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Prima storica visita del Vescovo alla comunità ortodossa rumena

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«Ho scritto sulla nostra pagina Facebook che questa visita è un momento storico». Così padre Doru Fuciu, parroco della Chiesa rumena ortodossa ha presentato alla propria comunità la visita del vescovo Antonio Napolioni, primo vescovo della Chiesa cattolica ad entrare nella chiesa di Borgo Loreto dove ogni domenica la comunità rumena si ritrova per la celebrazione comunitaria. Un momento gioioso e suggestivo dal profondo significato ecumenico, che si colloca significativamente all’interno della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Il vescovo si è recato alla chiesa della comunità ortodossa accompagnato da don Pietro Samarini, parco di Borgo Loreto, al termine della Messa celebrata in parrocchia in occasione della visita pastorale che si sta svolgendo nelle comunità della nascente unità pastorale con San Francesco e San Bernardo.

Calorosa l’accoglienza della comunità ortodossa rumena riunita per la celebrazione eucaristica, nella chiesa decorata magnificamente con le icone tipiche della tradizione ortodossa e colorata dagli abiti tradizionali indossati da alcuni fedeli.

«Il 2 febbraio – ha ricordato padre Fuciu – saranno 19 anni che la Chiesa ortodossa rumena è a Cremona. Ringrazio la Chiesa cattolica cremonese per che ci ha accolti. Ricordo al mio arrivo quando vidi nell’armadio della sacrestia i paramenti cattolici accanto a quelli ortodossi – ha aggiunto – Pensavo: oggi iniziamo dai vestiti poi l’unità sarà delle persone».

Il saluto del Vescovo Napolioni inizia con una richiesta di scuse: «Sono in ritardo – ha esordito -. Sono qui da sei anni, dovevo venire prima». In un clima di cordiale amicizia monsignor Napolioni è stato invitato sull’altare per l’ultima parte della celebrazione e al termine del rito il suo saluto è stato un messaggio sentito di unità nel nome di Cristo: «Dio è più grande di tutte le chiese. Abbiamo lingue diverse qualche divisione ma non sul Signore che è davvero uno. E noi siamo vicini, abitiamo la stessa terra e Dio ci chiede di dare testimonianza con le opere. La pandemia – ha aggiunto – ci mette alla prova tutti e ricorda che ci salveremo solo insieme. La possibilità di questo incontro – ha poi concluso – è un grande segno di quello che potremmo fare ancora di più per essere una cosa sola come ci ha chiesto Gesù». E poi, guardando all’assemblea e alla chiesa con i segni e i colori della tradizione ortodossa: «In questa unità la diversità abbellisce. Il mondo è a colori e anche la chiesa lo deve essere».

Dopo la benedizione l’incontro è proseguito con lo scambio dei doni: al Vescovo, invitato a spezzare il pane con il sale, simbolo evangelico di comunione, un’icona mariana e un mazzo di fiori in segno di amicizia, oltre ad un canto di augurio intonato dall’assemblea. In conclusione anche un omaggio al segretario episcopale don Flavio Meani in occasione del suo 70° compleanno.




Lo stile di famiglia nel “motore” della comunità cristiana: si è svolto a Soresina l’incontro sinodale per gli operatori della Zona 2

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Con gli incontri svolti nella serata di venerdì 21 gennaio nelle parrocchie della Zona pastorale 2 e i laboratori che si sono tenuti a Soresina nella mattinata di sabato 22 si è avviata la seconda fase del cammino sinodale della Chiesa cremonese, che aveva visto il suo inizio nell’ottobre dello scorso anno.

Gli incontri di formazione zonale che si svolgeranno nei mesi di gennaio e febbraio anche nelle altre zone pastorali sono articolati in due momenti, per cercare di coinvolgere nel percorso di riflessione sul Sinodo un numero sempre più ampio di persone, soprattutto quelle che vivono la parrocchia nelle sue varie articolazioni. Lo scopo è quello di verificare e di arricchire l’idea di Chiesa come comunità cristiana confrontandosi con la realtà concreta e quotidiana della famiglia.

Nella serata di venerdì, dopo un momento di preghiera, è stata proposta la proiezione di un intervento registrato del vescovo di Modena – Nonantola, mons. Erio Castellucci, di una coppia di coniugi e di una coppia di fidanzati: tre contributi che hanno cercato di individuare le caratteristiche di quale Chiesa si vorrebbe essere. È seguito un rapido e concentrato scambio di opinioni sulle provocazioni fornite dal filmato, ma il lavoro di approfondimento e di proposta è stato rimandato ai laboratori di sabato mattina.

Gli incontri laboratoriali si sono tenuti a Soresina, divisi in due gruppi: uno all’oratorio Sirino, guidato da don Federico Celini, con gli operatori delle aree pastorali giovani e comunicazione e cultura, e l’altro presso la Scuola Immacolata, dove gli operatori delle aree pastorali famiglia e giovani hanno avuto la conduzione di don Francesco Fontana.

I due laboratori, dopo un momento di preghiera con letture che hanno focalizzato la riflessione sul senso della vita familiare nelle sue difficoltà, ma soprattutto sulle sue ricchezze, hanno lavorato divisi in gruppi di una dozzina di persone, unite da affinità ministeriali. I gruppi hanno dedicato un primo spazio a verificare su come lo stile di famiglia abbia ricadute positive sulla vita pastorale parrocchiale; a questo momento è seguito uno spazio di proposte concrete capaci di innervare la realtà ecclesiale.

