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Gli auguri del Vescovo in Caritas, «un laboratorio di vita impressionante»

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Si è tenuto nel pomeriggio mercoledì 22 dicembre alla Casa dell’accoglienza di Cremona l’incontro tra il vescovo Antonio Napolioni e gli operatori e i volontari della Caritas diocesana.

A dare il via all’appuntamento, che si è svolto nel salone mensa della struttura di viale Trento e Trieste, le presentazioni iniziali di tutti i partecipanti e l’introduzione del direttore don Pierluigi Codazzi: «Si tratta di un evento semplice, pensato giusto per farci gli auguri e per sottolineare, soprattutto in questo periodo, l’importanza del lavoro d’insieme, del fare gruppo».

Poi l’intervento di mons. Napolioni, costruito sul parallelismo tra il simbolo della Natività, il presepe, e la comunità cristiana, cremonese e non. «C’è un presepe  – ha affermato il Vescovo – che vive 365 giorni l’anno, non solo a Natale, nelle nostre chiese, nelle nostre comunità. Esistono molte realtà piene di vita fragile, ferita, ma anche curata. Bisogna curare questa “fantasia della carità”, anche se la fantasia non basta; servono energie e sudore a rendere possibile tutto ciò».

Il Vescovo ha poi sottolineato ed elogiato il lavoro dei giovani e delle famiglie in sostegno di Caritas, definendola «un laboratorio di vita impressionante», auspicando, inoltre, l’arrivo di uno «tsunami di giovinezza», che non distrugga, ma che coinvolga sempre di più.

Per questo periodo di festività, il Vescovo ha assegnato un compito: un invito all’ascolto sinodale, al confronto sul cammino, sui percorsi d’insieme.

L’incontro si è concluso con gli auguri, la preghiera e la benedizione finale, seguiti dall’esibizione musicale di alcuni giovani della Casa dell’Accoglienza e un brindisi.




Il Vescovo a La Pace: «Voi ci testimoniate pazienza e fedeltà»

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Nel pomeriggio di domenica 19 dicembre il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto la Messa presso la Fondazione La Pace Onlus. La celebrazione si è svolta nella sala comune della Residenza per anziani dove hanno potuto partecipare molti ospiti con la presenza di alcuni volontari e dipendenti, con la direttrice Silvia Galli.

Hanno concelebrato il presidente don Roberto Rota, il xappellano don Luigi Mantia e il segretario vescovile don Flavio Meani, insieme ai sacerdoti ospiti della casa di riposo, che hanno invocato le intenzioni di preghiera.

Nell’omelia monsignor Napolioni ha ricordato che «viviamo un tempo in cui non solo nascono meno figli e quindi sembra che il nascere, il grande messaggio del Natale, sia diventato difficile, come anche fare visita», ha detto in riferimento alla scena della visitazione di Maria ad Elisabetta proposta nel Vangelo. «Veniamo da un periodo in cui non sempre questo è stato facile, opportuno. E tutto il mondo è ancora impaurito, bloccato». Quindi il vescovo ha proseguito con un segno di speranza: «Ci rallegra sapere che qualcuno ci visita lo stesso, che qualcuno ci viene a cercare di nascosto: l’amore di Dio, lo spirito Santo, la presenza di Maria, la compagnia degli angeli e dei santi, il ricordo dei nostri cari defunti».

Monsignor Napolioni ha quindi concluso: «Questa visita è l’incontro tra ciò che la comunità cristiana custodisce in tutte le sue membra: anziani e giovani, sani e malati di turno. Voi che ci testimoniate pazienza, fedeltà, sapete cercare ogni giorno le briciole di serenità che permettono di andare avanti, siete a pieno titolo in questa pagina di Vangelo. Permettiamo al Signore di stupirci allora, con tutto il bene che anche qui ogni giorno può nascere, crescere e manifestarsi».

Al termine della celebrazione il Vescovo ha augurato un sereno Natale a tutti i presenti e, accompagnato da direttrice, presidente e cappellano si è recato presso gli alloggi protetti e la comunità alloggio dove si è intrattenuto con i residenti per un momento di preghiera e di ascolto.




