1

Piadena, i padroni di casa trionfano nel torneo di calcio degli animatori della Zona 4

Tra le iniziative diocesane dedicata agli animatori dei Grest cremonesi, si è svolto nella giornata di domenica 19 giugno, presso l’oratorio di Piadena, il torneo di calcio “5 vs 5” tra gli oratori della Zona pastorale 4. Cinque squadre partecipanti: due di Piadena, due da Sospiro e una rappresentativa del Grest di Torre de’ Picenardi.

I torneo ha preso il via alle 16 e ha visto la prima squadra di casa, il Piadena 1, esordire e prevalere contro il Torre. Competizione costruita su un maxi-girone, in cui ogni oratorio ha affrontato tutti gli altri. Poi una classifica generale e, di conseguenza, la stipulazione delle due finali.

Al termine della fase a gironi, Piadena 1 e Sospiro 2 si sono conquistati il posto in finale, mentre per il terzo/quarto posto si sono sfidati l’oratorio di Torre de’ Picenardi e il Piadena 2. Eliminato, invece, il Sospiro 1, arrivato ultimo nel girone iniziale.

Finali che si sono giocate a partire dalle 21. Prima la “finalina”, tra Il Torre e il Piadena 2, conclusasi 5-3 in favore dell’oratorio di Torre de’ Picenardi. Alle 21.30 il Piadena 1 e il Sospiro 2 sono scesi in campo per la finalissima, che ha visto trionfare i padroni di casa con un netto 9 a 1.

Al termine della finale, le premiazioni per tutte le squadre che hanno partecipato al torneo.




Ammissioni agli Ordini, il Vescovo: «La vostra scelta di vita guarisca i cuori con il Vangelo. Fatene percepire la verità, la bellezza e la forza»

Guarda la photogallery completa

 

Si è svolto nella serata di sabato 18 giugno, nella chiesa di Cristo Re, a Cremona, l’ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato di fra Godfroy Agbodgi e fra Daniel Dossou Kossi, i due religiosi togolesi della congregazione dei Missionari di Gesù e di Maria che dal 2017 sono stati inviati in Italia per gli studi teologici che stanno compiendo presso il Seminario vescovile di Cremona, proprio come più di quarant’anni fa fece il fondatore del loro istituto religioso, don Emanuele Amouzou-Daye, e come altri due confratelli hanno già fatto prima di loro (padre Richard Kossi Aglah e padre Justin Messanvi, ordinati sacerdoti nel 2018).

La celebrazione è stata presieduta, nella solennità del Corpus Domini, dal vescovo Antonio Napolioni nella parrocchia cittadina dove i due religiosi prestano servizio pastorale. Ad accompagnarli, insieme alla comunità di Cristo Re, oltre ai formatori del Seminario e i compagni di studi, anche tante persone di Cicognolo, il paese dove don don Emanuele celebrò la sua Prima Messa e dove nasce nel 1997 l’associazione “Amici di don Emanuele” che da allora sostiene il sacerdote togolese e le sue opere attraverso viaggi di volontariato e donazioni, anche attraverso una serie di iniziative benefiche sul territorio.

Nell’omelia il Vescovo ha riflettuto sull’ammissione agli ordini di fra Godfroy e fra Daniel nel contesto della solennità del Corpus Domini. Ricordando la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, celebrata e adorata, Napolioni ha voluto guardare anche al corpo del Signore inteso come popolo di Dio. E ha sottolineato: «essere candidati all’ordine sacro del diaconato e del presbiterato richiede altrettanto amore alla gente».

Quindi rileggendo la pagina evangelica della moltiplicazione dei pani e dei pasci (Lc 9,11b-17) il Vescovo ha voluto attualizzare lo sguardo sul corpo di Cristo che è la gente. Le parole dei discepoli «qui siamo in una zona deserta» sono state lo spunto per un accenno ai problemi legati ai cambiamenti del clima. Ma a non desertificarsi deve essere anzitutto il cuore dell’uomo, che deve tradursi in impegno concreto. E qui il riferimento alla parole di Gesù: «Voi stessi date loro da mangiare». «Gesù sfida i discepoli di allora e di ogni tempo – ha affermato Napolioni – a non fare da scaricabarile con Dio». Ma cosa fare con soli cinque pani e due pesci? L’invito del vescovo è stato quello di iniziare dalle piccole cose: dal rubinetto di casa, dai rapporti con i parenti e le persone più prossime per essere davvero «costruttori di pace, umili e pazienti». E ancora: «Se lasciamo che il Signore divida e moltiplichi dividendo, insegnandoci a condividere, allora la vita fiorisce e il banchetto è abbondante. E se c’è cibo per tutti c’è pace nel mondo». E qui si è rivolto direttamente ai due candidati agli Ordini: «È una pagina di estrema attualità. E dentro questa attualità la vostra scelta di vita di consacrati e di ministri di Dio nella Chiesa sarà una risposta a questo bisogno: bisogno di qualcuno che ci renda il Vangelo vicino, ce ne faccia percepire la verità, la bellezza e la forza, perché i nostri cuori guariscano da tutto ciò che li avvilisce. E non siamo più vittime o spettatori della storia, ma umili e attivi protagonisti».