I gruppi che si sono confrontati presso la Scuola Immacolata hanno individuato come obiettivo primario, sia pure con sfumature diverse, l’ascolto e l’accoglienza attenta di ogni persona, rivolgendo una particolare cura alla relazione anche attraverso percorsi di formazione specifici. Così, i partecipanti all’incontro all’oratorio Sirino hanno incentrato l’attenzione su diversi e approfonditi aspetti, sempre nell’intento di individuare in che cosa e come la famiglia – nella concretezza del suo vissuto, delle sue dinamiche, delle sue prospettive, delle sue potenzialità – possa rappresentare una realtà certa e dinamica a cui la Chiesa in cammino possa ispirarsi, anche e soprattutto alla luce della “Amoris Laetitia”.

Il frutto delle riflessioni sarà consegnato sia al vicario zonale sia al Vescovo: un ulteriore e prezioso contributo, anche questo, per il cammino sinodale che attende la Chiesa diocesana.




La parola “unità”, sinonimo di cristianità. Insieme come i Magi se conserviamo il Vangelo nel cuore

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In occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, giovedì 20 gennaio si è svolta la tradizionale veglia di preghiera ecumenica con la partecipazione del vescovo Antonio Napolioni, del pastore Nicola Tedoldi della Chiesa Evangelica Metodista di Piacenza e Cremona e di padre Doru Fuciu della Chiesa Ortodossa Rumena, e con la presenza dell’incaricato diocesano per la Pastorale ecumenica e il dialogo interreligioso don Federico Celini.

La celebrazione si è svolta quest’anno presso la chiesa parrocchiale della Beata Vergine Lauretana e San Genesio, nel quartiere Borgo Loreto di Cremona, data la coincidenza negli stessi giorni con la visita pastorale del vescovo Napolioni e per la presenza, sul territorio, della chiesa ortodossa, in quella che in passato era la chiesa parrocchiale di Borgo Loreto.

La veglia è iniziata con la processione dei concelebranti insieme ai tre rappresentanti delle diverse confessioni cristiane, che hanno acceso altrettante lampade dal cero pasquale.

Il tema del momento di preghiera – in riferimento a quanto caratterizza la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno –  è stato “In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo”, tratto dal Vangelo secondo Matteo.

Nella sua riflessione monsignor Napolioni ha affermato che «il loro viaggio è unito da questo segno che li attira, suscita il desiderio più profondo, lo distilla, lo matura e lo rende punto di incontro con altri uomini di buona volontà, con altri cercatori di senso e di Dio». «Lungo la strada insieme vengono tentati da colui che difende il potere terreno – ha proseguito mons. Napolioni – insieme resistono e arrivano, si prostrano, adorano e consegnano i loro doni. La tradizione fa si che ognuno di loro secondo noi abbia un determinato dono, ma in fondo non esiste una classifica, non gareggiano, non sono rivali, la diversità esalta la bellezza di quell’incontro. Sono le nazioni, i popoli, le saggezze e le culture, sono le storie degli uomini e delle donne che davanti a quel bambino, segnalato dalla stella e a sua madre, si compongono nell’unità più perfetta, quella che dà loro la forza di cambiare insieme». «Anche noi – ha detto ancora monsignor Napolioni – abbiamo bisogno di cambiare tante strade della nostra vita, non solo personale, ma sociale, mondiale e se noi cristiani nella diversità delle vicende teologiche e spirituali, fatta di divisioni ma anche di possibili riconciliazioni, di rinnovati incontri, amicizie, vogliamo cambiare, possiamo farlo solo se ci decidiamo insieme, stimando il rapporto di ciascuno, partendo dall’essenziale, da quel Vangelo che non solo nel libro, ma nel cuore non dobbiamo più smarrire. Allora non sarà più solo la chiesa cattolica a fare sinodo, ma saremo tutti, con metodi, linguaggi, tradizioni diverse a camminare insieme, perché quella stella continua a splendere e a indicarci la via».

Il momento di riflessione è proseguito con le parole del pastore Tedoldi, che ha voluto sottolineare che «oltre pregare il Signore per la nostra unità dovremmo pregarlo intensamente perché ci aiuti ad essere veramente cristiani, attenti ascoltatori e fedeli testimoni della Sua parola perché ritengo che è Cristo l’unità dei cristiani, per cui, non abbiamo bisogno di attendere altro. Dio ci ha donato se stesso in Gesù Cristo perché potessimo essere tutti una sola cosa». E ha proseguito il pastore Tedoldi: «Credo sia giunto il tempo di capire che unità è sinonimo di cristianità” e conclude “nel nostro presepe spirituale i magi sono sempre lì con il loro carico di tesori pronti a camminare verso il Signore. Mi piace pensare che questo sia proprio il senso della nostra unità: camminare da luoghi diversi, da esperienze diverse verso Dio che ci attende».

Ha poi espresso il suo pensiero padre Fuciu: «Unità è la parola chiave, i tre magi rappresentano l’unità, ma anche l’unità delle tre persone del Padre del Figlio e dello Spirito Santo che è la Santissima Trinità». E ha concluso: «Siamo qui per questa preghiera per l’unità dei cristiani rivolta a Dio per proteggerci e per essere benedetti».