La “Luce della Pace di Betlemme” a Cremona

Nel pomeriggio di sabato 18 dicembre, presso il Seminario Vescovile di Cremona, gli scout delle Comunità MASCI Cremona 1 e Cremona 2, dopo un momento di preghiera, hanno distribuito la “Luce della Pace di Betlemme” con il motto “Facciamoci Luce per curare la Terra”. «Questa luce arriva da Betlemme, – ha affermato lo scout Filippo Nespoli – è simbolo della nascita di Gesù che ogni anno con il Natale rinasce nei nostri cuori. È simbolo della pace, patrimonio di tutti».

La luce della pace è arrivata dalla stazione di Brescia grazie ad alcuni scout MASCI che l’hanno trasportata fino al Seminario dove tutta la comunità ha potuto attingere per portarla nelle proprie case, parrocchie e associazioni.

Ogni anno un bambino austriaco accende una luce dalla lampada nella grotta di Betlemme che è poi portata a Linz con un aereo della linea austriaca e da lì, con la collaborazione delle ferrovie è distribuita in tutto il territorio. Dal 1986 è arrivata anche in Italia ad opera degli scout sudtirolesi di madrelingua tedesca e nel 1996 vi è stata la prima distribuzione a livello nazionale utilizzando il mezzo ferroviario attraverso una staffetta di stazione in stazione. Questa tradizione a Cremona è iniziata nel 2006 e quest’anno, dopo la pausa forzata di dicembre 2020, ricomincia per portare un messaggio di gioia, speranza, amore, fratellanza e pace.

Gli scout adulti del MASCI si sono occupati della distribuzione della luce anche presso alcune comunità di accoglienza come Focolare Grassi, S. Omobono e Casa di Nostra Signora, senza tralasciare neppure alcune parrocchie e i gruppi scout del territorio. Nei prossimi giorni la luce arriverà anche alla Casa dell’accoglienza e alla Cucine benefiche, all’Ospedale Maggiore, in Palazzo vescovile e nel Palazzo comunale di Cremona.




Scambio di auguri con il Vescovo alla “Casa della Comunicazione” che intitola la nuova “Sala Nicolini” a 25 anni dall’inaugurazione

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Lo scambio degli auguri dello staff della comunicazione con il Vescovo, nel pomeriggio di venerdì 17 gennaio, è stato occasione per ricordare i 25 anni della Casa della Comunicazione, intitolando la nuova sala riunioni della struttura a monsignor Giulio Nicolini, vescovo di Cremona dal 1993 al 2001, che nel 1996 inaugurò la struttura situata all’interno del Centro pastorale di Cremona dove ancora oggi hanno sede i mezzi di comunicazione diocesani, curati da TeleRadio Cremona Cittanova in sinergia con l’Ufficio per le Comunicazioni sociali.

Proprio monsignor Nicolini, che dal 1984 al 1987 fu vicedirettore della Sala stampa della Santa Sede sotto la direzione di Joaquín Navarro-Valls, volle convintamente questa struttura proponendo le comunicazioni come scelta pastorale privilegiata nel contesto della nuova evangelizzazione. L’inaugurazione della Casa 25 anni fa: era il 12 novembre 1996, vigilia della festa patronale di sant’Omobono. A effettuare il taglio del nastro e benedire i locali della nuova struttura dedicata ai mezzi di comunicazione sociale della diocesi fu proprio il vescovo Nicolini dopo il convegno presso il Centro pastorale diocesano alla presenza di mons. John Patrick Foley (al tempo presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali), le principali autorità locali con l’allora sindaco Paolo Bodini, gli operatori e i volontari della comunicazione sociale diocesana, l’allora responsabile dell’Ufficio per le Comunicazioni sociali don Marino Reduzzi e i direttori del settimanale e della radio della diocesi, mons. Vincenzo Rini e don Attilio Cibolini.