Prima di concludere la propria riflessione, facendo cenno alla prima lettura (Gen 14,18-20) e al Salmo (109/110), il Vescovo ha sottolineato l’essenziale passaggio dall’Antica e alla Nuova Alleanza, da un’idea di sconfiggere i nemici con le potenti armi di dio a quella dell’Eucaristia come unica arma del credente. «Se nell’Eucaristia il figlio di Dio si mette nelle nostre mani, noi che non abbiamo nessun merito e nessun diritto, nessun privilegio se non quello di essere stati guardati con benevolenza da Lui. La misericordia di Dio, una volta che l’abbiamo ricevuta, ci autorizza soltanto a essere strumenti della stessa misericordia per gli altri. È così che si disarmano i nemici! E allora è impegnativo dire “sì” a Cristo oggi così, nella festa del Corpus Domini».

E ha concluso: «Il paradosso che ci salva è un Dio che muore sulla croce. La croce è davvero il punto d’incontro della nostra fatica di vivere e della paternità di Dio che non smette di amarci? Se quella croce diventa il criterio della nostra vita cristiana allora noi moltiplicheremo ancora pani e pesci, acqua e grano, pace e benessere per un mondo che si è fatto piccolo e fragile, e proprio per questo ha più che mai bisogno di cristiani, di sacerdoti, di testimoni del Cristo signore».

Subito dopo l’omelia, il rettore del Seminario, don Marco d’Agostino, ha pronunciato i nomi dei due religiosi, che hanno riposto alla chiamata pronunciando «eccomi». Quindi davanti al Vescovo e alla comunità hanno espresso pubblicamente la volontà di proseguire nel cammino di consacrazione verso il diaconato e il presbiterato.

Al termine della celebrazione un momento di festa e amicizia in oratorio ha coinvolto tutti i presenti nell’affetto verso fra Godfroy e fra Daniel.

 

Profilo biografico dei due religiosi

Fra Godfroy Agbodzi (in foto alla destra del vescovo), classe 1977, è originario di Tomegbe, nella diocesi d’Atakpame, in Togo. Fin da piccolo ha ricevuto una formazione cristiana e presto ha sentito il desiderio di diventare sacerdote. Una scelta intrapresa però solo dopo aver frequentato le scuole superiori ed essersi dedicato per qualche tempo al commercio e lavorando nel settore agricolo e dell’allevamento. Entrato nella famiglia religiosa dei Missionari di Gesù e di Maria, ha emesso la professione semplice nel 2013 e quella perpetua nel 2021. Dal settembre 2017 è in Italia per gli studi teologici presso il Seminario di Cremona.

Fra Daniel Dossou Kossi (in foto alla sinistra del vescovo), classe 1985, è originario di Kpalimé, in Togo. La sua è stata una vocazione tardiva, arrivata dopo una formazione professionale artistica. Entrato nella congregazione dei Missionari di Gesù e di Maria nel 2006, nel 2009 ha emesso la professione semplice; nell’agosto 2017 quella perpetua, dopo aver nel frattempo conseguito il diploma al liceo linguistico. Dal settembre 2017 è in Italia per gli studi teologici presso il Seminario di Cremona.

 

I Missionari di Gesù e Maria

La congregazione dei Missionari di Gesù e di Maria (la cui Casa madre ha sede nella diocesi di Kpalime, in Togo, nell’Africa occidentale) è l’istituto religioso fondato in Togo da don Emanuele Amouzou-Daye, che il proprio vescovo, mons. Filippo Kpodzro, inviò a studiare in Italia. La destinazione fu proprio il Seminario di Cremona, con il quale rimane dunque ancora uno speciale rapporto di legame. Don Emmanuele celebrò la sua prima Messa nel 1984 a Cicognolo, cui cui i rapporti sono proseguiti anche dopo il ritorno in Togo grazie in particolare all’associazione “Amici di don Emanuele”.
La famiglia religiosa dei Missionari di Gesù e di Maria ha una spiritualità principalmente mariana ed eucaristica, s’impegna in particolar modo alla cura dei malati attraverso un accompagnamento psico-spirituale e la promozione dei giovani attraverso un’attiva pastorale giovanile.




«Un pane essenziale per la vita», il Vescovo ha guidato a Cremona la processione del Corpus Domini

La photogallery completa

 

Nella serata di giovedì 16 giugno 2022 il vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, ha presieduto la celebrazione della solennità del Corpus Domini con la Messa nella chiesa cittadina di Sant’Agata, seguita dalla processione fino alla chiesa di San Luca, dove è terminata con l’adorazione eucaristica.