La serata è quindi proseguita con un momento di dialogo e ascolto reciproco in stile sinodale. Divisi in tre gruppi i partecipanti hanno potuto confrontarsi, riflettere e condividere pensieri riguardanti l’unità dei cristiani e come testimoniarla nel mondo di oggi e di domani. Quindi le tre lampade, che avevano accompagnato i lavori di gruppo, sono state riportate vicino all’altare in modo da essere visibili a tutti.

La veglia ecumenica si è quindi conclusa con un momento di preghiera seguito dalla benedizione.

 

Settimana ecumenica, don Celini a “Chiesa di Casa”: «Come i magi, insieme verso Cristo»




Il Vescovo alla nuova unità pastorale “don Primo Mazzolari”: «Vi auguro di essere una super parrocchia»

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La visita pastorale alle parrocchie di S. Ambrogio, S. Giuseppe (Cambonino), S. Maria Annunciata (Boschetto) e S. Maria Nascente (Migliaro) a Cremona si è conclusa nella mattina di domenica 16 gennaio con la Messa presieduta dal vescovo Antonio Napolioni a S. Ambrogio e con l’ufficializzazione della costituzione dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari”. La nuova unità sarà guidata da don Paolo Arienti, nominato parroco moderatore, insieme agli altri parroci: don Alberto Martinelli, parroco del Cambonino, e don Maurizio Ghilardi, parroco del Boschetto e del Migliaro. Affiancati da don Giuseppe Salomoni e don Nicolas Diène, sacerdoti che già prestano il loro servizio presso queste comunità.

La costituzione dell’unità pastorale ha segnato il coronamento della visita pastorale del Vescovo, che per alcuni giorni ha incontrato le varie realtà parrocchiali, dopo i rinvii degli scorsi anni dovuti alla pandemia. Un’unità pastorale che nasce dopo molti anni di collaborazione e conoscenza tra le varie comunità, che nel corso del tempo hanno iniziato a condividere alcuni percorsi educativi e iniziative di diversa natura. Anche l’intitolazione a don Primo Mazzolari non è casuale: il sacerdote cremonese di cui è in corso il processo di beatificazione nacque, infatti, il 13 gennaio 1890 a Cremona in una cascina del Boschetto.

Nell’omelia della Messa a conclusione della visita pastorale, mons. Napolioni ha voluto riprendere il Vangelo del giorno: «Dopo anni di pace e progresso ora vi è il timore di un futuro con il segno meno: questo significa che non c’è più speranza, che non c’è più il Signore con noi? Guai se fossimo un Chiesa senza Cristo, perché saremmo una famiglia senza amore – ha quindi proseguito il vescovo di Cremona –. Il segno delle nozze di Cana custodisce una rivelazione: Gesù riempie il vuoto nei nostri cuori trasformando la fragilità umana in risorsa di speranza, perché i poveri e i semplici sanno amare se non si chiudono nella paura e nel risentimento in se stessi».

Quindi il vescovo Napolioni ha riflettuto sulla costituzione della nuova unità pastorale affidandola a Maria e augurandosi che questa «super parrocchia» possa fare grandi cose con una consapevolezza particolare: «Maria è madre in ogni tempo, e credo sia felice di sapere che le nostre parrocchie non hanno paura del futuro perché lo vogliono affrontare insieme. La visita pastorale culmina nella costituzione ufficiale di una specie di super parrocchia, ve lo auguro proprio: una parrocchia di parrocchie, una comunità di comunità, una famiglia di famiglie, in cui tutte le particolarità e le tradizioni hanno diritto di cittadinanza nella misura in cui concorrono all’armonia, come in un’orchestra. Ci mettiamo insieme non per paura, ma per la consapevolezza che c’è da costruire qualcosa di grande, dove la grandezza è interiore, della carità e del senso della vita».

«C’è una storia bella iniziata nelle vostre comunità – ha pertanto continuato mons. Napolioni ripensando agli incontri dei giorni appena trascorsi durante la visita pastorale –. Ho incontrato cristiani motivati e impegnati, ho percepito più il desiderio che il lamento e mi ha fatto piacere constatarlo insieme ai vostri sacerdoti, ricordando anche quelli che vi hanno preceduti e che hanno seminato ciò che oggi noi raccogliamo, custodiamo e portiamo avanti».

In conclusione, non è mancato nelle parole del Vescovo anche il ricordo di don Primo Mazzolari: «È bello che a ispirare questo cammino sia la figura preziosa di don Primo Mazzolari, nato e cresciuto in questa nostra Cremona e poi divenuto punto di riferimento nel tempo, ancora oggi, perché chi cerca il Vangelo vero lo trovi incarnato nelle sfide di ogni tempo: lui lo sapeva fare, tocca a noi saperlo fare ancora oggi».

Una visita pastorale segnata da giorni intensi, ha quindi voluto commentare il parroco moderatore, don Paolo Arienti: «Siamo stati immersi nella vita autenticamente semplice, a volte indaffarata, magari anche un po’ indifferente, sospesa e un poco precaria delle nostre comunità: questa è la verità di quello che siamo. Perché non siamo un territorio disegnato da un cartografo, né un’azienda verificata nei suoi standard di produzione».