Oggi la Casa della comunicazione ospita l’Ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi guidato dal giornalista Riccardo Mancabelli, la redazione giornalistica di TeleRadioCremona Cittanova con l’ufficio grafico, gli studi radio e il centro di produzione televisiva con lo studio dove nascono le trasmissioni televisive Giorno del Signore, Chiesa di Casa, Riflessi Tv e la regia che cura anche la Santa Messa in diretta dalla Cattedrale di Cremona.

Dopo l’intitolazione della Sala Nicolini, a ricordare l’impegno e le attività del settore comunicazione diocesano è stato il presidente di Trc Giacomo Ghisani, che presso la Santa Sede ricopre l’incarico di vicedirettore generale del Dicastero per la Comunicazione, durante il momento dello scambio degli auguri natalizi con lo staff e tutti i collaboratori presso il Centro pastorale. Dal portale web ufficiale, alle produzioni televisive, dalle pagine domenicali su Avvenire al mensile digitale Riflessi che

Dopo il saluto di don Federico Celini, coordinatore dell’Area comunicazione e cultura della Curia, il presidente ha ringraziato per le sempre più numerose e qualificate collaborazioni che sostengono gli sforzi quotidiani per una comunicazione efficiente e al passo con i tempi, sottolineando in particolare la presenza di numerosi giovani nel gruppo di lavoro e richiamando il ruolo appassionante e strategico che questo settore oggi ricopre nella Chiesa e nella sua capacità di continuare a leggere e confrontarsi con la realtà, ruolo emerso con particolare urgenza a partire dal lockdown del 2020 quando – ha ricordato il vescovo – «le comunicazioni sociali sono stati un ancora a cui aggrapparci».

E proprio monsignor Napolioni ha preso la parola unendosi ai ringraziamenti ha incoraggiato il team delle comunicazioni a non smettere di cercare il dialogo e il confronto anche con i luoghi e le realtà fuori del tessuto ecclesiastico, con passione e creatività che consente di cercare e sperimentare linguaggi nuovi per «dare la parola (e la Parola) a tutti», nel solco di una storia scritta in questi 25 anni da uomini e donne, preti e laici, che con passione hanno alimentato un settore essenziale per la Chiesa e per la Chiesa locale.

Dopo un breve momento di confronto e scambio sul lavoro svolto e sulle prospettive per il futuro la serata si è conclusa con un momento conviviale per lo scambio degli auguri con il Vescovo, i membri del Cda di Trc, la redazione, lo staff diocesano, i tecnici e gli operatori, i collaboratori del portale internet diocesano e di Riflessi magazine




I valori dello sport nel Natale del Csi: «Oltre le medaglie, è la vita dei ragazzi che ci interessa»

«Sport… grazie ancora!» è lo slogan che ha caratterizzato l’appuntamento del “Natale dello sportivo”, organizzato dal Comitato cremonese del Csi nella serata di giovedì 16 dicembre presso la chiesa parrocchiale di S. Giuseppe di Cremona.

La serata, tradizionale momento di preghiera e confronto rivolta a tesserati, educatori e dirigenti, è tornata in presenza dopo due anni di assenza a causa della pandemia. A guidare la preghiera è stato il vescovo Antonio Napolioni, insieme a don Francesco Fontana, incaricato diocesano di Pastorale giovanile e assistente del Comitato, alla presenza di Claudio Ardigo, presidente del Csi Cremona che ha introdotto, al termine del momento di preghiera, la consegna del “Discobolo d’oro”, il premio che il Centro Sportivo Italiano riserva alle persone e alle associazioni che abbiano almeno trent’anni di impegno nell’attività sportiva secondo i valori di inclusione e rispetto da sempre promossi dall’ente di promozione sportiva.

Valori ricordati anche durante il momento di preghiera, che ha messo al centro la figura di san Giuseppe, indicato come “patrono” dell’associazione nel suo ruolo di papà e dunque di educatore di Gesù: durante la preghiera, su esempio di quanto raccontato da Papa Francesco, sono stati depositati dei foglietti con sopra scritte le intenzioni di preghiera ai piedi della statua del santo. Durante la riflessione è anche stata proiettata la testimonianza di Andrea Devicenzi, performance coach e atleta campione italiano di paratriathlon.