I membri del Capitolo della Cattedrale hanno concelebrato insieme a molti dei parroci e dei vicari della città mentre hanno affiancato il vescovo di Cremona il vicario generale don Massimo Calvi e il vicario episcopale per il Clero e il Coordinamento pastorale don Gianpaolo Maccagni.

All’inizio della Messa mons. Napolioni ha ricordato la particolarità di celebrare la solennità in una chiesa diversa dalla Cattedrale: «L’esigenza di essere qui è dovuta al fatto che in Cattedrale sono in corso i preparativi per i lavori che si realizzeranno nei prossimi mesi: questo gesto può avere un grande significato – quindi il vescovo di Cremona ha lanciato una proposta – in futuro potremmo vivere la solennità del Corpus Domini insieme in varie parti della città: ci penseremo con il vicario zonale e i parroci della città, perché c’è un centro nella Cattedrale, ma le strade, le periferie, i quartieri sono altrettanto membra vive del corpo di Cristo».

 

L’omelia del Vescovo

 

Nella sua omelia mons. Napolioni ha sottolineato l’importanza dell’Eucaristia nella vita quotidiana dei cristiani: «È proprio essenziale il pane di Dio: è nostro nutrimento e pane dell’anima, perché essa governi le altre facoltà umane rendendoci umani, fraterni, figli e fratelli: un pane dunque essenziale per vivere, per sperare e per essere uniti».

«Se tutti i giorni chiediamo questo mi viene da dire che è sempre Corpus Domini: questa è una legge della vita cristiana – ha quindi proseguito il vescovo soffermandosi sul senso delle festività cristiane – esistono le feste per trasformare la ferialità, esistono dei picchi nel momento in cui saliamo sul monte e facciamo l’esperienza di Dio per portarlo con noi in qualsiasi attività e gesto. Allora davvero Corpus Domini è ogni vita umana, in particolare ogni vita provata, sofferta; è ciò che ci trafigge il cuore perché constatiamo in noi stessi e attorno a noi la potenza del male. Il corpo crocifisso racconta una morte, una violenza scatenatasi su un innocente».

Nelle sue parole mons. Napolioni ha pertanto proseguito spiegando come il sacramento dell’Eucaristia può avere un forte ruolo di unità comunitaria: «È un corpo ferito, ma anche un corpo che si prende cura delle proprie ferite, delle ferite delle membra del corpo che è la Chiesa: un corpo comunitario, ecclesiale non perché facciamo l’appello, ma perché siamo qui comunque per tutti e con tutti con cuore grato perché ne abbiamo il privilegio, il tempo, la voglia, la salute di essere qui e questo ci responsabilizza a condividere il dono ricevuto con la capacità di diffondere il profumo buono del pane».

«Gesù dice pregando di non sprecare parole. Pensate se facessimo la processione in silenzio – ha voluto provocare il Vescovo – parlerebbe il mistero e la sfida di questo pezzetto di pane che coagula ancora uomini e donne, famiglie e sacerdoti. Generazioni diverse, ma tutti attratti, fortificati e trasformati da colui che è sempre con noi».

Infine, nella sua omelia il vescovo Napolioni ha ricordato il 125° anniversario della canonizzazione di sant’Antonio Maria Zaccaria: «Il percorso è stato deciso perché è semplice e comodo, però il Signore con la sua regia ci ha fatto riscoprire questo anniversario che noi ricordiamo anche perché questo santo cremonese ha voluto educare non solo i suoi figli alla devozione dell’Eucaristia, ma ha diffuso la pratica delle Quarantore, l’adorazione prolungata alla presenza del Signore».

Al termine della Messa è iniziata la processione lungo corso Garibaldi: i fedeli, le religiose, i ministranti e le autorità hanno accompagnato il Vescovo con l’ostensorio contenente il Santissimo Sacramento. La presenza del gonfalone della città e del sindaco Gianluca Galimberti è stata segno della partecipazione dell’intera comunità cittadina al momento di preghiera.

Arrivati nella chiesa dei padri barnabiti è quindi iniziato l’ultimo momento di preghiera con l’adorazione eucaristica: l’assemblea dei fedeli insieme al vescovo è rimasta in adorazione dell’Eucarestia accompagnata dal tradizionale canto del Tantum ergo e dalle intenzioni di preghiera, prima della solenne benedizione eucaristica.




I ragazzi dei Grest della Zona 3 alla scoperta dei tesori della città

Hanno preso il via in diocesi le iniziative zonali per i bambini e i ragazzi dei Grest. Tra le tante, si è tenuta, la mattina di giovedì 16 giugno, «una giornata alla scoperta della città di Cremona e delle emozioni», come spiega Elena Poli, di CrArT, ente organizzatore dell’evento dedicato ai ragazzi delle medie dei Grest della Zona pastorale III.