Ripercorrendo nelle parole di don Arienti i giorni di visita pastorale si sono ricordate le diverse realtà incontrate dal Vescovo nelle varie comunità: «In questi giorni abbiamo attraversato insieme al vescovo le diverse sfaccettature di questa vita, iniziando dalla cura dei più fragili come avviene nella casa di cura delle Figlie di San Camillo; l’alleanza fra i genitori, i nonni, i figli e i nipoti anche in questo tempo di pandemia visitando con il vescovo alcune famiglie; l’allegra curiosità dei bambini della scuola materna e la briscola degli anziani; il confronto con i più giovani e le loro idee con il desiderio grande di incontrare, benedire e fare crescere; chi tocca la carne sofferente dei più poveri aiutandoli con la carità; chi si fa carico di far risuonare la Parola nella catechesi; il confidente rispetto della comunità francofona e il ritrovarsi attorno alla Parola con gli adulti per condividere con il  nostro Vescovo la sua ricchezza e la sua provocazione».

Giorni di conoscenza e condivisione della nuova comunità dell’unità pastorale culminati nelle Messe presiedute da mons. Napolioni nelle diverse chiese parrocchiali, come ha infine ricordato don Arienti: «L’Eucaristia, dove si fa festa perché si possa tornare a vivere il quotidiano confermati dal Vescovo e rincuorati anche per quello che semplicemente siamo».

 




«Lo sviluppo sostenibile e l’educazione alimentare», Coldiretti Cremona con le scuole per un futuro… buono

 

Il futuro della casa comune è in mano ai più giovani. Questo il messaggio che Coldiretti Cremona intende sostenere e promuovere concretamente con il progetto scolastico «Lo sviluppo sostenibile e l’educazione alimentare», che grazie al contributo del Ministero dell’Istruzione prosegue idealmente il progetto di sensibilizzazione ambientale che l’anno scorso ha coinvolto 70 classi e 1265 alunni nella provincia di Cremona.

La presentazione del progetto proposto da Coldiretti Cremona alle Scuole primarie della Provincia di Cremona, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Territoriale di Cremona, con l’impegno di promuovere sani stili di vita coniugati alla sostenibilità ambientale, si è tenuta nella Sede provinciale di Coldiretti Cremona nella mattina di martedì 11 gennaio, alla quale han partecipato il direttore di Coldiretti Cremona Paola Bono, l’assessore ai sistemi culturali, giovani e politiche della legalità del comune di Cremona Luca Burgazzi e la professoressa Elisa Cambiati, rappresentante dell’Ufficio Scolastico Territoriale.

Presenti in video conferenza in rappresentanza dei partecipanti al concorso, hanno assistito all’incontro la classa 2B del professor Simone Fappani e la classe 3B della professoressa Simona Pilotta, che con grande entusiasmo han saputo trasmettere i valori che questa iniziativa vuole portare nelle scuole cremonesi, esponendo i propri progetti che sono ormai pronti a prendere vita.

Dopo l’introduzione affidata ad un allegro video dedicato ai momenti salienti vissuti dagli alunni nell’ambito del progetto-scuola Coldiretti dello scorso anno, è stata Paola Bono, Direttore della Federazione, ad illustrare percorsi, protagonisti e numeri dell’edizione 2021-22. Il Direttore ha dapprima ricordato la collaborazione in essere tra Coldiretti e il Ministero dell’Istruzione, formalizzata da un protocollo, e l’ormai decennale esperienza messa in campo dall’organizzazione degli agricoltori in tema di proposte formative dedicate ai temi della sostenibilità e della corretta alimentazione. Con soddisfazione il Direttore ha quindi informato i giornalisti in merito alla lettera che Coldiretti Cremona ha ricevuto a firma del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, nella quale si sottolinea “il valore della vostra iniziativa, che si coniuga pienamente – ha scritto il Ministro – con l’obiettivo educativo su cui l’intero sistema di istruzione è impegnato, ovvero quello della formazione di un cittadino partecipe e consapevole, anche in ambito ambientale e del diritto alla salute, per un futuro umanamente sostenibile”.

Il Direttore Paola Bono ha quindi brevemente illustrato i contenuti del progetto, a partire dai cinque percorsi, raccontati con l’ausilio di un video: “Una mucca per amica”; “Viene prima l’uovo…o la gallina?”; “L’acqua amica della natura”; “Evviva le api” e “Il cibo nell’arte”. Quest’ultima proposta, in particolare, si avvale della preziosa e generosa collaborazione di Flavio Caroli, storico dell’arte e accademico italiano. Il progetto – ha spiegato il Direttore – si svilupperà a partire da video girati nelle aziende e dedicati ai vari temi, proposti alle classi in una lezione che includerà – in questo momento a distanza, attraverso “web incursioni” – il dialogo tra alunni e agricoltori. “L’auspicio è che ben presto la situazione sanitaria consenta l’arricchimento del percorso attraverso visite in azienda, nelle fattorie didattiche, o presso il museo – ha detto –. Non mancheranno un momento finale dedicato all’esposizione dei lavori dei bambini e una giornata rivolta alla premiazione dei lavori più significativi”.

In rappresentanza dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Cremona, la professoressa Elisa Cambiati ha ribadito il valore della proposta messa in campo da Coldiretti. “La partecipazione sempre così fattiva – ha rimarcato – fa capire quanto queste tematiche siano vicine al mondo della scuola e siano importanti. Quanto siano rilevanti per il futuro dei bambini e del nostro territorio. Siamo veramente contenti di come il progetto è andato l’anno scorso e di come sta procedendo quest’anno. Vediamo l’entusiasmo dei bambini, che attendono le lezioni e si dedicano agli elaborati, e degli insegnanti che ogni anno richiedono in prima persona informazioni inerenti al progetto”.