«Giuseppe – ha invitato a riflettere il vescovo Napolioni – rinuncia a una giustizia umana e sceglie un’altra via, nel profondo e nel segreto del sonno, diventa il padre di Gesù: in altri termini impara ad amare i figli degli altri come fate voi che volete bene ai figli degli altri».

«C’è gran bisogno di uomini e donne che con rispetto, delicatezza, coraggio, fedeltà e passione ricordino alle famiglie, alla società e alla Chiesa che i ragazzi ci interessano tutti, non solo i migliori – ha quindi proseguito mons. Napolioni – se c’è il Csi è anche per questo: perché non contano solo le medaglie olimpiche o le vittorie agli europei, ma conta la vita, la crescita, l’educazione e il carattere di ogni bambino».

Nel suo intervento il presidente Claudio Ardigò ha evidenziato: «La pandemia è stata un acceleratore di processi delle diverse difficoltà dell’associazione, ma il desiderio di ripartenza è grande con l’obiettivo di riprendere le attività ludico-sportive che caratterizzano l’associazione: abbiamo sempre creduto lo sport come educazione e per tutti, coinvolgendo tutti per insegnare ad affrontare in futuro anche le difficoltà della vita».

Le onorificenze, consegnate dal vescovo Napolioni, sono state assegnate a Mario Lana, ora dirigente del GS Boschetto, arbitro e allenatore di pallavolo, figura storica del Csi cremonese, e alla “ASD Ambrosiana sport”, polisportiva associata Csi, dove è possibile praticare calcio, pallavolo e nuoto che da oltre quarant’anni opera presso la parrocchia di S. Ambrogio in città.




Assemblea delle scuole cattoliche: «Lo scopo è quello di parlare tutte le lingue: non integralismo, ma integrazione»

Si è tenuta il 14 dicembre, presso il Centro Pastorale di Cremona, l’assemblea delle scuole cattoliche del territorio, alla presenza del Vescovo Antonio Napolioni e di don Aldo Basso, collaboratore dell’Ufficio per la Scuola e l’Educazione della Diocesi di Mantova.

L’attenzione si è inizialmente concentrata sull’introduzione di don Aldo, che ha presentato la situazione attuale delle scuole cattoliche italiane, evidenziandone i due problemi principali: la questione dell’identità cattolica e le condizioni organizzative necessarie per un efficiente funzionamento degli istituti.

L’introduzione ha riguardato una distinzione fra scuole cattoliche e scuole di ispirazione cristiana; apparentemente possono sembrare la stessa cosa – ha spiegato il sacerdote – e in effetti si basano entrambe sui medesimi principi, ma c’è una differenza di tipo formale, giuridico: la scuola cattolica è tale solo se gestita da un’autorità ecclesiastica, da una persona giuridica ecclesiastica o da terzi, ma con una delega dell’autorità ecclesiastica. «Ci sono numerosi documenti a testimoniare l’identità delle scuole cattoliche, ma dove è dichiarata? – spiega don Aldo – È scritta in ogni Progetto Educativo. È un diritto e un dovere esprimere la natura cattolica della scuola».

Citando Papa Francesco, don Aldo ha spiegato che le scuole cattoliche non forniscono nulla in più rispetto alle scuole statali, bensì offrono qualcosa di diverso: «Se nelle nostre scuole non si sviluppa un modo diverso di essere umani, una cultura e una società diversa, stiamo buttando via il tempo».

Il secondo tema, quello riguardante il funzionamento delle scuole, è un problema che si pone sulla figura degli insegnanti. «Se la scuola cattolica fa molto affidamento agli insegnanti, si riesce a trovare insegnanti su cui fare affidamento? – continua don Aldo – Serve formazione, serve declinare in senso cristiano ogni proposta». Ognuno risulta responsabile dell’identità di una scuola, il gestore in primis, ma anche gli insegnanti, i genitori, i Vescovi: «Il reperimento e la formazione dei docenti – ha osservato – stanno diventando molto più difficili. Servono alcuni requisiti fondamentali: il Probitas Vitae, cioè la rettitudine, l’integrità morale, ma anche la formazione cristiana, l’insegnamento della religione».