Presentata come una sorta di caccia al tesoro, l’iniziativa è stata una vera e propria «caccia ai tesori della città», in cui – senza vincitori né vinti – i ragazzi, suddivisi in cinque gruppi, hanno percorso cinque diverse tappe, affrontando le sfide proposte e approfondendo, grazie al contributo delle guide di CrArT, l’arte e la storia che contraddistinguono la città di Cremona.

Dopo il raduno, avvenuto alle 9.30 in piazza Stradivari, hanno preso il via giochi di vario genere, allestiti presso piazza Roma, piazza Marconi, piazza del Comune e presso le chiese di S. Marcellino e S. Maria Maddalena. I ragazzi, infatti, si sono affrontati in una sfida musicale, in una risoluzione di un delitto avvenuto nella chiesa di S. Domenico, fino ad arrivare alla caccia al dettaglio artistico sul piazzale antistante la Cattedrale.

Molti oratori di città hanno aderito all’iniziativa. Presenti, accompagnati dai rispettivi animatori, i ragazzi delle unità pastorali “Cittanova”, “Madre di Speranza” e “S. Omobono”. Presenti anche gli oratori di S. Abbondio, Cristo Re e S. Michele. «L’idea – prosegue Elena Poli – è stata quella di coinvolgere quanti più oratori possibile e di mescolare i ragazzi, per favorire la conoscenza e l’incontro con i coetanei delle altre parrocchie». Una mattinata, quindi, all’insegna del divertimento e della collaborazione, che si è conclusa intorno a mezzogiorno, sempre sulla piazza dedicata al celebre liutaio cremonese.

Le iniziative dedicate alla Zona 3 non finiscono qui. Il prossimo appuntamento, sempre dedicato ai ragazzi delle medie, sarà giovedì 23, presso l’oratorio di Cristo Re: una mattinata di laboratori sportivi con gli educatori del Comitato sportivo italiano, comitato di Cremona.




Alle Colonie Padane lo spettacolo “I Benedetti” ha inaugurato gli eventi in città per l’Incontro mondiale delle famiglie

Nella serata di mercoledì 15 giugno alle Colonie Padane di Cremona è andato in scena lo spettacolo “I Benedetti”, interpretato da Giada Generali e Stefano Priori, quest’ultimo anche autore della rappresentazione. La serata, offerta dalla Zona pastorale 3, ha aperto il programma degli eventi promossi in città nell’ambito dell’Incontro mondiale delle famiglie che sabato 25 giugno coinvolgerà in una modalità diffusa le cinque zone pastorali della diocesi.

Lo spettacolo ha voluto mettere in luce il tema dell’affido ed è stato promosso e realizzato con la collaborazione de “Il Girasole”, associazione di famiglie affidatarie che opera da 25 anni sul territorio cremonese

La serata è stata introdotta dai coniugi Mariagrazia Antonioli e Roberto Dainesi, incaricati diocesani per la Pastorale familiare, che hanno aiutato a comprendere il prossimo evento mondiale delle famiglie a partire dal titolo “L’amore famigliare: meraviglioso e fragile”. «Pensiamo che l’occasione di stasera sia davvero un modo per celebrare un amore così grande e allo stesso tempo così bisognoso di cura e sostegno», ha sottolineato Maria Grazia Antonioli.

Prima dello spettacolo hanno preso la parola anche i coniugi Sara Chan e Stefano Gusperti, dell’associazione “Il Girasole”, che hanno portato la loro testimonianza di genitori affidatari. «Il nostro obiettivo come famiglia – hanno sottolineato – è quello di intravedere quello che il signore ci fa percepire in questi piccoli che hanno bisogno di essere accolti e amati nella nostra famiglia» ha affermato Stefano Gusperti e ha proseguito «Essere famiglia affidataria è meraviglioso ma al contempo impegnativo perché ci mette a dura prova; tuttavia, crediamo che essere famiglia affidataria sia la dimostrazione che si può amare in modo gratuito e incondizionato»

Tante le famiglie che hanno partecipato alla serata con grande interesse e voglia di stare insieme per riflettere su un tema molto importante quale l’affido. Durante lo spettacolo i più piccoli sono stati coinvolti in un momento di gioco garantito da animatori provenienti dagli oratori cittadini.