L’Assessore Luca Burgazzi ha esordito rivolgendo “un grazie alla Coldiretti”. Ha sottolineato la piena sintonia, in merito ad una visione che considera il sistema museale, le istituzioni culturali, quali elementi che fanno parte dell’educazione delle giovani generazioni. Ha rivolto un plauso alla scelta di valorizzare, nello scorso anno, l’incontro con il museo Cambonino, così come quest’anno, con una guida d’eccezione, si va alla scoperta della Pinacoteca cremonese. “Come sistema museale, insieme a Coldiretti, abbiamo condiviso questa scelta, che ritengo fondamentale, convinti come siamo che i musei non siano solo semplici erogatori di un servizio” ha aggiunto, definendo il museo “un elemento fondamentale per la costituzione di una comunità”. “Il fatto che un’associazione di categoria, che la Coldiretti, abbia colto questo legame fra istruzione, cultura, musei, è un segnale importante che viene dato alla città, a tutto il territorio, ed anche ad un contesto più ampio”. L’Assessore Burgazzi ha quindi evidenziato il grande, ulteriore valore, portato al progetto dal coinvolgimento del critico e storico dell’arte Flavio Caroli.

Carlo Maria Recchia ha quindi passato la parola ai protagonisti del progetto, alle due classi in video-collegamento, in rappresentanza di tutti gli alunni che condivideranno la grande avventura targata Coldiretti Cremona, alla scoperta dell’agricoltura e dell’alimenta made in Italy, dello sviluppo sostenibile, del territorio e della sua bellezza. L’insegnante Simone Fappanni ha testimoniato l’entusiasmo, la grande curiosità, con cui gli alunni vivono in ogni occasione l’incontro con gli agricoltori della Coldiretti. La professoressa Simona Pilotti ha descritto l’innovativa esperienza che la scuola sta mettendo in campo, in collaborazione con il Consorzio Casalasco del Pomodoro, con gli alunni che – dotati delle più moderne strumentazioni – si apprestano a coltivare piselli e verdure in un appezzamento ricevuto in dono dal Comune di Ostiano.

L’avventura degli alunni è dunque ai nastri di partenza. Le prime lezioni in calendario sono fissate per giovedì 13 gennaio.

Ogni classe avrà cinque percorsi diversificati i base alle proprie esigenze, e degli esperti esporranno i temi trattati ai ragazzi grazie a foto e video per trasmettere l’esperienza in maniera chiara ed efficace, alimentando le conoscenze apprese grazie a laboratori interattivi e visite guidate. Mucche, uova, acqua e api sono gli argomenti che verranno insegnati, accompagnati da un innovativo corso legato alla storia del cibo nel mondo artistico che illustrerà come esso abbia avuto un ruolo preponderante in ogni periodo storico.

Gli elaborati potranno essere inviati entro il 30 aprile e verranno valutati da un’apposita commissione che decreterà il vincitore del concorso, che verrà premiato , condizioni sanitarie permettendo, alla festa di fine progetto alla quale potranno partecipare tutte le scuole che hanno aderito.




La “Colonia de Férias”, il Grest brasiliano di Salvador de Bahia

 

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È iniziata sabato 8 gennaio nella parrocchia Jesus Cristo Ressuscitado di Salvador de Bahia, in Brasile, l’undicesima edizione della Colônia de Férias, l’analogo del ben noto Grest italiano. È infatti piena estate nel paese brasiliano e per i moltissimi bambini e ragazzi della parrocchia questo era un appuntamento atteso da tempo.

Dopo che lo scorso anno, a causa della pandemia, si era deciso di proporre una serie di attività alternative per ridurre il rischio di assembramenti (dai tornei di calcio ai pomeriggi di giochi, senza dimenticare il bingo nei diversi quartieri della parrocchia), questa è l’edizione della ripartenza. Tuttavia proprio per riprendere le attività in sicurezza, sono state introdotte alcune novità a partire dalla scansione della giornata: il mattino, dalle 08.30 alle 11.30 circa, è dedicato ai bambini più piccoli (la fascia delle nostre scuole elementari) mentre nel pomeriggio, dalle 14.30 alle 17.30, giochi ed attività sono proposti per i ragazzi più grandi (preadolescenti). Le iscrizioni hanno fatto registrare il tutto esaurito con 55 bambini nel gruppo del mattino e 88 ragazzi al pomeriggio.

Anche gli animatori (i líderes), adolescenti e giovani, sono stati suddivisi sui due gruppi, in modo da diminuire la concentrazione negli spazi della parrocchia: alcuni di loro seguono i bambini più piccoli, altri i ragazzi nel pomeriggio.

La Colônia de Férias vede impegnati anche diversi adulti: nella gestione e nella custodia degli spazi (c’è sempre da dare un’occhiata ai cancelli), nella raccolta delle iscrizioni e negli appelli quotidiani così come nel gruppo di donne che si occupano della cucina, che quest’anno, con la suddivisione in due gruppi dei ragazzi, ha visto un significativo aumento del lavoro. Pur non essendo prevista la mensa, infatti, alla fine di ogni turno c’è l’occasione per uno “spuntino rinforzato”: il primo giorno pizza per tutti.

