal coro Saint Michel che ha proposto canti in lingua francese, così come anche le preghiere dei fedeli sono state proposte nelle diverse lingue.

 

«Le nostre assemblee non possono escludere chi è di passaggio»: in dialogo con il Vescovo nella Giornata Mondiale dei migranti e dei rifugiati

La scelta di Gloria e Marco, missionari laici in partenza per il Brasile




La Parrocchia di Caravaggio ha accolto i suoi tre nuovi sacerdoti

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È con l’invito a essere profeti, capaci di mettersi in ascolto della Parola come Maria, che il vescovo Antonio Napolioni ha augurato buon cammino alla comunità di Caravaggio, che nella mattinata di domenica 26 settembre ha accolto i suoi nuovi sacerdoti. La parrocchia più grande della diocesi, chiamata da mons. Napolioni a farsi piccola e vicina ai più poveri.

Ben tre i nuovi sacerdoti che hanno fatto il loro ingresso ufficiale: il parroco mons. Giansante Fusar Imperatore (che prende il testimone da don Angelo Lanzeni), il vicario don Andrea Piana (che sostituisce don Matteo Pini, diventato parroco di Arzago e Casirate) e il nuovo collaboratore parrocchiale don Bruno Grassi (al posto di don Giovanni Fiocchi, nuovo parroco dell’unità pastorale Cafarnao). I tre sacerdoti potranno continuare a contare anche sull’ausilio di don Gianni Maccalli, collaboratore a Caravaggio dal 2017, festeggiato in questa giornata per il suo compleanno.

Una tregua del maltempo, che ha costretto a cambiare un po’ i piani organizzativi, ha consentito alla banda di allietare l’arrivo dei sacerdoti e dei numerosi fedeli, giunti anche dalle parrocchie lasciate dai tre sacerdoti, in particolare da Soresina, ben distinguibili dalle loro magliette gialle, e con anche il sindaco Diego Vairani. Presenti con i propri labari anche le associazioni del territorio e in uniforme gli scout del Caravaggio1.

Il benvenuto ufficiale, però, è stato nell’intervento del primo cittadino di Caravaggio, Claudio Bolandrini, che con lo sguardo rivolto ai tanti presenti ha sottolineato l’importanza di questo momento. Quindi uno sguardo alla «complessa, disponibile e generosa» realtà caravaggina, con la richiesta al nuovo parroco di aiutare l’intera comunità a sentirsi tale. Ai tre nuovi sacerdoti ha voluto quindi affidare le giovani generazioni, insieme a tutti i bisogni e le fragilità della cittadina.

Dopo il saluto del sindaco, ai piedi dell’altare, è iniziata la Messa, animata dalla corale parrocchiale per l’occasione insieme al coro dell’oratorio e subito caratterizzata dalla lettura del decreto di nomina del nuovo parroco, da parte di don Maccalli. Quindi due gesti di particolare significato compiuti da don Giansante Fusar Imperatore – l’aspersione dei fedeli e l’incensazione della mensa – prima di ricevere il saluto da parte del rappresentante parrocchiale, che non ha nascosto lo sconcerto alla notizia del cambio di ben tre sacerdoti, ma anche la voglia di una piena collaborazione a partire dalla ricca tradizione di questa comunità. Il pensiero è andato anche alle iniziative che i nuovi sacerdoti saranno chiamati a portare avanti: dalla realizzazione del nuovo oratorio all’impegno in ambito educativo con la scuola Conventino-La Sorgente. Ovviamente affidando il tutto ai santi patroni e a Santa Maria del Fonte.

Come segno di benvenuto a don Piana e don Grassi è stato fatto dono di una stola mariana, mentre al parroco è stata regalata una casula che ha voluto indossare già durante la sua prima Messa. Doni a cui si è unita anche la generosità della comunità per i bisogni della parrocchia.

Iniziando la sua omelia il vescovo Napolioni ha voluto ringraziare anzitutto i sacerdoti per la disponibilità dimostrata e sottolineando come i rapporti di amicizia potranno favorire una maggiore collaborazione fraterna. In questa che – ha ricordato il Vescovo – è la più grande parrocchia della diocesi, monsignor Napolioni ha voluto proporre «il programma del Padre per il suo popolo» attraverso tre “p”: piccoli, poveri e profeti.

Profezia che significa capacità «di vivere l’esistenza come dono che porta frutti di carità e trasforma la realtà che la circonda con la propria opera e il proprio servizio». Profezia che non significa, dunque, essere veggenti, ma mettersi in ascolto della Parola, sull’esempio di Maria.