“I Benedetti” è la storia di due persone: l’incontro di due vite che, attraverso alcuni oggetti, rimettono in gioco e rileggono i propri ricordi alla luce del tempo che, passando, li ha fatti diventare adulti, percorrere strade diverse, ma non li ha fatti perdere di vista. Si inizia da un telefono che squilla e da una proposta: una bambina ha bisogno di una famiglia che la accolga. Sara arriva presto, poco prima di Natale e ad accoglierla c’è Paolo. Spaesati, confusi, entrambi pieni di aspettative ma anche di perplessità. In scena non ci sono le famiglie, non ci sono i servizi sociali, ma ci sono 2 figli con la loro storia, con la loro naturale quotidianità che viene raccontata in un’ora di spettacolo che affronta un tema serio con un linguaggio leggero, frizzante e divertente quanto basta. È proprio il rapporto tra due “quasi fratelli” – un figlio naturale e uno in affido, che vivono un tratto della loro vita, l’infanzia e l’adolescenza, sotto il tetto della famiglia Benedetti – ad essere raccontata e messa in scena. Inevitabili le gioie, gli attriti, le confidenze, i litigi, ma anche e soprattutto la vita di tutti i giorni. Proprio la vita di tutti i giorni emerge dirompente nella sua semplicità e naturalità, tanto che anche chi non ha mai sperimentato l’affido, vedendo certe scene, si può rispecchiare e sentirsi protagonista e partecipe di una vita che potrebbe essere anche la sua. Uno spettacolo adatto a un pubblico di adolescenti, ma anche di giovani e adulti, un metodo efficace per informare e sensibilizzare riguardo un tema tanto importante quanto delicato quale l’affido.

Lo spettacolo ha anticipato l’evento di sabato 25 giugno quando, nel pomeriggio, la Zona pastorale 3 si darà appuntamento dalle 17 all’oratorio di Borgo Loreto, in via Ceccopieri 1 (con possibilità di parcheggio in piazza don Amigoni): attività e stand aiuteranno a valorizzare diversi aspetti dell’essere famiglia oggi accompagnando verso il momento di preghiera comunitaria prevista per le 19. Un’occasione di incontro che continuerà con la cena insieme, per festeggiare così l’Incontro mondiale delle famiglie. Per ragioni organizzative è gradita l’adesione entro il 20 giugno, segnalando la partecipazione nelle parrocchie della città o scrivendo una mail a zona.terza@gmail.com.

Il programma degli eventi del 25 giugno nelle cinque zone pastorali

 

Scarica e condividi il post social




A Soncino la Prima Messa del prete novello don William Dalè

Guarda la gallery completa (foto di Samuele Cordani) 

Domenica 12 giugno nella pieve di Soncino, intitolata a S. Maria Assunta e a S. Giacomo, il sacerdote novello don William Dalè, che il vescovo Antonio Napolioni ha ordinato presbitero nella mattinata di sabato 11 giugno nella Cattedrale di Cremona, ha presieduto la sua prima Eucaristia nel suo paese natale. Hanno concelebrato, oltre ai presbiteri che svolgono il loro servizio pastorale in parrocchia, anche alcuni preti che lo hanno svolto negli anni precedenti e alcuni confratelli originari del paese. Anche quelli che in questi anni sono stati i compagni di studio in Seminario non hanno fatto mancare la loro presenza, insieme alle comunità che in questi anni hanno visto crescere il novello presbitero.

Sul sagrato il sindaco di Soncino Gabriele Gallina ha portato, insieme al suo saluto personale, quello dell’Amministrazione comunale e della società civile con due parole: «gratitudine» per l’impegno che assume, principalmente dai risvolti spirituali, ma che ha anche un risvolto sociale e civile; «felicità», perché Soncino è terra di santi e beati che continua a offrire sacerdoti, per i quali la comunità è felice e sostiene la scelta non facile che hanno fatto.

Il parroco, don Giuseppe Nevi, ha tenuto l’omelia e, al termine, ha rivolto a don William l’augurio di poter vivere un’umanità sempre più raffinata, di mantenere l’impegno dello studio umile ma robusto e di mettersi ogni giorno nelle mani del Signore per vivere profondamente la sua vocazione partecipe dell’unico sacerdozio di Cristo.

Al termine della celebrazione, prima della benedizione con indulgenza plenaria, ha preso la parola don William, ringraziando innanzitutto il Signore, poi la famiglia (ricordando anche il papà assente per motivi di salute), la comunità del Seminario con i suoi formatori presenti e passati, i preti che l’hanno accompagnato e il mondo della scuola e dell’insegnamento che ha incontrato in questi ultimi anni.

Terminata la celebrazione, fuori dalla chiesa, la parrocchia ha organizzato un semplice momento di festa per poter salutare e fare gli auguri a don William.

Massimo Serina

 

L’«eccomi» di don William Dalé, ordinato sacerdote in Cattedrale




Masci, a Cremona una due giorni nazionale di approfondimento sul tema dei legami

“L’accoglienza delle diversità condizione per relazioni armoniose” è il titolo e il tema del convegno promosso a livello nazionale dal Masci, il Movimento adulti scout cattolici italiani, e organizzato presso il Seminario Vescovile di Cremona. Una occasione per riflettere sullo spirito di accoglienza dell’altro, su una cultura del dialogo e del confronto, nella valorizzazione delle differenze.