A non mutare invece è il tono, lo stile educativo della proposta che ogni anno si ispira alla vita di un santo. Dopo Bakita nell’edizione del 2020, quest’anno è la vita di san Giovanni Bosco a guidare il momento di riflessione che quotidianamente viene proposto ai ragazzi. Proprio la sua vita e la sua testimonianza del Vangelo infatti, parlano qui nella Bahia in modo del tutto particolare.

Un’ulteriore novità consiste nel periodo: è stato aggiunto qualche giorno di attività e la Colônia de Férias, iniziata sabato 8 gennaio, si concluderà domenica 16. Tante ancora le sorprese che saranno proposte ai ragazzi nei prossimi giorni per scoprire, come insegnava il santo torinese ai suoi Salesiani, che «la nostra vita è un dono di Dio, quello che noi facciamo (della nostra vita) è il nostro dono a Lui».




Il mio presepe 2021: i like premiano Castelverde e la famiglia Mura di Pandino

Sono la parrocchia di Castelverde e la famiglia Mura di Pandino i vincitori della quarta edizione del contest fotografico “Il mio presepe” promosso dal portale internet della Diocesi di Cremona e dedicato ai presepi. Le votazioni, arrivate attraverso i like sulla pagina facebook ufficiale della diocesi, hanno decretato il podio, ufficializzato nella mattinata di lunedì 3 gennaio.

A guadagnarsi il titolo per la categoria “Gruppi” è la parrocchia di Castelverde, già vincitore del contest di due anni fa. Un presepio, quello allestito nella chiesa parrocchiale di S. Archelao, tutto giocato sui contrasti: tra le luci della città e il degrado delle periferie, tra l’abbaglio dell’albero e una culla allestita con tessuti di paesi lontani, tra il bambino della pubblicità (omaggio all’azienda cremonese Sperlari nella celeberrima illustrazione di Gino Boccasile del 1950) e quello di un Dio che nasce nelle situazioni più strane (persino sotto i ponti), emblema dell’Amore che si manifesta per l’umanità. «L’idea – spiega Matteo Morandi – mi è venuta dopo il presepio dello scorso anno, che provocatoriamente ha posto al centro del presepio, al posto di Gesù, una luce, dinnanzi alla quale vegliava un pastore. La gente si chiedeva dove fosse il Bambino, da qui la domanda: chi cerchiamo a Natale? quale bambino? quello della tradizione? della capanna, dei pastori e degli angeli tra il muschio e il cielo stellato? o qualcosa di più?». Anche per la realizzazione del presepio di quest’anno fondamentale è stato l’aiuto di Piero Mazzolari, Silvano Orlandi e Silvio Zanetti, con l’importante supporto anche dei fratelli Fanti.

Sul secondo gradino del podio l’allestimento della chiesa parrocchiale di Bordolano, dove il presepe è realizzato con antiche statue lignee di dimensioni importanti (circa 50-60cm), collocate in una cornice scenografica semplice ma suggestiva.

Il terzo posto va, invece, al gruppo di catechismo di prima media della parrocchia di Martignana di Po che, sotto la guida delle catechiste Marisa Rosa e Jessica Braga, ha proposto un presepe in cui domino la scena dei barconi rovesciati, riportando così l’attenzione a fatti di estrema attualità. Un presepio che era già stato progettato quando i media hanno diffuso la notizia del ritrovamento, nel mar Mediterraneo, di un bambino abbandonato su un barcone dai suoi genitori nel tentativo di salvargli la vita. Un episodio che ha dato ulteriore senso a questo presepio, che intendeva proprio richiamare alla speranza. Il Bambinello è posto, da solo, proprio su una barca (altre sono collocate accanto, rovesciate), avvolto in una coperta termica. Ad arricchire l’allestimento, nella cappella di S. Luigi della parrocchiale, un brano del discorso che Papa Francesco ha tenuto in occasione della sua visita a Lesbo e l’esposizione del libro per ragazzi “Gesù bambino venuto dal mare”. «Anche se il presepe sembra un po’ strano – spiegano le catechiste – non dobbiamo dimenticare che anche la famiglia di Gesù è emigrata in Egitto per sfuggire al potere di quel tempo, al Re Erode».

Guarda tutti i presepi in gara tra i Gruppi

 

Per quanto riguarda la categoria “Famiglia” il maggiore numero di like sono andati alla realizzazione della famiglia Mura di Pandino. La signora Pierina, 58 anni e molto attiva nella parrocchia, ha impiegato due sere per finire il presepe con l’aiuto di due dei quattro figli, Nicola e Angelica. «Il presepe è una cosa alla quale tengo molto da cattolica praticante – ha spiegato la signora Pierina –. Per noi non è Natale senza questo importante segno cristiano». Un segno che non è mai mancano nemmeno in situazioni di grande sofferenza e lutto: «Nel novembre 2020 è morto mio marito a causa del Covid e in famiglia siamo stati in quarantena per un mese intero, ma non ho rinunciato a realizzare il presepe. Ho poi scoperto la newsletter settimanale della diocesi di Cremona, alla quale mi sono iscritta e ho così saputo di questo concorso dei presepi al quale ho voluto partecipare». La signora Pierina quest’anno ha quindi coinvolto le cugine e le amiche: «Oltre alla mia famiglia ho tante amiche che mi vogliono bene e che mi hanno aiutato in questa competizione. Spero che in futuro i miei figli continuino questa tradizione del presepe».