Mettendoci insieme, in fraternità – ha concluso il vescovo – la comunità diventerà profetica e non avrà paura del futuro. Perché lo costruirà secondo lo spirito di Dio, che è spirito di libertà e creatività infinita. Questo non è solo il programma del Padre, è anche il contenuto della mia preghiera per voi: è l’augurio e il patto su cui continueremo a camminare insieme. Grazie ai sacerdoti che ieri, oggi e domani serviranno questa comunità».

Come consuetudine al termine dell’Eucaristia ha preso la parola il nuovo parroco per un indirizzo di saluto e i ringraziamenti, a cominciare dal Signore, per i doni che non fa mai mancare nella vita di ciascuno e per quanti si fanno suoi strumenti, nella certezza che «il Signore non mancherà di sostenere il mio lavoro». «Non dobbiamo partire da zero», ha detto mons. Giansante ringraziando chi l’ha preceduto. E ancora: «Faccio conto sulla vostra carità», ha detto rivolto ai propri parrocchiani, perché «ogni parrocchia ha i sacerdoti che si merita», ha scherzato chiedendo affetto, consigli e pure qualche critica, ma sincera e costruttiva e non in piazza. Poi l’invito alla preghiera e il pensiero ai tanti collegati alle celebrazioni in chiesa parrocchiale attraverso la radio.

 

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Biografia del nuovo parroco

Mons. Giansante Fusar Imperatore, nato a Romanengo nel 1956, è stato ordinato il 21 giugno 1980. Ha iniziato il proprio ministero come vicario parrocchiale a Viadana. Dal 1984 al 1990 è stato vicerettore del Seminario vescovile; dal 1990 al 2002 segretario vescovile. Nel 2002 è stato nominato parroco di Bozzolo e dal 2008 era parroco della parrocchia “Santa Maria Immacolata e San Zeno” in Cassano d’Adda. Ora monsignor Napolioni l’ha scelto come nuovo parroco della parrocchia “Santi Fermo e Rustico martiri” in Caravaggio. 

 

Saluto di mons. Fusar Imperatore

Cari parrocchiani

entro per la prima volta, in punta di piedi, nelle vostre case tramite “Nostra Famiglia” per inviarvi il mio saluto. Inizierò ufficialmente il mio servizio di parroco dal 26 settembre prossimo ma, da quando il vescovo mi ha proposto questo nuovo servizio, siete già tra le persone che affido al Signore nelle mie preghiere.

Vengo con un po’ di trepidazione, entrando in una realtà nuova e per me del tutto sconosciuta: oltretutto con il fatto che anche i più stretti collaboratori, don Andrea e don Bruno, sono nuovi di questa esperienza. Raccolgo il lavoro pastorale dove don Angelo, don Matteo e don Giovanni lo lasciano, avendo speso in mezzo a voi le loro energie sacerdotali: mi ci vorrà un po’ di tempo per conoscere la realtà della parrocchia di Caravaggio, i suoi punti di forza e le persone che collaborano all’azione pastorale. Qualche volta sono stato nella vostra (e tra poco nostra) chiesa parrocchiale accompagnando il vescovo per le cresime ma, come dice la bibbia, questi incontri “si dileguano come il ricordo dell’ospite di un solo giorno” (Sap. 5, 14). Se tutto è ancora da “scoprire” per me, sono però certo che il Signore ha in serbo sorprese per farmi incontrare testimonianze di fede e di vita cristiana che mi stupiranno: come tante volte ha fatto in altri contesti.

Vengo portando il peso degli anni (uno in più rispetto a don Angelo); vengo a spendere tra voi gli ultimi anni del mio servizio sacerdotale. Certamente non ho più l’entusiasmo della gioventù ma porto con me un po’ di esperienza. Però non confido su quanto ho imparato nel servizio da parroco prima a Bozzolo per sei anni e poi a Cassano per tredici, ma sull’esperienza di quanto il Signore sa fare più e meglio di noi. Insieme dovremo curare l’aspetto organizzativo della parrocchia senza dimenticare che se a noi compete seminare è solo Lui che fa crescere.

Vengo tra voi con la consapevolezza che non è il parroco che fa la parrocchia, ma i parrocchiani che “plasmano” il prete con la loro vicinanza, le loro preghiere e le loro richieste. In questo senso vi chiedo di aiutarmi ad essere un buon parroco con voi e per voi.

Non ci mancherà l’aiuto e l’intercessione di Nostra Signora del Fonte che, da prima di entrare in Seminario, visitavo con il pellegrinaggio a piedi dalla mia parrocchia di Romanengo. Adesso che la distanza geografica si è fatta molto più corta dovrà crescere ulteriormente il mio affidarmi a Lei.