A seguire, alcuni docenti delle scuole cattoliche cremonesi hanno condiviso la loro esperienza, la loro testimonianza. Il passaggio dalla scuola statale a quella paritaria ha fatto da filo conduttore negli interventi degli insegnanti, che hanno spiegato come la passione, la curiosità, la personale esperienza di fede e l’interesse verso la centralità della persona a discapito della sicurezza monetaria abbiano svolto un ruolo fondamentale nelle loro scelte.

«Il nostro compito non è essere dei “criticoni” del mondo. – ha poi riflettuto il Vescovo Napolioni nel suo intervento – L’aggettivo “critico” lo caratterizzerei in un altro modo: la scuola cattolica è quella che sa superare le crisi, che insegna a superare le criticità». «Lo scopo – ha proseguito – è quello di parlare tutte le lingue; non l’integralismo, ma l’integrazione. Il metodo della scuola cattolica deve essere quello della Pentecoste, non l’assolutizzazione di un gergo».

L’incontro si è concluso con il messaggio di don Aldo: «Mi ha colpito, nelle testimonianze, la passione educativa. Sono convinto che gli insegnanti pratichino esercizio di carità nel loro lavoro, nel loro impegno. Ma prima di guidare, dobbiamo essere guidati». Con questo spirito di apertura è disponibilità si è dunque concluso l’incontro con un momento di preghiera e gli auguri del Vescovo Antonio.

 

Fare scuola dopo l’emergenza, presentato il XXIII Rapporto sulla scuola cattolica in Italia




«Collaborazione, onestà e giustizia», la ricetta del Vescovo alla coop. Il Calabrone

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Un gioioso pomeriggio di festa presso il capannone della cooperativa “Il Calabrone” di Cremona si è svolto nel pomeriggio di domenica 12 dicembre a Picenengo. Ospite il vescovo Antonio Napolioni che ha celebrato l’Eucarestia e si è intrattenuto con gli operatori e i volontari di questa realtà nata in seno alla “Comunità Papa Giovanni XXIII”.

Una realtà – raccontata anche nelle buone pratiche della recente Settimana sociale dei cattolici italiani di Taranto – che proprio quest’anno compie 25 anni, come ha ricordato prima della celebrazione il presidente Enzo Zerbini, raccontando come negli ultimi anni la cooperativa sia cresciuta, con l’acquisto del nuovo capannone e di nuovi macchinari, consentendo di assumere anche nell’ultimo anno una nuova dozzina di dipendenti che vanno ad aggiungersi alla quarantina già presenti. Anche per la cooperativa la pandemia si è fatta sentire, ma ora l’attività è in ripresa e la crescita è ricominciata con il prezioso contributo di ciascuno e nuovi investimenti.

A concelebrare l’Eucarestia insieme al vescovo di Cremona don Adamo Affri, sacerdote della casa-famiglia di Fiorenzuola e cappellano del carcere di Piacenza, e il segretario episcopale don Flavio Meani.

Nella sua omelia mons. Napolioni ha ripreso dal Vangelo del giorno le parole di san Giovanni Battista: «Oggi spopolano le trasmissioni di cucina e il Battista ci suggerisce alcuni ingredienti: la collaborazione, l’onestà e la giustizia».

Il vescovo ha quindi proseguito: «Oltre a quello che fa il Signore occorre che ci sia la nostra collaborazione, uomini e donne di ogni razza e cultura che si rimbocchino le maniche. Le folle davanti al Battista si sono date da fare, noi che cosa possiamo fare? Anzi, che cosa volgiamo fare? Le risposte che Papa Giovanni e don Oreste ci dato sono la condivisione, della quale non vi devo insegnare nulla, poiché per voi è gesto di vita quotidiana, un gesto che fa bene a chi lo sceglie, anche dal punto di vista economico».

«Il modo di collaborare dei discepoli è secondo onestà, correttezza e trasparenza, un valore aggiunto da non trascurare – ha quindi proseguito il vescovo Antonio Napolioni -. Ai soldati il Battista dice di non maltrattare: l’esercizio della forza, che a volte è necessario, deve avvenire con sobrietà e giustizia, perché deve essere garantito anche al peggiore dei criminali la dignità, poiché Gesù dà la possibilità di cambiare a tutti».