Il secondo posto, invece, va al presepe realizzato all’uncinetto dalla signora Giuseppina Terzani Iacchetti di Castelleone che, a 84 anni, dopo aver fatto per oltre 55 anni la fruttivendola, si è dedicata alla maglia e all’uncinetto realizzando con tanta pazienza e tempo questo presepe. Tutto con materiale riciclato: le parti in legno sono state ricavate da un vecchio scaffale da esposizione, mentre per la realizzazione dei personaggi è stato utilizzato filato avanzato da vecchi maglioni e l’imbottitura è lo scarto della gomma piuma che avvolge l’uva quando viene posta nelle cassette. Nel presepe si può notare, oltre alla sacra famiglia, i pastori con le pecorelle e i magi, anche una fruttivendola.

A contendersi il terzo posto con altre realizzazioni è un insolito “Poké-presepe”, in cui la scena della natività è ambientata in un mondo fantastico abitato da Pokémon, famose creature immaginarie che gli umani possono catturare, allenare e far combattere per divertimento. Quale sarà lo starter preferito da Gesù bambino? Fuoco, acqua o erba? La domanda che si pone l’autore, Matteo Lodigiani, di Cremona, che dopo aver visto presepi nelle più diverse ambientazioni ha ideato in modo innovativo un presepe tra i Pokémon, pensando a una missione d’evangelizzazione che davvero non ha confini.

Le foto di tutti i presepi di Famiglia che hanno partecipato al contest




Il Vescovo Napolioni ha presieduto a Bordolano il funerale di don Cesare Perucchi

Nel nebbioso pomeriggio di venerdì 31 dicembre, a Bordolano, si è tenuto il funerale di don Cesare Perucchi, in una chiesa parrocchiale colma dell’affetto dimostrato nella preghiera da alcune delle tante persone che hanno conosciuto il prete deceduto il 30 dicembre scorso all’età di 95 anni.
Le esequie sono state presiedute dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, e concelebrate dal vescovo emerito mons. Dante Lafranconi, dal vicario generale don Massimo Calvi, dal vicario episcopale per il Clero don Gianpaolo Maccagni, dal parroco don Roberto Moroni insieme a diversi altri sacerdoti.

Nelle parole del Vescovo durante l’omelia il ricordo di don Cesare: «Le letture di oggi, a partire dalla lettera di San Giovanni, si adattano bene a questa celebrazione – ha esordito monsignor Napolioni – si fa riferimento all’ultima ora, quale? L’ultima ora della vita? Dell’anno? Direi sarebbe sempre come l’ultimo giorno di scuola in un giorno di primavera dove i ragazzi escono di scuola contenti, è bello pensare così la nostra ultima ora terrena, come un grande inizio, specialmente quando la vita è stata lunga e ricca come quella di don Cesare».

Proseguendo il Vescovo ha voluto poi sottolineare come: «Don Cesare ha vissuto in diversi paesi, e soprattutto qui a Bordolano, dove ha voluto stare il più possibile, per ben 36 anni. Il Vangelo è quello che ci ha annunciato la nostra vera dignità, non solo per noi vescovi e sacerdoti, ma per tutti quanti: vivere, morire e risorgere da figli di Dio, figli nel Figlio. Voi avete avuto un parroco per decenni, una sicurezza che veniva data da una conoscenza prolungata, ora il mondo si è velocizzato, ma anche nel breve tempo che stiamo in una comunità dobbiamo abitarla: l’importante è avere una casa col cuore e il rapporto con Dio ci aiuta».

Mons. Napolioni ha quindi terminato: «Quanta grazia abbiamo ricevuto da un parroco che è stato tanti anni in una comunità!  Quanta grazia nelle parole durante la confessione, di quanta grazia abbiamo bisogno ancora oggi e quanta grazia può donarci dal cielo chi ci ha lasciato: credo che i preti che muoiono, come le mamme e come chi ha operato per la comunità civile, non siano mai disoccupati in cielo ma partecipino di quella pienezza di intercessione, di sostegno che nella comunione dei santi rende possibile il nostro camminare con fiducia».

Al termine della celebrazione eucaristica, dopo l’aspersione con l’acqua santa, in ricordo del battesimo, e con il fumo dell’incenso in attesa della risurrezione dei morti, la salma è stata portata fuori dalla chiesa dove c’è stato l’ultimo saluto del Vescovo. Quindi il feretro è stato accompagnato in processione dal parroco e dai fedeli presenti presso il cimitero del paese dove è avvenuta la sepoltura.

 

Profilo biografico di don Perucchi

Nato a Soresina, don Perucchi è stato ordinato sacerdote nel 1950 con una classe di ben 16 sacerdoti. Dopo un anno a Robecco d’Oglio, è stato per 12 anni, fino al 1963, vicario parrocchiale ad Antegnate. Dal 1963 al 1974 ha poi guidato come parroco la comunità di Alfiano, prima del suo trasferimento a Bordolano, che , dal suo ingresso, il 12 marzo 1974, è diventata la sua casa. Qui infatti si è fermato come sacerdote residente anche dopo il congedo per raggiunti limiti d’età, nel 2010, ed è rimasto fino al trasferimento alla Fondazione “La Pace” dove ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita terrena.