Una cinquantina gli iscritti al convegno, che ha visto la presenza del presidente nazionale del Masci Massimiliano Costa e del segretario regionale Fabio Tognaccini.

L’incontro di sabato 11 è iniziato in salone Bonomelli con una introduzione per spiegare il tema della due giorni e un momento di preghiera.

La testimonianza di Leopoldo Grosso, psicologo, psicoterapeuta e sociologo, per molti anni coordinatore del settore di accoglienza del gruppo Abele e fondatore dell’Università della strada, ha trattato l’argomento “La comunità attenta alle fragilità e diversità” attraverso la visione e il commento di una video-intervista a una coppia di sposi. Mentre i coniugi Maria Grazia e Roberto Danesi, responsabili della pastorale familiare della Diocesi di Cremona, hanno successivamente approfondito la tematica de “L’accoglienza ed il convivere delle unicità in famiglia”.

Il pomeriggio è proseguito con i lavori di gruppo, nel giardino del Seminario, con lo scopo di individuare, a partire dagli spunti di riflessione emersi dalle testimonianze, possibili piste capaci di interrogare e far camminare il movimento nel prossimo triennio.

Nel pomeriggio anche la visita del vescovo Antonio Napolioni, scout che dal 1992 al 1998 ha svolto l’incarico di assistente nazionale Agesci. È stato lui, alle 18.30, a presiedere k’Eucaristia, concelebrata dal segretario vescovile don Flavio Meani e da don Francesco Cortellini, assistente cremonese del Masci.

Dopo la cena gli scout del Masci hanno potuto assistere a “Note di Bivacco”, spettacolo del coro scout di Ponte San Pietro (Bg).

A chiudere la due giorni, nella mattinata di domenica 12 giugno, l’intervento dell’avvocato Grazia Villa su “Far crescere una cultura dell’incontro”, quale condizione indispensabile per la costruzione di relazioni armoniose e generative.

Proprio Cremona ha segnato dunque la conclusione del percorso che il Masci sta compiendo per recepire “gli orizzonti di programma” delle assemblee nazionali del movimento. Dopo gli incontri “Il Masci e la Polis”, “Il Masci e la Chiesa” e “Il Masci e l’ambiente”, il percorso all’ombra del Torrazzo si è concentrato sulla gestione dei legami all’interno della famiglia e della società, con l’obiettivo di creare legami di pace.




Alla Visitazione anche il Vescovo in preghiera davanti al Cuore di san Francesco di Sales

Nella mattinata di sabato 11 giugno, nel silenzio delle mura claustrali visitandine di Soresina, è arrivato il Cuore del fondatore san Francesco di Sales, accompagnato da madre Maria Natalina e suor Nazarena, del Monastero di Salò.

La reliquia è stata accolta alle 11 nella chiesa salesiana. È stata la superiora, madre Maria Teresa Maruti, a collocarla sull’altare, dove è rimasta durante il momento di preghiera guidato da don Enrico Strinasacchi, collaboratore parrocchiale a Soresina.

Commosse le persone presenti e consapevoli dell’occasione speciale che durerà tre giorni, fino alla partenza per il Monastero di Pinerolo lunedì 13 giugno dopo pranzo.

Commozione e raccoglimento anche nel pomeriggio nel canto del Vespro presieduto dal vescovo Antonio Napolioni. Alla celebrazione hanno preso parte anche il parroco di Soresina don Angelo Piccinelli, il collaboratore parrocchiale don Giuseppe Ripamonti, il vicario don Alberto Bigatti e il diacono permanente Raffaele Ferri.

«Quanto è attuale il messaggio che viene da quel Cuore – ha affermato monsignor Napolioni – per un vescovo, per i sacerdoti, per i diaconi, per le sue figlie, care monache della Visitazione, per le famiglie, per i genitori, gli educatori, per la comunità. Ed è bello che stasera ci siamo tutti: è un momento di chiesa semplice ma completa».

E continuando nell’omelia mons. Napolioni ha ricordato la figura di san Francesco di Sales e il suo cammino di vita e di fede.

A chiudere la giornata l’adorazione eucaristica serale, sempre nella chiesa del Monastero.

Domenica 12 giugno Messe alle 8 (in chiesa) e alle 10.30 (nel giardino del Monastero); nel pomeriggio alle 16.30 preghiera con adorazione del gruppo “La Dieci”.

Durante le tre giornate nella chiesa del monastero saranno possibili momenti di preghiera e venerazione personale davanti alla reliquia.

A caratterizzare la giornata di lunedì 13 in mattinata la visita e preghiera dei gruppi del Grest e alle 13 la partenza della reliquia per il Monastero di Pinerolo.

L’arrivo a Soresina della reliquia di san Francesco di Sales si colloca nell’ambito del Giubileo salesiano che commemora i 400 anni della morte del fondatore dell’Ordine della Visitazione (1622 – 2022); per questo la federazione dei monasteri della Visitazione del nord Italia ha proposto la “peregrinazione” del cuore integro del fondatore dell’ordine tra le comunità delle sue figlie spirituali.