Concludendo il vescovo di Cremona ha ripreso la particolare metafora culinaria: «Questi ingredienti formano una ricetta che riceve la vera Parola del Vangelo, riceve Gesù che vive e cammina con noi».

La festa è quindi proseguita, dopo la Messa, con i canti di alcuni dei ragazzi ospitati nelle case-famiglia e un video riepilogativo delle attività dell’anno appena trascorso.

 

La cooperativa “Il Calabrone”

“Il Calabrone” è una cooperativa sociale che da 25 anni si occupa di meccanica di precisione. Promossa dalla “Comunità Papa Giovanni XXIII”, la comunità opera nel vasto mondo dell’emarginazione sociale, fondata da don Oreste Benzi. Oggi “Il Calabrone” è una azienda certificata del territorio cremonese che si è consolidata nel comparto della filiera metalmeccanica.

Più della metà dei dipendenti sono persone svantaggiate, uscite dalla tossicodipendenza, dal carcere, con problemi psichiatrici. Persone che attraverso il lavoro hanno ritrovato fiducia e dignità, potendo iniziare una nuova vita. Una realtà produttiva, competitiva e in continua espansione, che riunisce al suo interno professionalità ed integrazione sociale, rendendola unica nel suo genere.




“Parole come pane. Tutto è connesso: ecologia integrale e novità sociali”, il nuovo libro don Bignami e Gianni Borsa presentato a Cremona

 

«L’uomo non è un’isola, ma è dentro a una rete di relazioni» con queste parole don Bruno Bignami, sacerdote cremonese che dal 2018 è direttore dell’Ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro, ha sintetizzato il principio alle fondamenta della riflessione nel suo nuovo libro “Parole come pane. Tutto è connesso: ecologia integrale e novità sociali”, scritto insieme a Gianni Borsa, presidente dell’Azione Cattolica Ambrosiana.

Il libro edito dalla casa editrice “ITL Libri” è stato presentato presso il Salone dei Quadri del palazzo comunale di Cremona nel pomeriggio di venerdì 10 dicembre.

In collegamento web è intervenuto Enrico Giovannini, da febbraio 2021 Ministro delle infrastrutture e dei trasporti della Repubblica italiana, mentre in sala erano presenti anche Gianluca Galimberti, sindaco di Cremona e Maria Teresa Antognazza, in rappresentanza della casa editrice “ITL Libri”; a moderare l’incontro Marco Bencivenga, direttore del quotidiano “La Provincia”.

Don Bruno Bignami ha così illustrato il contenuto del libro e le ragioni che l’hanno spinto a fare tali riflessioni: «Il sottotitolo del libro è “tutto è connesso”. Nel libro vengono analizzate diverse parole, come le tante facce di un poliedro dove ogni faccia mette in evidenza un aspetto diverso: le diverse parole che abbiamo analizzato mettono in evidenza un problema diverso dell’oggi».

Ha quindi proseguito il sacerdote cremonese: «Si potrebbe pensare che basti la tecnologia oggi, ma la questione non è semplificabile perché non tutte le tecnologie sono eticamente neutre: ad esempio non è sufficiente mettere una nuova centrale nucleare pensando di risolvere così il problema del sostentamento energetico della popolazione. Oggi si possono creare le comunità energetiche, attraverso le quali si produce l’energia che si consuma in modo consapevole».

Un pensiero umanistico quello di Bignami: «Oggi la riflessione nel nostro tempo è troppo debole, c’è la tendenza a spostare tutto sul versante tecnologico ignorando che l’uomo non è un’isola, ma è dentro a una rete di relazioni: come in un gioco delle parti, le parole servono a mettere in relazione».

Ha quindi concluso Bignami: «Ci dobbiamo abituare a cogliere la complessità degli aspetti, con uno sguardo ampio che sia sociale e relazionale perché il rischio è quello di una semplificazione eccessiva e di non dare gli strumenti adatti per affrontare la realtà: serve avere un modello sociale dove le persone remano nella stessa parte, perché le risorse economiche sono importanti ma non sono sufficienti. Dobbiamo renderci conto che ognuno di noi può essere protagonista e non solo spettatore del futuro che verrà».