A Ca’ del Ferro la Messa di Natale con il Vescovo

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Nella mattina di Natale, prima di presiedere il solenne pontificale in Cattedrale, il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto l’Eucaristia per i detenuti della Casa circondariale di Cremona all’interno del carcere di Ca’ del Ferro. L’incontro ha fatto seguito alla visita dello scorso 13 dicembre quando il Vescovo ha avuto un momento di confronto e ascolto con gli operatori penitenziali e quelli della pastorale.

La celebrazione si è aperta con il saluto del cappellano don Graziano Ghisolfi, al quale sono seguite le parole di uno dei detenuti che, a nome di tutta la comunità della casa circondariale, ha messo al centro il valore della speranza e della solidarietà, auspicando che possano essere come “stelle” a guidare in questo periodo storico difficile.

Un momento atteso e particolarmente sentito durante il quale mons. Napolioni ha voluto riprendere l’incontro, proposto qualche giorno in tv, tra Papa Francesco e alcuni ultimi, e tra loro un ergastolano: «Oggi è Natale, il giorno che rende fondamento alla nostra certezza, come ci ricorda san Paolo nella seconda lettura: Dio ci ha salvato non per le opere giuste da noi compite, ma per la sua Misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo».

Mons. Antonio Napolioni ha quindi proseguito nella sua omelia: «Della grazia umana, come quella che concede il Presidente della Repubblica, ci si può anche approfittare, ma la Grazia del Signore cambia il cuore e rende giusti, rendendoci purificati e rinnovati: l’acqua che sgorga dal costato di Cristo è la nostra fonte, con il sacrificio della sua vita».

Il vescovo ha quindi terminato la sua riflessione rivolgendosi al “popolo detenuto”, terminologia utilizzata nel saluto iniziale, con un augurio natalizio specifico: «Gesù si mette nelle mani di noi peccatori per trafiggerci il cuore e farci riscoprire il senso della vita, per cominciare a lottare per il bene da fratelli e amici: questa è la grazia del perdono, della fede e del coraggio che ci vuole per affrontare la realtà al di fuori di qui, non alla maniera vecchia, ma in una maniera nuova. Non solo me lo auguro e preghiamo per questo, provando ad aiutarvi anche se a volte la società mette un marchio d’infamia, perché se ci si guarda negli occhi e si osa a collaborare un passo alla volta ce la faremo».

Al termine della Messa il vescovo ha consegnato personalmente a ogni detenuto presente un piccolo dono natalizio approfittando dell’occasione per un augurio.

La celebrazione, cui hanno preso parte anche una rappresentanza della polizia penitenziaria, è stata concelebrata dal cappellano don Graziano Ghisolfi e dal segretario vescovile don Flavio Meani. Ha prestato servizio dall’altare il diacono Marco Ruggeri, operatore di Caritas Cremonese che svolge il proprio servizio presso la casa circondariale di Cremona.

 

 

Il vescovo Antonio Napolioni a Ca’ del Ferro in dialogo con il mondo del carcere

“Dolce e salato”, a Cremona il buono dell’integrazione sociale

 




Gli auguri della Curia in museo contemplando il «tesoro dei tesori»

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Cornice davvero suggestiva, quest’anno, per il tradizionale momento degli auguri natalizi tra i responsabili e gli operatori della Curia diocesana e il vescovo Antonio Napolioni. L’incontro, infatti, si è svolto all’interno del nuovo Museo diocesano, nella sala dedicata proprio alla Natività.

A fare da sfondo le statue di inizio Cinquecento realizzate da Giovanni Angelo Del Maino, di proprietà della Cattedrale, e la scena della natività di fine Quattrocento opera di Bongiovanni de’ Lupi proveniente della parrocchia di Rivolta d’Adda.

Un luogo dunque «di arte e di cultura, ma anche di contemplazione», come ha voluto sottolineare il vicario generale, don Massimo Calvi, rivolgendo al Vescovo gli auguri da parte dell’intera Curia, insieme anche all’assicurazione di una collaborazione sincera e competente che ogni ufficio garantisce. «Lei è il custode dell’eredità di fede della nostra diocesi», ha detto ancora Calvi in riferimento al Museo diocesano, «luogo che rende visibile la ricchezza di fede di chi ci ha preceduto e che siamo invitati a raccogliere per passarla alle generazioni future».

Un incontro che quest’anno ha voluto assumere il tono della preghiera, anche grazie all’accompagnamento nel canto garantito da una selezione del Coro della Cattedrale. Per questo le parole di augurio formulate dal Vescovo sono state «parole nate dalla Parola del Signore», come egli stesso ha precisato, e focalizzando lo sguardo sul «tesoro dei tesori» di questo luogo: Gesù. «È lui il tesoro della nostra vita e della Chiesa», ha detto monsignor Napolioni rivolgendo lo sguardo a quel bambino nodo, solo, senza neppure una mangiatoia, che la Natività di Del Maino propone ai visitatori.

«Nel museo tutto parla di lui – ha detto ancora il Vescovo -. Sua madre, i suoi amici, le sue cose, la sua morte». Da qui l’invito di monsignor Napolioni a lasciarsi trasfigurare da Lui, usando l’immagine del cantiere quale segno del «rinnovamento profondo della nostra esistenza».

L’incontro, vissuto nella semplicità, è proseguito con una visita al museo e un brindisi di auguri.