Donatella Carminati

 

La reliquia di san Francesco di Sales

Nonostante il corpo del Santo riposi ad Annecy (Savoia), il suo “muscolo cardiaco”, trovato “grande, sano e completo” nell’operazione di imbalsamazione, venne affidato, per essere custodito come un tesoro prezioso, alle monache Visitandine di Lione, presso le quali il fondatore aveva trascorso gli ultimi giorni della sua vita: il cuore, conservato in uno splendido reliquiario d’oro donato da Luigi XIII re di Francia, nella ricognizione ufficiale del 1658 richiesta da Papa Alessandro VII, risultò “incorrotto, in ottimo stato ed effondente un profumo gradevole e penetrante”. A motivo delle turbolenze innescate dalla Rivoluzione francese, il 10 agosto 1792 le monache di Lione ripararono a Mantova portando con sé la reliquia. Una “quiete” di breve durata: nell’aprile 1796, infatti, Napoleone Bonaparte valicava le Alpi imperversando nella Pianura padana. Le claustrali, incalzate dall’esercito francese, portando con sé il cuore del loro Padre, fuggirono in Boemia, quindi a Vienna e finalmente, nel 1801, a Venezia. Ma poiché anche il monastero veneziano di san Giuseppe, appartenente, secondo le leggi del tempo, al demanio, rischiava la soppressione, le “eredi” del Salesio, per suggerimento di Papa Pio X, nel 1913 si trasferirono a Treviso per costituire una nuova Comunità: presso la quale, ancora oggi, è conservato e onorato il “segno carnale della dolcezza e della carità soprannaturale” del fondatore. Il cuore, paterno e materno, di Francesco di Sales, in effetti, fu il “motore” non solo di sentimenti genuini e umanissimi, ma anche di un dinamismo pastorale irrefrenabile, di un ottimismo realistico e incoraggiante, di un eroismo sorridente ma non stralunato; insomma, di un amore perfetto e concreto.

In una delle sue lettere il santo scrive di sé, quasi per giustificarsi: «È un fatto reale: non c’è nessuno al mondo, almeno così io penso, che voglia bene più cordialmente, più teneramente e, per dirlo in tutta sincerità, con un amore più grande del mio; ed è Dio che mi ha dato un cuore fatto così». Ecco, dunque, il segreto del più “amabile” tra i maestri spirituali: “un cuore fatto così”. Che ama sempre e comunque. Attingendo dall’Amore Eterno, che “arde e non si consuma”. Ma per l’anima “filotea”, cioè “amante di Dio”, l’invito a “partire dal cuore” rappresenta anche un’indicazione strategica: «Non ho mai potuto approvare il metodo di coloro che, per riformare l’uomo, cominciano dall’esterno, dal contegno, dagli abiti, dai capelli. Mi sembra, al contrario, che si debba cominciare dall’interno… Il cuore, essendo la sorgente delle azioni, esse sono tali quale è il cuore… Chi ha Gesù nel cuore, lo ha, subito dopo, in tutte le azioni esteriori». In effetti, secondo la Bibbia, il cuore è un organo “centrale” non solo nell’anatomia del corpo, ma anche nella struttura della personalità: vi hanno sede i sentimenti e le emozioni, ma soprattutto vi si elaborano le scelte della vita. Può essere limpido o perverso. Di carne o di pietra. E i puri di cuore, solamente loro, riescono a “vedere” Dio! La reliquia del cuore integro e incorrotto di san Francesco di Sales che sarà ospitato presso il monastero soresinese renderà visibile, pertanto, l’urgenza personale, comunitaria e mondiale di “ricominciare dal cuore”, dove arde la fiamma viva dello Spirito d’amore.




Rete di preghiera, in Cattedrale una serata di riflessione e adorazione con il vescovo

Guarda la photogallery completa

Serata di riflessione e adorazione eucaristica, venerdì 10 giugno in Cattedrale con i numerosi gruppi di preghiera delle varie parrocchie che si sono riuniti insieme al vescovo. Una quarantina i gruppi, giunti dalle diverse zone pastorali, che hanno vissuto una intensa serata di silenzio e preghiera, guidati da brani del Vangelo, testi di Papa Francesco e di alcuni santi.

Insieme al vescovo i membri della Rete di preghiera di cui più volte Papa Francesco ha ribadito l’importanza, hanno potuto pregare per il mondo il subbuglio, per la Chiesa e per i fratelli che più di tutti soffrono, ricordando che, come ha sottolineato l’incaricato diocesano della Rete di preghiera, il canonico monsignor Antonio Trabucchi, «bisogna essere come sentinelle che vegliano, osservano con grande attenzione e annunciano, come dice il profeta Isaia, che la notte sta per finire e viene il mattino».