Gianni Borsa, co-autore del libro, ha voluto ampliare la riflessione andando oltre il tema dell’ecologia: «Col tema dell’ecologia integrale c’è in gioco il nostro futuro, per questo vale la pena mettersi in gioco e dialogare. Siamo tutti nello stesso mare ma con mezzi diversi e serve più giustizia sociale: ciascuno abbia la possibilità di vivere bene là dove nasce, per questo bisogna ripensare a un’economia diversa. È importante mettere in circolo l’idea che insieme alla sostenibilità ambientale è necessaria un’economia capace di stare al passo coi tempi, il tema della giustizia sociale con la questione della tenuta della comunità con le sue relazioni».

Nel suo intervento, il ministro Giovannini ha voluto insistere proprio sui temi della giustizia fiscale e sociale, della redistribuzione delle ricchezze: «Nella società si aprono divisioni, ora più che in passato, e alcuni strumenti sono stati messi in atto per arginare questi fenomeni, come il reddito di emergenza che ha affiancato il reddito di cittadinanza: come il Papa ha scritto nell’enciclica “Fratelli tutti” non serve solo l’attenzione agli scarti fisici e umani, ma c’è anche l’esigenza di uscire dai problemi insieme, anche al di là della pandemia, come nelle sfide dei grandi cambiamenti climatici, perché la sostenibilità sociale è fondamentale come quella ecologica».

I temi della giustizia sociale sono stati ripresi dal Ministro insieme a quelli delle risorse in arrivo con il Pnrr europeo: «È necessario intervenire sulla retribuzione, oggi in Italia gli stipendi sono più bassi che negli altri Paesi europei, come sulla redistribuzione della ricchezza, qui si parla di salario minimo e del problema di chi rimane povero pur lavorando: i soldi in arrivo dall’Unione Europea devono andare a progetti che rispettino certi principi, e in questo l’Unione Europea è stata molto seria e severa. Non solo efficientamento ma anche rinnovamento per migliorare il benessere a tutto tondo».




Alla Beata Vergine l’incontro del Vescovo con i superiori delle case religiose

Nella mattinata di venerdì 10 dicembre si è tenuto, presso il salone Madre Lucia Perotti dell’Istituto Beata Vergine di Cremona, l’incontro fra il vescovo Antonio Napolioni e i superiori e le superiore degli ordini religiosi presenti sul territorio diocesano. Un momento di confronto che si è svolto in un clima di comunione e preghiera che ha permesso di parlare di temi tanto cari quanto vitali per le comunità religiose, legati al presente, alla modernità e alle nuove sfide che si presentano ogni giorno e verso le quali si ci può trovare spesso impreparati e disarmati.

In questa occasione, sotto l’attento ascolto del Vescovo e del delegato episcopale per la Vita consacrata don Giulio Brambilla, risoluti a conoscere e comprendere le opinioni dei presenti, ognuno ha avuto la possibilità di esporre i problemi e le difficoltà della propria comunità, evidenziandone anche i punti di forza che li contraddistinguono affinché anche gli altri possano trarne insegnamento e rafforzare quegli aspetti che sembrano più fragili.

«È stato per noi un onore accogliere i religiosi e le religiose in presenza del nostro Vescovo – ha commentato a margine dell’incontro la superiora generale dell’Istituto Beata Vergine, madre Piera Monzani – Questo incontro è stato fondamentale per ogni fratello e sorella e ringraziamo di averlo potuto ospitare nelle nostre amate sale. Spero che nei prossimi anni si possa ripetere l’esperienza, perché è dal confronto e dal dialogo che nasce il miglioramento».




Le piccole luci del “bairro”. Gloria Manfredini racconta il primo mese di missione a Salvador de Bahia

Pubblichiamo la testimonianza che Gloria Manfredini, la missionaria laica partita lo scorso ottobre per il Brasile, ha inviato raccontando le sue prime settimane a Salvador de Bahia.