A precedere l’esposizione dell’Eucaristia e l’adorazione, la riflessione del vescovo che, richiamando il tema della veglia, si è domandato: «sentinella, quanto resta della notte?». E riferendosi al profeta Isaia, ha sottolineato che «l’abbiamo scelto per chi ha scoperto la bellezza della preghiera, chi sente la missione della preghiera e chi condivide anche la fatica della preghiera è come una sentinella. Ma non una sentinella armata che sulle mura difende la città del nemico, dobbiamo temere noi stessi piuttosto che gli altri. È una sentinella che la notte veglia in attesa dell’alba, in attesa di qualcuno, in attesa della vittoria», sottolineando che «quello che resta della notte è da vivere, da credente, non temerla e non fuggirla, abitarla con tutto il cuore, per questo stasera preghiamo per questo mondo, per questa Chiesa, per i nostri cuori chiamati a pregare così».

La serata diocesana di preghiera si è conclusa con la benedizione eucaristica e l’impegno alla preghiera che ciascuno dei presenti ha portato con sé per continuare a essere sentinella per l’intera Chiesa.




Adoratrici in festa a Rivolta d’Adda per la professione perpetua di suor Roberta Valeri

Sfoglia la fotogallery completa

Una famiglia, quella delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento, in festa insieme a tutta la comunità di Rivolta d’Adda, per la professione perpetua di suor Roberta Valeri, effettuata nel pomeriggio di domenica 12 giugno nella basilica di Santa Maria e San Sigismondo, durante la Messa presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e animata dai canti dalla corale della parrocchia della Sacra Famiglia di Modena.

Accanto a Roberta, fisicamente e idealmente, c’erano la superiora generale delle Adoratrici, madre Isabella Vecchio, le tante consorelle, ma anche numerosi compaesani (compresi il sindaco Giovanni Sgroi e la sua vice Marianna Patrini) che non hanno voluto mancare a questo evento. Si, perché di evento si può parlare per il borgo rivierasco, dal momento che Roberta, 33 anni, di stanza a Como e là attiva nel campo dell’educazione, proprio di Rivolta è originaria.  L’ultima rivoltana a fare una professione perpetua fra le Adoratrici era stata suor Lidia Giussani (anche lei presente alla Messa).

«Che meraviglia». Ha esordito con questa esclamazione il vescovo nella sua omelia facendo una contrapposizione con i due funerali celebrati sabato nella stessa basilica, seguiti a due drammatici lutti che hanno colpito il paese negli ultimi tempi. «Che meraviglia – ha detto Napolioni – per questa vocazione. Una vocazione che ha radici lontane, radici che vengono dal cielo. Abbiamo bisogno di questo respiro di eternità. Un respiro infinito, queste radici lontane sono il fine più profondo della nostra esistenza». Rivolgendosi a suor Roberta il vescovo Antonio ha proseguito facendo riferimento al suo sorriso, immancabile: «Dietro il tuo sorriso, che cosa c’è? C’è un senso di pace che Dio regala a quei cuori che osano fidarsi di lui».

Infine, uno sguardo al carisma delle Adoratrici: «Da soli non siamo capaci di portare il peso di tutto ciò ci viene affidato dal Signore. E allora ecco l’invocazione quotidiana dello Spirito Santo. Adorare per servire è una continua esperienza dello spirito. Il servizio vi rimanda all’adorazione. Questo ci dà pace, sicurezza e fiducia e responsabilizza te, suor Roberta, e tutti noi, in preghiera oggi e per tutti i giorni della nostra vita».

Terminata l’omelia suor Roberta ha fatto la sua professione perpetua al cospetto del vescovo, prima rispondendo alle sue domande, poi prostrandosi a terra al canto delle invocazioni dei santi guidato dal vicario don Michele Martinelli. E, infine, recitando, accanto alla superiora generale, madre Isabella Vecchio, la formula di rito: «Io, suor Roberta Valeri, faccio voto per tutta la vita di castità, povertà e obbedienza secondo la regola di vita e di comunione delle suore Adoratrici del Santissimo Sacramento». Da neo-professa Roberta ha poi ricevuto l’anello, simbolo di assoluta fedeltà a Cristo.

A fine celebrazione il saluto del parroco di Rivolta d’Adda, monsignor Dennis Feudatari. «Grazie suor Roberta per la tua testimonianza e per la tua preghiera. Continueremo a pregare per te».

Poi le parole di madre Isabella Vecchio: «Ringrazio la tua famiglia (papà Pietro, mamma Giuliana, la sorella Sonia e il fratello Simone erano tutti presenti in chiesa), dove è nata la tua vocazione; ringrazio la parrocchia e ringrazio il nostro vescovo che fa sempre sentire noi Adoratrici parte importante della Chiesa”.

 

Domenica a Rivolta la professione perpetua di suor Roberta Valeri: ecco chi è