Finalmente il 17 ottobre sono atterrata a Salvador de Bahia e confesso che dopo 2 anni di pandemia chiusi nelle proprie case, riducendo attività e incontri al minimo, mi ha fatto un effetto alquanto strano arrivare in una megalopoli piena di gente, passando in pochi minuti da alti e ricchi grattacieli a piccole case in mattoni una sopra l’altra.

Fino ad ora il mio mese e mezzo è stato pieno di incontri, di volti, di nuove conoscenze, di luoghi ritrovati e altri da scoprire. È stato ed è, un immergersi in una nuova quotidianità decisamente “altra” e a volte insolita: i ritmi di vita sono diversi da quelli italiani a partire dagli orari che seguono la luce del giorno (alle 5 il sole è già alto e alle 18 è già tramontato) e con le condizioni climatiche, già la mattina con più di 30 gradi camminare sotto il sole è veramente impegnativo, mentre se arriva la pioggia scrosciante può succedere che a causa della strada allagata non si riesca ad arrivare a scuola o al lavoro. Qui gli imprevisti e le lunghe attese sono cosa normale, sono da mettere in conto per ogni attività che fai e per noi, abituati ad essere efficienti e veloci, ci vuole un po’ per abituarsi!

«E con la lingua come va?» mi chiedono spesso dall’Italia. In realtà, dopo tanti viaggi, sapevo già il portoghese ma qui i bambini guardandomi un po’ strano, mi hanno ricordato che si parla il baiano (una sorta di dialetto diffuso ormai come una lingua): spesso i bambini mi chiedono perché parlo in inglese! Tra una risata e l’altra, specificando la mia italianità come don Emilio e don Davide, c’è l’occasione anche di fare un po’ di geografia…

Ho partecipato alle iniziative della parrocchia, al catechismo di piccoli e grandi che, iniziando l’estate, sta ormai finendo, ho potuto assistere alle prove di danza e agli allenamenti di calcio di bambini e ragazzi, visitare nelle loro case alcune famiglie seguite dalla parrocchia e altre solo per un semplice saluto, ho iniziato come volontaria in un doposcuola e ho visitato altre scuole dell’infanzia e comunità di aiuto presenti nel quartiere.

Questo mi ha permesso e mi permette di osservare, vedere, cercare di comprendere dove è possibile la realtà quotidiana che sta dietro alle prime impressioni che, come è normale, vengono filtrate dal proprio modo di vivere e pensare. Non è una realtà lineare come la nostra, dove le cose hanno un inizio e una fine: agli occhi di un occidentale la prima cosa che si nota è il grande caos che caratterizza questa società. Eppure, a guardare bene, si riconosce un ordine che ha regole e abitudini differenti. Se si vuole andare oltre, è necessario cercare di sospendere il proprio giudizio per poter entrare in questa realtà. Non è possibile capire usando solo il nostro pensiero. Per poter camminare a fianco è necessario osservare e ascoltare storie e situazioni, il che non significa spogliarsi dei propri valori, ma riuscire a stare davanti alla realtà per quella che è veramente. La vita del bairro (qui la favela si chiama così) è veramente dura e lo si percepisce anche solo visivamente camminando per strada e percependo l’automatismo di un sistema permeato dal divario sociale, dall’ingiustizia e dalla violenza. La prima sensazione è quella di sentirsi una goccia nell’oceano e davanti a tutto questo è inevitabile chiedersi: cosa può fare la differenza?

La risposta sta nell’umanità che scopri in alcune donne che nonostante tutto quello che devono affrontare trovano il tempo per aiutare chi ha meno di loro, nel saluto dei bambini che ti riconoscono per strada, in chi capisce la difficoltà dell’essere nuova e ti aiuta anche solo con un sorriso chiedendo «Como está?», come stai?

Sono quelle piccole luci che trovi girando per le case del bairro, per le piccole comunità che formano la parrocchia e che cercano tenacemente di scrivere una storia diversa fatta di aiuto e solidarietà. Può sembrare poco ma è ciò che può fare la differenza per molti.